A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Speciale: 11 settembre 2001, vent'anni dopo
I giornali nel mondo all'indomani dell'11 settembre 2001
Dopo il contributo introduttivo del prof. Massimo Teodori nel primo numero dello "Speciale" di quest'anno, e dopo la rassegna della stampa quotidiana statunitense proposta nel secondo numero, proseguiamo il nostro percorso nelle fonti giornalistiche sugli attentati dell'11 settembre 2001 presentando qualche spunto di riflessione sulla copertura globale di questo evento, a partire da quanto si può ricavare dalle risorse digitali disponibili presso le postazioni del Polo bibliotecario parlamentare.
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4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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Nel 2002, l'artista Hans-Peter Feldmann esibì l'installazione "9/12 Front Page"con le prime pagine dei quotidiani di 151 Paesi del mondo che il 12 settembre 2001 avevano documentato l'attentato terroristico del giorno prima alle Torri gemelle di New York e al Pentagono. Negli anni successivi presso il "Newseum", il museo interattivo dell'informazione e del giornalismo che è stato attivo a Washington D.C. fino al 2019, è stata esposta una raccolta di prime pagine - raffigurata nella foto in apertura - anche come spunto per iniziative didattiche. La contemporanea disponibilità e la ravvicinata visibilità di tante copertine consentiva di enfatizzarne alcune linee comuni: caratteristica prevalente nell'impaginazione era l'utilizzo di grandi fotografie, spesso a colori; frequenti anche i titoli brevi e d'effetto, in grande corpo. Ma al di là dell'aspetto visuale, di cui le esposizioni potenziavano l'impatto emozionale, ciò che emergeva dalla copertura giornalistica dei fatti dell'11 settembre 2001 ha evidenziato la portata stessa dell'evento rappresentato.
La rilevanza data all'avvenimento nelle testate di qualsiasi latitudine ha consentito su scala mondiale un confronto senza precedenti, favorito da numerose iniziative (quale l'esposizione ricordata in apertura), e approfondito in modo più sistematico dagli studi di numerosi esperti di comunicazione. Il confronto verteva di volta in volta su stili comunicativi verbali e/o visuali, approccio alle fonti informative e percezione della loro affidabilità, maggiore o minore ricorso alle agenzie di stampa piuttosto che ai reporter inviati, senza ignorare peraltro le varie posizioni ideologiche che chiamavano in causa la matrice terroristica degli attentati e la definizione stessa di terrorismo, proprio mentre le implicazioni geopolitiche dell'episodio inducevano una polarizzazione dello scenario globale su fronti che sarebbero rimasti a lungo contrapposti.
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Limitandoci alla carta stampata, e senza alcuna pretesa di esaustività, un primo rilievo che tali indagini hanno suggerito riguarda la copertura giornalistica dell'evento, ovvero la quantità e l'accuratezza dell'informazione fornita ai lettori non solo al momento dei fatti ma anche negli sviluppi successivi. Ad esempio, se la percentuale di spazio dedicata dai quotidiani statunitensi agli attentati nella seconda settimana del settembre 2001 (anche con la riduzione della normale quantità degli inserti pubblicitari, a vantaggio dei contenuti informativi) è stata comprensibilmente maggiore rispetto a quella garantita dai giornali asiatici, tuttavia a distanza di un paio di mesi la tenuta della notizia si mostrava più costante nelle testate che non le avevano sin dall'inizio dedicato la maggior parte dell'impaginato. Ad esempio, a inizio ottobre 2001 la copertura del tema 'terrorismo' offerta dalla "Saudi Gazette", organo di stampa con sede a Gedda ed espressione del punto di vista dell'Arabia Saudita, era superiore a quella che veniva data negli stessi giorni persino dal "New York Times", anche a testimoniare una presa di distanza dalla violenza armata in quanto contraria agli insegnamenti dell'Islam. Analoga copertura a lungo termine è stata offerta da "China Daily", quotidiano cinese in lingua inglese, fondato nel 1981 e con sede a Pechino ma con uffici in varie città anche straniere (per i dati della rilevazione si rinvia a Siddiqi, 2003).
