A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Arte a Minerva
Il Convento dei domenicani nell'Insula Sapientiae
Nei precedenti numeri di questa rubrica oggetto delle nostre riflessioni sono stati i più importanti edifici e monumenti del vasto complesso domenicano di Santa Maria sopra Minerva (l'Elefantino berniniano, il Palazzo della Minerva - attuale sede della nostra Biblioteca - e la Basilica di Santa Maria sopra Minerva). Non potevamo esimerci, dunque, dal trattare anche le fabbriche conventuali, benché le fonti documentarie non siano molte e un gran numero delle originarie strutture edilizie siano scomparse, non permettendo così di ricostruirne in maniera chiara ed esaustiva la consistenza e l'articolazione.
1. Origini e sviluppo del complesso domenicano
2. Tra Umanesimo e Rinascimento
3. L'espansione Cinque-Seicentesca
4. Ancora un'impresa edilizia: la Biblioteca Casanatense
6. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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1. Origini e sviluppo del complesso domenicano
Va anzitutto ricordato che l'area del Campo Marzio nella quale si sarebbe sviluppato il complesso domenicano, già nell'antichità ospitò importanti edifici monumentali, tra cui il tempio dedicato a Iside e Serapide (principale santuario dei culti egizi a Roma), la grande piazza porticata a ridosso del Pantheon che serviva per le votazioni, denominata Saepta Iulia, e il tempio di Minerva Calcidica, costruito da Domiziano, il tutto a testimonianza del forte ruolo svolto dalla cultura greca e dalla cultura egizia nella Roma precristiana.
Solo nella seconda metà del XIII secolo i domenicani si insediarono in questa area, in seguito alla concessione nel 1275, da parte delle monache di S. Maria in Campo Marzio, della chiesa di Santa Maria sopra Minerva con tutte le sue pertinenze. Viste le notevoli dimensioni dell'area fabbricabile, ulteriormente ampliata nel tempo con acquisti, donazioni e lasciti, i frati, in concomitanza con l'avvio dei lavori per la costruzione della nuova chiesa gotica, cominciarono anche a realizzare e ad ampliare quei corpi di fabbrica che sarebbero divenuti il nucleo primitivo del convento minervitano, situato sul fianco sinistro dell'edificio chiesastico.
Il nucleo antico del convento era probabilmente costituito da un chiostro che aveva la funzione di aggregare alcuni edifici, inizialmente assai modesti e necessari allo svolgersi della vita quotidiana dei frati che, in obbedienza alla regola dell'Ordine, dovevano vivere in clausura.
Il convento divenne, già nei primi decenni del Trecento, tra i più importanti di Roma: ospitava infatti cinquanta frati contro i trenta del più antico di S. Sabina; sempre maggiori divennero inoltre i lasciti e le donazioni sia da parte dei membri della gerarchia ecclesiastica sia da parte della cittadinanza e sempre più spesso il priore della Minerva comparve come esecutore testamentario di famiglie abbienti.
Benché alcuni scrittori cinquecenteschi appartenenti all'Ordine attribuiscano la costruzione del chiostro al cardinale Giovanni Torquemada, in realtà è molto più probabile che, nell'ambito di un vasto rifacimento della chiesa promosso dal cardinale, sia da inserirsi anche la decorazione del chiostro con un celebre ciclo di affreschi, rappresentanti scene bibliche e riprodotte in xilografia nelle Meditationes pubblicate dallo stesso prelato nel 1467 a Roma. L'originario chiostro duecentesco con carattere cosmatesco e gli affreschi quattrocenteschi andarono persi solo nel tardo cinquecento, quando Guidetto Guidetti, tra il 1559 e il 1569 progettò e diresse i lavori per la costruzione del nuovo chiostro.
