A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
I senatori di diritto e a vita
Pietro Nenni
Abstract
«Giornalista dall'animo di agitatore», che «butta la sua giovinezza a tutti i quadrivi dove si combatte per la libertà» (Nenni 1945, p. 16) Pietro Nenni attraversa la storia del nostro Paese da protagonista: dalla "settimana rossa" all'interventismo, dall'antifascismo alla costruzione della Repubblica.
A cinquant'anni dalla nomina a Senatore a vita e a quaranta dalla sua scomparsa, ne tracciamo un breve profilo biografico accompagnato da alcuni brani tratti dai suoi interventi nelle aule parlamentari.
1. La battaglia per la Repubblica
4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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1. La battaglia per la Repubblica
Sono nato in Romagna, a Faenza, il 9 febbraio 1891. Mio padre era un contadino che la città aveva strappato sul tardi alla campagna facendone una specie di fattore dei conti Ginnasi, una nobile famiglia faentina che celava dietro la facciata di un opulento palazzo la lenta disgregazione della vecchia nobiltà papalina. Mia madre era anch'essa venuta dalla campagna alla città per essere dapprima balia della famiglia dei Ginnasi e poi lattaia, dopo una seconda vedovanza che l'aveva lasciata con due figlie di primo letto e con sulle braccia il sottoscritto che era, allora, un marmocchio di cinque anni.
(Nenni 1947, p. 5-6)
Nel 1900, per interessamento della contessa Ginnasi, viene accolto nell'orfanatrofio laico "Maschi Opera Pia Cattani". Durante l'infanzia legge molto, sviluppando un interesse particolare per gli scritti di Mazzini. Affascinato dalle rivolte del maggio 1898 in Romagna (Ivi, p. 8) pochi anni dopo, all'indomani del regicidio di Umberto I, scrive sui muri dei corridoi della scuola "Viva Bresci". Assunto come scrivano in una fabbrica di ceramiche nel 1908, viene ben presto licenziato per aver preso parte ad uno sciopero.
Inizia a pubblicare articoli sul "Popolo di Faenza" e sul settimanale repubblicano "Il Lamone":
Verso i repubblicani m'aveva spinto il fondo romantico del mio temperamento. Non che fossi indifferente alla battaglia sociale di cui i socialisti erano i principali campioni; ma giudicandoli sul piano locale, in base al riformismo onesto ma piatto del loro capo Ugo Bubani, e giudicandoli sul piano delle idee generali con le prevenzioni antimaterialiste suggerite dalle letture mazziniane, i socialisti mi apparivano nella luce di chi vuol ridurre la vita ad una formula di algebra soffocando nell'uomo il bisogno di sublime e di eroico.
(Ivi, p. 9)
Partecipa e promuove numerose manifestazioni, tra cui, nel 1909, scioperi politici in Lunigiana fra i cavatori di marmo, continuando il lavoro da giornalista come dirigente del settimanale "Il pensiero romagnolo" e collaboratore di "La lotta di classe", diretto a Forlì dal socialista Benito Mussolini.
Sposatosi nel 1911 con Carmen Emiliani, partecipa in quello stesso anno allo sciopero generale e alle manifestazioni proclamate contro la decisione del Governo Giolitti di occupare la Libia: ferito e arrestato, trascorrerà il periodo di detenzione con Benito Mussolini.
Mussolini e io passavamo qualche ora del giorno nella stessa cella, giocando alle carte, leggendo e facendo progetti per l'avvenire. Il nostro autore preferito era Sorel. Questo scrittore, col suo disprezzo per i compromessi parlamentari e per il riformismo, ci ammaliava. Il suo tentativo di conciliare Proudhon con Marx ci sembrava aprisse nuovi orizzonti al socialismo.
(Nenni 1945, p. 27)
Fra le mura delle prigioni di Forlì e di Bologna la nostra amicizia si sviluppò con comuni letture (quella di Sorel in particolare), con comuni meditazioni, con comuni speranze - ahimè, quanto crudelmente da Mussolini irrise e smentite! - sulle prospettive del movimento rivoluzionario italiano.
