Biblioteca - Un giornale al mese: la terza pagina

Il Giornale d'Italia

A.4 (1904)-a.76, n.156 (24-25 lug. 1976); n.s., a.80, n.1 (22 feb. 1980)-a.101, n.275 (31 dic. 2001)

Roma: Società editr. Esedra-Teleprint.

1901-

Il Giornale d'Italia, 11 dicembre 1901, p. 3 (Su gentile concessione della Biblioteca Comunale Centrale di Milano)

Quella che comunemente viene considerata la prima "Terza pagina" viene pubblicata l'11 dicembre 1901 su Il Giornale d'Italia, quotidiano nato nel novembre del 1901 per iniziativa di Sidney Sonnino e Antonio Salandra, esponenti della Destra liberale, con l'intento di dare spazio e voce alla loro corrente politica. Direttore fu nominato Alberto Bergamini, su indicazione di Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera, a cui Bergamini collaborava. In seguito Bergamini avrebbe percorso la carriera politica come senatore, nel 1920, come costituente e poi di nuovo come senatore nel secondo dopoguerra.

All'epoca i giornali avevano quattro pagine: la prima apriva con l'articolo di fondo e continuava con la cronaca; la seconda era dedicata alla politica; la terza al romanzo d'appendice e l'ultima alle notizie meno importanti e alla pubblicità. Già in precedenza le maggiori testate nazionali dedicavano ampio spazio alla cultura, ma soltanto con Il Giornale d'Italia un'intera pagina, la terza appunto, viene dedicata ad essa. Per sottolineare ancor meglio la particolarità del contenuto, viene usato un carattere tipografico, l'elzeviro, di corpo ridotto, facilmente leggibile e molto elegante. L'elzeviro deriva il suo nome dalla famiglia olandese di editori-stampatori, gli Elzevier, che nel XVI secolo lo misero a punto. Successivamente l'elzeviro passò ad indicare l'articolo di apertura della terza, quello più importante. La prima "Terza pagina" de Il Giornale d'Italia era interamente dedicata alla Francesca da Rimini, tragedia di Gabriele D'Annunzio, interpretata da Eleonora Duse e messa in scena al teatro Costanzi di Roma. Bergamini decise di affidare il commento delle varie parti dell'opera a quattro giornalisti diversi, contribuendo in tal modo a spezzare la monotonia della pagina intera. La recensione vera e propria ("La Tragedia") venne assegnata a Domenico Oliva, che aveva già lavorato al Corriere della Sera come critico letterario e commentatore politico e ne era diventato direttore dal 1898 al 1900. In quegli stessi anni venne eletto al Parlamento nelle fila della Destra, dove rimarrà fino al 1900. Nel 1901, all'atto della fondazione de Il Giornale d'Italia, Bergamini aveva portato con sé Oliva, a cui aveva affidato una rubrica, Note letterarie, dal 1901 al 1913. La critica riguardante la parte musicale della tragedia ("La musica") venne affidata al musicologo Nicola D'Atri, responsabile della rubrica musicale de Il Giornale d'Italia per 15 anni. Anche D'Atri proveniva dal Corriere della Sera. Diego D'Angeli, letterato e pubblicista, in seguito conservatore del Museo Napoleonico di Roma, ebbe l'incarico di commentare la scenografia ("La Sala"). Eugenio Checchi si occupò invece di redigere la cronaca mondana della serata ("In platea e fuori"). Checchi, giornalista e insegnante, era stato un valoroso garibaldino (aveva scritto su questa esperienza l'opera Le Memorie di un garibaldino) e firmava i suoi articoli con pseudonimi diversi: Nabab quando si occupava di economia, Didimo per la politica e Calibano o Tom per lo spettacolo.

In realtà ci volle del tempo prima che anche nello stesso Giornale d'Italia la Terza pagina diventasse un' "istituzione", e se ciò fu reso possibile fu anche grazie alla collaborazione dello stato maggiore dell'alta cultura di quel tempo. Possiamo citare, solo per ricordare alcuni nomi, Alessandro D'Ancona, Giuseppe Chiarini, Domenico Gnoli, Raffaele De Cesare, Antonio Fogazzaro, Luigi Capuana, Federico de Roberto, Luigi Pirandello, Cesare De Lollis, Attilio Momigliano, Salvatore Di Giacomo, Alfredo Panzini, Enrico Panzacchi, Pasquale Villari, senza dimenticare il contributo di Benedetto Croce.