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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 76 (Nuova Serie), maggio 2024

Percorso tematico. Esplorazioni e scoperte geografiche. Parte prima: i luoghi

Primario intento dei "Percorsi tematici" è quello di promuovere e far conoscere le collezioni della biblioteca, fornendo al contempo spunti di approfondimento, attraverso articoli pubblicati su "MinervaWeb", che sono completati da presentazioni grafico-narrative (slideshow) consultabili in pdf sul sito web della biblioteca nell'apposita sezione e visibili sui totem digitali a Palazzo della Minerva.

Il 2024 è un anno ricco di anniversari legati al mondo dell'esplorazione e delle scoperte geografiche, come i 700 anni - in gennaio - dalla morte di Marco Polo (1324), a cui si aggiungono i 570 dalla nascita di Amerigo Vespucci (1454) e i 500 dalla morte di Vasco da Gama (1524), protagonisti dell'età delle scoperte geografiche. Ricorrono poi altri illustri anniversari, legati alle esplorazioni dei secc. XIX-XX, come i 120 anni dalla morte di Henry Morton Stanley (1904), celebre per la ricerca di David Livingstone in Africa; i 150 dalla nascita di Ernest Shackleton (1874), il cui nome è legato alle esplorazioni artiche, e i 90 dalla nascita del primo uomo a volare nello spazio, Yuri Gagarin (1934). In occasione di queste importanti ricorrenze, si è quindi scelto di dedicare le due parti del percorso tematico previsto per quest'anno alle esplorazioni e alle scoperte geografiche, con un ideale itinerario che da Marco Polo giunge fino a Yuri Gagarin. L'intento è valorizzare e promuovere collezioni della Biblioteca del Senato meno note e non direttamente legate alle sue principali materie di specializzazione.

A integrazione dell'articolo è possibile anche scaricare lo slideshow dedicato a questo primo percorso tematico sui luoghi delle scoperte e delle esplorazioni, a cui seguirà in novembre una seconda parte dedicata ad alcuni dei principali protagonisti di queste imprese.

[In MinervaWeb, 2024, n. 78 (n.s.) è possibile leggere la seconda parte del percorso tematico].

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In Asia sulle orme di Marco Polo

[Le immagini dell'Asia e dell'Africa a corredo di questo articolo sono tratte dalle Relazioni universali di Giovanni Botero, nell'edizione del 1659 posseduta dalla biblioteca, ndr].

Tra i primi europei a percorrere in tutta la sua estensione il continente asiatico - e soprattutto il primo a darne puntuale notizia -, Marco Polo fu per Alexander von Humboldt il più grande viaggiatore di tutti i tempi. I dati riportati dal mercante veneziano nel resoconto dei suoi viaggi in Asia (tra 1271 e 1295), noto come Il Milione, influenzarono la cartografia dell'epoca, e le 'meraviglie' descrittevi attirarono in Persia, Catai e India nuovi 'mercadanti' e religiosi.

Manuale per intraprendenti mercanti o 'libro delle meraviglie' - come fu anche noto per parte della sua tradizione -, Il Milione conobbe enorme fortuna, prima come trattato geografico, poi come semplice libro 'di svago', specie in seguito alla scoperta dell'America e alla progressiva perdita di interesse verso la via della seta terrestre. A questo successo contribuì decisamente anche la versione in italiano che del testo diede Giovanni Battista Ramusio (1485-1557) - umanista e diplomatico al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia - per il secondo volume del suo Delle navigationi et viaggi (1550-1559), raccolta di relazioni di viaggi dall'età classica alla contemporaneità dell'autore, considerato il primo trattato geografico dell'età moderna.

