A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Le celebrazioni della breccia di Porta Pia dopo 25, 50, 100 anni dall'evento: percorso nelle collezioni del Polo bibliotecario parlamentare
Lo "Speciale" del 2020 ci ha accompagnato lungo il decennio che parte dal 1861 (con l'affermazione del principio "libera Chiesa in libero Stato" nei discorsi di Cavour e con l'Indirizzo al Santo Padre di Bettino Ricasoli), attraverso le vicende politiche legate al trasferimento della capitale a Firenze a seguito della Convenzione di settembre del 1864, proseguendo con la battaglia di Mentana del 1867 e il successivo discorso d'insediamento del Gabinetto Menabrea, fino ad arrivare - nel numero dell'autunno - a ricordare l'inizio di un autunno più lontano, in quel 1870 che vide i bersaglieri fare breccia nelle mura romane a Porta Pia per annettere al Regno d'Italia la sua futura capitale.
Giunti ormai all'ultimo appuntamento della serie dedicata ai 150 anni da tale ricorrenza, e a conclusione delle relative celebrazioni (per quanto riguarda la Biblioteca del Senato, si ricorda il Convegno Internazionale di Studi "La Breccia di Porta Pia", ospitato nella seconda giornata presso la Sala Capitolare il 2 ottobre 2020: qui il video), vogliamo spostare lo sguardo nel periodo successivo, per cogliere alcune ripercussioni dell'evento sulla vita politica e civile a distanza di 25, 50, 100 anni dall'evento. Lo faremo, come sempre, attraverso il filo conduttore degli Atti parlamentari, ma anche tenendo conto della pubblicistica celebrativa degli anniversari, conservata presso il Polo bibliotecario parlamentare, dai cui cataloghi online invitiamo ad attingere.
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Settembre 1895: venticinquesimo anniversario
Nell'estate del 1895 entra in vigore la Legge 19 luglio 1895, n. 401 «che dichiara il XX settembre festa nazionale per gli effetti civili». Il periodo di promulgazione della legge non è casuale: siamo alle soglie del venticinquesimo anniversario dall'entrata dell'esercito italiano nella Roma pontificia, attraverso quella che resterà nota come breccia di Porta Pia, proprio il 20 settembre del 1870.
In effetti, ad un simile provvedimento si pensava già dal 1889, quando il Presidente della Camera dei deputati, on. Giuseppe Biancheri, aveva annunciato una proposta - che non ebbe però seguito - tesa a fare della ricorrenza il fulcro delle celebrazioni dell'unità nazionale, affiancandola ai festeggiamenti in ricordo dello Statuto del Regno già da tempo fissati alla prima domenica di giugno (seduta della Camera del 16 maggio 1889).
A distanza di poco più di due anni, l'on. Nicola Vischi aveva poi avanzato un'analoga proposta di legge (C. 265 della XVII legislatura del Regno d'Italia, presentata il 3 dicembre 1891), incontrando qualche obiezione appunto tesa a evitare che ne risultasse sminuita la festa dello Statuto, sentita allora come fortemente simbolica. Si era stavolta affidato l'esame del progetto ad apposita commissione, con Vischi relatore; tuttavia non si era arrivati all'approvazione finale dell'Assemblea.
Nel 1895 invece il dibattito, promosso sempre dall'on. Vischi nella seduta dell'8 luglio 1895, acquista un diverso spessore, facendo emergere anche alcune contrarietà. Le obiezioni ruotano, con diversi accenti, soprattutto attorno all'opportunità di un provvedimento che, se da un lato sottolinea il valore dell'annessione - che ormai si potrebbe dare per scontato - dall'altro rischia di risultare poco gradito alla parte di popolo più sensibile all'ancora non sopìta opposizione del Papa a un evento che aveva rappresentato la fine del potere temporale della Chiesa. Ciò nonostante, e comunque per evitare che un voto contrario alla proposta possa essere interpretato «come un atto di debolezza» o di ripensamento nei confronti di ciò che è accaduto (così il presidente del Consiglio Crispi nella seduta pomeridiana dell'11 luglio), sia la Camera che il Senato approvano la legge.
