A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Costruire la storia del nostro futuro. Conferenza internazionale, Biblioteca nazionale centrale di Roma, 8 ottobre 2018
Lunedì 8 ottobre la Sala Conferenze della Biblioteca nazionale centrale di Roma ha ospitato la conferenza internazionale Costruire la storia del nostro futuro: il patrimonio culturale digitale per collegare l'Europa e proporre nuove opportunità di conoscenza e ricerca. La mattinata è stata dedicata al lancio dell'iniziativa "Luoghi della cultura digitale", inserita nell'agenda dell'anno europeo del patrimonio culturale: per tutta la settimana dall'8 al 12 ottobre 2018 sono stati organizzati incontri e laboratori a Napoli (Biblioteca nazionale e Museo archeologico), Firenze (Biblioteca nazionale centrale e Opera di S. Maria del fiore), Torino (Museo del Cinema e Archivio di Stato), Prato (Polo universitario della città di Prato - PIN e Museo del Tessuto per la valorizzazione degli archivi tessili dei musei), nell'ottica di promuovere una fruizione del patrimonio culturale più consapevole e interattiva.
Ha portato i saluti iniziali il direttore della Biblioteca nazionale centrale di Roma, Andrea De Pasquale, ricordando le numerose iniziative per lo sviluppo di una 'cultura digitale' che vedono coinvolta l'istituzione da lui guidata: dal progetto Google Books, alla digitalizzazione degli incunaboli della biblioteca di S. Scolastica a Subiaco, per cui la BNCR è referente; dall'impegno nella catalogazione e digitalizzazione del patrimonio bibliografico delle comunità ebraiche italiane, alla implementazione di importanti repertori quali Europeana Collection 14-18 (a cui BNCR ha partecipato con circa 6.500 documenti digitalizzati sulla grande guerra) e ATHENA Plus, cui si è contribuito proprio di recente anche con la metadatazione di alcuni manoscritti che ne erano rimasti esclusi; dalle collaborazioni con importanti partner istituzionali quali la Biblioteca del Senato per la digitalizzazione di quotidiani e periodici, alla realizzazione di spazi fisici e virtuali per rendere fruibile la letteratura italiana contemporanea in modo innovativo. De Pasquale ha sottolineato come biblioteche e archivi partecipino alla crescita digitale del paese, realizzando servizi digitali sempre più performanti e orientati all'utenza.
Come chair della prima sessione, Simonetta Buttò, alla guida dell'ICCU - Istituto centrale per il catalogo unico e le informazioni bibliografiche, ha espresso l'auspicio che il sito web allestito per l'occasione, e che dà conto delle varie iniziative satellite, possa restare aperto in futuro come strumento ampiamente istituzionale; ha inoltre condiviso una speranza più generale circa la possibilità che una riflessione aperta sul valore della rivoluzione digitale cui si sta assistendo si risolva in impulso politico-strategico nel settore dell'istruzione superiore, della ricerca, della didattica, per la prefigurazione di nuovi sbocchi professionali e la redazione di un Manifesto per la cultura digitale. Se la «complessità orizzontale» della rete sembra soppiantare la «complessità verticale» del libro, ha concluso, a maggior ragione occorre far sì che il digitale non sia accumulo indistinto di materiali provenienti da ambiti di versi, ma diventi progetto di sviluppo.
L'intervento dell'on. Gianluca Vacca, sottosegretario del MIBAC, ha evidenziato come finora sia mancato un vero piano nazionale organico per la digitalizzazione che facesse rientrare in una programmazione pluriennale, raccordandoli tra loro, i processi, le dinamiche e le iniziative in corso. Nella consapevolezza che la digitalizzazione non si ferma all'atto del digitalizzare ma implica conservazione, continuità, aggiornamento dei dati, questioni infrastrutturali e tecnologiche, risorse continue nel tempo, ha suggerito tra le strade percorribili l'attivazione di percorsi con le scuole, per far comprendere come nascono le notizie e le storie, anche lavorando sui testi e sulle fonti d'archivio digitalizzate, imparando a leggerli filologicamente ma pure a riutilizzarli.
