A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
I padri della Patria: Giuseppe Garibaldi
2. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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I primi contatti di Giuseppe Garibaldi (Nizza, 1807 - Caprera, 1882) con la politica e le idee rivoluzionarie, risalgono agli inizi del 1830, in particolare all'incontro con Giovanni Battista Cuneo. Affiliato alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini, Cuneo ottenne l'adesione di Garibaldi all'associazione. Tornato in Italia, nel 1834, Garibaldi partecipa al piano mazziniano di sollevare la Savoia e la Liguria. Fallito il piano insurrezionale, per il quale si arruolò nella marina del Regno di Sardegna sotto il nome di Cleombroto, venne condannato a morte e, riuscito a sfuggire alla cattura, nel 1835 si imbarcò per l'America Latina raggiungendo Rio de Janeiro. Nel 1837, coinvolto dall'italiano Tito Livio Zambeccari, prese parte alla ribellione scoppiata nella provincia meridionale di Rio Grande do Sul contro il governo centrale brasiliano, e nel 1842 si schierò con il governo di Montevideo nella rivolta contro una fazione ribelle appoggiata dall'Argentina. Le vicende dell'America Latina spinsero in seguito Garibaldi ad allontanarsene, per rivolgere la sua attenzione a quanto stava accadendo in Italia e quindi a partire per Nizza nel giugno del 1847. Forte di un'esperienza di tattica militare basata sulla guerriglia, prese parte nel 1848 alla Prima guerra d'indipendenza, ottenendo il comando di una piccola legione di volontari. Nel 1849, durante i fatti della Repubblica Romana, gli venne affidato il comando militare della difesa di Roma minacciata dalle truppe francesi e napoletane intenzionate a riportare sul trono Pio IX. Alla caduta di Roma, durante la fuga nel tentativo di raggiungere Venezia, morì Anita. Garibaldi riparò prima in Marocco poi, nel 1850 a New York, dove lavorò nella fabbrica di candele di Antonio Meucci, e di lì in Perù. Rientrato in Italia nel 1854, comprò l'isola di Caprera, nell'arcipelago sardo della Maddalena, dove costruì una fattoria. Sarà questo il luogo prescelto per il suo "esilio". Nel 1859 partecipò alla Seconda guerra d'indipendenza, combattendo in Lombardia settentrionale, alla guida dei Cacciatori delle Alpi, e conquistando Como dopo la sconfitta inflitta gli austriaci nella battaglia di San Fermo. Fallito il tentativo di un invasione delle Marche e dell'Umbria, per unirle alla Lega dell'Italia Centrale, nel 1860 Garibaldi organizzò una spedizione per conquistare il Regno delle Due Sicilie. Radunato un corpo di spedizione composto da mille e ottantanove uomini, Garibaldi raggiunse via mare la Sicilia partendo da Quarto, presso Genova e, sbarcato a Marsala, si proclamò dittatore della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II. Battuti i soldati borbonici a Calatafimi, conquistata Palermo attraversò lo stretto e, risalita la Calabria, giunse a Napoli il 7 settembre 1860. Dopo aver sconfitto l'esercito borbonico, nei primi giorni di ottobre, durante la battaglia del Volturno, consegnò la sovranità del regno delle Due Sicilie a Vittorio Emanuele II durante lo storico incontro a Taverna della Catena presso Vairano Patenora. Nel 1862 Garibaldi, con l'obbiettivo di liberare Roma dal governo di Pio IX, organizzò una nuova spedizione. Partito nuovamente dalla Sicilia e risalita la Calabria, nel mese di agosto venne fermato in Aspromonte dall'esercito regolare italiano. Ferito, durante un breve conflitto a fuoco, venne arrestato e condotto in carcere. Nel 1866, scoppiata la Terza guerra di indipendenza, a Garibaldi venne affidato il comando del riorganizzato corpo volontario denominato Corpo Volontari della Libertà, con l'ordine di agire nella zona tra Brescia ed il Trentino. Vinti gli austriaci nella battaglia di Bezzecca e Cimego del 21 luglio, venne fermato dall'occupare Trento dall'armistizio di Cormons. Nel 1867 Garibaldi organizzò una terza spedizione su Roma partendo da Terni, ma il 26 ottobre venne fermato a Monterotondo e Mentana dagli zuavi pontifici e dai rinforzi francesi. Durante la guerra franco-prussiana del 1870-1871, seguito dai figli Menotti, Ricciotti e dal genero Stefano Canzio, guidò un esercito di volontari a sostegno dell'esercito della nuova Francia repubblicana. Dopo la resa francese, nel 1871 prese posizione in favore della Comune di Parigi e dell'Internazionale Socialista. Morì a Caprera il 2 giugno 1882.
Uomo di grande carisma, durante tutta la sua vita ha attirato su di sé l'attenzione di scrittori e giornalisti di tutta Europa. Alexandre Dumas padre lo seguì nella spedizione in Sicilia del 1860, presenziando il giorno del suo ingresso a Napoli. Victor Hugo nel 1871 si dimise dall'Assemblea Nazionale francese, dopo l'invalidazione, da parte della stessa Assemblea, dell'elezione di Garibaldi come deputato, riconoscendogli il merito di essere stato l'unico ad intervenire in aiuto della Francia. L'inglese Jessie White, intellettuale e giornalista, che seguì il Generale in quasi tutte le sue spedizioni, contribuì, con i suoi articoli, a diffonderne la fama all'estero. Lo stesso Garibaldi, durante la sua epopea risorgimentale, intraprese una attenta campagna di comunicazione fatta di immagini, parole, messaggi e proclami. L'essere stato coerente con i suoi ideali di libertà e democrazia, ha contribuito ad accrescerne la fama di Eroe dei Due Mondi, trasformandolo, durante il corso dell'Ottocento, in un mito vivente da seguire ed emulare.
2. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
Giuseppe Garibaldi. Percorso bibliografico nelle collezioni della Biblioteca.
Si suggerisce, inoltre, la ricerca nel Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare e nelle banche dati presenti sul sito e consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.