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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 79 (Nuova Serie), febbraio 2025

Contributi

Istituzioni e fonti per la storia locale: la Società Pavese di Storia Patria

Continua la rassegna di "MinervaWeb" dedicata alla storia, all'evoluzione, all'organizzazione nonché alle finalità specifiche delle Deputazioni e Società di storia patria presenti in Italia e all'estero con la pubblicazione del contributo sulla Società Pavese di Storia Patria.

Si ringrazia l'autore dell'articolo, dott. Cesare Repossi, ex presidente della Società Pavese di Storia Patria.

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La fondazione e i primi anni

La Società Pavese di Storia Patria nasce nel 1901 per rispondere a domande ed esigenze che aleggiavano sulla pace apparente seguita all'Unità d'Italia. L'entusiasmo che aveva chiamato gli uomini del Risorgimento sui campi di battaglia e ai tavoli della diplomazia aveva dato alla nuova nazione un nome, una bandiera, ma non una vera identità storica. A Pavia, come in altre città, ci si chiedeva: «che parte siamo dell'Italia?». Per scoprirlo, almeno sul piano culturale, occorreva conoscere a fondo le diverse Italie che dell'unica Italia erano l'intricata radice.

Sulla strada segnata dalla Deputazione sopra gli Studi di Storia Patria di Torino (1833) e dall'impresa dell'"Archivio Storico Italiano" di Firenze (1842), nell'ultimo ventennio dell'Ottocento molte Società storiche vengono fondate in tutta l'Italia. Pavia non è tra le prime, ma neppure tra le ultime città dove si raduna un'associazione per gli studi di storia locale.

Lo statuto sancisce scopi e impegni con semplicità e pragmatismo:

La Società Pavese di Storia Patria si propone […] d'illustrare con Memorie documentate i periodi meno noti della storia civile e letteraria pavese, le molteplici istituzioni amministrative, politiche e religiose, i monumenti tutti di Pavia e del Contado; di togliere dall'oblio documenti che gettino nuova luce su uomini e cose poco o mal conosciute o ignorate del tutto e di raccogliere, con rigore di metodo, in un sol corpo, quanto giace ancora disperso o trasandato, per preparare il terreno alla ricostruzione parziale o totale della storia civile, letteraria ed artistica di Pavia e del suo antico Principato.

(articolo 2)

La Società, che in sostanza si identifica con il suo "Bollettino" (puntualmente annuale) che ne raccoglie i frutti e li conserva, vive e produce nei suoi primi anni grazie all'intesa di uomini diversi per formazione, condizione (e forse anche intenzioni) ma che hanno come campo comune la ricerca, erudita sì ma non inerte, anzi spesso motivata fino alla polemica, il patto della loro collaborazione.

Giacinto Romano, docente di Storia moderna, il primo presidente al quale si deve l'idea della fondazione, capisce subito che in Pavia, allora sede dell'unica università lombarda, lui e i suoi colleghi professori devono confrontarsi con il ceto colto della città. Si instaura così un rapporto, rafforzato negli anni (e animato da qualche corretta polemica), in cui l'ateneo dà sostegno di mezzi di indagine e anche garanzia scientifica alla Società Pavese, la quale, da parte sua, mantiene un'indipendenza, fatta anche di curiosità e fantasia nella ricerca.

Il professor Romano è di Eboli, viene dunque da un''altra' Italia, ma a Pavia si dedica a ricerche specifiche sulla città, in particolare sui Visconti; è autorevole e anche perentorio aperto alle collaborazioni, ma inflessibile sui metodi.

All'appello di Romano rispondono personaggi di statura culturale e prestigio cittadino diversi.

Il vicepresidente è Antonio Cavagna Sangiuliani, nobiluomo di campagna, con l'immancabile laurea in Legge, cattolico liberale, volontario nella campagna del 1866, consigliere e assessore del Comune di Pavia. È studioso di singolare modernità perché utilizza la sua conoscenza dei monumenti medievali del territorio pavese nell'impegno per conservarli (è in polemica con la Commissione Conservatrice della Provincia), anticipando così il concetto di 'bene culturale' e della sua tutela.

