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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 23 (Nuova Serie), ottobre 2014

Eventi

The reuse of digital cultural content in education. Roma, 2 ottobre 2014

logo1. Lo scopo della International Conference

2. Prospettive per la cultura contemporanea

3. Le esperienze internazionali

4. Rilievi e conclusioni

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1.Lo scopo della International Conference

"It's not about having, it's about sharing": il punto non è possedere, è condividere. Le parole scelte da Wim Pijbes (direttore del Rijksmuseum, Amsterdam), a conclusione del suo intervento, ben sintetizzano il senso profondo dell'intera International Conference The reuse of digital cultural content in education, tourism and leisure: an opportunity for cultural institutions and creative industries, an investment for the future, ospitata dalla Biblioteca nazionale centrale di Roma il 2 ottobre 2014 nell'ambito delle iniziative ufficiali del semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea - a ribadire la centralità strategica della cultura - in cooperazione con il progetto Athena Plus - Access to cultural heritage networks for Europeana, la Fondazione Europeana - European Digital Library, Museum, Archive, la Commissione Europea e l'ICCU - Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e le informazioni bibliografiche.

Il congresso internazionale ha inteso convogliare le idee e le esperienze di istituzioni culturali in Europa e nel mondo per formulare e condividere strategie di sviluppo della digitalizzazione del patrimonio culturale dei vari paesi, come opportunità e volano per la crescita dei settori dell'istruzione e del turismo.

Tra le prolusioni, il discorso di Giuseppe Abbamonte (Commissione europea, DG Connect) ha sottolineato l'importanza delle prospettive di condivisione anche e soprattutto per le piccole istituzioni, che grazie alla digitalizzazione del proprio patrimonio, inserito in reti e biblioteche digitali come quella di Europeana, possono garantirsi ricercabilità e dunque maggiore visibilità. Da questo punto di vista, si sottolinea, l'Italia ha ancora molto da fare: pur essendo il primo paese in assoluto per quantità di siti riconosciuti dall'Unesco "patrimonio dell'umanità", e al quinto posto nelle classifiche delle destinazioni turistiche mondiali, ha digitalizzato ancora solo circa il 10% del proprio patrimonio culturale. Tra i progetti che valorizzano la memoria storica, si segnala comunque il contributo italiano alla piattaforma Europeana 1914-18, dedicata alle testimonianze sulla Prima Guerra mondiale, del cui inizio ricorre quest'anno il centenario.

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2. Prospettive per la cultura contemporanea

Dopo altri saluti di rito, lo stimolante "Keynote Speech" di Pierluigi Sacco (IULM - Libera Università di Lingue e Comunicazione), dal titolo Culture 3.0: Digital content ecologies and smart specialization strategies for Europe, ha proposto di ragionare sull'organizzazione della cultura come attività produttiva individuandone tre paradigmi, succedutisi nel tempo e in qualche misura nello spazio: da un'idea di "cultura 1.0" retaggio del "vecchio mondo" europeo, priva di implicazioni economiche ed estranea a sistemi di patronage, all'interazione tra cultura e mercato rapportabile a modelli di copyright e con epicentro negli Stati Uniti ("cultura 2.0"), alla produzione di contenuti culturali digitali e interconnessi ("cultura 3.0"), favorita da software sempre più alla portata di tutti quanto a intuitività, diffusione, costi, in un mondo ormai davvero globale che coinvolge i nuovi attori del "Far East". Sintetizzando: dalla cultura nel senso originario di "coltivazione" dell'intelletto, alla cultura come intrattenimento, alla cultura come co-creazione.

Una simile tripartizione va evidentemente contestualizzata nella contemporaneità, a partire dalla rivoluzione industriale: sembrano sfuggire infatti alla griglia, così come proposta, i meccanismi di mecenatismo e committenze, o le dinamiche di potere e certificazione di uno status sociale, che hanno caratterizzato la produzione culturale artistica e libraria dell'età moderna.

Tuttavia, lo schema ben si presta a veicolare almeno due prospettive nodali.

La prima, di taglio storiografico, ricorda che nuove industrie culturali e creative possono nascere solo dopo che certe tecnologie si sono consolidate: la rivoluzione industriale culturale è avvenuta quasi un secolo dopo la rivoluzione industriale tout-court, e non possiamo dirla ancora del tutto assorbita, pur essendo ormai alle soglie già del cambiamento successivo.

La seconda prospettiva induce a riflettere sui caratteri della "cultura 3.0" (crescente indistinzione tra produttori e utenti dei contenuti; non linearità dei sistemi di feedback, parcellizzati attraverso i social network; producibilità massiva e partecipata della cultura, vista come precondizione dello sviluppo umano) e sui fattori che ne garantiranno il successo, o viceversa determineranno l'esclusione di gruppi sociali e intere nazioni da un ruolo attivo nel nuovo scenario. In particolare, si sottolinea, sarà sempre più importante far parte di alleanze globali per lo sviluppo d'impresa e la circolazione di talenti; mantenere forme di integrazione tra settori culturali e creativi e altri settori economici; investire nella partecipazione creativa; portare nuove piattaforme digitali nella vita quotidiana delle persone, bilanciando le fonti culturali guidate dal mercato con quelle che non lo sono. Per sviluppare tutto ciò, sostiene Sacco, sarà importante trasformare la cultura in fattore d'innovazione sociale: è la direzione in cui vanno, ad esempio, le proposte di alcune città italiane attualmente candidate ad essere Capitale Europea della Cultura nel 2019.

