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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 31 (Nuova Serie), febbraio 2016

Speciale: Il libro e la lettura. I seminari della Biblioteca

"Il libro digitale", intervento di Peppino Ortoleva

Abstract

Il brano analizza i due temi del libro digitale e della modalità di lettura nel mondo digitale. La lettura digitale è frammentaria, non più basata su un modello sequenziale, ed è orizzontale, nel senso che la tecnologia predispone i collegamenti per andare al di là del testo. Così, il libro digitale è sempre meno prodotto digitale a sé e sempre meno solo testo, per diventare sempre più esperienza, personalizzata e socializzata, e risorsa.

OrtolevaL'approfondimento "Speciale" del 2016 è dedicato ai seminari che, iniziati lo scorso anno, vanno svolgendosi in Biblioteca, per impulso del Sen. Zavoli, Presidente della Commissione per la Biblioteca e l'Archivio Storico, sul tema del libro e della lettura, colti da varie prospettive. Il primo ciclo ha affrontato nei suoi tre incontri il tema del rapporto fra libro e mercato editoriale, poi quello del rapporto fra libro, giornali e televisione e quindi il libro digitale. Seguirà un ciclo dedicato al tema del rapporto tra giovani, scuola e lettura, e un ciclo sul tema delle conseguenze determinate sulla lingua dalla crisi del libro e della lettura.

Anticipato dall'articolo comparso sul numero di dicembre nella rubrica "Biblioteca 2.0", lo Speciale esordisce con l'intervento di Peppino Ortoleva dello scorso 22 gennaio, introduttivo al seminario dedicato al libro digitale, ultimo, appunto, del primo ciclo, e del quale diamo intero resoconto in altro articolo di questo numero di MinervaWeb.

Studioso di storia e teoria dei mezzi di comunicazione, Ortoleva è anche curatore di mostre, musei e programmi radiofonici. Professore ordinario all'Università degli studi di Torino, tra le sue numerose pubblicazioni si ricorda in particolare Il secolo dei media, Il Saggiatore, Milano 2009 (opera vincitrice del Premio Castiglioncello per la comunicazione 2009).

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«Grazie dell'invito e grazie anche di questo compito di introdurre che cercherò di svolgere soffermandomi sostanzialmente su due temi. Da un lato il libro digitale, ma anche come si legge nel mondo digitale perché il libro digitale, come cercherò di illustrare, non è una entità separata dal mondo digitale, bensì ne è parte, ed è questo uno dei punti fondamentali che bisogna comprendere. Dall'altro, come cambiano le industrie culturali nell'epoca digitale e che cosa questo comporta, non tanto per il business, quanto per la lettura dei libri.

Cominciamo con un punto: quasi cinquanta anni fa un grande intellettuale francese, che era Michel de Certeau, pubblicò un libro in due volumi, L'invention du quotidien. Nel primo volume de Certeau parlava dell'attività della lettura dei libri e diceva che la lettura dei libri non funziona come si pensa. Spesso si pensa che noi leggiamo i libri dall'inizio alla fine, ossia che leggiamo un libro, poi lo finiamo e ne leggiamo un altro, e così via. Mentre in realtà quello che veramente facciamo - se pensiamo a come realmente ci rapportiamo con l'oggetto libro - è molto più libero: de Certeau addirittura parla di un'attività di bracconage, da bracconieri. Noi spesso quando abbiamo un libro in mano ne leggiamo qualche riga, poi magari ci distraiamo, poi magari ne leggiamo qualche altra, e così via. È un'attività movimentata.

