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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 32 - dicembre 2010

L'Italia che legge / Giovanni Solimine

italialeggeDal 21 ottobre è in libreria "L'Italia che legge", un agile saggio di Giovanni Solimine edito da Laterza, in cui si affronta il tema, molto discusso, della lettura in Italia.

Grazie all'utilizzo di dati statistici ricavati da diverse fonti (indagini dell'Istat, del Censis, del Gfk Eurisko, dell'Ipsos, dell'Osservatorio permanente europeo sulla lettura, dello Iard, dell'Eurostat, dell'Aib etc.) l'autore ha analizzato il fenomeno, sfatato luoghi comuni e delineato una possibile strategia per superare questo momento di crisi.

I primi dati che Solimine analizza sono quelli della produzione libraria nel nostro paese: il fenomeno editoriale italiano risulta essere un "colosso dai piedi di argilla". L'elevato numero di libri pubblicati e l'alto fatturato ci collocano al settimo-ottavo posto al mondo e al quarto-quinto in Europa dell'industria editoriale; ma l'equilibrio di questo colosso è davvero instabile se pensiamo che a produrre sono pochi editori (concentrati per lo più nelle regioni dell'Italia settentrionale) e ad acquistare ancor meno lettori ( i 4 milioni di "lettori forti" praticamente da soli assorbono la metà delle vendite).

Nei primi due capitoli si analizza proprio il profilo del lettore - e del non lettore - italiano, i suoi gusti e i suoi stili di vita. Emerge subito il dato centrale attorno a cui ruota l'intero saggio, e cioè che in Italia si legge poco, comunque meno che negli altri paesi europei. Solo il 45% degli italiani (25 milioni di persone, rispetto al 70% della popolazione dei paesi dell'Europa settentrionale e centrale) viene definito dall'Istat "lettore", accostandosi al libro almeno una volta all'anno; ben 20 milioni di italiani, poi, non leggono affatto né libri né giornali e associano questa attività in primo luogo alla perdita di tempo. I "lettori forti"- italiani "fuori dalla norma" - sono soprattutto donne, hanno un livello di reddito e uno status sociale in genere elevati, vivono in prevalenza al nord e al centro e nei grandi centri urbani, hanno meno di 34 anni oppure più di 65, leggono per passione ma anche per migliorare il loro livello culturale e professionale, acquistano il doppio dei libri rispetto al totale, frequentano più assiduamente il cinema rispetto alla media.

Il dato che maggiormente preoccupa l'autore è che negli ultimi 15 anni la percentuale dei lettori è praticamente ferma tra il 40% e il 45%, nonostante l'aumento del tasso di scolarizzazione, dopo che, nei decenni passati, c'era invece stato un incremento notevole.

Un altro dato di fatto preoccupante è che negli ultimi tempi, di fronte alla situazione di crisi in cui ci troviamo, si assiste a una radicalizzazione degli estremi che vede aumentare le differenze per genere, area geografica etc.

Poiché un assioma fondamentale del saggio è quello secondo cui, per poter diventare lettori bisogna incontrare libri sul proprio cammino, anche l'analisi dei dati sull'utilizzo delle biblioteche, strettamente correlata alla distribuzione territoriale di queste strutture è utilissima per comprendere come siano diseguali le possibilità di entrare a contatto con i libri dei cittadini del nord e di quelli del sud, di quelli che vivono in grandi centri e di quelli che vivono in piccoli centri. Per l'autore "se la diffusione della lettura si regge anche su presupposti infrastrutturali, una più equilibrata distribuzione e funzionalità della rete bibliotecaria sul territorio potrebbe essere un importante fattore di cambiamento". Nonostante l'analisi delle motivazioni apportate dai non lettori ci dica che l'assenza di biblioteche sia la causa del non avvicinamento alla lettura solo nello 0,7% dei casi, d'altra parte non potremmo spiegare altrimenti il fatto che nelle zone dove ci sono più biblioteche si legga di più.

Il paragrafo dedicato al confronto tra i dati del panorama del libro e dell'editoria con gli altri consumi culturali ci risolleva invece il morale: il libro rimane infatti il primo tra i consumi culturali e regge bene il confronto con altri mezzi di intrattenimento (home video, musica, cinema, videogiochi, teatro, mostre e musei); inoltre il rapporto tra old media e new media non deve essere inteso in termini di concorrenza ma di contaminazione e di pacifica convivenza. Inoltre è dimostrato che più è ricca e varia la "dieta mediatica", maggiore sarà anche l'interesse per la lettura e più frequente l'utilizzo delle biblioteche. Peccato, quindi, che la percentuale degli italiani che continuano ad avere una dieta mediatica povera, rappresentata da un rapporto quasi esclusivo con radio e tv, sia rimasta invariata, mentre sono diminuite le persone che seguono una dieta più bilanciata.

Il terzo capitolo è davvero illuminante perché dimostra quale sia il grado generale di ignoranza sull'argomento di cui si sta discorrendo. Solimine rovescia, infatti, molti luoghi comuni sorti intorno alla lettura che non fanno altro che "contribuire a perpetrare lo stato di fatto": sempre più frequenti sono le accuse mosse ad internet e alla televisione mentre i dati dimostrano che i lettori abituali vanno spesso al cinema e comunque partecipano alla vita culturale e sociale molto più dei non lettori: il libro è insomma uno strumento di partecipazione alla vita al pari degli altri media.