È stata poi la volta di Paola Passarelli, Direttore generale Biblioteche e istituti culturali del MIBAC, che ha esordito con una domanda: che evoluzione ha il patrimonio digitale rispetto al nostro vivere quotidiano? Per restare al passo con una tecnologia sempre più veloce - ha suggerito - occorre puntare a un interscambio di conoscenze a livello globale, tale da non incidere negativamente sull'identità dei Paesi ma da rafforzarla attraverso la conoscenza, come sfida e opportunità di dialogo, interpretando il digitale come un supporto e non come un limite. In questo orizzonte si inquadra l'attenzione che la Direzione generale del Ministero riserva allo sviluppo di progetti nazionali e internazionali, anche con la partecipazione, negli ultimi anni, a molti progetti europei che hanno portato allo sviluppo di piattaforme transnazionali e di nuove tecnologie, verso la creazione di un linguaggio digitale comune per far dialogare gli elementi depositati nelle diverse piattaforme. È stato posto in evidenza il ruolo dell'ICCU per la sua competenza sul ciclo di vita dei documenti e per le azioni di analisi, ricerca e studio condotte per fornire linee guida non solo limitate al settore delle biblioteche (anche se è da registrare tra i successi l'adesione ormai di circa 6mila biblioteche alla rete SBN) ma che investono in senso più ampio le questioni della metadatazione e della conservazione a lungo termine delle risorse digitali. L'intervento si è concluso con l'auspicio di un sempre maggior confronto tra realtà diverse (biblioteche, ma anche musei), studiando forme di coordinamento attraverso strutture o atti programmatori in cui le singole specificità professionali possano emergere dialogando tra loro.
Franco Niccolucci, responsabile del Polo universitario di Prato, ha poi proposto un contributo dal titolo Le infrastrutture di ricerca europee per il patrimonio. In una prima parte ha presentato il caso del progetto ARIADNE (Advanced Research Infrastructure for Archaeological Dataset Networking in Europe), lanciato nel 2013, in ragione del suo ruolo pionieristico nel rendere integrati e consultabili gli archivi elettronici archeologici europei, mettendoli a disposizione di tutti i ricercatori, creando un catalogo unico dei dati che consentisse di accedere ai dati originali, definendo uno standard di organizzazione dei dati accettato da tutta la comunità. Da questo esempio di svolta metodologica e realizzazione di infrastrutture per organizzare e catalogare i dati delle ricerche (con una successiva evoluzione in ARIADNEplus che ha implicato il coinvolgimento anche di altri Paesi del mondo), è passato a illustrare la App CulturaItalia-on-the-go quale esempio di riuso dei dati contenuti in CulturaItalia, portale dei luoghi della cultura e aggregatore nazionale del patrimonio culturale italiano gestito dall'ICCU. La App consente di creare schede fruibili da smartphone, geolocalizzando l'utente per suggerirgli i luoghi d'interesse più vicini e dare informazioni su collezioni e singole opere, per un totale di circa 5mila luoghi e 60mila opere.
La seconda sessione, coordinata da Pierluigi Feliciati dell'Università di Macerata, è iniziata con un nuovo e più strutturato intervento di Simonetta Buttò, dal titolo Per una nuova cultura digitale. Partendo dalla consapevolezza dell'importanza di migliorare l'interoperabilità delle risorse, per evitare che le singole raccolte digitali restino semplici 'album' (magari ricchi e accattivanti ma non coordinati né comunicanti tra loro), e dunque ponendo in premessa la necessità di impegno per sviluppare infrastrutture innovative d'accesso al patrimonio culturale digitale, è stata presentata la possibile evoluzione del Servizio bibliotecario nazionale, una delle imprese pubbliche di maggior successo e lunga durata, principale infrastruttura digitale per l'accesso ai dati bibliografici, con circa 18 milioni di record bibliografici e 100 milioni di localizzazioni di titoli in biblioteche italiane.