Segretario è Rodolfo Maiocchi, sacerdote con laurea romana in Teologia, a quel tempo conservatore del Civico Museo (dal 1905 sarà rettore del Collegio Borromeo), tempra di ricercatore alacre e originale, provvido raccoglitore di fonti in codici diplomatici pavesi (dell'Università, dell'Ordine Agostiniano, delle opere d'arte) che restano fondamentali.

Forti idee (e anche ideologie) legate al Risorgimento, alla 'questione romana', alimentano coraggio e libertà e non piegano l'onestà degli studiosi: Romano, Cavagna Sangiuliani, Maiocchi (e parecchi validi comprimari, tra i quali spicca il versatile Renato Sòriga, direttore del "Bollettino" dal 1930 al 1935) fanno della loro erudizione una disciplina di vita oltre che di studio.

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Il Novecento: dalla presidenza Rampoldi a Gabba

Alla morte di Romano, nel 1920, gli succede Roberto Rampoldi, medico oculista, impegnato e stimato nella pratica clinica (ma non ottiene la cattedra universitaria per contese accademiche), consigliere comunale, deputato per molti anni e senatore, appassionato custode e rievocatore della memoria risorgimentale. La sua presidenza dura soltanto cinque anni (muore nel 1926); sul "Bollettino" scrive pochissimo, ma lo apre a prospettive nuove, per esempio alla storia letteraria, sempre poco presente per la preponderanza di quella civile, politica, militare.

Il successore, nel 1925, è Pietro Vaccari, già vicesegretario. Professore di Storia del diritto italiano, dilata il campo dei suoi studi ben oltre il titolo della cattedra universitaria, indagando Pavia medievale con risultati importanti e durevoli. La sua presidenza di quasi quarantacinque anni (nel 1969 è nominato presidente onorario) ha il valore di un'epoca, tanto più perché attraversata da eventi come il Fascismo e la guerra, che non potevano non segnare anche la vita apparentemente autonoma della Società Pavese. Vaccari è un profondo studioso e insieme un uomo d'azione. Podestà di Pavia dal 1923 al 1933, proprio grazie al suo prestigio protegge il sodalizio da ingerenze del regime. Quando con il riordinamento di Deputazioni e Società storiche disposto dalle leggi del 1934-35 la rivista viene ribattezzata (dal 1937) "Bollettino Storico Pavese" è soltanto l'insegna che cambia, ma resta immutata l'intenzione di fare storia con serietà. Tuttavia, mentre la qualità degli studi rimane di buono o almeno discreto livello, negli anni Trenta diminuiscono vistosamente le pagine dei fascicoli della rivista. È difficile appurare le ragioni (se ce ne furono) per cui il "Bollettino" diretto da Vaccari nel pieno del suo dominio accademico abbia attirato meno gli studiosi, mentre è chiaro che durante i due periodi bellici sono motivi organizzativi ed economici a limitare le attività editoriali.

Nell'ultimo decennio della presidenza Vaccari il Consiglio della Società viene rinnovato a scadenze più dilatate rispetto al triennio previsto dallo statuto, ma entrano a farne parte studiosi di nuova generazione, che portano interessi nuovi e metodologie aggiornate.

Nel 1969 la presidenza passa ad Arturo Stenico, professore di Archeologia: sono pochi anni, contati purtroppo da problemi di salute che gli sottraggono forze. Il "Bollettino" esce a scadenza biennale offrendo ampio spazio alla ricerca archeologica, con numerosi e innovativi contributi di giovani ricercatori.

Nel 1978 con Emilio Gabba, docente di Storia romana, c'è una svolta. I soci che nel 1977 erano 218, alla conclusione della sua presidenza, nel 2001, sono 418; dal 1984 al 2000 escono gli otto monumentali volumi della Storia di Pavia (finanziata dalla Banca del Monte di Pavia, poi Banca regionale Europea) della quale la Società Pavese ha la responsabilità scientifica e organizzativa; e infine, ma prima di tutto, il "Bollettino" dagli anni Novanta ha una media di 450 pagine e offre contributi molto vari per argomento (si spazia dall'antichità alla metà del Novecento), dimensioni, impostazione: accanto ai professori pubblicano i loro migliori alunni, accanto agli studiosi pavesi (pochi purtroppo i non universitari, ma le esigenze moderne delle professioni tolgono tempo allo studio libero) si affacciano collaboratori di altre città che nelle loro indagini incontrano la storia pavese: basta scorrere l'indice per constatare un'apertura dell'orizzonte.

