A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Presentazione di Come d'autunno. La Grande Guerra nella raccolta Isolabella. Discorso del Presidente Gianni Marilotti. Sala Capitolare, 15 giugno 2022
Pubblichiamo in questo numero il discorso pronunciato dal sen. Gianni Marilotti, presidente della Commissione per la biblioteca e l'archivio storico, in occasione della presentazione del volume Come d'autunno. La Grande Guerra nella raccolta Isolabella, organizzata il 15 giugno scorso con la collaborazione di Pontremoli Editore - Libreria Antiquaria Pontremoli, con interventi di Marco Pizzo, Barbara Bracco, Elena Pontiggia, Francesca Bernardini, Luca Cadioli, e alla presenza dell'avvocato Lodovico Isolabella, proprietario della collezione. Ringraziamo il presidente Marilotti e segnaliamo che è disponibile in rete il video con la registrazione dell'incontro.
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Buona sera,
Porto i saluti della Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, a questa importante iniziativa. Saluto Luca Cadioli, curatore dei tre volumi della raccolta Isolabella sulla Grande Guerra, Lucia Di Maio, direttrice della Libreria Antiquaria Pontremoli di Milano, i relatori e gli ospiti convenuti alla Sala Capitolare della Biblioteca del Senato.
L'opera che presentiamo oggi è un'opera completa e di pregio sulla Grande Guerra sotto il profilo storico e storiografico e arricchita da un'ampia raccolta di documenti, noti e no, disposti sapientemente all'interno di una narrazione coerente e incisiva che spazia dall'analisi delle vicende storiche alle strategie degli Alti comandi militari; dalla vita nelle trincee alle speranze e alle sofferenze dell'intera popolazione italiana.
Il titolo dei tre volumi Come d'autunno è esplicitamente ispirato a Giuseppe Ungaretti, richiamano i versi più celebri dedicati all'esperienza del fronte: «si sta come / d'autunno / sugli alberi / le foglie». Il poeta vergò e inviò a Parigi alla donna amata, Marthe Roux, nel 1918, una traduzione in francese dei suoi componimenti più celebri. Documento che Lodovico Isolabella della Croce non poteva farsi sfuggire poiché da una vita si dedica alla Grande Guerra esplorando, accumulando, rovistando, ben consapevole che il semplice accumulo di materiali non fa una collezione, per la quale è necessaria, oltre la passione, la competenza. Una ricerca che l'avvocato Isolabella ha potuto intraprendere grazie al prezioso sostegno della moglie Maria Teresa che con la sua sensibilità ha accompagnato e condiviso ogni passo di questo lungo percorso.
I tre volumi che presentiamo oggi sono tre sezioni di una narrazione coerente: Arte, Documenti e Libri sulla - e nella - Grande Guerra. I testi sono scritti, oltre che dal curatore Luca Cadioli, da Laura Nicora, Giacomo Coronelli, Camilla Lietti e Francesco Kerbaker.
Essi introducono e commentano i materiali della collezione: immagini di propaganda, manifesti, cartoline, dipinti, disegni, opere d'arte; ma anche le carte del Presidente del Consiglio Paolo Boselli e documenti dell'archivio del generale Montuori. E ancora, le carte topografiche sulla dislocazione delle forze in campo, fotografie, volantini, manifesti, opuscoli, giornali di trincea, quotidiani e giornali satirici.
La narrazione è asciutta e non ideologica, si dà conto delle diverse posizioni pro o contro la guerra, degli atti di eroismo come dei disagi personali ed esistenziali in questa guerra che ha profondamente cambiato la vita e le convinzioni di milioni di persone, oltre che spento la vita di un numero spropositatamente alto di esseri umani.
Un'opera che ci fa riflettere su come sia stata possibile una simile tragedia.
Agli inizi del XX secolo, il mondo si preparava a un profondo cambiamento; il Novecento si apriva fra drammatiche contraddizioni, configurandosi per tanti versi come 'diverso' da tutti quelli che lo avevano preceduto. Una serie di scoperte in campo scientifico stavano rivoluzionando non solo i settori di applicazione specifica ma anche il 'comune sentire': la medicina, le scienze naturali e la fisica, in particolare, stavano facendo intravedere altre realtà, oltre quella che, sino ad allora, erano comunemente conosciute e percepibili. Avanguardie artistiche
In Francia, i coniugi Curie avevano isolato il radio; in Inghilterra, il fisico Ernest Rutherford aveva studiato la radioattività; in Germania, il fisico Max Planck aveva rivoluzionato concettualmente l'interpretazione fisica dei processi di scambio energetico; in Svizzera, il fisico tedesco Albert Einstein aveva formulato la teoria della relatività, dimostrando che spazio e tempo non sono entità assolute, tra loro distinte e indipendenti. Sconvolgendo le concezioni della fisica classica.
