A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Tecnologie e reti al Convegno MAB. Roma, 19 novembre 2015
Per il secondo anno consecutivo, i professionisti di Musei, Archivi e Biblioteche, riuniti nella Federazione MAB per il tramite delle rispettive associazioni (ICOM - International Council of Museums - Italia, ANAI - Associazione Nazionale Archivistica Italiana, AIB - Associazione Italiana Biblioteche), si sono dati appuntamento a livello nazionale nel congresso Le professioni dei beni culturali fra riconoscimento e formazione, ospitato dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma il 19 e 20 novembre 2015.
Si tratta di uno dei più riusciti momenti di aggregazione realizzati finora dal sodalizio propugnato durante la VII Conferenza nazionale dei Musei d'Italia (Milano, 21 novembre 2011) per unire le variegate competenze di chi svolge attività professionali legate alla tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di affrontare insieme le rispettive criticità e individuare linee d'azione condivise per il rilancio dei sistemi culturali.
L'articolato programma del congresso ha visto alternarsi sessioni plenarie, momenti di riflessione su specifici temi affrontati trasversalmente dai professionisti dei diversi settori in sessioni parallele, spazi per il confronto interno alle singole associazioni.
Per MinervaWeb abbiamo seguito in particolare la sessione "Gestire le tecnologie e le reti fra istituti culturali", coordinata da Claudio Leombroni, rappresentante AIB e responsabile dell'URP del Settore Pubbliche Relazioni e Sistemi Informativi della Provincia di Ravenna.
In apertura della sessione, Leombroni ha sottolineato l'importanza dei vari punti di vista professionali pur in un comune orizzonte di condivisione di valori, invitando i convenuti a risalire alle ragioni squisitamente culturali della collaborazione, come presupposto per la realizzabilità dei diversi progetti.
Il primo dei relatori, Stefano Allegrezza, rappresentante ANAI e ricercatore in Archivisticapresso l'Università di Udine, ha proposto una riflessione su L'evoluzione della professione di archivista: quale formazione? alla luce dell'attuale quadro normativo sul documento informatico, con particolare riferimento al vigente CAD (Codice dell'amministrazione digitale, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e successive modifiche), in base al quale entro agosto 2016 le pubbliche amministrazioni avranno l'obbligo di non produrre più carta. Sorvolando sulle questioni legate alla realizzabilità della previsione normativa entro i tempi prefissati, Allegrezza ha presentato le competenze delle figure professionali specifiche previste per la gestione documentale nelle amministrazioni, dai conservatori digitali (archivisti per i servizi di conservazione e informatici per la manutenzione, riservatezza, sicurezza dei relativi sistemi informativi) ai coordinatori della gestione documentale. Il punto critico è la constatazione di quanto, al momento, l'università non sia del tutto attrezzata a formare queste figure, sebbene già qualche aspetto innovativo possa esser fatto rientrare nei corsi di Archivistica speciale. Allegrezza ha quindi lanciato un appello ad affiancare alla formazione tradizionale - ancora necessaria ma non più sufficiente, e talvolta disomogenea tra regione e regione - nuove opportunità di offerta formativa. Tra le proposte, l'ipotesi di un corso di base di formazione all'archiviazione sui social media (che rilancia anche il tema stimolante degli archivi digitali di persona) e di percorsi didattici specifici per la P.A. o per il mondo delle imprese o dei liberi professionisti, nell'ottica della interdisciplinarità e di una formazione permanente estesa a tutti.
Ha poi preso la parola, con un intervento su Sistemi e reti museali in Italia, Denise La Monica, rappresentante del Progetto Sistemi Museali, nell'ambito del quale è stato realizzato un sito internet dedicato all'analisi delle Politiche Regionali in materia di sistemi museali (a cura del LARTTE - Laboratorio Analisi Ricerca Tutela Tecnologie Economia per il patrimonio culturale della Scuola Normale Superiore di Pisa). Illustrando il complesso dei 106 sistemi museali italiani, distribuiti in numero variabile da 5 a 8 in ogni regione, talvolta come aggregazioni solo virtuali (sono state citate, ad esempio, le esperienze di portali web che cercano di dare un'immagine comune a realtà indipendenti), La Monica ha evidenziato alcuni punti critici dell'assetto attuale, regolamentato da sia dal Codice dei beni culturali sia dagli enti locali, in una sorta di doppia cornice normativa. Su questa si innestano i numerosi interrogativi posti dalla c.d. Legge Delrio (L. 7 aprile 2014, n. 56, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), che presuppone un riparto tra Stato e Regioni delle funzioni non fondamentali già attribuite alle province, di cui però si stenta ancora a individuare le linee applicative. A complicare la situazione vi è la circostanza per cui molte reti territoriali erano state create soprattutto in realtà altrimenti piccole e sparse, suscitando qualche dubbio sulle modalità di gestione che i prospettati poli regionali potranno attivare. L'intervento si è concluso con la proposta di realizzazione di percorsi culturali integrati anche extra-museali, in un'ottica di cooperazione tra poli diversi.
Venendo al mondo delle biblioteche, Claudio Leombroni ha commentato in prospettiva storica lo scenario attuale, in cui le unità informative dei cataloghi sono ormai oggetti superati e le biblioteche sono innervate nel web, ecosistema attuale della nostra vita. Questo ambiente sta generando culture e stili di vita, eppure - ha lamentato Leombroni - si tende ancora ad affrontare troppe questioni in termini prevalentemente burocratici. Alla base della riforma delle province in corso c'è un movimento generale che parte dai territori e dalle aspettative degli utenti, che spesso confliggono con gli strumenti a disposizione dei professionisti degli enti culturali, i quali tuttavia sono chiamati a rispondere alle sfide della contemporaneità.
In questo contesto si è inserito anche il il contributo di Chiara Storti e Simona Turbanti, bibliotecarie rispettivamente presso la Provincia di Ravenna e l'Università di Pisa, su Wikibib: un nuovo ecosistema per i dati bibliografici (e non solo), in merito al progetto di un gruppo di bibliotecari che si è proposto di rispondere al problema di rendere accessibili i dati bibliografici contenuti nei cataloghi di biblioteca (tradizionalmente "chiusi" e non comunicanti col web, anche se in esso ospitati) anche a chi interroga un motore di ricerca. Sono stati illustrati gli strumenti oggi esistenti per rispondere a questa finalità: Wikidata, database collaborativo di supporto a Wikipedia (ma che può essere usato anche fuori di quell'ambito perché interoperabile in Open Data e con contenuti strutturati secondo le specifiche RDF) e Wikibase, motore di Wikidata che mette a disposizione di tutti ciò che occorre a generare dati strutturati e a interrogare il web semantico (per chiarimenti sugli aspetti più tecnici rinviamo all'approfondimento Web semantico e Linked Open Data in MinervaWeb n.s. n. 20, aprile 2014, e al relativo Glossario). Wikidata può essere usato anche per dati non bibliografici, a patto di modificare modelli e livelli di cooperazione, definire ontologie usabili in domini differenti, mappare le ontologie già in uso. Si è fatto riferimento anche a Schema.org, un accordo del 2011 tra alcuni notissimi motori di ricerca per codificare in linguaggio RDF i dati all'interno delle normali pagine web HTML, in modo da ottenere maggior precisione nelle ricerche, che possono ora avvenire anche in base al contesto, con funzionalità anche di filtro per tipologie di oggetto. Tutto questo, si è precisato, non sostituirà i dati catalografici come oggi li conosciamo, bensì sarà utile a implementarli e migliorarne la fruibilità. Le slides dell'intervento sono consultabili qui.