I primi solenni festeggiamenti si tengono di lì a poco; di fatto, in molti casi, l'organizzazione era già programmata in anticipo sull'approvazione della legge, anche grazie all'operato di comitati appositamente costituiti, tra i cui membri spiccano parlamentari come i senatori Raffaele Cadorna, Gaspare Finali, Onorato Caetani, Emanuele Ruspoli, Oreste Tommasini e i deputati Guido Baccelli, Ruggiero Bonghi, Giovanni Bovio, Benedetto Brin, Michele Coppino, Antonio Di Rudinì, Menotti Garibaldi, Tommaso Villa). Il fulcro delle celebrazioni è naturalmente la data del 20 settembre, la sede principale Roma, nella strada che parte da Porta Pia e arriva fino al Quirinale, e che da quell'evento prende il nome; a seguire, il 22 settembre, viene inaugurata una colonna sormontata da vittoria alata, proprio di fronte al tratto di mura (già ricostruito nel 1871) dov'era stata aperta la breccia, e sul quale vengono apposte tre lapidi - due delle quali preesistenti - sotto la supervisione dello scultore (ed ex deputato) Ettore Ferrari. Nel complesso, le manifestazioni ufficiali nella capitale - affiancate da un certo numero di manifestazioni concorrenti ideate da singoli gruppi politici o sociali - si sviluppano tra il 15 settembre e il 2 ottobre 1895 e si articolano in eventi di carattere celebrativo (discorsi pubblici, rassegne militari), commemorativo (inaugurazione di monumenti e lapidi) e spettacolare (eventi pirotecnici, feste musicali, sfilate di barche sul Tevere), ma anche convegnistico e sportivo, con la partecipazione del re, nell'intento di rinsaldare negli italiani lo spirito nazionale, unito nella monarchia.
Anche Torino, prima capitale del Regno, non manca all'appello: la giornata del 20 settembre del 1895 è scelta come occasione inaugurale di una lapide apposta su Palazzo Carignano, già sede del Parlamento Subalpino, che commemora ciò da cui simbolicamente tutto ebbe inizio, ossia il voto parlamentare a sostegno dell'ordine del giorno che invocava Roma capitale d'Italia (Regno d'Italia, Camera dei deputati, seduta del 27 marzo 1861). I discorsi pronunciati durante lo svelamento della lapide da alcuni convenuti, tra cui l'on. Giovanni Faldella, sono raccolti nell'opuscolo Inaugurandosi a Palazzo Carignano la lapide commemorante il voto del Parlamento per Roma capitale d'Italia: Torino 20 settembre 1895 (Torino, Tip. M. Massaro, 1895).
Questa appena citata non è certo la sola pubblicazione dedicata alla ricorrenza. La pubblicistica al riguardo riflette le ambivalenze che trovano voce in Parlamento, lasciando trapelare sentimenti più diffusi che, ancora a questa data, fanno apparire paradossalmente divisive le celebrazioni dell'unificazione nazionale. L'ex deputato Giovanni Bortolucci dedica a papa Leone XIII, «in protesta dei tripudii settembrini», Una corona di sonetti politici, religiosi, morali e sociali, con preambolo storico e note illustrative (Modena, coi tipi della Società Tipografica Antica tipografia Soliani, 1895, cit. a p. [5]; l'esemplare della Biblioteca del Senato reca sulla carta di guardia anche una dedica autografa «All'Onorevole Senato del Regno d'Italia, Omaggio riverente dell'Autore»). Sul fronte opposto, circolano pamphlet che colgono l'occasione del venticinquennale per contestare l'idea del potere temporale della Chiesa: così, ad esempio, appare un opuscolo che si presenta fittiziamente come redatto da tale Zadkiel Filomate, Il Papa-Re al tribunale del Cristo e dei santi, sotto la firma di Padre Girolamo da Montefalco dell'ordine dei predicatori (Roma, Tip. Elzeviriana, 1895).