Un'altra teoria che ebbe immediate e notevoli conseguenze per l'arte come per la letteratura, fu la psicoanalisi dell'austriaco Sigmund Freud, che minò la convinzione dell'assolutezza della percezione razionale, dimostrando l'esistenza di zone sommerse e attive nel profondo della psiche di ciascun individuo. Le teorie della relatività, della indeterminazione e della probabilità si divulgarono rapidamente, fuori dalle ristrette 'mura della scienza', negli ambienti letterari e anche l'arte volle aprirsi a un universo di nuove ricerche e sperimentazioni.
Artisti, letterati e intellettuali erano ben consapevoli di tutti quei cambiamenti in atto e con le loro opere, gli scritti, gli interventi vollero dar voce a dubbi, speranze, angosce, entusiasmi di una società piuttosto disorientata. Non a caso, il travagliato esordio del XX secolo vide l'affermazione quasi contemporanea, in meno di un decennio, di ben quattro movimenti artistici: Espressionismo, Cubismo, Futurismo e Astrattismo, accomunati dalla volontà di ricercare nuove strade e nuovi strumenti espressivi, di mettere in discussione secolari convinzioni estetiche, di contestare il principio che l'arte fosse prima di tutto una finestra aperta sul mondo. Ad essi si aggiunse, nel 1916, un quinto movimento, il Dadaismo, che si caratterizzò per i suoi aspetti provocatori e radicali.
Questi cinque movimenti, spesso profondamente diversi fra loro, per esempio nelle rispettive posizioni nei confronti della guerra o della filosofia positivista, si definiscono Avanguardie artistiche, o anche Avanguardie storiche, perché furono aspramente polemici nei confronti delle tradizioni consolidate e oppositori dell'ordine sociale e culturale costituito. Il termine è desunto dal linguaggio militare: le avanguardie, in guerra, sono quelle unità di soldati che hanno il compito di precedere il resto dell'esercito in movimento e quindi di esporsi per prime al nemico.
Il Futurismo nacque ufficialmente nel 1909 con la pubblicazione sul "Figaro" del Manifeste du Futurisme, redatto dallo scrittore Filippo Tommaso Marinetti. Per certi versi il Futurismo fu il più politicizzato dei movimenti d'Avanguardia; non rinnegava come gli altri movimenti la filosofia positivista, anzi ne esaltava i traguardi e sosteneva il fronte bellico con energia ed esaltazione. Nel Manifesto redatto da Marinetti, si celebrava infatti il culto del coraggio e dell'audacia, l'amore del pericolo, il mito della velocità e soprattutto si incitava il pubblico alla lotta contro il passato: «noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie», era il proclama di Marinetti.
Il Futurismo esaltò il movimento aggressivo, «l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno» e perfino la guerra, «sola igiene del mondo». E proprio la guerra, nel 1916, concluse l'esperienza del primo Futurismo uccidendo Boccioni e Sant'Elia, che con Balla erano stati tra i suoi più importanti protagonisti.
Quanto queste teorie influenzarono la retorica delle 'radiose giornate di maggio'? Quanto il successivo avanguardismo e squadrismo fascista del primo dopoguerra?
Tuttavia, alla fine della grande guerra si cominciano a diffondere nel mondo delle espressioni artistiche con una esigenza comune, derivante dal rifiuto degli eccessi portati avanti dalle Avanguardie, e dal bisogno di riferimenti stabili, porti sicuri dove rifugiarsi dopo i disastri della guerra. Queste variegate esigenze prenderanno il nome di 'ritorno all'ordine'. Anche Picasso negli anni Venti si espresse attraverso un linguaggio aderente a tale necessità. Fu orientato quindi a realizzare opere che esprimevano una ritrovata dimensione figurativa e una armonia derivata dal recupero della tradizione classica. Determinante per la svolta fu senz'altro l'esperienza del viaggio in Italia che lo condusse ad apprezzare da vicino le opere rinascimentali.
