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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 34 (Nuova Serie), agosto 2016

Gaetano De Sanctis

Abstract

Storico della Roma antica e della grecità, internazionalmente conosciuto ed apprezzato, Gaetano De Sanctis, classe 1870, è stato tra i primi senatori a vita di nomina presidenziale della Repubblica italiana. Nato all'ombra del potere temporale dei Papi, cittadino del Regno d'Italia in età matura, si distinguerà per la fermezza con la quale si opporrà alla dittatura fascista che lo priverà di ogni incarico e della cattedra di Storia greca all'Università di Roma. Nominato senatore a vita dal Presidente Einaudi nel 1950, egli contribuirà - fino a che le condizioni di salute lo permetteranno - al dibattito politico della neonata Repubblica italiana.

foto1. Il tramonto di un mondo piccolo e grande

2. Vita magistra historiae e il metodo critico

3. Gli anni torinesi

4. L'opposizione al fascismo

5. La nomina a senatore a vita e l'attività parlamentare

6. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

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1. Il tramonto di un mondo piccolo e grande

Gaetano De Sanctis nasce a Roma il 15 ottobre del 1870, pochi giorni dopo la conquista della città eterna da parte delle truppe italiane. La famiglia del futuro studioso, fedele al Papa Re, non riconoscerà mai l'annessione dello Stato della Chiesa al Regno d'Italia rifiutando qualsiasi contatto con gli "usurpatori". Il piccolo Gaetano cresce dunque in un ambiente cupo e nostalgico, reso ancora più opprimente dalle ristrettezze economiche in cui si troverà la famiglia a seguito alle dimissioni da parte del nonno e del padre dai rispettivi incarichi e da una insita "compassatezza arcaica" nelle relazioni familiari che considera socialmente riprovevole qualsiasi manifestazione esplicita di affetto. Il giovanetto vive in solitudine e il suo unico rifugio sono le letture di storia romana: " ciò che mi interessava ed esaltava, ciò che mi permetteva di costruirmi un mondo in cui io vivevo di sogni e di speranze, erano le leggende dell'antica Roma. [...] Questo mondo piccolo e grande era veramente il mio, e mi sentivo di non poterlo comunicare con nessuno. Qui mi isolavo veramente sia dai fastidi della scuola, sia dalla amarezza dolce della vita domestica." (G. De Sanctis, 1970, pp. 20-21)

La sua istruzione, concepita al chiuso di ogni suggestione culturale proveniente dalla contemporaneità, viene affidata a collegi ecclesiastici fino al 1888, anno in cui conseguirà il diploma liceale presso il Seminario Romano di Sant'Apollinare.

Gaetano si dimostra da subito uno studente dall'intelligenza vivida, anche se restio a trarre soddisfazione dai premi e dalle lodi di cui pure è oggetto nella vita scolastica. Decisiva per la sua formazione sarà la lettura del Sommario della Storia d'Italia di Cesare Balbo: l'epopea risorgimentale - sebbene con argomentati distiguo - conquisterà il giovane studioso, il cui amore per la Patria, per la sua grandezza e indipendenza, e per lo spirito di libertà che aveva animato coloro che per essa avevano combattuto, troveranno definitivamente albergo nella vita intellettuale e nella prospettiva storica del giovane De Sanctis. Annoterà in seguito nei Ricordi, riguardo all'ipotesi di restaurazione del potere temporale dei Papi: "in un altro punto il dominio pontificio nello Stato romano mi pareva viziato da un'intrinseca contraddizione. La storia insegnava che non vi sono regimi eterni e che uno Stato non è un possesso che si trasmetta di padre in figlio come una casa o come un fondo rustico. Un regime per essere in un dato momento legittimo deve corrispondere in quel momento dato agli interessi e alle aspirazioni dei cittadini. Ora queste e quelli sono mutevoli come tutte le cose umane. Da ciò la necessaria e legittima mutevolezza dei regimi che ci è dimostrata appunto dalla storia. Da ciò anche la contraddittorietà intrinseca di un regime che per la sua natura intende sottrarsi ai mutamenti." (Ivi, p. 36).

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2. Vita magistra historiae e il metodo critico

L'iscrizione alla Facoltà di Lettere della Regia Università di Roma segna il definitivo, doloroso distacco del giovane studioso dall'ambiente familiare e il suo ingresso nella vita intellettuale di fine Ottocento.