In Cina, almeno nelle testate in lingua inglese, si è fatto spesso riferimento all'attacco alle Torri con l'espressione «9.11 Incident». Ad Hong Kong, la cui sovranità era transitata nel 1997 dal Regno Unito alla Repubblica Popolare Cinese, un altro giornale in inglese, il "South China Morning Post", titolava a grandi lettere Day of terror rocks America e, in altra edizione, U.S. under attack: noon latest.
Invece il principale quotidiano cinese, "Renmin Ribao" ("Il quotidiano del popolo", fondato nel 1948 e pubblicato a Pechino, organo del Comitato centrale del Partito comunista cinese; online in versione inglese come "Daily's People"), improntato a uno stile di sobrietà, ha riservato agli attacchi la spalla della prima pagina: posizione di rilievo nel linguaggio giornalistico, dedicata ai fatti del giorno, ma con impostazione più da commento che da cronaca. I titoli, oltre a riferire l'accaduto (Washington e New York negli Stati Uniti sono state gravemente attaccate), manifestavano attenzione alle relazioni internazionali (Il presidente Jiang Zemin chiama il presidente Bush) mettendo d'altra parte in rilievo l'attenzione alla sorte dei propri connazionali (Il presidente Wang è profondamente preoccupato per la sicurezza del nostro personale negli Stati Uniti). Sempre in prima pagina, l'articolo centrale con foto si soffermava invece su una notizia di rilevanza interna e di tutt'altro genere: Si è svolta l'accensione e la cerimonia di avvio della staffetta della torcia dei IX Giochi Nazionali.
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L'attenzione ai connazionali rimasti coinvolti negli attentati è un tratto distintivo anche del principale quotidiano argentino, "Clarìn", fondato nel 1945, controcorrente nel presentare sotto il titolo La guerra - anziché il momento dell'esplosione - una scena di successiva devastazione, capace di trasmettere l'effetto straniante tipico di «un incubo di fantascienza fatta realtà», abbinandola alla previsione che l'11 settembre «cambierà il mondo».
Guerra è stato anche il titolo del 12 settembre di "O Dia" di Rio de Janeiro, il secondo quotidiano del Brasile, che il giorno stesso degli attentati aveva invece optato per un'edizione speciale che titolava Terror no coraçao do mundo. Sempre in Brasile "La Folha de S. Paulo", il giornale di maggior circolazione dell'America Latina, sosteneva che gli EUA [gli Stati Uniti d'America] sofrem major ataque da história.
Rispetto all'attenzione dei giornali statunitensi al costo degli attentati in termini di vite umane, la distanza geografica ha indotto vari giornali a concentrarsi maggiormente sui risvolti economici e geopolitici degli attacchi, in particolare nel continente asiatico; così ad esempio in "The Straits Times" di Singapore, attivo già da metà Ottocento e riconosciuto come uno dei più autorevoli giornali in inglese dell'Estremo Oriente.
La distanza geografica però non sempre è anche distanza culturale; in Australia il tipo di comunicazione ha talvolta ricalcato quella nordamericana soprattutto nell'impostazione grafica, come per "The Australian" (l'unico quotidiano di grande formato distribuito a livello nazionale e uno dei primi per diffusione nel Paese). Nella prima pagina del 12 settembre 2001, il titolo War of terror a caratteri cubitali, che evoca simultaneamente guerra e terrorismo, campeggia sopra una grande immagine a colori delle torri gemelle in fiamme, mentre fotografie più piccole documentano soccorsi, vittime, macerie. War of terror era anche il titolo ricorrente dello "Speciale" che da quel momento la testata inaugurava. Le parole terror e war figuravano in altre testate australiane come "The Sydney Morning Herald", altro giornale australiano tra i pochi non tabloid, con una tradizione che risale al 1831.