Secondo me de Certeau quando diceva queste cose aveva torto e ragione al tempo stesso: aveva ragione perché concretamente noi facciamo così, molto spesso abbiamo tre libri aperti sulla nostra scrivania, ne leggiucchiamo uno poi un altro ecc. Però, per esempio, pensiamo a quando leggiamo un libro dove c'è una lunga descrizione noiosa che decidiamo di saltare. Che cosa succede? Proviamo un senso di colpa. Pensate a quando abbiamo un giallo un po' lungo e noioso e saltiamo all'ultima pagina per sapere chi è l'assassino: senso di colpa raddoppiato. Perché? Perché, in realtà, aveva ragione de Certeau a dire che noi leggiamo i libri in modo più libero di quanto si pensi, però è anche vero che noi interiorizziamo - e la scuola e l'università sono lì per questo - un modello di lettura che è invece un modello sequenziale, lineare e piuttosto rigido.

Cioè la lettura è un gioco con delle regole. Noi queste regole non sempre le rispettiamo, possiamo anche violarle, ma sappiamo che un po' bariamo quando non rispettiamo queste regole. La lettura dei libri è legata a un modello, il modello del testo, che non è un modello assoluto, anzi raramente lo rispettiamo in modo letterale, però è un modello ideale che noi abbiamo interiorizzato.

Che cosa succede nell'universo digitale? Nell'universo digitale quello che dice de Certeau è molto più vero: è del tutto normale che la lettura sia frammentaria. Noi cerchiamo in un libro dei frammenti di senso e di comunicazione (adesso parlo meno dei romanzi anche se sta succedendo sempre più anche con i romanzi); ma, per esempio, con i libri di contenuto scientifico molto spesso andiamo a cercare in quei libri determinate informazioni. Anche perché siamo molto facilitati in questo. Se arriviamo a un libro da Google Books, che è uno dei software che chi legge libri conosce bene, può essere che ci siamo arrivati scrivendo due parole chiave su Google - un esempio che mi è caro perché io amo molto il jazz : "Thelonious Monk" e "improvvisazione". Il risultato è una serie di pagine di libri che parlano del pianista Monk e delle sue tecniche di improvvisazione, ossia che contengono il nome del pianista e la parola "improvvisazione". Io non mi sento in colpa ad arrivare alla pagina perché è una delle procedure che la rete mi invita a fare. Non solo: l'abitudine a leggere per frammenti è stata interiorizzata anche dalle case editrici, a partire dal fatto che, ad esempio, Amazon mette a disposizione sempre di più i dati sulle pagine dei libri che le persone leggono con più attenzione, su cui passano più tempo, ovvero le pagine sulla quale invece si soffermano poco e poi magari vanno da un'altra parte perché si stanno annoiando. Non sono cose nuovissime, se ci pensiamo bene: i grandi scrittori di romanzi d'appendice o di romanzi a puntate dell'800 sapevano benissimo che si leggeva per frammenti ed erano molto attenti a mettere, alla fine della puntata, un momento di suspense - quello che in America chiamano un cliffhanger - perché la gente venisse indotta a leggere la puntata successiva.

La lettura per frammenti non è dunque una cosa completamente nuova, però con il libro digitale sta diventando un fatto statisticamente molto strutturato e concettualmente sempre più tipico del nostro modo di pensare. Non solo: noi magari da un frammento di libro traiamo una frase che mettiamo su Facebook, oppure che ci induce ad andare a cercare su Wikipedia un certo nome per vedere chi era questa persona che viene citata nel libro. Prima andavamo a vedere la nota a piè di pagina eventualmente e se non c'era cercavamo nell'Enciclopedia, adesso tasto basta un click e andiamo su Wikipedia.

Quindi, la lettura digitale ha meno rigidamente interiorizzata la regola sequenziale e integrale del testo che invece noi con la lettura analogica avevamo interiorizzato: ripeto, poi non la rispettavamo, ma quel piccolo grande senso di colpa era un segno del fatto che quelle regole noi le avevamo dentro. Con la lettura digitale l'accesso al libro non è necessariamente a partire dalla pagina 1, ma può essere a partire da altro, perché lo stesso apparecchio attraverso il quale noi leggiamo il libro digitale - che sia il tablet, che sia il Kindle o anche il computer (l'idea che il libro digitale passi necessariamente attraverso un suo apparecchio specifico non è vera, nonostante la fortuna del Kindle) favorisce la frammentarietà.