La relativa vicinanza degli avvenimenti stimola la memorialistica: l'ex deputato Anton Giulio Barrili rievoca i propri trascorsi di volontario a Mentana in Con Garibaldi alle porte di Roma: ricordi e note (Milano, Treves, 1895); Demetrio Diamilla Müller, attivo negli anni Sessanta del secolo come agente sabaudo all'estero, pubblica un'appendice alla sua opera più nota, Politica segreta italiana, intitolandola Roma e Venezia: ricordi storici d'un romano in occasione del XXV anniversario di Roma capitale d'Italia (Roma-Torino, Frassati, 1895); Ugo Pesci, che della breccia era stato testimone oculare in quanto inviato per il "Fanfulla", trasfonde le esperienze del soggiorno romano in Come siamo entrati in Roma: ricordi (Milano, Treves, 1895), ottenendo la prefazione di Giosuè Carducci, che pure aveva declinato l'invito ufficiale a comporre il testo di un inno celebrativo (il libro di Pesci sarà usato, insieme ad altre fonti, dal cap. Giulio Del Bono per ricostruire La presa di Roma in un contributo apparso in "Memorie storiche militari", 1910, n. 2, in occasione del quarantesimo anniversario della breccia). Non manca nemmeno l'indagine storica sul periodo a cavallo del compimento dell'unità nazionale (Venticinque anni di Roma capitale d'Italia e suoi precedenti: 1815-1895. Roma, Libreria della Vera Roma, 1895, 2 v.). In tutti questi volumi ricorre - in evidenza grafica sulla coperta o sul frontespizio, se non anche nel titolo stesso della pubblicazione - il riferimento al XXV anniversario, eppure ad essere richiamata non è la 'breccia' in sé ma il suo più concreto risultato, Roma capitale d'Italia, sebbene la sua proclamazione non fosse avvenuta nel 1870: si era dovuto infatti attendere la Legge 3 febbraio 1871, n. 33 «pel trasferimento della Capitale del Regno da Firenze a Roma».
(Per maggiori dettagli sui fatti esposti in questo paragrafo si segnalano i saggi di Girolamo Arnaldi, Venti Settembre 1895, "Studi romani", 1955, p. 564-579, e di Laura Francescangeli, Il "Comitato generale per solennizzare il XXV anniversario della liberazione di Roma" ed il suo archivio, "Mefrim", 109, 1997, n. 1, p. 185-276, nonché l'articolo di Giorgio Giannini, Come il XX settembre divenne festa nazionale. Solennità civile dal 1895 al 1930, "InStoria. Rivista online di storia e informazione", CLXXII, settembre 2019, n. 141).
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Settembre 1920: cinquantesimo anniversario
Più disteso appare il clima in cui, nel 1920, cade il cinquantenario del 20 settembre, almeno osservandolo da un punto di vista d'oltremare: un numero speciale de "La Patria degli Italiani", voce della comunità italiana in Argentina e stampato a Buenos Aires, dedica la copertina illustrata e l'ampia sezione di apertura (Nel Cinquantenario della Breccia di Porta Pia, p. 5-29) a una «nitidissima e rapida sintesi dell'epopea italiana» (p. 5) con la prestigiosa firma di Adolfo Rossi, già inviato della "Tribuna" e del "Corriere della sera" e in quel periodo Ministro plenipotenziario per l'Italia presso il governo del Paraguay: titoli come quello del paragrafo di apertura, Le prime aspirazioni che parevano sogni, e l'abbinamento redazionale ad un altro articolo sul centenario dalla nascita del primo re d'Italia (p. 59-63), sembrano non lasciare dubbi sulla conquistata serenità nazionale (sia pure espressa da un rappresentante delle istituzioni e per i cittadini all'estero) attorno all'antico episodio conflittuale.