Si punta adesso a realizzare, per il 2020, una versione potenziata di SBN che ancora attende una denominazione ufficiale e il cui punto di forza risiederà nella possibilità di integrare ai dati catalografici, già presenti nel sistema, dati diversi, provenienti da banche dati di manoscritti, di edizioni antiche a stampa e di altro patrimonio bibliografico. Nodi di questo sviluppo saranno MANUS online, EDIT16 e InternetCulturale, quest'ultimo online dal 2005: altra grande 'teca' gestita dall'ICCU e in continua crescita (ad oggi, circa 15 milioni di oggetti digitali). Grazie a questo nuovo sistema i poli SBN avranno a disposizione una digital library esterna al sistema informativo ICCU ma integrata al catalogo di Polo. L'evoluzione del sistema porterà alla creazione di un ambiente meno centralizzato, in cui i bibliotecari dei singoli istituti potranno operare direttamente, inserendo i propri dati digitali, e si svilupperà un sistema Cloud per gestire tutti i servizi nell'ottica di una completa library service platform con erogazione di servizi all'utenza sempre più performanti, facilitati anche dall'applicazione di licenze per favorire il riutilizzo delle risorse. Si prevede anche l'implementazione dell'Anagrafe delle biblioteche italiane, in cui dovrebbero convergere dati statistici raccolti dalle biblioteche stesse. Si prevede invece che restino all'esterno di questo sistema di catalogo integrato il portale www.14-18.it, che ha una quantità di accessi paragonabile a quella di grandi musei nazionali e internazionali, e il già citato portale CulturaItalia. Ci si è soffermati su questo portale cross-domain della cultura italiana, online dal 2008, per sottolinearne la trasversalità (aggregatore infatti contenuti digitali di biblioteche, musei, archivi, pubblici e privati), la ricchezza (oltre 3 milioni di record e migliaia di notizie e percorsi redazionali), la capacità di coinvolgere come collaboratori quasi 40 partner tra cui 12 aggregatori regionali o tematici.
Sono state anche ricordate le molte infrastrutture di ricerca europee, nel settore del patrimonio culturale e delle digital humanities, a cui l'ICCU partecipa: in primo luogo Europeana (di cui CulturaItalia è 'fornitore' e a cui l'Italia ha contribuito inviando oltre 6 milioni di dati), ma anche Parthenos (Pooling Activities, Resources and Tools for Heritage E-research Networking), Dariah (Digital Research Infrastructure for the Arts and the Humanities), il già citato Ariadne Plus, Esoc Pilot (European Open Science Cloud), Federazione IDEM e EduGAIN. L'idea di fondo è che attraverso questi sviluppi tecnologici, ma anche attraverso la collaborazione con università e scuole per educare al riuso dell'informazione digitale, le biblioteche possano esser percepite non come luoghi di acquisizione passiva ma come laboratori per la conoscenza, strumenti di co-creazione e costruzione di nuovi contenuti, anche per parlare alle generazioni future.
La relazione di Ad Pollé, dedicata al primo decennio di attività di Europeana (Europeana at 10: A decade of digital transformation), ha tracciato una panoramica dei risultati ottenuti: il fatto che il numero delle collezioni tematiche in Europeana sia triplicato negli ultimi tre anni rende bene l'idea di un rapido sviluppo. Ma si è anche richiamata l'attenzione su aspetti più generali di cultura digitale, come l'azione di Europeana per incoraggiare il riuso dei dati del patrimonio culturale digitale per la ricerca, l'apprendimento e l'educazione, le industrie creative, con gli obiettivi di migliorare l'offerta digitale in questi settori, contribuire alla crescita economica in queste aree, integrare la cultura digitale nella vita di tutti i giorni.
Un altro tema sensibile è quello dei diritti di proprietà intellettuale: in quest'ambito Europeana - che rispetta gli IPR (intellectual property rights) ma spera in licenze il più possibile aperte - ha creato best practices per la condivisione online del patrimonio culturale digitale ed è intervenuta nel recente dibattito europeo sulla riforma del copyright, esprimendosi in favore di una maggiore trasmissibilità del patrimonio culturale in rete.