Da questa complessità sembra emergere una nuova concezione di cultura come "ecologia di significato" o "media ecology", con effetti collaterali sulla partecipazione e l'inclusione sociale, ma anche sul benessere psicologico e fisico dei cittadini. Se è vero che alcuni studi mettono in rapporto di proporzionalità inversa l'ospedalizzazione e la possibilità delle persone di accedere a contenuti e attività culturali, o dimostrano che ad alti livelli di partecipazione culturale corrispondono tendenze a comportamenti socialmente qualificanti (ad esempio la tendenza al riciclo, all'uso di prodotti meno inquinanti, al ricorso alla mobilità "verde"), ebbene l'impatto macroeconomico indiretto della cultura si rivela addirittura maggiore di quello diretto; la cultura è allora un vero e potente "social software" sempre più necessario nella complessità della società contemporanea.

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3. Le esperienze internazionali

La mattinata è proseguita con la prima sessione del congresso, dedicata a Riuso e scoperta.

In questa sede il già citato Wim Pijbes ha presentato l'esperienza del Rijksmuseum soprattutto in termini di coinvolgimento dei visitatori, sia sul sito (attraverso montaggi innovativi e divertenti di immagini tratte dalle collezioni museali), sia in sede (trasformando i particolari di opere d'arte in oggettistica o addirittura carta da parati personalizzabile). Al di là di esperienze di questo tipo, almeno in parte ascrivibili a finalità di marketing, si è evidenziata la funzionalità delle riproduzioni digitali a consentire di guardare l'arte con occhi nuovi, oltre che a creare le proprie personali collezioni digitali, con effetti di un certo rilievo anche sul fronte degli studi: si pensi alla possibilità di confrontare migliaia di immagini, digitalizzate in alta risoluzione, sulla base di un singolo dettaglio, richiamato in virtù di meccanismi d'indicizzazione sofisticati (è possibile ad esempio, interrogando un database, visualizzare tutti e solo i particolari dei baffi dei ritratti maschili di un determinato secolo contenuti nelle collezioni del museo).

È stata poi la volta di Rossella Caffo, direttrice dell'ICCU, che ha presentato le reti di livello nazionale gestite dal suo Istituto (tra cui la banca dati Musei D-Italia, che raccoglie circa 95.000 oggetti digitali da 350 musei) traendo alcune conclusioni dall'esperienza condotta con il progetto Europeana per la digitalizzazione e la condivisione dei contenuti culturali europei. Uno dei meriti di Europeana sta nell'aver portato a livello di dibattito politico il tema della digitalizzazione del patrimonio culturale; un altro sta nell'aver creato meccanismi di networking, portando diverse comunità e diverse istituzioni in Europa a condividere standard. E se i finanziamenti europei che finora hanno consentito questo grande lavoro dovessero venir meno, la Michael Culture Association, associazione internazionale senza scopo di lucro sotto il diritto belga, è nata nel 2007 proprio per mantenere vive le comunità create e portare avanti la collaborazione con Europeana. La Caffo ha infine richiamato, come in un triplice slogan, le principali sfide che si presentano per il futuro dei programmi di cooperazione internazionale: training (fare attività con le singole istituzioni), market (analizzare le esigenze del mercato e inserirvisi innovando), effectiveness (migliorare ciò che esiste e renderlo più efficiente).

Dopo gli interventi di Günter Waibel e Jill Cousins, rispettivamente sui lavori in corso della Smithsonian Institution per l'utilizzo museale delle tecnologie digitali (con speciale riferimento alla stampa tridimensionale) e sull'attività di Europeana, la seconda sessione (Buone pratiche nella digitalizzazione per la didattica e il turismo) si è concentrata prevalentemente su casi di studio nel mondo archeologico e museale, presentando i progetti per la valorizzazione del sito di Tarquinia, che quest'anno festeggia il decennale dall'iscrizione nella lista del Patrimonio dell'Umanità Unesco (relatrici Alfonsina Russo e Rita Cosentino), e delle domus romane riscoperte e riaperte al pubblico alle fondamenta di Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma (Roberto Del Signore, Paola Baldassarri). Il punto qualificante di simili iniziative sta nell'unione di contenuti e nuove tecnologie per realizzare strumenti e percorsi didattici coinvolgenti, in un'ottica di divulgazione "alta" che avvicini anche i non esperti alla storia e alla contestualizzazione del singolo sito archeologico, in modalità premiate peraltro da un ottimo riscontro di pubblico. Analogamente il MUSE FabLab, " laboratorio di fabbricazione digitale" del Museo delle Scienze di Trento, illustrato dal direttore Michele Lanzinger, ha mostrato le potenzialità del coinvolgimento dei visitatori, anche in questo caso grazie al supporto della stampa 3D. La didattica è centrale anche nel progetto Historiana di EUROCLIO, l'Associazione europea degli educatori storici (rappresentata al convegno dal Programme Manager, Steven Sieger), che ha realizzato a partire dal 2009, con successive implementazioni, uno strumento multimediale online per offrire agli studenti fonti storiche con cui integrare i libri di testo, in una prospettiva multipla, comparativa e interdisciplinare. Tra i progetti in corso, un topic sulla prima guerra mondiale, del cui inizio ricorre quest'anno il centenario.

