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Dialogando con Federico Valacchi, presidente dell'Associazione italiana docenti universitari scienze archivistiche (AIDUSA)

Dopo l'incursione dello scorso numero nel mondo associativo delle istituzioni di cultura italiane (AICI), riprendiamo le nostre 'conversazioni' con gli esponenti dei settori scientifici connessi alle discipline e alle professioni del patrimonio culturale e interpelliamo l'Associazione italiana docenti universitari scienze archivistiche (AIDUSA). Ringraziamo per il testo l'attuale presidente Federico Valacchi, professore ordinario di Archivistica presso l'Università di Macerata.

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1. Qual è lo stato di salute delle discipline che l'Associazione rappresenta?

AIDUSA è una consulta scientifica che raccoglie i docenti universitari di archivistica e ha per la natura stessa della disciplina una dimensione plurale. La realtà degli archivi è infatti molto frastagliata nel tempo, nello spazio, nelle forme e nelle finalità. Credo la riassuma al meglio la rinnovata declaratoria del nostro settore scientifico disciplinare (HIST-04/C, nel linguaggio arcano della burocrazia accademica):

l'archivistica studia i processi di formazione, gestione, uso, conservazione e tradizione dei materiali d'archivio, indipendentemente dal formato e dal supporto, con particolare riferimento alle modalità di sedimentazione, descrizione, ordinamento, inventariazione e trasmissione dei fondi archivistici. Studia gli archivi diacronicamente, dal Medioevo all'età contemporanea, come strutture di organizzazione, ordinamento e conservazione, con particolare attenzione alle norme e alle prassi relative alla produzione, alla selezione, allo scarto e alle procedure di conservazione del materiale documentario analogico e digitale. Ha l'obiettivo di produrre le competenze metodologiche e operative necessarie ad affrontare le diverse specificità documentarie analogiche e digitali in ogni fase del ciclo vitale, includendo i sistemi di indicizzazione e classificazione digitale. Si occupa degli archivi anche come fenomeno politico, sociale e culturale, indagando la natura, il ruolo e le caratteristiche della funzione documentaria nel rapporto con la società e le tecnologie e persegue le proprie finalità in relazione con le altre discipline documentarie e dell'informazione.

Il raggio di azione, quindi, è molto vasto, così come sono molto ampie le sensibilità che ruotano intorno al generico concetto di archivio. Se infatti conserva un ruolo importante l'approccio storico e filologico, stanno progressivamente affermandosi nuovi interessi di ricerca e nuovi ambiti applicativi, con particolare riferimento alla diffusione capillare delle IT nei sistemi documentali nel loro insieme.

Non è semplice dare conto dello stato di salute di un settore tanto ampio e diversificato. Se si volesse tentare una sintesi un po' provocatoria si potrebbe parlare di un settore in crescita anche contro sé stesso. Mi spiego meglio: tutto dipende dal punto di vista da cui si guarda agli archivi. Se la lente è quella "classica" ereditata da un prestigioso Novecento che privilegiava un punto di vista per così dire centralizzato e incardinato sull'Amministrazione archivistica [oggi Direzione generale Archivi, ndr] e sul MiC, i segnali sono contraddittori. L'amministrazione degli archivi, infatti, ha dovuto fare i conti da tempo con un'incuria politica che si è tradotta in una paurosa carenza di risorse e personale che ne ha molto limitato l'azione complessiva. Più recentemente ci sono stati segnali positivi con concorsi e assunzioni e sicuramente la situazione potrà migliorare e già si coglie qualche segnale in questo senso. La questione - e qui parlo a titolo assolutamente personale - è però più complessa di un dare e avere di risorse umane ed economiche. Ad essere in affanno è piuttosto un intero modello conservativo che affonda le sue pur nobili radici appunto nel XX secolo e stenta non poco a reggere il passo della modernità. La collocazione nel MiC non è probabilmente la più opportuna per il comparto archivistico che non può essere ridotto alla sola dimensione culturale. Le leggi che regolano l'intero settore, poi, non riescono più a garantire risposte adeguate al presente, a partire dal grande tema della conservazione digitale. C'è bisogno di riforme strutturali, di una riflessione profonda sul governo complessivo dell'informazione e della memoria e sul ruolo che gli archivi hanno nella concretezza della vita quotidiana.

