A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
"La biblioteca connessa". Milano, 13-14 marzo 2014
I bibliotecari chiamati a convegno ogni anno al Palazzo delle Stelline a Milano si sono trovati stavolta, il 13 e 14 marzo 2014, a confrontarsi su un tema particolarmente sfaccettato: La biblioteca connessa. Come cambiano le strategie di servizio al tempo dei social network.
Il riferimento ai social networks, a distanza di qualche anno dal primo affacciarsi nel mondo della biblioteconomia di questi nuovi strumenti comunicativi, ha perso quanto di effimero poteva rivestire, poiché non si configura più come ammiccante omaggio ad una moda dilagante; lasciato decantare l'entusiasmo per il nuovo ventaglio di prospettive offerte dalla maggiore interattività del Web, è oggi possibile trarre più meditate conclusioni dalle analisi e dalle esperienze condotte sin qui, con esiti talvolta sorprendenti.
Così, ad esempio, si registra il successo di strategie strutturate di comunicazione con gli utenti via Facebook (presentate dalla relazione di Mauro Guerrini e Simona Turbanti, Prove di Facebook nelle biblioteche accademiche), a fronte di un generale fallimento di tali nuovi strumenti nei casi in cui siano usati a scopo di "comunicazione" anziché di "conversazione" (Juliana Mazzocchi, Blog e social network in biblioteca) o, peggio, qualora vengano sostituiti ai servizi fondamentali della biblioteca, anziché essere modulati per potenziarli.
Nella ricca mattinata introduttiva sono stati prospettati nuovi scenari, con significativi esempi tratti dal panorama internazionale: dall'esperienza della New York Public Library (Johannes Neuer, Costruire una social library), alle suggestioni delle bookless libraries di recente costituzione negli Stati Uniti, illustrate da Michele Santoro (Se scompaiono gli scaffali), in un orizzonte in cui i social networks possono essere ormai considerati strumenti di knowledge management che - tracciando e rendendo tangibili le reti sociali - organizzano la nostra conoscenza relazionale (Giuseppe Riva, Dalle reti sociali ai social network).
In questo contesto la biblioteca, interrogandosi sul suo rapporto con la società in cui agisce, ritrova la propria identità peculiare di mediatrice delle più varie risorse informative, secondo la suggestiva metafora del marinaio che aiuta Ulisse - la società democratica, aperta a mille stimoli - a resistere al canto delle Sirene - ossia, ogni pressione del potere e del mercato contro la libertà intellettuale (Riccardo Ridi, La responsabilità sociale delle biblioteche).
Da qui, il convegno si è articolato in sessioni parallele, quest'anno particolarmente dense, grosso modo dedicate alle due diverse declinazioni delle funzioni bibliotecarie: lettura e promozione sociale (biblioteche pubbliche), studio e ricerca (biblioteche accademiche).
Nella prima delle due sessioni, dal titolo L'impatto dei nuovi media sulle biblioteche pubbliche, sono state presentate diverse esperienze di utilizzo degli strumenti del Web 2.0 e dei social networks per potenziare i servizi e promuoverne l'utilizzo e la condivisione da parte degli utenti. Tra le altre, l'esperienza a tutto tondo della Biblioteca pubblica di Colonia raccontata da Hannelore Vogt e quella basata sui servizi geolocalizzati e sul gaming della Biblioteca San Giorgio di Pistoia (di cui hanno parlato Cristina Bambini e Tatiana Wakefield). Sono state inoltre approfondite le possibilità di utilizzo di tali strumenti per la promozione della lettura (Nicola Cavalli, Promuovere la lettura con il social reading) e dei servizi (Debora Mapelli, Come cambiano le strategie di comunicazione e condivisione con gli utenti) e le loro potenzialità nelle biblioteche per ragazzi (Caterina Ramonda, Te lo dico a modo tuo) e nelle realtà cooperative (Gianni Stefanini, Le nuove sfide della cooperazione).
