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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 31 (Nuova Serie), febbraio 2016

Il libro digitale. Sala Capitolare, 26 gennaio 2016

Abstract

Il terzo appuntamento del ciclo di seminari dedicati alla questione del libro, organizzati dalla Biblioteca del Senato su impulso del Sen. Sergio Zavoli, ha visto convergere presso la Sala Capitolare, il 22 gennaio scorso, politici, studiosi e scrittori per discutere sui cambiamenti in atto nella forma del libro, in riferimento alle caratteristiche degli ebook, al mutato rapporto tra forme e contenuti, al mercato editoriale, all'impatto delle nuove tecnologie sulla lettura e la conoscenza. Ne sono emerse riflessioni che hanno coinvolto anche il mondo della scuola (per quanto riguarda i modelli cognitivi e l'uso didattico di ebook e tablet), gli orientamenti politici sulle questioni della connettività e dell'alfabetizzazione digitale, gli approcci all'archiviazione a lungo termine, fino a chiamare in causa l'atteggiamento soggettivo con cui ogni singolo lettore accoglie un cambio di paradigma che può essere, in qualche misura, deideologizzato.

foto convegno1. Il punto di vista degli studiosi

2. Il punto di vista degli scrittori

3. Il punto di vista della politica

4. Parole chiave

5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

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1. Il punto di vista degli studiosi

Nella mattina del 22 gennaio 2016, nella Sala Capitolare presso la Biblioteca del Senato, si è svolto il seminario "Il libro digitale", terzo appuntamento in un ciclo di incontri sulla "questione del libro" voluti dal Presidente dellaCommissione per la Biblioteca e l'Archivio storico del Senato,sen. Sergio Zavoli (per i resoconti dei precedenti incontri del 23 ottobre e 27 novembre 2015 rinviamo a MinervaWeb n. 29, n.s., ottobre 2015 e n. 30, n.s., dicembre 2015).

Dopo aver affrontato i problemi del rapporto tra libro e mercato editoriale e tra libro e altri media (radio, tv, giornali), ci si è concentrati stavolta sulle sfide poste al libro, nella sua forma tradizionale, dalle nuove tecnologie e dal mercato degli ebook.

Come all'inizio del ciclo, anche in questa occasione i lavori sono stati aperti dal Presidente del Senato, sen. Pietro Grasso, che, citando i dati dell'ultimo Rapporto ISTAT sulla lettura in Italia, ha auspicato il successo di qualsiasi forma e supporto di comunicazione "che possa ampliare il bacino dei lettori di contenuti di qualità", perché la lettura crea partecipazione sociale. (Il testo completo del discorso è consultabile sul sito del Senato, nella sezione Il Presidente»Discorsi).

Dopo i saluti, a intervenire per primo è stato Peppino Ortoleva, il cui contributo è ospitato integralmente - in attesa della pubblicazione degli Atti del convegno - nello "Speciale" di questo numero di MinervaWeb).

La parola è poi passata a Maurizio Ferraris, professore ordinario di filosofia teoretica nella facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Torino. Con la lungimiranza che contraddistingue i cultori della filosofia, Ferraris ha ribaltato molti luoghicomuni, attraverso il filo conduttore del concetto di imprevisto: tutto ciò di cui parliamo oggi - questo l'assunto di partenza - era imprevisto cinquant'anni fa. Pertanto, è da ritenere probabile che non si avverino molte delle previsioni apocalittiche di chi parla oggi di libri elettronici: non la profezia della fine della scrittura, che semmai con la smaterializzazione del libro è disseminata ovunque, se è vero ad esempio che due persone su tre usano il telefono per scrivere più che per chiamare; non la fine della biblioteca, poiché si assiste invece a una esplosione delle connessioni e delle forme della registrazione di conoscenza. Anzi, secondo Ferraris soffermarsi sui cambiamenti nella fruizione del libro distoglie l'attenzione da altri cambiamenti, come quello che avviene nel mondo radiotelevisivo: esperienze come la possibilità di vedere online una intera serie TV in un solo giorno, o di ottenere on demand e su internet filmati che prima non potevano essere visionati (le cineteche avendo rivestito, in questo, un ruolo diverso rispetto alle biblioteche), avvicinano il consumo multimediale a quello del libro, consentendo opzioni di fruizione non necessariamente sequenziali (come ad esempio scorrere un video in avanti e all'indietro) tipiche appunto del libro.