Andrea Zanni, già presidente di Wikimedia Italia, ha proposto un contributo dal titolo Le biblioteche aperte per il digitale (aperto), sottolineando come il termine biblioteca digitale sia ormai datato ed equivoco, e presentando - oltre alla pluricitata Europeana - alcuni esempi concreti di biblioteche digitali che possano suggerire alcune buone pratiche. Ad esempio, le collezioni digitali della New York Public Library sono considerate degne di nota per l'attenzione riservata ad aspetti tecnici come le API (Application Programming Interface, interfacce applicative che ad esempio consentono l'accesso in maniera massiva alla risorsa) e per l'attivazione di progetti di crowdsourcing. Punto qualificante di The Commons è invece il rilascio senza alcun tipo di restrizione; mentre di Internet Archive è stato messo in evidenza un aspetto paradossale, ossia il fatto che pur non essendo un progetto istituzionale (è finanziato da una no-profit statunitense) sia diventato il punto di riferimento delle istituzioni di tutto il mondo, che riversano i propri dati in una collezione che ormai ha oltre 15 milioni di libri in download libero: Internet Archive si colloca quindi oggi tra i migliori fornitori mondiali di un servizio gratuito di conservazione digitale, sempre più attento anche agli aspetti di visualizzazione, prima carenti.
Infine, si è fatto riferimento anche a un museo: il Metropolitan di New York ha rilasciato i propri dati in licenza CC0 (equivalente del pubblico dominio) su Github.com (la più grande comunità open source del mondo) anziché pubblicarli sul proprio sito: quasi un modo di portare i propri dati proprio lì dove gli sviluppatori operano, senza aspettare che questi vengano a cercarli alla fonte; così come le biblioteche sempre più spesso escono da sé non aspettando che gli utenti vengano alle collezioni ma portando le collezioni dove gli utenti si trovano (cioè online), e finendo per ispirarsi a grandi piattaforme social, che alla presenza in rete dei propri dati aggiungono l'offerta di servizi. (La presentazione di Andrea Zanni è disponibile online).
Giacomo Paini, delegato del Rettore all'innovazione dell'Università di Torino, nel suo intervento su Le iniziative DiCultTher [Digital Cultural Heritage School] per lo sviluppo di competenze e abilità degli studenti nel settore del digitale applicato ai beni culturali, si è concentrato invece sul superamento - cui assistiamo - di un concetto passivo di audience: il pubblico infatti ormai partecipa fruendo ma anche ri-creando. I sempre più frequenti progetti di crowdsourcing fanno riferimento a un nuovo tipo di utente attivo, per comprendere il quale è insufficiente anche la nozione di 'prosumer' (producer-consumer). Il suggerimento è riappropriarsi di una 'titolarità culturale', della capacità cioè di prendere in carico l'eredità culturale facendola diventare propria, sentendosi più 'owner' che 'consumer' o 'prosumer'. Ma responsabilità implica anche preoccuparsi dell'eredità e della sua gestione, decidendo che tipo di azione operare su quei contenuti, diffondendo competenze che creino qualcosa di nuovo attraverso l'organizzazione di informazioni, individuando percorsi nell'esistente, organizzando legami.
Ha chiuso la mattinata Paolo Mattera, dell'Università di Roma Tre, introducendo un evento che nel pomeriggio dello stesso giorno ha coinvolto un gruppo di universitari: una sessione di Transcribathon: documenti e manoscritti della Grande Guerra, parte di un progetto internazionale (nato in seno a Europeana) di raccolta e digitalizzazione delle lettere scritte durante la Prima Guerra Mondiale. Allo stato attuale, circa 16mila storie della Grande Guerra sono state raccolte grazie al generoso e fattivo contributo del pubblico che, registrandosi al portale online, può contribuire ad aumentare le preziose testimonianze sia degli eventi bellici che della vita di quel periodo: un esempio particolarmente virtuoso di crowdsourcing che apre anche a possibilità di riuso dell'informazione registrata.
Un resoconto della giornata è anche disponibile sul sito di CulturaItalia col titolo Patrimonio digitale, esperienze a confronto.