Però se da un lato la lettura è più frammentaria, dall'altra parte è anche più orizzontale, nel senso che noi dal libro ci muoviamo magari verso altri libri: Amazon per esempio, quando ordiniamo un libro, ci suggerisce subito altri libri che trattano dello stesso argomento e quindi si muove in un'ottica non più di singolo libro, ma di potenziale biblioteca da acquistare. È una trovata di marketing, ma una trovata di marketing molto efficace.

Un'altra situazione banalissima è appunto passare dalla pagina del libro a Wikipedia, e quindi allargare l'informazione - in senso orizzontale dunque - e poi procedere verso YouTube, dove magari è disponibile una conferenza dell'autore del libro che a noi interessa ascoltare.

Attenzione: sto dicendo due cose che secondo me sono abbastanza significative. Il primo è che stiamo passando a quella che chiamerei, con una metafora facile, una lettura a geometria variabile: c'è il libro, ci sono i frammenti del libro, c'è l'universo di significati a cui il libro ci conduce, che poi in parte è sempre stato così. La differenza qual è? È che adesso questa lettura a geometria variabile si è fatta tecnologia. Quando noi leggiamo con Google Books non è semplicemente la mente che fa dei collegamenti, abbiamo un apparato tecnico che ci consente di andare da una pagina a un'altra.

Tutto questo porta a un altro punto. Vi faccio un esempio molto banale che riguarda la mia personale esperienza. Nei nostri corsi universitari di norma facciamo un'operazione molto semplice: facciamo leggere dei libri e chiediamo poi alle persone che li hanno letto di raccontarceli, sempre in parole, sapendo che loro stanno raccontando un libro ad una persona che sicuramente lo conosce meglio di loro. Un'attività sicuramente utile dal punto di vista del controllo, ma intellettualmente abbastanza frustrante perché sostanzialmente io so che parlerò a qualcuno che ne sa più di me. Sono temi sui quali Maria Montessori e John Dewey avevano già avuto da dire ai loro tempi, però tutto sommato noi abbiamo continuato per tutto il XX secolo e anche per l'inizio del XXI a fare queste operazioni al liceo come all'università: leggi un libro e lo racconti a qualcuno che lo conosce meglio di te, in parole. Io ho fatto un semplicissimo esperimento: ho chiesto ai miei allievi di primo anno dell'università, organizzati da me in gruppi, totalmente random, di leggere dei libri difficili - parliamo di libri di Benjamin, Winnicott, ecc. - e spiegarli ai loro compagni con il linguaggio di loro scelta. Ho avuto dei risultati sorprendenti perché la gran parte di loro ha fatto dei video per raccontare questi libri. I concetti fondamentali dei libri erano presenti, ed evidentemente li avevano capiti perché il gruppo aiutava a capirli, ma il video li aiutava a esprimersi, perché l'audiovisivo è il linguaggio ancora dominante nel nostro tempo, nonostante tutto. Nel cento per cento dei casi questi libri venivano spiegati in maniera fondamentalmente adeguata, perché la possibilità di fare un lavoro orizzontale sul libro, leggerlo, spiegarlo però trasformandone il linguaggio, e magari collegandolo con altri concetti funziona più efficacemente che non dovere rispiegare lo stesso libro alla persona che lo conosce meglio. Il punto di fondo è l'opera di traduzione: il libro a geometria variabile è molto spesso un libro tradotto da un linguaggio a un altro, dal linguaggio del testo al linguaggio dell'enciclopedia - e siamo ancora nella scrittura - ma anche dal linguaggio del testo al linguaggio del parlato, del video e così via, e ritorno (perché in molti casi si parte da YouTube e si arriva alla parola scritta). Spero di essere stato chiaro: è un esempio che secondo me è molto caratteristico del mondo nel quale stiamo entrando o forse siamo entrati e non ce ne siamo accorti assolutamente.