Quest'ultimo invece sembra lontano dal perdere i propri connotati; anzi, tutti i supporti attuali per il libro elettronico riproducono la forma della pagina tradizionale, e il relativo insuccesso commerciale degli strumenti per leggere ebook dipende soprattutto dal fatto che offrono troppo poco valore aggiunto, presentando piuttosto qualche limite rispetto ad altri supporti (il web, ma anche la stessa carta) che consentono una maggiore interazione col lettore. Il modello del libro non sembra dunque in via di sparizione, semmai di trasformazione: aumenta il modello dell'archivialità grazie alle nuove modalità di registrazione, e ci si vincola sempre di più (come, del resto, per tutti i documenti digitali) alla dipendenza dall'energia elettrica, una cui crisi farebbe scomparire montagne di sapere.

Proprio dal punto di vista dell'archiviazione, Ferraris ha sottolineato che oltre ai costi minimi di conservazione iniziale sono da considerare quelli ben più ingenti di aggiornamento delle tecnologie, che necessitano una archiviazione attiva se vogliamo che i dati che ci riguardano, e anche le immagini dei nostri stessi volti, siano ricordati in futuro. Ciò che appare in trasformazione, ha concluso Ferraris, non è tanto il libro in sé (mai, infatti, un medium ha fatto sparire gli altri media, e sotto questo profilo è semmai più a rischio oggi la tv rispetto al web), quanto il rapporto che si stabilisce col libro nell'età digitale: a darcene conto saranno domani i bambini che oggi imparano ad usare simultaneamente libri e tablet, e che per questo potranno avere un'immagine del libro diversa dalla nostra.

Anche Gino Roncaglia, professore di Informatica applicata alle discipline umanistiche presso l'Università della Tuscia, ha sottolineato come con il digitale si siano moltiplicate le occasioni di lettura, legate però a una testualità molto più frammentata e ad un ecosistema della comunicazione caratterizzato da forte granularità dei contenuti. Ha ripercorso poi, sulla falsariga dell'evoluzione umana, i passi di un'evoluzione radicale nell'uso della rete, già in atto da tempo: all'inizio gli utenti della rete si comportavano da cacciatori-raccoglitori, collegandosi via modem per brevi periodi, cercando cose da pochi fornitori, da portare virtualmente nella "tana" per poi scollegarsi. Poi sono iniziati gli insediamenti (informativi) nel web; infine si è passati allo scambio di informazioni, con siti internet che gradualmente si sono trasformati da vetrine, che cercano di trattenere l'utente, a produttori di veri e propri flussi d'informazione. Gli aggregatori di risorse online, come i social network, si basano oggi sulle trasformazioni di questa informazione granulare; tuttavia la rete è ancora di tipo "orizzontale", nel senso che consente di muoversi da una informazione all'altra, ma non è arrivata all'epoca delle cattedrali informative, ossia alle costruzioni complesse di informazione strutturata (sebbene un primo esempio di questo tipo possa essere considerato Wikipedia, che parte da voci granulari ma crea un sistema complesso). Tuttavia, ha sostenuto Roncaglia, la frammentazione digitale non è un destino: servono modelli alternativi di complessità.