D'altra parte in Italia non mancano voci contrastanti. Dal Vaticano provengono segnali di distensione (da pochi mesi, nel maggio del 1920, papa Benedetto XV con l'enciclica Pacem, Dei munus ha abolito il rifiuto di ricevere i capi di Stato cattolici che si rechino in visita al re d'Italia), e tuttavia Benedetto XV continua a considerare «offensiva» l'adesione alle celebrazioni del 20 settembre (così in una lettera a mons. Ersilio Menzani del 26 settembre 1920, cit. in Francesco Margiotta Broglio, Italia e Santa Sede: dalla grande guerra alla conciliazione. Aspetti politici e giuridici. Bari, Laterza, 1966, p. 20n). Gli intellettuali sono divisi: è noto l'articolo con cui Antonio Gramsci ridimensiona la «facile vittoria» dei bersaglieri ("L'Ordine Nuovo: rassegna Settimanale di Cultura Socialista", 2 Ottobre 1920). Convegni internazionali vengono ideati ma non portati a realizzazione: "La Civiltà Cattolica", nel v. 4 del 1923, pubblica una lettera del sindaco di Roma Ernesto Nathan, che attraverso l'organizzazione di un congresso vorrebbe celebrare i valori della «libertà nazionale» e della «libertà di coscienza internazionale» ispirati dalla ricorrenza (cit. a p. 220). Occorre considerare peraltro che ci si trova in un periodo delicato per la vita del Paese: gli scontri politici e sociali che saranno ricordati come "biennio rosso" culminano nell'occupazione delle fabbriche proprio nel mese di settembre 1920.
Ad ogni modo, l'Italia trova occasioni per celebrare l'anniversario. Tra le iniziative romane, spicca un intervento di risistemazione della memoria epigrafica a Porta Pia: le lapidi preesistenti vengono incluse in un monumento di marmo e, per la prima volta, è il Comune di Roma a occuparsi interamente del progetto, anche con la supervisione del sindaco (e scultore) sen. Adolfo Apolloni. (A completare l'allestimento attuale manca, a questa data, soltanto il monumento al Bersagliere, che sarà inaugurato nel 1932). Ampia anche la pubblicistica d'occasione: Basilio Magni, autore di saggi storici e repertori biografici sul parlamento italiano, dedica al re una Orazione nel primo centenario dalla nascita di Vittorio Emanuele II e nel cinquantenario dalla creazione di Roma a capitale d'Italia e dona alla Biblioteca del Senato del Regno, con dedica autografa, un esemplare dell'opuscolo che ne pubblica il testo (Roma, Manunzio, 1920).
Di lì a poco però la festa nazionale sarà soppressa. La Legge 27 dicembre 1930, n. 1726, recante Modifica dell'elenco delle feste nazionali, dei giorni festivi a tutti gli effetti civili e delle solennità civili, non include nell'elenco il 20 settembre; vi figura invece l'11 febbraio, data della firma dei Patti Lateranensi del 1929, con i quali - sottolinea Mussolini nella sua relazione di accompagnamento - «è stata definitivamente chiusa la questione romana». Il dibattito preliminare, avviato alla Camera il 24 novembre 1930 con la presentazione del disegno di legge n. 717 della XXVIII legislatura e conclusosi con l'approvazione all'unanimità, ruota sull'interpretazione delle celebrazioni, che per molti alludevano non tanto alla conquista di un'unità nazionale ormai assodata, bensì ad un conflitto tra Stato e Chiesa che - tanto più alla luce del recentissimo Concordato - non aveva ragion d'essere. In Senato il disegno di legge, trasmesso il 14 dicembre e corredato da una relazione del sen. Pietro Fedele del 18 dicembre, acquisisce il n. 710 e viene esaminato in Aula il 20 dicembre 1930, risultando anche qui approvato.
Alla Conciliazione appunto si ispira il volumetto di Aurelio Monti 1870-1929: dalla presa di Roma alla Conciliazione attraverso la cronaca: con incisioni documentarie e il testo della legge sulle guarentigie (Milano, A. Vallardi, 1929), con un'utile Cronologia degli avvenimenti precedenti e posteriori al 20 settembre 1870, limitata ai fatti che ebbero relazione con la "questione romana" (p. 25-64), ricca anche di riferimenti ai lavori parlamentari.