Per quanto attiene al secondo ambito, la sessione Apprendere con i social network ha messo l'accento, tra i vari fattori di cambiamento in atto, su esperienze di condivisione delle risorse informative (Maria Cassella, Strumenti social e ruolo della biblioteca accademica) o di comunicazione e promozione (Laura Ballestra, Youtube in biblioteca); sul successo di strumenti di social bookmarking e reference management che lasciano prevedere, nel medio-lungo termine, un'inversione dei rapporti di forza - almeno quantitativamente - tra dati e metadati (Jan Reichelt, Che cosa gli utenti vogliono da noi oggi e in futuro); soprattutto, sulle prospettive di una information literacy (Raphaëlle Bats, L'uso dei social media nella LIS education) che sempre più si configura come digital literacy, di cui farsi carico anche a livello governativo come di una nuova forma di educazione di base (si veda ad es. il progetto statunitense Digitlliteracy.gov citato da Laura Testoni, Quale literacy al tempo dei social network?).
Da questo punto di vista, i numerosi stimoli che provengono alla biblioteconomia dagli ambiti della scienze dell'informazione e dell'educazione trovano un parallelo nel concetto estensivo di transliteracy, la capacità di comunicare attraverso modalità e media diversi, tutti concorrenti al fine di produrre, conservare, trasmettere conoscenza.
Nella seconda giornata, la parola chiave "connessione" ha visto spostarsi il focus dagli utenti, connessi tra loro e con le biblioteche, alle tecnologie, che perfezionano interoperabilità e potenzialità di fruizione di dati sempre più strutturati.
Uno sguardo d'insieme sulle prospettive delle biblioteche in un orizzonte Web di tipo open, partecipativo e semantico, è stato offerto dalla relazione introduttiva di Sören Auer.
In quest'ottica, è stata poi ripercorsa la tradizione catalografica fino all'attuale cambio di paradigma, dalla logica booleana alla fuzzy logic, dalla precisione alla rilevanza, dal "retrieval di informazione già nota" al "discovery di informazione ignota" (Andrea Marchitelli, Il catalogo connesso) e si è parlato delle prospettive di sviluppo della ricerca nei cataloghi alla luce della trasformazione dei dati bibliografici in linked open data (Antonella Iacono, Web connected information seeking).
Si è inoltre posto l'accento sull'importanza dell'organizzazione della conoscenza, allo scopo di rendere possibile - oltre alla connessione tecnologica dei dati - anche quella dei loro significati. Claudio Gnoli ha dunque proposto una riflessione sui necessari livelli di interoperabilità tra i knowledge organisation systems (KOS): quello concettuale, disciplinare, istituzionale e infine formale. Di knowledge management ha parlato anche Giuseppe Vitiello in riferimento al caso della Biblioteca del Defense College della NATO.
I concetti di connessione e interoperabilità richiamati in questa sessione sono stati di fatto il filo conduttore anche della sessione parallela Talked to each other, durante la quale l'accento è stato posto sulla necessità di far dialogare e dunque "connettere" autori, editori, libri, librai, bibliotecari e lettori, ossia tutti i protagonisti dell'ecosistema informativo, non solo digitale.
La sessione conclusiva, Nuove sfide, ha riunificato i vari filoni del convegno ed esplorato i possibili sviluppi del ruolo delle biblioteche, che valorizzando le proprie competenze all'interno di ambienti collaborativi trasversali come Wikipedia (Pierfranco Minsenti, Wikipedia come ambiente di lavoro collaborativo per una comunità trasversale alle biblioteche) possono contribuire alla costruzione del "Web della complessità". In particolare alle biblioteche potrebbe spettare il compito di trasformare la "complessità orizzontale che caratterizza la rete" - ma che è carente nella struttura dei dati disponibili, i quali dunque sfuggono facilmente alla conoscenza e alla valutazione - in una "complessità verticale dei singoli contenuti" grazie ad un'idonea architettura informativa (Gino Roncaglia, Social network e riconquista della complessità).
