A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
A proposito di mescolare: le istituzioni e l'eredità culturale / Madel Crasta. Convegno di studi per Guido Melis, Roma, 1 ottobre 2021
Il 30 settembre presso l'Archivio storico della Presidenza della Repubblica e il 1 ottobre in Senato presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, si è tenuto il convegno di studi per Guido Melis, organizzato in collaborazione con Sapienza Università di Roma, Università della Tuscia e Società di Studi di storia delle istituzioni, con sessioni su "La storia delle istituzioni: temi e prospettive", "La storia degli enti pubblici", "La storia delle istituzioni: un orizzonte aperto".
Il titolo del convegno, "Mescolare le carte e la storia. Come si studiano le istituzioni", fa riferimento al titolo della rivista "Le carte e la storia" (bollettino della Società di Studi di storia delle istituzioni, diretto dallo stesso Melis) ma anche alla mescolanza di approcci e discipline che la storia delle istituzioni raccorda, dalla linguistica, al diritto, all'archivistica e alla bibliografia.
All'idea della mescolanza si ispira anche l'intervento proposto nella seconda giornata di lavori da Madel Crasta, docente e consulente nel settore dei beni culturali, che ha toccato temi particolarmente sensibili per chi opera nelle biblioteche e all'interno delle istituzioni: il concetto di dimensione economica della cultura intrecciato alla vita delle comunità; il rapporto tra l'affermazione del digitale e l'espansione dei contenuti culturali immateriali, con l'esigenza di adeguare le istituzioni a una nuova visione d'insieme; il bisogno di trovare modi e linguaggi per comunicare la complessità storica senza banalizzarla, con un appello alla vocazione valoriale delle professioni della cultura, impegnate a diffondere la conoscenza di un 'patrimonio' che è anche una 'eredità'. Della relazione svolta (che si può ascoltare nel video della seconda giornata sul canale YouTube del Senato) proponiamo una sintesi a cura dell'autrice, ringraziandola del contributo e rinviando, per il testo completo, agli atti del convegno che saranno pubblicati.
Segnaliamo inoltre che in questo stesso numero di "MinervaWeb" la rubrica a cura della Commissione per la Biblioteca e l'Archivio storico del Senato ospita il testo del saluto introduttivo presentato al convegno dal sen. Gianni Marilotti, Presidente della Commissione, che pure ringraziamo.
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Le istituzioni culturali e il tessuto professionale che, a diverso titolo, si prende cura dell'eredità culturale, hanno oggi un ruolo centrale nell'incidere sul tipo di sviluppo che il paese sceglierà.
Uso ad essere considerato un settore dai confini ben definiti, questo tessuto stenta ad affermare con forza il ruolo dell'eredità culturale ben oltre la dimensione culturale. Ruolo centrale perché un reale e diffuso recupero del rapporto con il nostro passato, il riconoscimento e il senso di appartenenza che la conoscenza genera, saranno determinanti nel generare partecipazione e condivisione del presente invece che estraneità, paura e rifiuto.
Ritorno al termine eredità culturale, e non solo beni culturali, perché il concetto di eredità evoca molto di più il senso di un insieme materiale e immateriale di cose e significati che, in quanto eredi, ci riguardano direttamente. È prevalsa invece nel senso comune l'idea di una dimensione separata dalla società, estranea alle altre. Si sente questo distacco nella diffusa mancanza di coscienza e sensibilità storiche, nelle reazioni al cambiamento prive di un pensiero critico che può venire solo dalla conoscenza del passato come processo continuo di cambiamento e come parte integrante del presente.
Penso si possa condividere la consapevolezza che questo radicato distacco, oggi nel secolo della piena espansione della cultura digitale, lascia larghe componenti della collettività in balia di un magma perenne che non 'con-prendono' mentre cambiano le modalità di apprendimento, la circolazione dell'informazione e delle idee, le relazioni fra i luoghi e i saperi. Mentre gli oggetti della memoria restano ancorati nella loro fisicità ai luoghi in cui sono nati e alle istituzioni di conservazione, i significati immateriali che essi rappresentano per l'umanità circolano nella rete e s'intrecciano generando nuove relazioni e una fitta trama che qualcuno dovrà pure raccontare (e quindi rappresentare). L'incessante crescita del digital heritage pone alle istituzioni culturali e alle professioni del patrimonio l'impegno a elaborare nuovi linguaggi, a frequentare metodi d'indagine diversi, ma non più distanti o estranei (diversità non è sinonimo di ineludibile distanza). Conoscendo la forza della logica dicotomica/oppositiva/disgiuntiva, non dimentico di sottolineare che l'esplorazione di metodi e strumenti conoscitivi, applicativi e comunicativi, non diminuisce affatto la necessità dei linguaggi descrittivi e non è in alternativa ai saperi consolidati. Perché dovremmo rinunciare a quanto faticosamente conquistato invece di trovare le condizioni di un incontro proficuo? Fare i conti con la complessità del presente, esplorare i confini disciplinari e specialistici, può diventare un percorso di rilancio e di consapevolezza di quelle finalità di diffusione delle conoscenze che sono scritte ai primi punti nei codici etici e negli statuti delle istituzioni culturali e educative.
Tutte le professioni legate all'eredità culturale avrebbero bisogno di una mobilitazione valoriale per allargare la condivisione e la partecipazione ai contenuti culturali, così apparentemente disponibili e invece di fatto inaccessibili alle diverse periferie che circondano la cittadella della storia e della cultura. Potremmo distogliere un po' di energie dalle classiche coppie oppositive: specialismo-genericità, economia-cultura, pubblico-privato, aperture-chiusure, gratuità-pagamento e così via, che da decenni occupano il centro del dibattito sul patrimonio culturale, senza dar conto della trama di relazioni trasversali in cui siamo immersi, dello spostarsi continuo dei confini e dell'intreccio continuo di saperi e dimensioni nella vita reale.