Un altro aspetto sempre legato alla distanza ha invece a che fare con la disponibilità e l'abbondanza delle notizie. Se infatti i giornali statunitensi hanno coperto la vicenda con dovizia di dettagli e facendo ricorso a fonti di prima mano, le testate geograficamente più lontane, anche quando hanno raggiunto un buon livello di approfondimento, spesso hanno dovuto affidarsi ad agenzie di stampa internazionali oltre che alle proprie firme giornalistiche, o a contatti di tipo più informale. Ancora nel quinto continente, il 12 settembre 2001 "The West Australian", giornale di Perth e del West Australia, ha costruito l'articolo America attacked basandosi sulle notizie trasmesse da sette diversi contatti - non tutti giornalisti di professione - che si trovavano a New York per lavoro o addirittura in vacanza, e che hanno riferito i fatti come testimoni oculari, filtrandoli attraverso la propria personale esperienza, secondo le circostanze e dai luoghi in cui casualmente si trovavano.
Venendo invece alle scelte visive, si segnalano alcune prime pagine di giornali lontani per lingua, impostazione, area del mondo, che ricorrono a uno stesso espediente grafico: intere sequenze di immagini per riprodurre la progressione delle esplosioni, con l'effetto di sottolineare il valore di reportage degli articoli e al contempo richiamare l'incredulità da molti provata nell'assistere agli eventi. Così il russo "Izvestija" (lo storico giornale fondato nel 1917 il cui nome significa "araldo", "messaggero", che è stato voce ufficiale del governo sovietico e dal 1991 si definisce il giornale nazionale di tutta la Russia) riporta sopra l'apocalittico titolo Armageddon una serie di foto di piccolo formato talmente ravvicinate da sembrare i fotogrammi di un film; così fa pure il libanese "Al-Hayat" ("La vita"), edito a Beirut, il cui titolo di prima pagina, più discorsivo, recita: Aerei suicidi colpiscono il Pentagono e distruggono le due torri del World Trade Center a New York. L'America dichiara lo stato di massima allerta e accenna al coinvolgimento di Osama Bin Laden negli attentati (ma anche l'israeliano "Haaretz", di Tel Aviv, utilizza in copertina una doppia immagine a suggerire una successione di momenti; così pure "Arab Times", giornale del Kuwait in lingua inglese).
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4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
Tra i molti studi pubblicati sull'argomento segnaliamo qualche titolo disponibile nel Fondo di Giornalismo e media, allestito presso la Biblioteca del Senato a corredo dell'Emeroteca:
- Clément Chéroux, Diplopia. L'immagine fotografica nell'era dei media globalizzati: saggio sull'11 settembre 2001. Torino, Einaudi, 2010 (Giornalismo gen. 18)
- Journalism after September 11, edited by Barbie Zelizer and Stuart Allan, with a foreword by Victor Navasky. London; New York, Routledge, 2002 (Giornalismo Stampa 96)
Si è fatto qui qualche riferimento più di dettaglio all'indagine di Mohammad A. Siddiqi, Terrorism: a cross-cultural comparative study of seven newspapers from around the world, "Jurnal Komunikasi", 19 (2003), pp. 99-116.
Per la ricerca dei giornali del mondo (spesso di difficile reperibilità nelle biblioteche italiane malgrado la capillarità di strumenti di ricerca come il Catalogo italiano dei periodici ACNP), moltissime fotografie circolano in internet e una piccola selezione, basata sulla disponibilità di licenze per il riuso dell'immagine, è stata qui commentata. Si segnala inoltre la possibilità di interrogare la banca dati Factiva (sottoscritta in abbonamento per il Polo bibliotecario parlamentare e accessibile nella sezione "Attualità - Quotidiani" della piattaforma Re@lweb): un aggregatore digitale di quotidiani che riporta contenuti da migliaia di testate e agenzie di stampa di tutto il mondo, consentendo di consultare in formato testuale articoli integrali da oltre 28.000 fonti, incluse agenzie di stampa, provenienti da 157 paesi del mondo e in 23 lingue, tramite un'interfaccia in italiano.
Di Factiva e di altre risorse per la consultazione dei giornali si parla, proprio in questo numero di "MinervaWeb", nell'articolo La consultazione dei quotidiani in digitale, a cui rinviamo.