L'impatto con l'Università è traumatico. Il giovane colto, dall'animo schivo e profondamente religioso, vive con estremo disagio le intemperanze di un mondo studentesco - a suo dire - male educato e fortemente influenzato dalle false dottrine del positivismo, del liberalismo e dell'anticlericalismo; e non meno severo è il giudizio sui professori, molti dei quali considerati non all'altezza dell'incarico.

È in questo ambiente tuttavia che incontra i suoi maestri e compagni di strada. Fonda un circolo di studenti cattolici - il circolo San Sebastiano - tra i quali saranno Filippo Crispolti, Pietro Tacchi Venturi, e Giulio Salvadori ai quali De Sanctis si legherà di profonda amicizia; frequenta le lezioni di professori che lo inizieranno allo studio scientifico della storia antica, primo fra tutti Giulio Beloch, "dottissimo" fondatore della "scuola romana" (in netta contrapposizione con quella tedesca del Mommsen) di Storia antica, insegnamento di cui detiene la cattedra dal 1877. Ancora in una pagina dei suoi Ricordi, De Sanctis descrive il maestro come un uomo "razionalista convinto, ma alienissimo da diatribe anticlericali": "egli fu, per tutta la sua vita, un assertore fermo dell'indagine scientifica, alla quale si applicò con dedizione assoluta. Era allora nel fiore dell'età, ben lontano dalla fama che poi si acquistò d'insigne storico, ma le sue lezioni chiare, precise, originali, ragionate con cura meticolosa, fondate sopra una conoscenza perfetta della tradizione antica e delle ricerche moderne, se non soddisfacevano gli studenti sfaccendati e desiderosi di trovare nelle lezioni occasioni di divertimento, piacquero immensamente a me, che ero assetato di verità." (Ivi, p. 64). Dello storico tedesco De Sanctis diventerà amico fraterno e alla sua morte, nel 1929, subentrerà nella titolarità della cattedra appartenuta al vecchio maestro.

Conseguita la laurea nel 1892 con una tesi sui Contributi alla storia ateniese dalla guerra Lamiaca alla guerra cremonidea, che Beloch vorrà pubblicare nella raccolta di dissertazioni - Studi di storia antica - dell'Università romana, ottiene nel 1895 una borsa di studio che lo porterà in Grecia, in qualità di rappresentante della scuola archeologica. L'esperienza si rivela "di gravissima importanza per me come storico e come uomo [...]. Qui nei miei contatti con giovani elettissimi d'ogni nazione, io mi sentii veramente, per la prima volta, europeo tra gli europei, ed imparai a ritenere come mio ciò che si pensa e si soffre a Berlino, a Parigi, a Londra non meno che in Roma." (Ivi, p. 76). La delusione per l'annullamento del concorso alla cattedra di storia antica presso l'Università di Padova, che pure lo vede vincitore, non arresta il suo percorso formativo: scrive diversi saggi ed articoli sulla storia greca e nel 1898 pubblica la sua prima monografia, Atthís. Storia della repubblica ateniese dalle origini alle riforme di Clistene. Nel 1899 parte ancora, questa volta per Creta, dove partecipa insieme a Federico Halbherr alla prima campagna archeologica avviata dal Governo italiano nell'isola.

È in questi anni che il giovane studioso affina e definisce il suo metodo d'indagine storica. Egli sostiene che l'attività dello storico debba procedere attraverso una critica temperata di ciò che afferma la tradizione senza cadere nella tentazione di negare a qualsiasi costo ciò che essa sostiene. Il giusto metodo sta nello studio approfondito e nella costante correlazione tra documenti scritti e risultanze archeologiche perché "senza lo studio del materiale archeologico, la ricerca etnografica è un vano giuoco d'ingegno; senza una profonda conoscenza della filologia l'analisi della tradizione non può riuscire che ad una sequela di errori; quando per sofisticare sui dati tradizionali o per dissertare sui monumenti si perde di vista la realtà della vita non s'intende nulla della storia; quando si cerca di scrivere storia senza studiare a fondo monumenti e documenti, non si scrivono che romanzi." (G. De Sanctis, 1909, pp. 530-531). Se la critica a molti intellettuali del tempo, primi fra tutti Ettore Pais e Guglielmo Ferrero, è esplicita e senza infingimenti, altrettanto evidenti sono gli influssi di Croce e di Bergson sulla concezione storiografica di De Sanctis. La conoscenza approfondita dei documenti è necessaria, ma assolutamente insufficiente a tradurli in storia se lo studioso non è in grado tramite essi di rivelare in che modo si sia progressivamente attuata nel mondo la vita dello spirito: "Il documento non è che polvere e cenere, e per tradurlo in storia bisogna portarvi ciò che esso non ci dà: spirito e vita" (G. De Sanctis, 1970, p. 97). Quanto più ampio e approfondito sarà il momento oggettivo relativo allo studio dei documenti, tanto maggiore sarà la capacità - questa volta soggettiva - dello storico di avere la giusta intuizione per il concatenamento dei fatti. Intuizione che sarà sempre e comunque soggettiva e che dà conto del rovesciamento dell'antico adagio historia magistra vitae in vita magistra historiae:

