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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 62 (Nuova Serie), aprile 2021

Un tempo senza storia / Adriano Prosperi

«La storia intellettuale dell'umanità si può considerare una lotta per la memoria. Non a caso la distruzione di una cultura si manifesta come distruzione della memoria, annientamento dei testi, oblio dei nessi». Con questa citazione dello studioso russo Jurij M. Lotman inizia Un tempo senza storia: la distruzione del passato (Einaudi, 2021; 121 pagine), ultimo libro di Adriano Prosperi, professore emerito di Storia moderna presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, già autore, tra molti importanti saggi, dei recenti Un volgo disperso: contadini d'Italia nell'Ottocento (Einaudi, 2019), Lutero: gli anni della fede e della libertà (Mondadori, 2017) e Identità: l'altra faccia della storia (Laterza, 2016).

Il volume in esame si articola in tre capitoli, un epilogo e una postilla finale dal titolo «Postilla scritta in tempo di peste». A livello concettuale il testo si potrebbe però ricondurre a due parti. Nella prima, dove la memoria e il suo opposto, ovvero l'oblio, sono i protagonisti, Prosperi cerca di far emergere il ruolo svolto da entrambi questi fattori nella perdita di senso del passato, soffermandosi in particolar modo su quello importante dell'oblio, inteso come una coltre di nebbia che, grazie al tempo, cala sui ricordi. Da qui, prende le mosse una riflessione che accompagna il lettore a constatare come la perdita della memoria collettiva finisca per trasformarsi in una vera e propria malattia sociale. Se infatti, dal punto di vista medico la perdita della memoria viene accostata all'Alzheimer suscitando forte preoccupazione, ciò non accade nella nostra società dove la perdita della memoria collettiva non trova terreno fertile, anzi passa quasi inosservata. Secondo Prosperi, ciò accadrebbe sia nello studio che nell'insegnamento della storia in ambito scolastico, proprio in quel luogo dove invece un tempo era stata, insieme alla lingua, uno dei fondamenti del senso di appartenenza alla nazione. Qualche meccanismo, sottolinea inoltre lo stesso autore, si deve essere inceppato anche nella trasmissione della «memoria vivente»: dove prima vi era la voce narrante dei nonni ai giovani, ora questa è stata sostituita dal "fai-da-te" fatto di ricerca di immagini e testi su internet. Ma chiaramente, riconosce l'autore, sono venuti a mancare altri luoghi di scambio di informazioni e di trasmissione di saperi come il sindacato, il partito politico, la fabbrica o il laboratorio artigianale. Luoghi tutti in cui l'assetto verticale delle relazioni ha avuto la meglio su una primitiva e diversamente strutturata socialità.

Alla perdita della memoria e all'ignoranza della storia, sottolinea Prosperi facendo un passo ulteriore, è direttamente collegata la scomparsa del futuro. Proprio questa assenza di visione del futuro è il luogo intellettuale, psicologico e morale dove «si trova la radice della crisi della storia». La mancanza di futuro affligge prettamente le nuove generazioni, cresciute in un eterno presente privo di speranza in quello che sarà il domani e che non domandano più alla storia da dove vengano, affidandosi facilmente a ideologie troppo superficialmente fatte proprie.

Nella seconda parte del libro, l'autore ci propone un excursus storiografico con l'obiettivo di individuare i passaggi fondamentali della storia di chi scrive storia. Si parte dalla storiografia classica, passando dalla storia sacra del mondo ebraico e di quello cristiano per arrivare alla rottura rinascimentale, in cui si «risvegliò la coscienza della discontinuità storica tra cristianesimo e cultura pagana». Si attraversa poi la rivoluzione scientifica di Copernico e Galileo, arrivando all'Illuminismo e al concetto di civilisation che trasforma la storiografia dalla conoscenza dell'antico alla concezione della storia come progresso. Si affronta poi l'Ottocento e l'idea della storia come scienza dello Stato, inteso come "Stato Nazione", ed essa diviene disciplina di formazione della classe politica. Infine, il Novecento di Marc Bloch e Lucien Febvre e delle "Annales", in cui la storiografia rinasce assumendo un ruolo centrale nel disegno di un'alleanza con le altre branche della conoscenza.

«Soltanto la certezza di venire da lontano può spingere a guardare davanti a sé», anche in questo periodo di pandemia mondiale, afferma infine Prosperi, la conoscenza storica è come l'Angelus Novus di Paul Klee commentato da Walter Benjamin, che spiega le ali verso il futuro, mantenendo la testa rivolta indietro ritrovando il legame con il passato, per squarciare la nebbia che avvolge l'orizzonte.

In conclusione, Prosperi propone un volume dotto, che indaga un processo, stimolando il lettore con importanti provocazioni, costringendolo a confrontarsi con situazioni attuali (migrazioni, epidemie, intolleranze, stato dell'Europa unita, per citarne solo alcuni) che lui stesso analizza criticamente in un testo di egual concisione e profondità. Profondità di cui il lettore avrà un saggio ricorrendo, tra le altre, a una delle recenti presentazioni del volume fatta dall'autore nell'ambito della serie di appuntamenti della "Settimana della Memoria 2021" a cura del Centro Culturale Primo Levi di Genova: https://www.youtube.com/watch?v=SS__YLfGtXQ.

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