Molta archivistica poi, per quanto talvolta 'eccentrica' rispetto ai modelli tradizionali, si pratica ormai fuori dai canali strettamente istituzionali. Molte società qualificate, cooperative e liberi professionisti portano avanti lavori archivistici, sospinti anche dall'onda lunga della dematerializzazione che sta investendo, se non travolgendo, gli archivi. C'è molto lavoro e, oggettivamente, la domanda supera spesso l'offerta che i formatori possono garantire. Quindi da questo punto di vista grande vitalità e grandi aspettative.

In generale, se allarghiamo il campo visivo, l'archivistica oggi è una disciplina in espansione, a patto che sappia adeguarsi senza snaturarsi alle esigenze del presente, che sono molte e diversificate. Certo, rimangono ampie sacche di marginalità e resistono forti pregiudizi sulla 'noia polverosa degli archivi', ma credo che spetti proprio ad un'archivistica attiva e presente a sé stessa il compito di sfatare queste fastidiose persistenze.

2. Quali sono le iniziative con cui l'Associazione, e il suo mandato in particolare, si propone di promuoverle?

Coerentemente al quadro tracciato sopra, AIDUSA, nei limiti dei suoi mezzi, si adopera su diversi fronti per contribuire alla crescita dell'intero settore, sia pure nel perimetro della propria missione istituzionale. I temi al centro della riflessione sono di natura diversa, alcuni di taglio generale, altri più specifici. Il Direttivo che si è insediato nella scorsa primavera, e di cui fanno parte insieme a me Gilda Nicolai, Mariangela Rapetti, Dimitri Brunetti e Andrea Giorgi, si è posto come prioritario il tema della formazione e dell'offerta didattica e sta lavorando su più fronti su questo aspetto, grazie anche al supporto di molte colleghe e di molti colleghi. In particolare, oltre a una ricognizione dell'offerta complessiva e alla valutazione di un rapporto più coordinato con le scuole degli Archivi di Stato, intendiamo confrontarci a fondo con un mercato del lavoro che ha ormai caratteristiche molto diverse da qualche anno fa. Anche in questo caso la pandemia ha marcato una cesura profonda e, per una serie di motivi, è doveroso verificare direttamente con gli stakeholder i bisogni formativi. Credo che nei prossimi mesi potremo acquisire dei risultati in questo senso, ricorrendo a questionari e ad audizioni mirate.

AIDUSA, inoltre, segue o patrocina progetti ed eventi specifici, tra i quali mi piace citare il progetto sugli archivi dello sport, condotto di concerto con la Società italiana di storia dello sport (SISS) e un'ipotesi di collaborazione che sta prendendo forma in queste settimane con l'Associazione Italiana di Public History (AIPH) e altri soggetti sul tema generico della dematerializzazione delle fonti e della mediazione. Ci auguriamo che queste iniziative portino ai risultati sperati.

Più in generale, poi, in continuità con i mandati precedenti, l'associazione porta avanti politiche di forte collaborazione con le altre consulte scientifiche e con le associazioni professionali. Particolarmente stretti e collaborativi sono i rapporti con la Società italiana di scienze bibliografiche e biblioteconomiche (SISSB), presieduta dalla prof.ssa Paola Castellucci e con Associazione nazionale archivistica italiana (ANAI), di cui è presidente la dott.ssa Erika Vettone.

Ritengo infatti che nel pur vasto settore delle discipline storiche e della conoscenza la disponibilità al dialogo e alla collaborazione tra pari sia la sola strategia utile ad affrontare la complessità dei nostri contesti di riferimento, nel rispetto naturalmente delle diverse specificità di dominio.

L'archivistica in questa complessità può ritagliarsi uno spazio importante, non tanto e non solo come guardiana delle memorie, ma soprattutto come disciplina che postula un approccio critico alle risorse informative di qualsiasi natura, a partire naturalmente da quelle digitali. L'archivista da sempre costruisce contesti e oggi con ogni probabilità potrebbe essere la figura giusta per promuovere una maggiore consapevolezza nell'uso di risorse spesso poco affidabili. Non vedrei male degli archivisti come cacciatori di fake, se mi si perdona la battuta e il paradosso…

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