Nella storia delle esplorazioni, Il Milione rappresenta una testimonianza fondamentale, in quanto primo resoconto europeo completo e 'scientifico' dell'Oriente. Il più antico documento redatto da un europeo sull'Asia centrale fu però l'Historia mongalorum del francescano Giovanni di Pian di Carpine, composto - in due diverse redazioni - al termine della missione presso il Gran khān dei Mongoli. Tra i primi seguaci di San Francesco e protagonista dell'espansione dell'ordine francescano in Germania, Giovanni di Pian di Carpine fu inviato da papa Innocenzo IV come legato pontificio al Gran khān dei Mongoli nel 1245, affinché consegnasse una missiva in cui il papa esortava il sovrano dei mongoli a interrompere l'avanzata armata in Europa e a concludere la pace con il mondo cristiano. Giunto alla sede della residenza imperiale in Manciuria nel luglio del 1246, frate Giovanni assistette all'insediamento del nuovo sovrano Güyük, di cui riportò la risposta poco conciliante al papa al proprio ritorno a Lione nel 1247. Nata quindi in un contesto geopolitico diverso da quello dei viaggi commerciali di Marco Polo - contesto in cui le popolazioni mongole erano sostanzialmente 'nemiche' dell'Occidente poiché ancora viva era la minaccia di un'invasione in Europa -, l'Historia Mongalorum risponde a un'esigenza di carattere più politico rispetto al Milione: vi sono descritti usi e costumi del popolo mongolo, ma numerose sono anche le notizie sulle armi, le tecniche di combattimento, le strategie adottate e la composizione dell'esercito mongolo.

In un clima decisamente diverso, quando le popolazioni mongole non rappresentavano più una minaccia per l'Europa, la via della seta attraverso l'Asia centrale era stata ormai ripristinata e vari tra missionari e mercanti tentavano di ripercorrere le orme dei Polo, si colloca invece il resoconto del viaggio in Asia del francescano Odorico da Pordenone. Partito nel 1314 (o nel 1318) da Venezia e raggiunta via mare Trebisonda, Odorico si spinse fino in India, visitò Ceylon, le isole Adamane, Sumatra e il Borneo, per poi giungere infine a Khanbaliq (l'odierna Pechino). Nel 1330 - dopo aver visitato, primo europeo a farlo, Lhasa, la città sacra del buddismo tibetano - fu di nuovo in Italia, e a Padova dettò a un suo confratello, Guglielmo da Solagna, la relazione in latino del suo lungo viaggio. L'opera, di cui si ebbe nel 1513 la prima edizione a stampa con il titolo di Odorichus de rebus incognitis, rappresenta una delle più importanti fonti medievali per la conoscenza dell'Oriente, in particolare per le isole dell'arcipelago malese e per la Cina.

Punto di svolta fondamentale per gli sviluppi dei contatti e dei commerci con l'Oriente fu l'inaugurazione della via marittima all'India: il primo a raggiungere tramite una rotta oceanica l'Asia dall'Europa fu Vasco da Gama. Incaricato dal sovrano portoghese di superare Capo di Buona Speranza - doppiato per la prima volta da Bartolomeo Diaz nel 1488 -, Vasco da Gama partì da Lisbona nell'estate del 1497, raggiungendo Calicut (nell'attuale Kerala) nel maggio 1498. Il diario di bordo di questo viaggio, ovvero il Roteiro da primeira viagem de Vasco da Gama à Índia,non fu composto da Vasco de Gama, ma da un altro componente della spedizione, forse Álvaro Velho o il cancelliere João de Sá. Il testo contiene non solo di indicazioni tecniche sulla navigazione, come rotte, venti e fondali, ma anche informazioni relative agli usi e costumi delle popolazioni incontrate e alle possibilità commerciali.

Nel panorama delle successive esplorazioni dell'Asia, per lo più orientate in senso commerciale o, ancora, evangelico, emerge la figura di Ludovico de Varthema, primo occidentale a visitare le città santa di La Mecca nel 1503. Nell'Itinerario che ne racconta i viaggi (1502-1508), Ludovico de Varthema afferma infatti di aver iniziato le sue peregrinazioni per curiosità e desiderio di conoscenza, senza specifici fini militari o commerciali: imparò l'arabo, viaggiò sotto il nome di Yunus, visitò l'India, le Molucche e il Borneo, prima di tornare nel 1508 in Italia. A Roma, sotto la protezione e l'amicizia di Vittoria Colonna, pubblicò a stampa il proprio Itinerario nel 1510.