Adesso vorrei farvi vedere come tutto questo si collega con le affermazioni di Joseph McLaughlin.

mappaNel 1980 McLaughlin fece questa mappa [vedi grafico] che io vi sottopongo velocemente nella sua forma originaria e poi vediamo come è cambiata. McLaughlin fece semplicemente un grafico, un sistema di assi cartesiani: da un lato abbiamo l'asse verticale che va dal servizio al prodotto; dall'altro l'asse orizzontale che va dal supporto al contenuto. Noi possiamo collocare in questa mappa le diverse industrie che forniscono comunicazione. Alcune industrie forniscono puri supporti, cioè cose che servono a comunicare, non contenuti di comunicazione, ad esempio il televisore, il lettore di DVD, la telecamera. Lo chiameremo settore dell'hardware (I quadrante), anche se ci sono dentro delle cose che non sono hardware come ad esempio, la carta, i dvd vergini ecc., però diciamo che è il settore degli oggetti che servono a comunicare. Ci sono anche dei servizi che servono a comunicare senza occuparsi del contenuto, per esempio le reti telefoniche, così come la posta, ecc. (II quadrante). Servizi invece che erogano contenuti sono per esempio la televisione o la radio (III quadrante). Noi non paghiamo il singolo contenuto, ma dei servizi che ci danno dei contenuti. A volte paghiamo il singolo contenuto, con la Pay TV per esempio o con la Pay per View, però fondamentalmente paghiamo un servizio. Nel IV quadrante, quello dei prodotti che veicolano dei contenuti abbiamo il libro tipicamente, l'industria cinematografica, cioè le industrie che producono dei contenuti che prendono forma fisica; nel caso del libro la cosa è evidente come nel caso del CD ecc., mentre nel caso del film un po' meno perché noi in realtà quello che paghiamo non è il singolo film, paghiamo il dvd, oppure l'affitto di una sedia in una sala che proietta quel film. Però sostanzialmente questo è il settore tradizionale del libro, il settore editoriale. Quindi praticamente il libro per moltissimi anni è stato in questo settore e c'è stato abbastanza comodamente perché attraverso quella particolare norma che si chiama copyright per molti decenni l'editore, ancor più dell'autore, godeva di una forma di monopolio di stato sul prodotto.