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Settembre 1970: le celebrazioni del centenario
Ancora cinquant'anni, e i fatti di Porta Pia sono lontani un secolo. Tutto intorno è cambiato: la guerra ha sconvolto e ridisegnato gli equilibri del mondo, il Regno d'Italia ha ceduto il passo alla Repubblica, la cui Carta fondamentale ha ribadito espressamente la reciproca indipendenza e sovranità dello Stato e della Chiesa cattolica, i cui rapporti «sono regolati dai Patti Lateranensi» (art. 7). Per la prima volta, è la Chiesa stessa a sottolineare il ricordo del 1870: Paolo VI affida al cardinale vicario Angelo Dell'Acqua la celebrazione di una messa in prossimità di Porta Pia. Si è raggiunta la giusta distanza per guardare al passato.
Anche stavolta, naturalmente, la cronaca richiede attenzione su altri fronti: si sta avviando l'esperienza delle Regioni, le lotte sindacali dell'"autunno caldo" dell'anno precedente hanno portato al varo dello Statuto dei lavoratori, si scorgono le prime avvisaglie di una rivoluzione tecnologica che dilagherà nei decenni a venire. Proprio per questo, tuttavia, emerge l'esigenza di «evitare che il centenario dell'unificazione della nazione in Roma capitale passi fra distrazioni e omissioni, disattenzioni e diversioni, occasionalmente interrotte da celebrazioni formali», dedicandosi piuttosto «a una rimeditazione sorretta da esercitata competenza critica, ispirata a vigile passione civile»: così si legge nella Premessa a Un secolo da Porta Pia, raccolta di scritti di Arturo Carlo Jemolo, Giovanni Spadolini, Giuseppe Galasso, Fulvio Tessitore e molti altri politici e studiosi (Napoli, Guida, 1970, cit. a p. 6).
L'ammonizione appare accolta: al di là delle celebrazioni formali, si assiste infatti a un fiorire di studi storici che, oltre a rievocare, riflettono e raccolgono fonti, e che proseguiranno nel 1971 e negli anni successivi sulla scia delle commemorazioni di Roma capitale, ricorrenza così affine e così poco distante da rendere frequenti gli intrecci e le sovrapposizioni.
L'Istituto per la storia del Risorgimento italiano organizza il proprio XLV Congresso a Roma, tra il 21 e il 25 settembre 1970, dedicandolo a La fine del potere temporale e il ricongiungimento di Roma all'Italia e pubblicandone gli Atti nel 1972, con contributi anche di Alberto Maria Ghisalberti, Jacques Godechot, Vittorio Frosini. (La Biblioteca del Senato possiede, oltre al volume nel suo complesso, un estratto della relazione di Alberto Aquarone, Le forze politiche italiane e il problema di Roma, pervenuto tramite l'acquisizione del Fondo Cortese). Anche le sezioni locali dell'Istituto si attivano per qualche forma di commemorazione: la sezione di Novara, in collaborazione con la Società storica novarese, concentra l'attenzione già sul Centenario di Roma capitale d'Italia in un opuscolo redatto da Alessandro Aspesi (Novara, 1970). Italo De Feo fa uscire in concomitanza col centenario la continuazione del suo libro su Cavour, l'uomo e l'opera (Milano, Mondadori, 1969) dandole l'evocativo titolo Roma 1870: l'Italia dalla morte di Cavour a Porta Pia (Milano, Mursia, 1970).
Accanto alle ricostruzioni complessive, c'è chi esplora singoli aspetti come l'impatto degli eventi sulla città e l'evoluzione dell'amministrazione capitolina in un secolo (Paolo Bardi, Roma piemontese: 1870-1876. Roma, Bardi, 1970; Giuseppe d'Arrigo, Cento anni di Roma capitale. Roma, Spinosi, 1970; Vittorio Gorrresio, Roma ieri e oggi: 1870-1970. Milano, Rizzoli, 1970), chi si affida al confronto con l'attualità o a punti di vista diversi (Antistoria di Roma capitale: cronaca inedita dell'Unità d'Italia, a cura di Aldo De Jaco. Roma, Editori riuniti, 1970), o ancora chi propone come punto di vista l'occhio dello straniero, illustrando il recepimento all'estero degli sviluppi della politica italiana in quel periodo nevralgico (così Bronislaw Bilinski quando, sotto il titolo Incontri polacco-italiani a Porta Pia: nel centenario di Roma capitale d'Italia, 1870-1970, pubblica il testo di una conferenza tenuta presso la Biblioteca e centro studi dell'Accademia polacca delle scienze in Roma il 14 aprile 1970).