Nei secoli successivi non mancarono esplorazioni dell'Asia sempre più puntuali, a opera di missionari, 'conquistatori' o esploratori di professione. Alcune regioni rimasero però inaccessibili più a lungo di altre, come ad esempio il Tibet. Dopo il viaggio di Odorico da Pordenone nella prima metà del XIV secolo, infatti, notizie sulla regione si ebbero solo a partire dal XVII secolo grazie all'operato di missionari francescani e gesuiti. Nel corso del XIX e XX secolo, poi, diversi viaggiatori occidentali percorsero la regione e tentarono di entrare nella città 'proibita' di Lhasa, dove il più delle volte erano respinti dalla popolazione locale. Ebbe quindi particolare risonanza il racconto dell'impresa di William M. McGovern - avventuriero e professore di Scienze politiche alla Northwestern University, spesso indicato come ispirazione per il personaggio di Indiana Jones -, che nel 1923 riuscì a entrare nella città, travestito da servitore locale e dopo aver attraversato l'Himalaya in pieno inverno.

L'esplorazione dell'Africa

Impegnati in numerosi viaggi lungo le coste africane nel tentativo di trovare una via oceanica alle Indie - impresa poi realizzata da Vasco da Gama -, i portoghesi si resero protagonisti nel XV secolo di alcune 'scoperte collaterali'. Nel 1482, ad esempio, il portoghese Diogo Cão fu il primo europeo a raggiungere la foce del fiume Congo, da cui prese contatti con il locale Regno del Congo, per poi proseguire verso l'Angola. Questi primi contatti portoghesi con il Regno del Congo permisero l'arrivo in quei territori di diverse missioni di frati cappuccini, che - per quanto non animati da interessi geografici - fornirono all'Europa le prime informazioni sull'area. Tramite una serie di lettere raccolte sotto il titolo di Viaggio nel regno del Congo, ad esempio, Frate Michelangelo Guattini da Reggio Emilia, inviato in Congo nel 1668, fu tra i primi lasciare notizie certe su quelle terre, mentre la Breve, e succinta relatione del viaggio nel regno di Congo nell'Africa meridionale, dettata ad Angelo Piccardo da Napoli da Girolamo Merolla da Sorrento una volta tornato in Italia nel 1689, contiene, oltre alle informazioni sugli spostamenti di Merolla stesso, cronache storiche e notizie su flora, fauna, usi e costumi locali.

Le prime vere esplorazioni di questi territori si ebbero però molto più tardi. Nota sin dall'antichità (e quindi mai veramente 'scoperta'), l'Africa fu infatti esplorata sistematicamente solo a partire dal XIX secolo (si pensi, ad esempio, al ruolo fondamentale del medico ed esploratore antischiavista David Livingstone per la conoscenza del continente nel mondo occidentale). Se la gran parte delle scoperte e delle esplorazioni geografiche non è spesso scindibile da interessi commerciali, coloniali o militari, ciò è particolarmente vero per quelle che riguardarono l'area africana. Le stesse esplorazioni italiane in Africa, che in un primo momento furono legate all'iniziativa della Società Geografica Italiana, che in Africa promosse le sue prime spedizioni (dal 1869), guadagnarono in breve tempo una matrice prima commerciale e poi in tutto e per tutto coloniale, specie nei territori dell'Africa orientale. Pubblicato a ridosso della conquista dell'Etiopia e della nascita dell'Africa Orientale Italiana (1936) dall'Istituto per gli studi di politica internazionale, Italiani in A. O. Pagine di pioneri di Cesare Giardini raccoglie le testimonianze di alcuni dei 'pionieri' delle esplorazioni italiane in Africa, estratte dai resoconti delle loro spedizioni.

