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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 51 (Nuova Serie), giugno 2019

Speciale: La politica e la parola. I seminari della Biblioteca

Intervento di Ernesto Galli Della Loggia

Continuiamo nel nostro "Speciale" del 2019 a dare spazio al seminario - ospitato dalla Biblioteca, su impulso del Sen. Zavoli, già Presidente della Commissione per la biblioteca e per l'archivio storico - dal titolo La politica e la parola.

Dopo i contributi di Carlo Galli e di Luciano Canfora, pubblichiamo ora l'intervento di Ernesto Galli Della Loggia, giornalista editorialista e professore emerito di storia contemporanea, autore di numerose pubblicazioni in ambito storico politico.

Il testo è la trascrizione dell'intervento.

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Proverò a dire qualche cosa sulle mutazioni che mi sembra siano intervenute nel rapporto tra la parola e la politica in questi ultimi anni.

La cosa che più mi colpisce è il fatto che siano venuti meno i discorsi. Non si fa più un discorso: prevale sul discorso la parola, intesa come battuta, come intervista: oggi come oggi, la politica manifesta le sue propensioni soprattutto con le interviste. Il discorso di un tempo, il discorso da mezz'ora, tre quarti d'ora, in cui ricorrevano tutte le formule retoriche del caso, si accompagnava anche - cosa importante - alla gestualità: se si vede qualche filmato di un comizio negli anni Cinquanta e Sessanta, si nota quanto importante fosse accompagnare le parole anche con il gesto, la posizione del corpo. Invece - mi sembra - si è perso questo tipo di comunicazione che aveva il suo centro nel discorso politico, che poteva essere stampato e riprodotto; forse (ascolto spesso la radio che trasmette la seduta del Parlamento) il discorso si è perso anche nell'aula parlamentare. Tutti 'leggono' il proprio discorso nell'aula del Parlamento: è la pura e semplice lettura di un testo, in genere preconfezionato negli uffici stampa da addetti che non hanno una partecipazione diretta con quello che viene detto. Ho l'impressione che questo riguardi soprattutto il Parlamento italiano: nel Parlamento inglese per esempio vedo che il primo ministro, ma anche i ministri, hanno dei foglietti con gli appunti, ma raramente leggono, anzi direi quasi mai.

Ovviamente i mezzi di comunicazione facilitano lo slogan, la parola breve, perché hanno al proprio centro la velocità, l'assertività, la concisione: basti pensare a Twitter. Questi aspetti nuovi della comunicazione impongono che non si facciano più discorsi. Anche quando abbiamo visto un uomo politico che prende la parola e la tiene sia pure per mezz'ora, non fa un discorso, ma piuttosto una serie di battute, di improvvisazioni che spesso non hanno più molto a che fare con l'andamento in qualche modo maestoso, approfondito, pieno di ragionevolezza e di ragionamenti, del discorso: questo pare appunto che ormai sia omesso completamente dal tipo di comunicazione in voga.

Un'altra cosa interessante a proposito appunto della storia del rapporto tra politica e parola - che soprattutto il professor Galli nell'intervento precedente ha passato in rassegna - è il fatto che la democrazia (parlo soprattutto del discorso democratico che si è affermato dall'inizio dell'Ottocento in poi, ma penso che la stessa cosa in qualche modo accadesse anche nella democrazia ateniese) evoca di per sé valori politici generalissimi: libertà, eguaglianza, progresso, tutte grandi parole, grandi concetti che hanno come caratteristica una indeterminatezza assoluta e che richiedono un discorso che li determini, che li precisi come valori di base comuni a un largo spettro di forze politiche (la fraternità, poi, ognuno è costretto a coniugarla in modo diverso dall'altro). Anche questo sforzo di determinare l'indeterminatezza dei grandi valori del discorso politico moderno mi sembra che si sia perduto, perché non c'è più un discorso politico generale sui valori, sulle grandi prospettive, reso indispensabile appunto dalla necessità di determinare l'indeterminatezza dei valori.

Oggi, guardando all'Italia, sembra essere maggiormente avvertita la necessità di abbandonare il terreno dei principi e dei valori e di ricorrere a elementi di concretezza. È una parola concreta quella che si afferma, e quindi anche una parola più violenta, più dura, che ha bisogno di incisività. Tutte le forze nuove che hanno popolato ormai da tempo il Parlamento italiano hanno questo tipo di retorica, che certo è più convincente, più incisiva, soprattutto perché si contrappone al discorso pubblico ufficiale italiano, ossia il discorso delle autorità, delle grandi occasioni, delle commemorazioni (talvolta - devo dire - terribilmente insopportabile, se posso usare queste parole). In settant' anni di democrazia la politica italiana non è diventata capace di parlare in modo ufficiale e al tempo stesso non retorico, in una maniera che magari sia condita qua e là da qualche battuta, da una vena di umorismo: il discorso istituzionale è in genere serissimo, pomposo, spesso inutile.
E in contrapposizione a questo tipo di discorso, il discorso incisivo invece, che non guarda i princìpi ma guarda le cose e parla in modo molto molto concreto, ebbene questo tipo di discorso ha maggiore efficacia proprio perché si contrappone a un discorso pubblico ufficiale che ormai ho l'impressione non dica nulla a nessuno. D'altra parte, il discorso incisivo, concreto, il discorso che non si muove più sul terreno della specificità dei valori, corre il rischio di diventare un balbettio: ascoltando il discorso politico per eccellenza, il discorso che si fa nelle Aule parlamentari, si è presi da sentimenti di compassione verso gli stenografi che devono cercare di organizzare in un italiano leggibile quello che talvolta viene detto da rappresentanti del popolo italiano che hanno un possesso malcerto della lingua nazionale - questo pure vorrà dire qualcosa non soltanto sulla scuola ma sulla società italiana.

È triste la conclusione che viene da fare, ma chiudo con questa osservazione: ormai forse siamo all'ultimo atto della parola. Ho l'impressione che ormai l'immagine abbia di gran lunga la meglio: mettere online un video costituisce un messaggio più forte, più efficace. Forse anche la parola, a questo punto così malconcia, sta avviandosi al tramonto.

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Riferimenti e approfondimenti bibliografici

Ernesto Galli della Loggia. Percorso bibliografico nelle collezioni del Polo bibliotecario parlamentare. Si suggerisce inoltre la ricerca nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.

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