Ma quale modello può rappresentare il libro, e con quali prospettive nel mondo digitale? Anche in questo caso, per rispondere occorre fare un passo indietro e soffermarsi su alcune semplici considerazioni. Lo sviluppo dei media procede per innovazioni: per affermarsi, un medium deve fare cose che nessun altro medium faceva prima (così è accaduto ad esempio per telefono e televisione). Ma ci sono anche media che lavorano con tecnologie sostitutive (ad esempio, nell'ambito dei media che riproducono documenti audiovisivi, si pensi al passaggio da VHS a DVD). Da questo punto di vista, il libro elettronico non è né completamente innovativo né completamente sostitutivo. Un suo problema specifico è l'attuale diversità dei dispositivi di lettura che appartengono almeno a tre famiglie: dispositivi a carte elettroniche come i Kindle (caratterizzati da buona leggibilità ma da scarsa versatilità), tablet (che consentono una fruizione arricchita della forma libro, ma sono distrattivi dal punto di vista della lettura) e computer (adatto per le modalità di fruizione attiva di tipo "lean forward", ma poco per quelle di tipo "lean back" che sono tipiche di certe forme di lettura come la narrativa). Il fatto che nessuno di questi sistemi sia ancora ottimale limita la fruizione del libro elettronico, che vede un altro ostacolo nei vincoli imposti dai sistemi di DRM per la protezione dei diritti d'autore nei contenuti digitali (per i concetti di lean forward, lean back, DRM, si rinvia al Glossario dedicato all'ebook nel n. 3 di MinervaWeb - n.s., giugno 2011).

D'altra parte, ha concluso Roncaglia, le nuove tecnologie sono formidabili perché ci collegano a informazioni aggiuntive, immagini, recensioni, comunità di lettori, che sono una parte importante dell'ecosistema digitale. L'impulso dei lettori a condividere le impressioni suscitate dai libri, pur se sperimentate in una lettura individuale, fa parte di quella sempre più marcata dimensione sociale della lettura su cui si giocherà in buona parte il futuro del libro elettronico.

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2. Il punto di vista degli scrittori

Di taglio completamente diverso e molto personaleè stato l'intervento del giornalista e scrittore Maurizio Maggiani, vincitore di importanti premi letterari tra cui Strega (2005) e Campiello (1995), che ha presentato la propria esperienza non di studioso ma di utilizzatore di lettura e scrittura, ovvero di chi vive perché si sfrutta commercialmente l'opera del suo ingegno.

Dalle esperienze dell'infanzia Maggiani ha tratto le proprie riflessioni sulla lettura come esperienza multimediale (i libri illustrati), sulla scrittura come operazione estetica anche indipendentemente dai suoi contenuti (le lezioni di calligrafia), sulla letteratura - e sull'uso delle biblioteche - come forma di emancipazione dalla povertà e dalla servitù, sulle infinite possibilità manipolatorie suggerite dai moderni strumenti di scrittura - prima meccanici, poi elettronici - che hanno risolto il problema della fatica fisica della scrittura.

Maggiani si è infine soffermato sulla questione della straordinaria sovrabbondanza della parola scritta, tale da smitizzare due ossessioni della contemporaneità: la pirateria editoriale (che, ha sostenuto, semmai allarga il bacino dei lettori: i "pirati" saranno sempre meno della quantità di libri disponibili) e l'evanescenza dei testi elettronici. Se è vero infatti che nel giro di pochi anni ormai un file diventa illeggibile a meno che non sia convertito in un formato aggiornato, d'altra parte l'umanità ha potuto andare avanti senza la biblioteca di Alessandria: l'invito conclusivo è stato dunque quello a non essere troppo preoccupati di ciò che perderemo e di ciò che resterà.

Di impronta personale anche il contributo al dibattito dello scrittore e sceneggiatore Francesco Piccolo (anche lui premiato con lo Strega nel 2014), che ha notato come dagli altri interventi sia emersa un'idea di crescita e sviluppo del digitale in contrasto con le ipotesi apocalittiche che sono in genere la prima reazione del mondo intellettuale ai cambiamenti. Additare sempre la prospettiva della fine, ha evidenziato, fa dimenticare che nel passato sognavamo le cose che abbiamo oggi, anche se una volta ottenuta una conquista è facile ritrovarsi a parlare con rimpianto della situazione precedente. Per questo si tende spesso a dimenticare che, indipendentemente dal suo supporto, un libro è soprattutto il suo contenuto; dunque, la libertà di scegliere più mezzi per goderne dovrebbe essere valutata in termini più positivi, dal momento che la molteplicità dei mezzi di fruizione consente a ciascuno di scegliere il modo in cui il suo rapporto intimo con la lettura si rivela più soddisfacente. Ai festival letterari, ha notato Piccolo, si ha la sensazione che alcune comunità di lettori si sentano asserragliate in una sorta di fortino ideale da cui giudicano male il mondo dei non "intellettuali". Ma il libro - ha concluso - non può essere elemento di divisione, deve anzi trasmettere idee di novità e di apertura, perché difendersi dal progresso non funziona mai.