La tragedia della guerra segnò profondamente tanti artisti e poeti, tra questi Giuseppe Ungaretti. La vita di trincea è un'esperienza che lo segna profondamente nell'animo e da questo evento nasce la sua prima raccolta di poesie, Il porto sepolto, pubblicata in soli 80 esemplari nel 1916. Ungaretti si trova in trincea, a combattere una guerra crudele e tremenda, dove fa quotidianamente l'esperienza della morte, della paura, dell'eroismo. In questo tragico contesto, egli riflette sul senso dell'esistenza umana e, soprattutto, sul significato della propria presenza nel mondo. Scopre così di essere poeta, un poeta-soldato, che lotta ogni giorno con la fame e il freddo, con l'angoscia, con la perdita dei propri affetti. Il porto sepolto è una raccolta fortemente autobiografica, e non per nulla Ungaretti impiega in modo continuo l'aggettivo possessivo 'mio' e il dimostrativo 'questo', proprio per indicare fatti personalmente vissuti. Ungaretti con le sue poesie ha saputo dare voce ai temi e alle domande più profondamente radicate nel cuore dell'uomo ed è per questo motivo che i suoi versi risultano ancora estremamente attuali per l'uomo di oggi.
Aldo Palazzeschi è stato un poeta e scrittore che ha attraversato i movimenti letterari del Crepuscolarismo e del Futurismo per approdare poi alla narrativa. Diversamente però dai suoi colleghi futuristi e dall'ambiente intellettuale coevo che in larga parte spingeva per la guerra, egli non fu favorevole all'interventismo e anzi si espresse in favore della neutralità dell'Italia. Il suo libro Due imperi… mancati è un esplicito atto di accusa contro la guerra. A differenza di altri scrittori, Palazzeschi venne arruolato ma non ebbe esperienza diretta della battaglia al fronte. Nella sua posizione di retrovia poté osservare con relativo distacco quanto accadde attorno a lui e così scoprì la compassione per l'umanità sofferente, il rispetto per il dolore degli altri e l'affetto fraterno per i propri simili. Un altro poeta che non ha direttamente combattuto, pur essendo arruolato, è Umberto Saba. Le sue Poesie scritte durante la guerra costituiscono una sezione del Canzoniere, pubblicato nel 1921, poi ridimensionata nelle edizioni successive: in esse il poeta racconta stralci biografici della vita militare con un carattere intimistico e riflessivo.
Permettetemi di concludere con un mio conterraneo, Emilio Lussu. Ufficiale di complemento della Brigata Sassari, era partito per la guerra animato da entusiasmo morale interventista e antiparlamentarista. «Io stesso» - confesserà Lussu - «ero stato, nella mia università, un interventista chiassoso, anzi leader degli interventisti universitari di Cagliari, e la mia laurea era finita in dimostrazioni nell'Aula Magna e in piazza, con cariche di carabinieri a piedi e a cavallo».
Il suo travaglio, le sue disillusioni, la sua crescita etica e politica successiva ci viene raccontato da Un anno sull'Altipiano, un romanzo storico ambientato sull'altopiano di Asiago, una delle maggiori opere della letteratura italiana sulla prima guerra mondiale. Il romanzo fu scritto tra il 1916 e il 1917 e racconta, per la prima volta nella letteratura italiana, l'irrazionalità e insensatezza della guerra, della gerarchia e dell'esasperata disciplina militare in uso al tempo. Altra dimostrazione che le vicende della Grande Guerra hanno plasmato e modificato in maniera estesa e durevole il modo di pensare e di comunicare degli uomini [Su Emilio Lussu si può consultare l'articolo uscito per la rubrica "Letteratura e Parlamento" sul n. 23, n.s., ottobre 2014 di "MinervaWeb", ndr].
E se queste nuove idee hanno dovuto nell'immediato arrendersi alla dittatura fascista esse hanno sicuramente contribuito, durante e dopo la Seconda guerra mondiale, a porre le basi di una democrazia più matura, al punto che possiamo dire, parafrasando Tertulliano, che il sangue di Matteotti è il seme i cui frutti hanno creato la Repubblica con la sua Costituzione.