(Nenni 1947, p. 21)
Nel 1914, dopo aver passato un paio di anni nelle Marche, è tra gli organizzatori di quella che verrà definita la «Settimana Rossa» tra Marche e Romagna: nuovamente arrestato, matura proprio in carcere l'interventismo e parte volontario per la guerra.
Nel silenzio e nel raccoglimento del carcere di Aquila io avevo, fin dal primo colpo di cannone, optato per l'intervento. Fra tutte le possibili soluzioni la neutralista era quella che mi ispirava più orrore.
(Ivi, p. 36)
Convalescente per un incidente al fronte, nel 1916 assume a Bologna la direzione del quotidiano "Giornale del Mattino", organo della democrazia radicale e repubblicaneggiante locale.
Negli anni del primo dopoguerra è convinto della necessità di una Costituente da realizzare attraverso l'unità tra repubblicani e socialisti (si veda Tamburrano 1986, p. 57 e seguenti): il quotidiano che dirige viene chiuso e, negli ultimi mesi del 1919, collabora con "Il Secolo" e il neo-nato "L'Italia del Popolo". Si avvicina sempre più al Partito Socialista, a cui si iscrive nel 1921 a Parigi, designato corrispondente da quella città dal direttore dell'"Avanti!" Giacinto Menotti Serrati, «in un momento in cui non era più permesso a nessuno starsene alla finestra» (Nenni 1947, p. 65): Nenni infatti difende la sede del giornale dall'attacco dei fascisti (Ivi, p. 66). Il rapporto con il quotidiano socialista durerà per tutta la vita di Nenni (è possibile consultare il quotidiano digitalizzato nella banca dati online).
Inviato alla conferenza di Genova del 1922, pochi giorni prima della marcia su Roma diventa redattore-capo dell'"Avanti!". Schieratosi contro il progetto di fusione tra il PSI e il Partito Comunista d'Italia caldeggiato da Mosca, nel 1923 entra nella direzione del partito e, di fatto, assume la direzione del giornale.
In contrasto con la Direzione socialista, favorevole al rientro dei riformisti di Turati nel PSI, nel 1925 lascia l'esecutivo e la direzione dell'"Avanti!" e si avvicina a Carlo Rosselli con il quale fonderà il settimanale "Il Quarto Stato", che così esordisce:
Noi facciamo appello a tutti gli amici, a tutti i compagni, perché vogliano riunirsi in uno sforzo decisivo superando, almeno sul terreno culturale, tutte le vecchie distinzioni di partito, di scuola e di frazione. [...] Questa ha da essere l'ora del risveglio. Occorre riprendere virilmente il cammino, rompere quello stato di rassegnazione e di abulia nel quale troppi si adagiano da anni, e imporsi e imporre un lavoro di cultura, di revisione e di autocritica.
("Il Quarto Stato", 27 marzo 1926, p. 1; cit. in Nenni 1977b, p. 180. La riproduzione del periodico è disponibile nella Biblioteca Digitale Gino Bianco)
Alla fine del 1926, dopo un breve passaggio in territorio svizzero, si trasferisce a Parigi con la direzione del partito: dirige l'edizione parigina dell'"Avanti!", che, nel 1930, prenderà il nome di "Nuovo Avanti!" per i contrasti sorti con la dirigenza del partito (sulle edizioni parigine dell'"Avanti!" si veda l'articolo su MinervaWeb n. 58, agosto 2020). Promotore della Concentrazione di azione antifascista, ne diviene il segretario generale e collabora con diverse testate giornalistiche francesi, pubblicando inoltre Six ans de guerre civile (Valois, Paris 1930), La lutte de classe en Italie (Editions de la «Nouvelle Revue Socialiste», Paris 1930), Le conquerant en chemise rouge, Marx e il marxismo (Edizioni Popolari del Partito Socialista Italiano (Sezione dell'I.O.S.), Parigi 1933), cercando incessantemente l'intesa con i rappresentanti di tutti i partiti contro il fascismo (Tamburrano, p. 99 e seguenti). Nel 1936 è in Spagna dove copre diversi incarichi per conto delle Brigate internazionali (si veda il volume Spagna, ristampato nel 1976, che raccoglie diversi scritti di quegli anni).