A questo proposito si sottolineano due punti cardine. Uno è il concetto di ecosistema, metaforicamente evocato in riferimento alle infrastrutture di rete e che si sta progressivamente estendendo al mondo delle biblioteche, chiamate a cooperare in sistemi territoriali con enti di vario genere, come sperimentato nel progetto per l'Expo 2015 che proprio a Milano avrà luogo (Maurizio Brioschi, E015 - Digital Ecosystem), o in progetti basati su strumenti di geolocalizzazione finalizzati alla pianificazione e all'analisi dell'impatto bibliotecario in una determinata zona (Daniele Dapiaggi, La biblioteca connessa con il territorio).
L'altro punto degno di nota è la pervasività del tema degli Open Data, evocato da chi propone di sviluppare in direzione social - non solo arricchendoli, ma rendendoli pienamente interoperabili - gli ambienti documentali ormai classici (Marco Rubrichi e Lorenzo Verna, Costruire relazioni); un tema, a ben vedere, sotteso in modo trasversale all'intero convegno e rappresentato anche, in questo numero di MinervaWeb, negli articoli a margine di recenti eventi espressamente dedicati a questa nuova struttura dell'informazione nel Web.
Ancora, tra le novità del convegno si registra l'attenzione all'approccio bibliometrico, finora non molto frequente in Italia, che ha improntato diverse comunicazioni (Evangelia Lipitakis, Citazioni&Connessioni; Anna Maria Tammaro, La comunicazione scientifica nel Web).
Per i titoli completi degli interventi, qui sinteticamente citati, si rinvia al programma online, comprensivo - un'altra novità di quest'anno - di abstract dei singoli contributi.
A corredo delle sessioni principali, si sono svolte diverse iniziative collaterali, tra cui segnaliamo il seminario Recuperare il ritardo. Ebook e contenuti digitali nelle università, a scuola e nelle biblioteche pubbliche. Come per l'argomento dei social network in biblioteca, anche per gli ebook si è registrata un'evidente maturazione del tema in ambito professionale rispetto alle precedenti edizioni del convegno milanese di Palazzo delle Stelline: ricco il programma, con presenze significative come quella dell'AIB con il presidente Stefano Parise, e di Piero Attanasio, responsabile dei progetti innovativi dell'AIE (Associazione Italiana Editori).
L'impressione generale è che gli ebook si stiano ritagliando un ruolo sempre più significativo nelle biblioteche italiane che iniziano, anche se con grande ritardo rispetto alla realtà americana, a esplorarne le potenzialità in termini di servizi offerti all'utenza. Se infatti negli Stati Uniti il prestito digitale degli ebook in biblioteca è una realtà affermata e stabilizzata (100% delle biblioteche accademiche, 40% delle biblioteche scolastiche, 90% delle biblioteche pubbliche nel 2013), l'Italia (e l'Europa) è in una situazione completamente diversa, che mette a rischio la competitività delle biblioteche del nostro territorio nazionale.
Per quanto riguarda l'Italia, le ragioni principali del ritardo sono state identificate con il lento aggiornamento tecnologico delle biblioteche italiane, la scarsa copertura della lingua italiana nei cataloghi di ebook dei principali editori e le politiche restrittive degli editori a salvaguardia dei propri diritti. In particolare questo ultimo punto è stato toccato nella quasi totalità degli interventi.
La smaterializzazione del libro ne rende i contenuti più vulnerabili e soggetti a una possibile diffusione illecita, mentre, nel caso del libro cartaceo, è la "fisicità" stessa del supporto a tutelare in buona misura gli editori da una circolazione non controllata dei contenuti. Si è dunque discusso del possibile equilibrio tra sistemi di gestione dei diritti dell'oggetto digitale (DRM - Digital Right Management) e usabilità da parte delle biblioteche, che vivono i DRM come dei veri e propri limiti all'esplicazione di tutte le potenzialità dell'ebook (di cui fanno anche lievitare il costo).
Di qui il ruolo chiave di mediazione tra editori e biblioteche attualmente svolto da soggetti intermediari che trattano con gli editori le condizioni di acquisto dell'oggetto digitale (business model), gestendo per la biblioteca i diritti su di esso attraverso portali di servizi. Sono infatti le licenze ottenute dagli aggregatori (che hanno un maggiore potere contrattuale) a definire i servizi che la biblioteca potrà offrire su un certo contenuto digitale, per esempio se la biblioteca potrà o meno attivare il prestito digitale degli ebook (digital lending).