Che cosa sta succedendo adesso? Adesso la rete sta al centro e integra tutte queste industrie e allora noi abbiamo una serie di industrie culturali che puntano verso il centro, verso il controllo complessivo della rete. Vediamo un attimo cosa succede e vediamo come questo si ripercuote sul libro. Partiamo dal libro. Amazon sta chiaramente nel IV quadrante: di tutti i giganti della rete Amazon è quello che più si occupa di prodotti fisici, che possono essere - anzi all'inizio erano - libri, adesso sono molte altre cose, ma fondamentalmente Amazon nasce in questo settore come un mega-distributore di libri. Però tipicamente ad un certo punto Amazon ha sentito il bisogno di fare qualcosa che toccasse il I quadrante, quello dei supporti, perchè Kindle è un hardware, un prodotto fisico come può essere un computer, come può essere un tablet ecc. Quindi Amazon si è spostata dal fare circolare libri fisici al produrre oggetti utili alla lettura elettronica. Naturalmente questo perché pensava e pensa tutt'ora che se uno ha Kindle passerà da Amazon per comprare i suoi libri quindi si va verso il centro della rete, ancora un volta. Il gigante del settore in basso a sinistra è Apple, perché è quello che innova nel campo dell'hardware. Un tempo anche questo settore era molto diviso: c'erano quelli che facevano macchine fotografiche, quelli che facevano computer, quelli che facevano telecamere, quelli che facevano mangiadischi o walkman, ecc.; poi ad un certo punto Apple ha cominciato ad invadere il campo degli altri: a fare telefoni, Ipad, quindi strumenti di ascolto, e così via. Come vedete, già in questo campo c'è un rimescolamento grandissimo, legato al fatto che la rete integra tutte queste cose ed è molto più difficile dire io faccio il mio business stando fermo a fare walkman o giochi. Tutti cercano di fare molto di più. Il gigante del III quadrante, quello dei servizi che veicolano contenuti, è Google. E infatti fa i soldi esattamente come la televisione, con la pubblicità. Il modello di business, come si dice in gergo, di Google è quello della televisione. Cioè tu prendi dei contenuti da me che te li erogo come servizio e però al tempo stesso io ti vendo alle agenzie pubblicitarie perché facciano business sulla tua attenzione ai miei contenuti. E infatti Google non a caso si è impossessato della videoteca del mondo che si chiama YouTube. Le reti telefoniche, che sono nel II quadrante, sono ancora importantissime perché la connessione alla rete passa da Telecom, o da Vodafone o da Verizon negli Stati Uniti; però ci sono alcune aziende che stanno lavorando soprattutto in questo campo: una è Skype per esempio, un'azienda nata in Estonia da due giovani "smanettoni", come si suol dire, e che fornisce un servizio alternativo alla rete telefonica. E non è affatto un caso che Skype sia stata acquistata da Microsoft, cioè una delle aziende che puntano al controllo complessivo della rete. Ma io metterei in questo settore, sebbene faccia un business molto a metà strada, anche Facebook. Perché che cosa fa Facebook? Ci mette in connessione con altre persone. È una specie di elenco telefonico, con un plus: il plus sono le cose che noi scriviamo su Facebook, sono le informazioni che diamo ai nostri amici. Lo schema dunque resta lo stesso, però stanno cambiando molte cose perché tutti si muovono in direzione l'uno dell'altro. Infatti Facebook sta facendo il suo Skype, ma anche Google sta facendo il suo Skype; Google ha fatto i Google glasses, invadendo il mercato dell'hardware per avere un suo device in concorrenza con quello di Apple, e così via.

Dove sta il libro in tutto questo? Il libro continua a stare nel IV quadrante, sia il libro cartaceo sia il libro elettronico. Però il libro sta sempre di più anche altrove, perché Google Books, che citavo prima, sta cercando di occupare il mercato del libro partendo dal punto di forza del motore di ricerca, ossia quello di portarci dritti all'informazione che ci interessa. Google Books agisce sul mercato del libro a partire dalla frammentazione del libro digitale e dalle parole chiave che sono il suo punto di forza. Naturalmente Apple entra in tutto questo perché ha il suo device, l'Ipad, che ha delle app che sono tipicamente legate alla lettura e che ci consentono di costruire la nostra biblioteca personalizzata. Facebook invece che fa? Fa le recensioni personalizzate: cioè io ho letto un libro interessante, lo segnalo ai miei amici scrivendo "vai a leggerlo per questi e questi motivi", magari con le frasi che possono interessarli, così come posso fare anche per un albergo, un film ecc. La segnalazione diventa un consiglio personalizzato. Alla fine, tutto questo quadro ci fa capire una cosa fondamentale: il libro è sempre di meno un oggetto a sé, sempre di più un oggetto a geometria variabile, ma anche personalizzato e socializzato. Questo significa che noi lo trattiamo sempre di meno come testo e sempre di più come esperienza e come risorsa: come esperienza, cosa in cui rientra il piacere della lettura, compresa la lettura dei romanzi, e come risorsa, cosa che riguarda l'uso del testo per fare altro successivamente. In questa nuova industria del libro vincerà - se qualcuno vincerà - chi struttura meglio il libro dal punto di vista dell'esperienza e dal punto di vista della risorsa, e non più soltanto dal punto di vista del testo. Vi ringrazio».

[N.d.R.: Trascrizione dell'intervento introduttivo tenuto dal professor Ortoleva in occasione del seminario "Il libro digitale", tenutosi in Sala Atti Parlamentari il 22 gennaio 2016, non ancora sottoposto alla revisione dell'autore. L'intervento sarà pubblicato nella sua versione definitiva negli atti del convegno, attualmente in preparazione].

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