Nel giugno 1940, con l'entrata dell'Italia in guerra, Nenni lascia Parigi e si stabilisce con la famiglia nei Pirenei orientali: pur nell'isolamento e nello sconforto, continua a cercare di riallacciare le fila della resistenza e, nell'ottobre del 1941, in seguito all'aggressione tedesca alla Russia, un nuovo patto di unità d'azione tra socialisti, giellisti e comunisti viene firmato a Tolosa.
Arrestato l'8 febbraio del 1943 dalla Gestapo, ad aprile viene consegnato alla polizia fascista al Brennero e trasferito a Regina Coeli:
Era la vigilia di Pasqua ed i treni erano affollatissimi. La vista delle manette fa sempre un certo effetto sui viaggiatori, ma è bastato ch'io dicessi che ero un politico perché ogni volto s'aprisse al sorriso. [...]
- Quelli che hanno voluto questa guerra, non voi dovreste avere le manette - dice un signore. E non sono attorno che cenni di assenso.
Molti distintivi fascisti. Non una parola fascista.
Vedo in ciò il sintomo del disfacimento interno del fascismo, della sua corruzione.
(Nenni 1947, p. 154)
Confinato a Ponza per qualche mese, i primi di agosto è libero e torna a Roma, dove riprende le redini dell'"Avanti!" e viene designato segretario del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (Tamburrano 1986, p. 155 e seguenti).
Durante l'occupazione tedesca di Roma continua il suo impegno nel CLN (Nenni 1982, p. 37-81) e nel giugno 1945 entra nel governo Parri come Vicepresidente del Consiglio e Ministro per la Costituente. Ricopre anche la carica di Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo, firmando sia la legge "Epurazione delle pubbliche amministrazioni, revisione degli albi delle professioni arti e mestieri ed epurazione delle aziende private", che prenderà il suo nome, sia il decreto luogotenenziale per la soppressione del Commissariato.
Il sogno della Repubblica, mai abbandonato da Nenni, diventa realtà con il Referendum del 2 giugno 1946:
La battaglia per la Repubblica è vinta. Hanno cominciato a telefonarmi alle tre del mattino. Al ministero e al partito è stato un succedersi di congratulazioni e di feste. L'"Avanti!", uscito a un'ora in edizione speciale, ha un Grazie a Nenni, firmato Silone* e da tutta la redazione in tono molto affettuoso.
(Nenni 1982, p. 225-226) *Silone dirige l'edizione romana del giornale in quegli anni (si veda l'articolo a lui dedicato nella rubrica Letteratura e Parlamento, nel n. 19 di MinervaWeb)
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Nelle elezioni del giugno 1946 Pietro Nenni è eletto deputato all'Assemblea Costituente per il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Annota nei suoi diari, quando finalmente, il 13 giugno, il re lascia l'Italia:
Comunque, è finita e finita bene. Un altro capitolo si chiude nella tormentatissima epoca del postfascismo. Il nuovo che apre presenta a sua volta ardui problemi. Alcuni sono di carattere immediato: l'elezione del nuovo capo dello Stato, quella del presidente della Costituente, quella del nuovo governo. Altri ci incalzano da presso e sono il trattato di pace, la nuova Costituzione, la posizione dei lavoratori nello Stato, il livello del nuovo equilibrio politico e sociale da creare in luogo di quello rotto e spezzato. Ma ogni giorno ha la sua pena, ogni giorno la sua gioia. Accontentiamoci della gioia di questa giornata che segna l'epilogo di una battaglia per me cominciata quando ero ancora un ragazzo, anzi un ragazzaccio.
(Ivi, p. 229)
Continua nella sua linea di unità d'azione con il Partito Comunista di Togliatti: nel gennaio del 1947 dovrà subire la scissione dei socialdemocratici dal Partito Socialista, in seguito alla quale lascia tutte le cariche di governo, cui si aggiunge, alle elezioni del 1948, la sconfitta del Fronte Democratico Popolare formato con il PCI. Nel dicembre del 1948 fonda la rivista Mondo Operaio, rassegna settimanale del PSI che nel 1953 diventerà mensile e sarà la rivista teorica del partito.