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Dal Duemila ad oggi

Dal 2002 la presidenza è assunta da Cesare Repossi, bibliotecario conservatore della Biblioteca Universitaria e studioso di cultura pavese e lombarda, il quale, rieletto per sei trienni, alla fine del 2019 chiede di essere sostituito. Durante questo periodo il "Bollettino" è uscito puntualmente, alla fine di ogni anno, con un numero variabile di pagine che è andato diminuendo in proporzione al calare del numero dei soci e al venir meno dei contributi degli enti pubblici (Ministero per i beni e le attività culturali e l'Amministrazione provinciale). Tuttavia l'attività di produzione scientifica rimane consistente: nei 18 volumi del "Bollettino" sono stati pubblicati 301 articoli per complessive 8.398 pagine; a corredo occorre ricordare le 6 monografie della "Biblioteca della Società Pavese di Storia Patria" e i 5 volumetti della nuova serie "Quaderni", per un totale di 1.928 pagine.

Il "Bollettino" viene presentato ogni anno con una conferenza pubblica, tenuta in sale di palazzi storici della città, sempre affollata di soci e anche di persone interessate.

Nel 2020, nell'impossibilità di indire regolari elezioni a causa dell'emergenza sanitaria, il consiglio decide di affidare la presidenza ad interim a Luisa Erba, la quale, nel 2021 viene dall'Assemblea dei soci eletta presidente per il triennio 2021-2023.

Nell'aprile 2024 l'Assemblea dei soci ha approvato il nuovo statuto, funzionale al passaggio della Società al Terzo Settore (L. 6 giugno 2016, n. 106).

Nella stessa occasione l'Assemblea dei soci elegge il nuovo presidente, prof. Mirko Volpi, professore associato di Linguistica Italiana presso l'Università di Pavia, per il triennio 2024-2026, unitamente a un Consiglio direttivo quasi completamente rinnovato che mantiene il livello alto di competenza dei componenti, in gran parte di una generazione più giovane.

I soci sono attualmente circa 240; la loro tipologia si è conservata costante nella storia ultrasecolare della società: docenti e ricercatori universitari, professionisti, appassionati di storia locale. La quota è modesta (inferiore a quella di altre società storiche lombarde) e per ora costituisce l'unica risorsa economica della Società.

La sede della Società è in un locale, concesso dal Comune di Pavia, nella Biblioteca Civica "C. Bonetta", ed è aperta al pubblico il martedì dalle 16 alle 18.

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Indirizzo e contatti

Società Pavese di Storia Patria

presso la Biblioteca Civica "C. Bonetta", Piazza Petrarca 2, 27100 Pavia (PV).

Tel. 0382 21635

E-mail: societapavese@comune.pv.it

Sito web: https://societapavesestoriapatria.it

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Dal sito della biblioteca:

- Edizioni antiche e fondi speciali [sezione dedicata ai fondi speciali della biblioteca, compreso il fondo antico di storia locale]

- Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare [da Scorri indici, alla collocazione 'storia locale' è possibile trovare il fondo moderno di storia locale; dalla ricerca libera è possibile verificare la presenza di altre pubblicazioni dell'ente]

- Emeroteca [sezione dedicata all'attività dell'Emeroteca, compresa una descrizione della raccolta degli atti accademici acquisiti dalla biblioteca]

In "MinervaWeb" leggi anche:

- Istituzioni e fonti per la storia locale: la Biblioteca della Società Storica Lombarda ETS, 2024, n. 77 (n.s.)

- Istituzioni e fonti per la storia locale: la Società Napoletana di Storia Patria, 2024, n. 76 (n.s.)

- Indice generale per rubrica [nella rubrica "Contributi" questa e altre schede di Deputazioni e Società di storia patria presenti in Italia e all'estero]

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