Tra i numeri monografici di riviste, si segnalano quello curato da Spadolini per la "Nuova Antologia" su Il venti settembre nella storia d'Italia (fasc. speciale n. 2038, ottobre 1970) e "Il Cavour", Numero speciale dedicato al centenario della breccia di Porta Pia con «lo scopo di ricercare ciò che si è fatto in questo periodo, ciò che non si è fatto e, ahinoi! ciò che si è disfatto e di tracciare infine qualche paragone tra l'ieri e l'oggi» (a. 3, 1970, n. 9, cit. a p. 3).
Alle novità editoriali si aggiungono le riedizioni. Giovanni Spadolini ripubblica la sua fortunata raccolta di scritti Il Tevere più largo (Napoli, Morano, 1967) in veste rinnovata, accresciuta, tascabile e aggiornata alla ricorrenza: il sottotitolo Chiesa e Stato in Italia dal Sillabo a Paolo VI diventa Da Porta Pia ad oggi (Milano, Longanesi, 1970; esemplare del Fondo Sircana presso la Biblioteca del Senato). Viene ristampata postuma la monografia di Ugo Pesci già citata per il XXV anniversario (Milano, Palazzi, 1970). Opuscoli e documenti d'epoca vengono riproposti in volume (Raffaele Cadorna, La liberazione di Roma nell'anno 1870 ed il plebiscito, a cura di Giuseppe Talamo. Milano, Mondadori, 1970; Roma '70, con scritti di Raffaele Cadorna e altri. Firenze, Sansoni, 1970) o in studi apparsi in periodici specializzati (In margine al I centenario della breccia di Porta Pia: lettere di un ufficiale pontificio prigioniero di guerra, a cura di Giulio Sacchetti, "Archivio della società romana di storia patria", v. 21, 1968, n. 1-4, p. 213-215).
Ricordiamo a margine perché di diverso taglio - ma non certo marginali per rilevanza istituzionale - i discorsi pronunciati da alte cariche dello Stato o da rappresentanti della vita politica italiana. Il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, il 20 settembre, nell'Aula di Montecitorio dinanzi al Parlamento in seduta comune e alla presenza dei presidenti delle Camere Fanfani e Pertini, si esprime Nel centenario dell'unione di Roma all'Italia sottolineando in chiusura la «raggiunta armonia tra lo Stato e la Chiesa» e le «pacifiche strade dell'avvenire» (il testo del discorso è stato stampato in edizione fuori commercio di 3.000 esemplari numerati; il n. 1149 si trova presso la Biblioteca del Senato); le telecamere riprendono le manifestazioni, filmando sia dentro che fuori il Parlamento e sottolineando l'ampia partecipazione popolare: alcuni video sono nel patrimonio dell'Istituto Luce, mentre il Portale storico della Presidenza della Repubblica riporta immagini e programma della giornata. I discorsi pronunciati dal sindaco di Roma Clelio Darida in Campidoglio, prima in occasione del Natale di Roma il 21 aprile e poi il 20 settembre 1970, sono raccolti in un volumetto a stampa per i tipi dell'Istituto di studi romani nel febbraio 1971, col comune titolo Nel centenario di Roma capitale. Anche la Consulta dei senatori del Regno, associazione privata costituita nel dopoguerra da ex senatori di sentimenti monarchici, non fa mancare un contributo di Adolfo de Marsico, ancora una volta prevalentemente ispirato dal Centenario di Roma capitale, pronunciato a Roma il 23 maggio 1970. Nell'impossibilità di dar conto di tutti i discorsi di parlamentari, si segnala qui L'eredità della breccia di Porta Pia (Milano, Sugar, 1871), pronunciato a Mantova l'8 novembre 1970 da Pietro Nenni, a cui questo stesso numero di MinervaWeb dedica un approfondimento.