Il Nuovo Mondo

Frutto collaterale dei tentativi di trovare una rapida via oceanica alle Indie fu anche la 'scoperta' dell'America.

Il volume di Roberto Almagià Gli Italiani primi esploratori dell'America, della collana "L'Opera del genio italiano all'estero", è dedicato ai 'navigatori' italiani che più contribuirono alla scoperta e alla prima esplorazione del continente americano, tra il 1492 e il 1528: Cristoforo Colombo, in primis, ma anche Amerigo Vespucci; Giovanni e Sebastiano Caboto; i fratelli Giovanni e Girolamo da Verrazzano, quest'ultimo anche cartografo. Giovanni Caboto costeggiò le coste dell'America del Nord dal Labrador alla latitudine dell'odierna New York; suo figlio Sebastiano esplorò - per conto della corona spagnola - il Rio della Plata; Giovanni da Verrazzano fu il primo a esplorare tutto il litorale atlantico dell'America settentrionale da Terranova alla Florida, mentre Vespucci percorse il litorale sudamericano fino alla Patagonia.

L'estrema propaggine meridionale del continente sudamericano susciterà l'interesse di esploratori e missionari italiani ancora tra XIX e XX secolo. Se Enrico Hillyer Giglioli, nel racconto della prima circumnavigazione italiana del globo terrestre tra 1865 e 1868, mostra un interesse 'etno-antropologico' appena accennato verso le genti della Terra del Fuoco, le successive rilevazioni di Giacomo Bove contribuirono alla definizione delle coste dell'area, mentre l'alpinista e missionario salesiano Alberto Maria De Agostini esplorò la cordigliera patagonica australe, conquistando vette come il monte Sarmiento (1955-1956) e raccogliendo importanti informazioni sulla vita e la cultura degli indigeni fueghini e patagonici.

Il quinto continente

[Tavola tratta da Alla Nuova Guinea, ndr].

Anche le esplorazioni europee del Pacifico iniziarono grazie al tentativo di trovare una nuova e più agevole rotta all'Oriente: Ferdinando Magellano era infatti convinto della possibilità di raggiungere l'Oriente navigando verso Occidente, tramite un passaggio attraverso il nuovo continente scoperto da Colombo. Sostenuto da Carlo V, nel 1519 Magellano salpò dalla Spagna, raggiungendo nel 1520 l'America Meridionale e lo stretto che oggi porta il suo nome. Attraversato l'Oceano Pacifico, la spedizione raggiunse le isole Marianne e le Filippine, per poi rientrare in Europa - guidata da Juan Sebastián Elcano dopo la morte di Magellano - nel 1522, dopo aver circumnavigato il globo. I dettagli della spedizione furono noti in Europa grazie soprattutto alla Relazione del primo viaggio intorno al mondo, redatta nel 1525 da Antonio Pigafetta - nobile vicentino che partecipò alla spedizione come attendente di Magellano stesso -, al Diario del pilota Francisco Albo e ad altra documentazione spagnola, portoghese e italiana, compreso il Roteiro di un pilota genovese.

Nella storia del Pacifico, spedizioni esplorative sistematiche si ebbero però solo a partire dal XVIII secolo: nel 1764, con la circumnavigazione di Byron, si aprì la stagione delle spedizioni geografiche organizzate con il sostegno statale e volte a una sistematica ricognizione delle terre del quinto continente, come quelle di Cook (tra 1769 e 1779, per la bandiera inglese) o Le Perouse (1785-1788, per quella francese), o ancora la circumnavigazione del globo di Enrico Hillyer Giglioli con la pirocorvetta Magenta (1865-1868). Legate a interessi di carattere botanico e zoologico furono invece le spedizioni di Luigi Maria D'Albertis in Nuova Guinea tra 1871 e 1876, descritte al suo rientro in Italia nel volume Alla Nuova Guinea. Ciò che ho veduto e ciò che ho fatto (1880).

Alla conquista del Polo nord

[Prima pagina del "New York Times" del 12 settembre 1909, ndr].