A seguire, una tavola rotonda dedicata a Creatività e utenti ha visto coinvolti esponenti dell'impresa privata oltre che di istituzioni pubbliche, biblioteche, musei, con l'apporto di settori creativi che hanno un ruolo importante in questa nuova ottica di ripensamento delle modalità di fruizione della cultura.

A margine del convegno, e con allestimento in bella evidenza nell'atrio della Biblioteca,un'interessante poster session ha illustrato progetti e casi di studio su temi quali digitalizzazione, accessibilità, usabilità, cooperazione degli istituti culturali, interoperabilità, Linked e Open Data (argomento per cui rinviamo agli articoli e al glossario pubblicati in MinervaWeb, n.s., n. 20, aprile 2014), analisi delle esigenze degli utenti alla luce delle nuove frontiere della comunicazione in rete, tra social network e transmedialità.

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4. Rilievi e conclusioni

La fitta galleria di progetti e iniziative, proprio in ragione della sua ricchezza, ha sollecitato numerosi interventi da parte di un uditorio composito, internazionale e partecipe, e si presta a stimolare la riflessione su alcuni punti: ad esempio, il rapporto tra istituzioni di conservazione e oggetti custoditi, o il messaggio ultimo che si vuole trasmettere ai fruitori dei contenuti culturali. Si tratta, in entrambi i casi, di questioni di contestualizzazione dei contenuti (digitali e non) di volta in volta proposti.

Sul primo fronte si osserva, nei progetti internazionali di digitalizzazione, metadatazione e indicizzazione di "beni" culturali, una tendenza al prevalere di un'ottica "item based", che assegnando una pur giusta visibilità al singolo "pezzo" - che si tratti di un dipinto, una moneta antica, un codice manoscritto - rischia di ridurre l'attenzione su elementi di contesto quali la collezione di cui fa parte e le motivazioni per cui vi è confluito. Si trascurerebbe così uno dei cardini della conservazione dei beni culturali, quello cioè che vede nella "vita" delle opere da tutelare (cioè nelle loro provenienze, nelle vicende che li hanno condotti in un determinato museo o in una certa biblioteca, nelle complesse relazioni in cui entrano con altri documenti e oggetti) parte integrante della loro storia e del valore che hanno acquisito nel tempo. E d'altra parte, relazioni e connessioni sono alla base delle stesse reti telematiche su cui i citati progetti hanno vita.

Sul fronte invece delle finalità del messaggio culturale da veicolare, e alla luce dei nuovi paradigmi che sono stati oggetto di riflessione, emerge una sollecitazione a interrogarsi sui meccanismi della divulgazione e sul delicato discrimine tra cognizione e conoscenza.

Nel promuovere la cognizione di un "oggetto" culturale, attraverso il suo "riuso" in forme e contesti nuovi, è cruciale non limitarsi a considerare ogni singola risorsa come un manufatto, né a diffondere la sola nozione della sua esistenza, ma occorre anche fare in modo che se ne trasmetta l'originale messaggio, arricchito dal contesto storico in cui la singola testimonianza del passato necessariamente s'inserisce. A tal fine appare di particolare importanza l'attenzione, attestata con varie esperienze presentate al convegno, che le istituzioni devono rivolgere ad attività didattiche e di mediazione culturale con l'utente finale, per aiutarlo a fruire consapevolmente degli "oggetti" culturali, trasformandone appunto la semplice cognizione in conoscenza.

Il delicato lavoro degli operatori culturali nell'imminente futuro dovrà rafforzare dunque l'impegno di sempre per arricchire di senso i prodotti delle nuove e sempre più accessibili tecnologie, orientandole in modo sempre più funzionale a proporre, insieme agli strumenti per "riutilizzare" le risorse culturali, anche l'attrezzatura intellettuale per esplorarle, in modalità tradizionali (percorsi tematici, edizioni di fonti) o innovative (prodotti multimediali divulgativi, applicazioni per piattaforme in rete).

Se insomma l'intento finale, come espresso nel contributo di Jill Cousins, è "trasformare il mondo con la cultura", tenendo presente che ciò che rimarrà sarà solo quanto noi stessi avremo consegnato alla memoria ("what you deliver will determine what you got"), ben vengano allora le condivisibili affermazioni di Rossella Caffo: "La sfida è quella di riempire di contenuti un mondo sempre più orientato alla comunicazione".

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