"in questo senso ogni opera storica non può non essere eminentemente personale e moderna; anche se lo storico vuol riuscire obiettivo, o per dir meglio tanto più quanto egli vuol riuscire tale. Perché la vita non può riprodursi nella sua realtà se non rivivendola col nostro spirito quale appunto si è foggiato vivendo il presente. In ciò come sta il valore (se ha valore) della nostra opera di storici, così stanno i suoi limiti, che è doveroso riconoscere e confessare. E fuori di ciò non si ha storia oggettiva, anzi non si ha storia in nessun modo. Si ha solo quel che s'è detto, una raccolta di detriti del passato." (G. De Sanctis, Prefazione, Storia dei Romani, vol. III, Milano, Torino, Roma, Fratelli Bocca Editori, 1916, pp. VIII- IX).

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3. Gli anni torinesi

Nel 1900 Gaetano De Sanctis ottiene la cattedra di storia antica presso l'Università di Torino. Il nuovo ambiente gli è congeniale e nella città sabauda troverà anche la sua compagna di vita, Emilia Rosmini, con la quale si unisce ben presto in matrimonio. Saranno anni ricchi di stimoli e densi di attività per il giovane professore: nel 1903 diventa membro della Regia Accademia delle Scienze; nel 1908 riprende l'attività archeologica recandosi nuovamente a Creta e in seguito in Cirenaica con il collega Halbherr, un viaggio quest'ultimo al quale De Sanctis parteciperà non soltanto come studioso, ma anche come convinto sostenitore della necessità di una ripresa della politica coloniale dell'Italia. L'attività accademica diventa sempre più impegnativa alternando insegnamenti di storia romana e di storia greca. È in questi anni che attenderà alla stesura della sua opera maggiore - Storia dei Romani - nella quale ripercorrerà l'evoluzione delle vicende istituzionali, economiche, sociali e politiche della Roma antica, dall'età monarchica fino alla conclusione della terza guerra macedonica. All'opera, suddivisa in cinque tomi, lavorerà fino al 1923 per poi riprenderla negli anni '50 del '900 con la pubblicazione di altri tre tomi, l'ultimo dei quali uscirà postumo.

La Storia dei Romani varrà al De Sanctis fama internazionale come dimostra il conferimento delle lauree honoris causa da parte dell'Università di Oxford nel 1925, e due anni più tardi dell'Università Cattolica di Lovanio. I primi volumi dell'opera susciteranno un ampio dibattito tra gli studiosi, ma al tempo stesso critiche taglienti, soprattutto da parte di colleghi italiani. La risposta dello scienziato non tarderà ad arrivare. Nel 1909 pubblica un volume - Per la scienza dell'antichità. Saggi e polemiche - nel quale contesterà punto per punto le critiche e sosterrà le ragioni dell'adozione del suo metodo critico:

"La novità dell'opera mia sta qui però, oltrechè in molte osservazioni particolari, nel nuovo fondamento critico che ho dato alla storia tradizionale e nello studio costante di render ragione dei fatti che assodavo scrutandone le relazioni con le vicende della storia interna e confrontando del continuo, col sussidio dei più recenti studi statistici, la potenza romana e quella dei popoli confinanti, con cui Roma ebbe man mano ad entrare in lotta" (G. De Sanctis, 1909, p. 491).