Erano presenti al seminario alcuni tra i principali aggregatori di contenuti digitali attivi sul mercato italiano: per l'editoria straniera Proquest e Cenfor International (che rispettivamente controllano e distribuiscono in Italia i portali Ebrary e EBL - EBookLibrary), per l'editoria italiana MediaLibraryOnLine di Horizons e Casalini con la piattaforma Torrossa. Gli interventi hanno posto l'accento sui vantaggi che offrirebbero alle biblioteche le piattaforme degli aggregatori rispetto, per esempio, ai portali degli editori: la convenienza di avere a disposizione più editori sullo stesso portale e, soprattutto, l'attenzione alla piattaforma in termini di ricercabilità dei contenuti digitali, di modelli di acquisto offerti e gestione dei relativi servizi (come il prestito digitale), di integrabilità con i cataloghi delle biblioteche.
I modelli di acquisto (business model) sono il fronte su cui più stanno lavorando gli aggregatori per dare a ciascuna biblioteca un servizio adeguato al tipo di istituzione: la sottoscrizione, l'acquisto di pacchetti di contenuti digitali o di singoli titoli, perpetuo o in modalità pay per view, deciso dalla biblioteca o direttamente dagli utenti (patron driven acquisition).
L'individuazione del modello di acquisto giusto (o della combinazione di modelli più adatta) è fondamentale per una biblioteca: il modello deve rispondere infatti alle finalità dell'istituzione oltre che al budget disponibile. Se al livello economico i modelli vincenti sembrano essere quello dell'acquisizione su indicazione diretta degli utenti o del pay per view (si compra ciò che effettivamente interessa), soprattutto le istituzioni accademiche rivendicano l'importanza di curare un progetto culturale complessivo. La politica di sviluppo delle collezioni non dovrebbe (se non per una componente minima) essere eterodiretta dagli aggregatori, tramite la vendita di pacchetti di contenuti non selezionati dalla biblioteca, o dagli utenti, ma controllata dall'istituzione (Anna Ortigari, Università di Bologna). Biblioteche come quelle universitarie e di conservazione dovrebbero, almeno per certe tipologie di contenuti non soggette a obsolescenza, puntare all'acquisto perpetuo dei contenuti digitali, con una particolare attenzione a un altro aspetto fondamentale, quello della conservazione nel tempo di questi stessi oggetti.
Per le biblioteche scolastiche e per quelle di pubblica lettura l'acquisizione consortile di contenuti digitali tramite un aggregatore può rappresentare un salto di qualità nei servizi offerti all'utenza (Silvia Franchini, Sistema Bibliotecario della Valle Seriana; Paola Pala, MediaLibraryOnLine; Grazia Barberi e Laura Zanette, Sistema Bibliotecario Trentino). L'abbonamento ad un portale e l'accesso al prestito digitale, anche tra biblioteche, per alcune realtà territoriali e scolastiche significa non solo arricchire l'offerta ai propri utenti, ma addirittura marcare la differenza tra avere dei servizi bibliotecari e non averli affatto, come accade nella maggior parte delle scuole italiane.
In questa breve sintesi del ricco programma del seminario, un cenno merita anche il discorso sull'impatto di questi nuovi contenuti digitali sui sistemi di gestione automatica delle biblioteche e sull'utilità dei discovery tool o OPAC di nuova generazione (John Akeroyd, University College London). E' fondamentale infatti per una biblioteca che intende gestire gli ebook selezionare il software gestionale sulla base della capacità di includere i contenuti digitali e di interfacciarsi con altri sistemi tramite protocolli aperti (Giulio Blasi, MediaLibraryOnLine). La maggior parte dei sistemi di gestione attualmente in uso è inadeguata a questo scopo e i contenuti digitali spesso non hanno adeguata visibilità. Una buona soluzione può essere rappresentata dai discovery tool, strumenti applicativi che sovrapponendosi ad una molteplicità di risorse, locali (per es. il catalogo della biblioteca) e remote (per es. un portale di ebook e di altri contenuti digitali), ne consente la ricerca simultanea e integrata.