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3. Il punto di vista della politica

In chiusura di dibattito, il punto di vista di un politico: Vincenzo Vita, giornalista e senatore nella XVI legislatura, ha ricordato come le tematiche della digitalizzazione non siano da affrontare in termini di dibattito tra apocalittici e integrati. Se è vero che in uno smartphone oggi c'è molta più tecnologia di quella che servì a mandare l'uomo sulla luna, è vero anche che la capacità tecnologica degli hardware deve essere abbinata alla capacità di aggregazione dei dati che viene dagli algoritmi. Ma Italia ed Europa possono ambire a costruire propri algoritmi per avere l'opportunità di governare la babele dei dati senza essere in balia di gestori privati? E l'Italia, che al momento è penultima in Europa quanto a diffusione della banda larga e ultralarga, è pronta ad affrontare le sfide della connettività, dato che senza reti tutto il nostro dibattito resta chiuso in una élite?

L'on. Vita ha citato un dato significativo: se l'anno scorso negli Stati Uniti c'è stato un aumento del 1.260% nella fruizione di libri elettronici, il futuro - ha concluso - è già qui, e dobbiamo attrezzarlo perché tutti possano viverci bene. Per questo però occorre una cultura politica attenta a non ridurre le sovvenzioni all'editoria, a curare che vi siano opportunità di accesso per tutti (Open Access; si vedano al riguardo gli articoli sui numeri 3 e 4 della prima serie di MinervaWeb) e a favorire una alfabetizzazione tecnologica diffusa. L'auspicio conclusivo è stato che il Paese possa dotarsi di figure che, avendo il potere di decidere, abbiano anche la forma mentis giusta per farlo, in modo da non affrontare le sfide del digitale con mentalità ancora analogica.

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4. Parole chiave

Come ormai di consueto il moderatore, sen. Lucio Romano, ha invitato i relatori a un secondo giro in cui ciascuno estragga, dal dibattito, una parola chiave oltre alle molte già emerse tra le righe.

Per Ortoleva la parola chiave è storia. Non è infatti, a suo parere, possibile interpretare il libro digitale se lo si racchiude nei termini rigidi di "prima" e "dopo", così destoricizzando quello che invece è un processo. Se "il presente è il punto geometrico in cui s'incontrano durate diverse della storia", nel presente del libro digitale s'incontrano almeno due diversi tempi: il tempo dell'abbondanza - almeno apparente - dei libri (che non inizia però col digitale bensì col tascabile, esploso negli anni Sessanta: il digitale si è inserito in un processo già avviato) e il tempo dei conflitti (tra aziende, tra politici, tra norme di protezione della proprietà intellettuale in contrasto con pulsioni all'apertura della conoscenza).