È sempre in questi anni che prende fisionomia anche il profilo politico dello storico: nonostante il sostegno alla politica coloniale, egli si dimostrerà profondamente avverso all'intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale. L'impossibilità di prendere parte attiva nel dibattito politico a causa del non expedit rappresenta per De Sanctis un cruccio profondo che non tarderà a sanare quando, alla fine del conflitto, contribuisce alla fondazione del Partito Popolare di don Sturzo, presentandosi alle elezioni politiche del 1919 e del 1921. Nel quadro di un cattolicesimo politico militante si deve anche collocare la fondazione nel 1920 dell'Associazione cattolica di cultura il cui intento principale è costituito dalla divulgazione delle dottrine, della cultura e dell'arte cristiana fino a quel momento condannate all'isolamento. Occorre promuovere - sostiene De Sanctis - un'azione collettiva culturale perché da essa soltanto può nascere un'efficace azione sociale e "una efficace azione sociale informata ai principi cristiani non può aversi se non dove le dottrine sociali dei pensatori cattolici sieno largamente conosciute, ampiamente discusse, messe a continuo raffronto con le dottrine avversarie, sì che i nostri propagandisti si trovino efficacemente armati a sostenerle e a diffonderle." (S. Accame, 1970, p. 392).

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4. L'opposizione al fascismo

L'avvento del fascismo non piega l'animo libero del De Sanctis. Già nel 1925, nonostante l'incarico affidatogli da Giovanni Gentile come responsabile della Sezione di Storia Antica della neonata Enciclopedia Treccani, non esita a sottoscrivere dopo pochi mesi il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce. Nel 1929 viene chiamato a Roma ad occupare la cattedra di Storia greca, diventata vacante per la scomparsa dell'antico maestro e amico Giulio Beloch, ma già nel 1931 viene sospeso dall'incarico per essersi rifiutato di prestare il giuramento di fedeltà al regime richiesto a tutti i docenti universitari dal Governo Mussolini. Condannato all'isolamento, le condizioni di salute sempre più precarie, De Sanctis sopravvive grazie all'incarico alla Treccani che Giovanni Gentile cercherà ostinatamente di garantirgli e ad una pensione quale ex rappresentante dell'Unione Accademica Nazionale. In questo periodo di totale emarginazione si dedica allo studio della Grecia classica e qui attende alla nuova opera sulla Storia dei Greci, che verrà pubblicata in due volumi nel 1939. La situazione assume toni tragici quando nel 1943 anche la Treccani cessa l'attività, privando lo storico della sua unica fonte di reddito e sarà soltanto grazie all'intervento di Pio XII che gli verrà garantita la sopravvivenza economica con la corresponsione di un mensile in qualità di Presidente della Pontificia Accademia Romana di Archeologia.

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5. La nomina a senatore a vita e l'attività parlamentare

Al termine della seconda guerra mondiale e con il ristabilimento in Italia delle libertà democratiche, il lungo esilio di De Sanctis giunge al termine. Ritorna ad occupare la cattedra di Storia greca e viene reintegrato negli istituti di cultura dai quali, per via del regime, era stato epurato. In più occasioni egli dimostra compassione per i suoi colleghi che, diversamente da lui, si erano piegati alle ragioni del fascismo: chiamato in quanto Accademico dei Lincei a far parte della Commissione che avrebbe dovuto epurare quei membri che avevano giurato fedeltà al fascismo, si oppone vivamente all'espulsione del giurista Giorgio Del Vecchio e di altri valentissimi scienziati voluta da Benedetto Croce, sostenendo che nessun giudizio politico può valere laddove il giudizio sul valore scientifico sia positivo.

Nel 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nomina Gaetano De Sanctis senatore a vita. La designazione turba non poco lo storico oramai ottantenne che sente ancora pienamente la responsabilità del ruolo politico che andrà ad assumere e per il quale considera come assolutamente necessaria la garanzia della più piena libertà di giudizio e di atteggiamento. Per questa ragione, nonostante la militanza cattolica, si iscrive al gruppo misto e non al gruppo Democratico Cristiano.

Nonostante la cecità e l'età avanzata, De Sanctis non mancherà di apportare il suo contributo ai lavori del Senato nella prima legislatura, soprattutto in tema di politica estera e di istruzione, come testimoniano i suoi interventi sia in Aula che nella 6° Commissione. Ma l'aggravarsi delle condizioni di salute impediranno allo storico dell'antichità di frequentare oltre Palazzo Madama e la morte lo coglierà, nella sua casa in via di Santa Chiara, il 9 aprile del 1957.

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6. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

Nell'articolo sono citati per esteso solo i testi non compresi nel percorso bibliografico.

Gaetano De Sanctis. Percorso bibliografico nelle collezioni del Polo Bibliotecario Parlamentare.

Per ulteriori approfondimenti si suggerisce la ricerca nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche delle due Biblioteche del Polo parla

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