Segretario del PSI dal 1949 al 1963, Nenni è deputato nelle prime cinque legislature della Repubblica, fino alla nomina a Senatore a vita nel 1970.
Dopo la firma del patto atlantico, cui si era più volte dichiarato contrario, partecipa al congresso per la costituzione del movimento dei «partigiani della pace», nell'aprile del 1949 a Parigi.
Alla metà degli anni Cinquanta guida il partito verso un'apertura al mondo cattolico, cui segue la denuncia del patto d'unità d'azione col PCI (distanziamento aggravato dai fatti d'Ungheria) e il riavvicinamento ai socialdemocratici di Saragat, fino ad arrivare all'astensione e all'appoggio esterno nel III e IV governo Fanfani (1960 e 1962).
Con i primi governi Moro, il PSI entra nel governo: Nenni è Vicepresidente del Consiglio prima (1963 - 1968) e poi Ministro degli Affari Esteri (1968 - 1969, governo Rumor I). Nel 1969, dopo l'uscita dal partito dei socialdemocratici, si dimette dalla presidenza del partito e dal governo.
È un anno difficile per Nenni, come ricorda Giovanni Spadolini nel volumetto Nenni sul filo della memoria, che riproduce un'intervista concessagli per il "Corriere della Sera" (Spadolini 1982, p. 39-43), sia per la situazione del paese che per quella del partito.
Proposto per la Presidenza della Repubblica nel 1964, rinuncia alla candidatura in favore di Giuseppe Saragat, che nel novembre del 1970 lo nomina Senatore a vita per meriti in campo sociale. Il giorno delle dimissioni del Presidente Leone (15/06/1978) ricorda:
Era stato eletto al Quirinale nel dicembre 1971. Il suo ultimo competitore fui io che rimasi in minoranza.
A decidere l'elezione furono Saragat e La Malfa che portarono a Leone i loro voti. Si giustificarono con l'argomento fasullo che io finivo per essere il candidato dei comunisti. Ma in nessun caso potevo essere eletto. Un'assemblea moderata come il Parlamento non poteva fare di me, uomo della settimana rossa, il capo dello Stato. Questo per me era sempre stato pacifico. Perciò sette anni prima avevo fatto eleggere Saragat.
(Nenni 2016, p. 406)
Presidente onorario del PSI, si spende, tra le altre cose, negli anni Settanta per le battaglie civili, dal no al referendum abrogativo della legge sul divorzio all'approvazione della legge 194/1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza.
Rientrato dalla manifestazione di chiusura della campagna per il no al referendum abrogativo sul divorzio, svoltasi a Piazza del Popolo a Roma il 10 maggio 1974, così annota nel suo taccuino:
Non rimane che attendere i risultati. Li considero incerti. Mai come in questa circostanza abbiamo avuto con noi le città. Ma mai come questa volta, neppure il 2 giugno 1946, la Chiesa si è sentita a tal punto impegnata anche se ha nel fianco la spina dei sacerdoti e dei fedeli del «no». [...] Campagna contro città, confessionale contro Parlamento, tale è stato il senso dei confronti. Se perdiamo le conseguenze saranno pesanti. Se vinciamo ci troveremo di fronte l'ostacolo dello Stato confessionale che per un errore di Togliatti e dei comunisti non affrontammo nel 1946-47. Ritrovarsi alle prese con un problema dell'Ottocento è segno del nostro ritardo nell'affermazione dei valori civili della società moderna.
(Ivi, p. 116)
Il 20 giugno del 1979, seppur malato, vuole presiedere la seduta inaugurale del Senato della VIII legislatura come Senatore anziano:
Ho presieduto la seduta al Senato per l'elezione di Fanfani. [...] Il giorno sette avevo scritto a Fanfani che non ero in condizione di presiedere. Peggio di me stava il decano Ferruccio Parri. Se io non mi rendevo disponibile la presidenza sarebbe toccata al senatore Crollalanza, missino, già ras di Bari all'epoca del fascismo, una vergogna per il Senato repubblicano. Ho quindi tagliato corto assumendo la presidenza.
(Ivi, p. 447 - 448)
Muore a Roma il primo gennaio del 1980. Verrà commemorato in Aula nella seduta n. 78 del 23 gennaio.