L'interesse verso l'artico fu inizialmente legato alla ricerca delle vie di navigazione verso Oriente note come Passaggio a nord-est e Passaggio a nord-ovest, percorse per la prima volta - rispettivamente - da Adolf Erik Nordenskiöld (1878) e Roald Amundsen (1906). Quanto scoperto tentando di 'conquistare' queste rotte contribuì ad alimentare la curiosità e l'interesse verso le terre che potevano essere presenti 'ancora più a nord', dando ben presto inizio alla corsa per la conquista del Polo artico.

Tra il 1893 e il 1896 tentò l'impresa lo scienziato ed esploratore norvegese Fridtjof Nansen, che nel 1897 pubblicò il resoconto della spedizione che lo vide protagonista. Nansen era convinto della possibilità di raggiungere il Polo nord sfruttando la naturale deriva dei ghiacci: grazie ad una nave capace di sopportarne la pressione, sarebbe stato a suo parere possibile farsi 'imprigionare' dai ghiacci e da questi farsi trascinare alla deriva fino alla meta. Per l'impresa fu costruita appositamente la nave Fram, che partì da Christiania il 20 giugno 1893, per poi venire imprigionata dai ghiacci il 25 settembre. La deriva non fu però come Nansen aveva ipotizzato, ma più lenta e irregolare, e dopo 18 mesi la nave non accennava ad avvicinarsi al Polo. Quando la Fram toccò gli 84° di latitudine, Nansen decise di proseguire a piedi sulla banchisa: il 7 aprile toccò la latitudine 86° 13′, la massima raggiunta fino a quel momento, ma non poté proseguire oltre. Al rientro in patria Nansen e l'equipaggio della Fram furono accolti in trionfo: «Dr. Nansen, on board the Fram, arrived this afternoon at Christiania, and was accorded a reception which partook completely of a national character, all classes of the population, form the King downward, uniting to pay honour to the gallant explorer and his men», scriveva il "Manchester Guardian" il 10 settembre 1896.

A dare l'annuncio di aver raggiunto il Polo nord fu l'americano Robert Peary, nel settembre del 1909. Il 7 settembre 1909 il "Corriere della Sera" dedicò all'impresa un «servizio particolare», mentre l'"Avanti!" riportò in prima pagina telegrammi e dispacci che annunciavano il buon esito della spedizione, in primis il messaggio di Peary stesso da Terranova - «Bandiera americana piantata Polo Nord»-, e il commento dell'esploratore Frederick Cook alla notizia - «Vi è abbastanza onore per tutti e due». Il primato di Peary fu infatti messo in dubbio da Cook, che proprio nel settembre del 1909 - appena tornato da una spedizione nell'artico iniziata nel 1907 e pochi giorni prima del telegramma di annuncio di Peary - sostenne di aver raggiunto il Polo l'anno precedente, nell'aprile del 1908. Iniziò così una contesa tra i due esploratori, già prima del ritorno di Peary dall'artico: il "New York Times" dell'8 settembre 1909 titola Peary found no Trace of Cook at Pole, mentre il "Corriere della Sera" del 9 settembre Un colpo di scena nella controversia sul Polo. Peary telegrafa che gli eschimesi smentiscono il dott. Cook e "Times" nell'articolo The two Explorers del 10 settembre parla di una «polar war» che vede schierati anche i giornali: il "New York Times" con Peary e il "New York Herald" con Cook.

Sebbene Cook sia stato poi presto smentito a causa di lacune e incongruenze nel suo racconto e dell'assenza di prove concrete riguardo il suo effettivo arrivo al Polo, anche il resoconto che della propria impresa diede Robert Peary non è esente da criticità, tanto che oggi si ritiene che nessuno dei due esploratori arrivò effettivamente al Polo, ma probabilmente solo nei suoi immediati dintorni.

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Scarica lo slideshow Esplorazioni e scoperte geografiche. Parte prima: i luoghi

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