Falso è anche il dilemma se lettori si nasca o si diventi perché è ovvio che se fin da piccoli si è a contatto con i libri la propensione alla lettura non potrà che essere favorita; per questo sono da lodare iniziative come "Nati per leggere", che vede collaborare pediatri e bibliotecari per promuovere la lettura ad alte voce ai bambini di età comprese tra i 6 mesi e i 6 anni per favorirne lo sviluppo affettivo e cognitivo. Altrettanto vero è che non è facile diventare lettore se non si vive in un ambiente che possa stimolare l'interesse per il libro e la lettura. Insomma lettori in parte si nasce e in parte si diventa.

Anche l'affermazione di "ai miei tempi si leggeva di più" viene controbattuta utilizzando i dati statistici: non solo i figli leggono più dei genitori, ma sono anche una "generazione multitasking", capace di utilizzare disinvoltamente libri e dispositivi elettronici; inoltre il 40% dei più giovani trova proprio in internet lo stimolo per comprare un libro. In considerazione di quanto detto fino a questo momento quasi scontato appare l'errore in cui cadono quanti pensano che internet stia soppiantando la carta stampata. Non si può infatti considerare internet uno strumento in competizione con altri ma, semmai, un insieme di strumenti che lo rendono "la componente digitale della vita, dell'economia, della società, della cultura".

Anche sull'e-book, l'autore contrasta cupi presagi, prospettando lo sviluppo di un mercato parallelo a quello della carta, ma al contempo si dichiara incapace di prevedere come, chi è oggi bambino, convivrà con questo nuovo strumento e in che modo cambierà il concetto di collezione libraria e di biblioteca.

Altra convinzione messa in discussione da Solimine è che sia "tutta colpa della tv", prima di tutto perché quando la tv ancora non esisteva si leggeva comunque molto meno di adesso e poi perché, come già affermato in precedenza, non bisogna attribuire colpe ai singoli media ma piuttosto alla povertà della "dieta mediatica". Sbaglia anche chi sostiene che i libri costino troppo: l'autore dimostra infatti che il prezzo medio di copertina è fermo da circa un quinquennio, mentre nello stesso arco di tempo la media dei prezzi al consumo è salita del 20%; conferma a questo pensiero è data dalle statistiche: solo il 5,5% dei non lettori indica nell'alto costo dei libri la motivazione del loro mancato acquisto, bisognerà piuttosto pensare che lo scarso interesse "induce a spendere il proprio tempo e il proprio denaro in altro modo".

Un altro luogo comune molto diffuso è quello secondo il quale le biblioteche danneggerebbero il mercato del libro. Questo pensiero oltre ad ignorare il "ruolo essenziale di servizio pubblico che le biblioteche svolgono per l'educazione e la crescita culturale, garantendo ad ogni cittadino l'accesso all'informazione e ai libri", non tiene in considerazione il fatto che spesso ci si rivolge alle biblioteche per consultare titoli esauriti o fuori commercio, ma soprattutto non riconosce il ruolo di vetrina per i prodotti editoriali che la biblioteca ha, e il servizio di promozione e stimolo della lettura che va anche a beneficio del mercato del libro.

Il quarto capitolo parla delle politiche pubbliche di promozione del libro e della lettura che fino a questo momento sono state messe in atto in Italia, ma si constata amaramente che molte di esse non sono state realmente efficaci poiché hanno raggiunto chi già in precedenza vi era interessato. Degna di menzione è, secondo Solimine, la nascita del "Centro per il libro e la lettura", che intende promuovere politiche di diffusione del libro e sostenere le iniziative promosse in tal senso da biblioteche e scuole; criticabile è però la decisione di escludere il ruolo attivo delle biblioteche ed il mondo dell'associazionismo attivo già da tempo nel campo.

Finalmente arriva il capitolo intitolato: "Come voltare pagina?" in cui si delineano alcune strategie per modificare la situazione stagnante in cui ci troviamo e ci viene dunque nuovamente data la speranza che ci siano possibili soluzioni. Solimine ribadisce la necessità di insistere con le attività di promozione della lettura per i ragazzi; a convincerlo poco è però il fatto che queste attività siano legate alla scuola e quindi alla condizione transitoria di studenti e non possano quindi produrre effetti duraturi nel tempo. Nel contesto scolastico viene proposta una lettura non scelta dal ragazzo e sempre legata alla successiva valutazione da parte del docente. E' necessario puntare su chi non sa ancora leggere, dice Solimine, e in tal senso fondamentale sarà il ruolo dei pediatri ma soprattutto dei genitori, che dovranno sforzarsi di rendere familiare l'oggetto libro.

Altro errore fondamentale secondo l'autore, è quello di puntare sempre sui lettori forti, i quali comunque già leggono 12 o 20 libri l'anno e la cui giornata rimane pur sempre di 24 ore. Benefici significativi porterebbe, invece, l'azione sui lettori medi, che sono circa il triplo di quelli forti e che incrementerebbero la vendita di libri oltre ad aumentare le occasioni, per i non lettori, di incontrare lettori sulla propria strada. Anche la promozione di attività di formazione continua per gli adulti (pensiamo agli Idea Stores londinesi) potrebbe essere, secondo l'autore, un'altra possibile linea di azione per la promozione del libro. Infine, senz'altro utile, sarà qualsiasi iniziativa volta a raggiungere i lettori anche al di fuori dei luoghi deputati alla lettura, vendendo libri in sedi non tradizionali (es. stazioni ferroviarie, supermercati e uffici postali).

In sintesi, i risultati migliori potranno ottenersi solo "con un'azione sistemica, cioè intervenendo su più fronti, con strumenti variegati e coinvolgendo una pluralità di soggetti".

Grazie a questo prezioso libro, che analizza magistralmente le più aggiornate cifre statistiche sul tema, possiamo finalmente avere una nitida fotografia degli italiani che leggono, senza trovarci, come al solito, di fronte a esaltazione o a sconforto eccessivi.

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