Per Ferraris la parola chiave è emergenza, sia nel senso di urgenza, sia a designare ciò che emerge senza essere previsto: ciò che sta accadendo, infatti, accade senza essere organizzato. Questa parola ci pone davanti a un bivio: se sentiamo l'emergenza come catastrofismo, siamo portati a naturalizzare la tecnologia a cui ci siamo abituati nel momento in cui siamo venuti al mondo e percepiamo ogni progresso come alieno (in questo vizio prospettico caddero anche Platone, scagliandosi contro la scrittura in quanto produttrice di falsi saperi, o Heidegger, che demonizzava la scrittura a macchina accusandola di introdurre automatismi nel pensiero); eppure, una delle proprietà della tecnica è proprio l'avere sviluppi spesso imprevisti dai suoi ideatori. Nella seconda accezione, possiamo invece - e a questo è volta l'esortazione finale di Ferraris - considerare l'emergenza come crescita, piuttosto che come perdita, a patto di ampliare davvero il ventaglio delle potenzialità senza perdere le precedenti (ad esempio, fare errori di ortografia per troppa fiducia nel correttore automatico sarebbe un depauperamento). In una battuta conclusiva, Ferraris ha notato come, in una tavola rotonda sul tema del libro digitale, tutti i convenuti abbiano preso appunti a penna.

Gino Roncaglia ha invece proposto una riflessione sulla scuola, partendo dal doppio assunto che i modelli formativi influenzano la mentalità delle future generazioni e i modelli di lettura e scrittura influenzano i modelli formativi. Richiamando il dibattito degli anni Ottanta sulla scrittura in rapporto al digitale, Roncaglia ne ha sottolineato l'importanza per aver prodotto, oggi, tre paradigmi compresenti e contrapposti: in primo luogo l'idea che le risorse digitali siano tali e tante da rendere obsoleti i manuali tradizionali; su un altro fronte, il dato di fatto che le risorse digitali hanno dato impulso alla autoproduzione di contenuti, ad esempio manuali scolastici prodotti collaborativamente come opportunità di far lavorare studenti e docenti insieme; ancora, vi è chi propugna un ripensamento del libro di testo scolastico che ne salvi però i requisiti di autorialità e autorevolezza. Questo terzo paradigma, ha sostenuto Roncaglia, appare quello più convincente, consentendo di personalizzare i percorsi e di aumentare il numero di voci in campo, ma senza perdere la necessaria bussola rappresentata ad esempio dalle competenze editoriali, che il digitale (un "digitale forte") deve anzi enfatizzare.

Maggiani ha poi riportato il ragionamento sulla concretezza della carta. Se ancora oggi è uno status symbol avere a casa libri di carta, è anche vero che non potremo soddisfare a lungo la richiesta mondiale di questo materiale, richiesta che riguarda anche settori diversi dalla produzione di carta stampata (dalla cartoleria agli usi alimentari e igienici). L'insostenibilità a lungo termine di un mercato, quello del libro, in cui la carta - nel suo lungo percorso dalla stampa al macero - rappresenta l'82% dei costi (ma altri dicono anche l'87 o 90%), ci imporrà prima o poi la definitiva conversione al digitale, salva una quota residuale di libri stampati che continueranno ad avere un mercato come oggetti estetici e d'arte.

Per Francesco Piccolo la parola chiave è romanzo, perché è proprio nella scrittura narrativa che il libro elettronico dà il meglio di sé, rendendo il supporto indifferente, laddove l'editoria saggistica e scolastica può avere vesti anche grafiche diverse, finora però poco espresse nel libro digitale. Col digitale, ha concluso, è nata una enorme democrazia narrativa, al momento ancora gestita dagli editori che fanno una cernita di qualità e continuano a determinare gusti e criteri ancor più che nel settore della saggistica.

Il concetto di democrazia è stato ripreso anche dal sen. Vita, sia pure declinandolo in modo diverso e anzi sciogliendolo nel binomio diritti e poteri, la cui antinomia evidenzia meglio l'aspetto dialettico della riflessione proposta: le nuove potenzialità tecnologiche, infatti, anche proprietarie, ma sempre più necessarie, vanno di pari passo con un potenziale ampliamento dei diritti di tutti gli attori della catena informativa, dagli autori ai diffusori ai fruitori di contenuti, in un sistema complesso di cui i decisori, ha ammonito Vita, dovranno tenere conto.

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5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici

Per un percorso bibliografico nelle collezioni della Biblioteca si suggerisce la ricerca nel Catalogo e nella Biblioteca digitale del Polo bibliotecario parlamentare, nonché nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca del Senato.

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