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Nell'inaugurare i lavori per l'approvazione della Costituzione, Nenni illustra quattro principi fondamentali che dovrebbero guidare la sua approvazione, in quello che definisce «lo spirito del 2 giugno»:
Cercherò, cioè, di determinare in quale misura il progetto di Costituzione corrisponda alla volontà, alle speranze, ai desideri di quei 12 milioni di elettori repubblicani, che nel referendum del 2 giugno hanno col loro voto instaurato il regime repubblicano.
Credo di non forzare l'interpretazione dello spirito del 2 giugno, dicendo che lo possiamo riassumere in quattro principi generali: gli elettori repubblicani il 2 giugno volevano uno Stato unitario, volevano uno Stato democratico, volevano uno Stato laico e volevano uno Stato sociale. In questo modo essi traevano le conseguenze logiche e naturali delle lotte, che si sono svolte già nel lungo periodo della dominazione fascista e poi, in una forma molto più positiva e concreta, fra il luglio del 1943, l'aprile del 1945 ed il giugno del 1946.
(Assemblea Costituente, Resoconto stenografico, 56° seduta, 10 marzo 1947, p. 1944)
Sullo Stato laico ritornerà di lì a poco durante la discussione sull'articolo 7:
Con la coscienza di fare il nostro dovere verso la Nazione e verso la Repubblica, noi voteremo contro l'articolo 7, per ragioni, ad un tempo, di principio e di coscienza.
Le ragioni di principio si richiamano alla nostra concezione dello Stato laico.
Siamo profondamente convinti che la pace religiosa è un bene altamente apprezzabile, ma per noi, la garanzia della pace religiosa è nello Stato laico, nella separazione delle responsabilità e dei poteri, per cui lo Stato esercita la sua funzione sovrana nel campo che gli è proprio, e garantisce alla Chiesa la sovranità della sua funzione nel campo che le è proprio.
[...] Il nostro caso di coscienza si pone intorno alle origini, al contenuto e all'interpretazione del Concordato. Per quanto si riferisce alle origini dei Patti lateranensi, sono convinto che non vi è nessun Deputato cattolico disposto a trovare un motivo di soddisfazione, nel fatto che sotto il Trattato del Laterano, vicino alla firma del Sommo Pontefice, vi è quella di Benito Mussolini, che non fu mai una cauzione di libertà e di democrazia.
(Assemblea Costituente, Resoconto stenografico, 75° seduta, 25 marzo 1947, p. 2456-2457)
Sempre costante in Pietro Nenni è stato inoltre l'interesse per la politica estera: nel febbraio del 1969, in qualità di Ministro degli Esteri, interviene nell'Aula di Palazzo Madama nella discussione sul Bilancio:
Il criterio che i problemi vanno risolti e non accantonati è quello che noi cerchiamo di far valere nel costante impegno non solo di concorrere a risolvere i conflitti locali ma di impedirne la esasperazione e la generalizzazione. L'enormità stessa del rischio di fronte al quale si trova l'umanità ci aiuta in questa opera. L'uomo sa quel che sarebbe una terza guerra mondiale combattuta con le armi nucleari. E tuttavia questo non basta giacché l'insidia dell'irrazionale è sempre presente nell'azione e negli atti degli uomini.
La pace non trova la sua garanzia soltanto nella paura della guerra. La pace va organizzata ed in un mondo diviso in blocchi militari, che un giorno verranno superati, ma che sono tuttora un fattore di sicurezza e di equilibrio, l'organizzazione della pace passa attraverso la distensione tra i blocchi e non può non tener conto delle condizioni di libertà e di indipendenza all'interno dei blocchi stessi. Come si affronta a Washington un riesame della politica americana, così si deve riprendere da noi il riesame della politica europea.
(Senato della Repubblica. Assemblea, Resoconto stenografico. V Legislatura, 88° Seduta, 25 febbraio 1969, p. 4955)
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4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
Nell'articolo sono citati per esteso solo i testi non compresi in Pietro Nenni. Percorso bibliografico nelle collezioni del Polo Bibliotecario Parlamentare.
Si suggerisce inoltre la ricerca nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche delle due biblioteche.