2. Tra Umanesimo e Rinascimento
Nel Quattrocento si assisté a una fase di rinnovata attività edilizia nel complesso minervitano, in linea con quel rinnovamento urbanistico che l'intera città visse all'indomani della cattività avignonese. Principali promotori di questo nuovo ciclo di lavori furono oltre alla famiglia Orsini, i cardinali Giovanni Torquemada e Oliviero Carafa. Proprio a quest'ultimo, vescovo di Ostia e potente cardinale protettore dell'Ordine Domenicano, si deve il primo ampliamento di rilievo del primitivo nucleo del convento; a lui è attribuita la costruzione del chiostro detto "della cisterna", per il quale vennero utilizzate colonne romane di spoglio e dove un ciclo di affreschi in sei lunette (restaurato a cura della Camera dei deputati) riporta episodi della vita di Santa Caterina, nell'area compresa tra il primitivo chiostro e l'attuale via del Seminario, con annessi nuovi locali per i religiosi in cui il Carafa fece apporre i propri stemmi, contemporaneamente forse alla costruzione della cappella di famiglia nella Basilica.
Il convento fu sede di due conclavi che si conclusero con la proclamazione di due papi umanisti: Eugenio IV (Gabriele Condulmer, 1431-1447) e Nicolò V (Tommaso Parentucelli di Sarzana, 1447-1455). Non è possibile stabilire con certezza dove ebbero sede i due conclavi, ma è certo che il dormitorio subì radicali modifiche in occasione del conclave del 1431 (come attestato da pagamenti della Camera Apostolica) e che, per il conclave del 1447, si costruirono 24 celle e si prepararono 10 stanze.
Il convento domenicano della Minerva divenne insomma una realtà molto significativa nella vita religiosa romana. Non a caso, trascorsero qui i loro ultimi anni di vita S. Caterina da Siena (1347-1380) e il Beato Angelico (1395-1455), entrambi sepolti nella chiesa.
3. L'espansione Cinque-Seicentesca
Nel 1545, grazie a un lascito del cardinale Paluzzo Altieri, ebbe inizio la costruzione dell'infermeria, a completamento di un complesso edilizio di ormai ragguardevole consistenza; il convento era infatti articolato nei seguenti ambienti: due chiostri, una cucina, refettori, dormitori, una biblioteca e una schola, tutto circondato da orti e da case d'affitto. Le piante di Roma delineate da Leonardo Bufalini nel 1531 e dal Du Pèrac-Lefréry nel 1577 ci danno chiaramente un'idea della generale configurazione planimetrica dell'Insula.
Nella seconda metà del XVI secolo il complesso minervitano divenne la sede delle alte gerarchie dell'Ordine ed assunse sempre più importanza nella riforma cattolica, basti pensare che nel 1563 il papa Pio IV indicò la chiesa di Santa Maria sopra Minerva come luogo da raggiungere nella solenne processione indetta per il successo del Concilio di Trento. Proprio per dotare il convento dei necessari locali di rappresentanza si assistette, dopo la metà del secolo, ad una seconda intensa fase costruttiva di cui principale artefice fu il generale Vincenzo Giustiniani; a lui si deve, oltre la demolizione del primo chiostro duecentesco e la realizzazione di un nuovo invaso di dimensioni più contenute (progettato da Guidetto Guidetti e decorato da un sontuoso ciclo pittorico, risalente al Manierismo e al primo barocco, con i Misteri del Rosario e Scene di vita di S. Tommaso D'Aquino), anche la costruzione del refettorio, dell'ospizio, della biblioteca, degli appartamenti del Maestro e del Procuratore dell'Ordine al piano nobile e, al secondo piano, di un grande dormitorio.
In questi anni, precisamente nel 1576, Giordano Bruno, fuggito da Napoli a seguito dell'accusa di eresia mossagli dal padre provinciale Domenico Vita, fu ospitato nel convento dal procuratore Sisto Fabri da Lucca, che diverrà generale dell'Ordine pochi anni dopo.
Ulteriore testimonianza del ruolo centrale rivestito dal convento nel quadro della riforma cattolica è l'istituzione nel 1577 all'interno del convento, da parte di Giovanni Solano vescovo di Cusco, del Collegio di San Tommaso d'Aquino, come luogo destinato all'istruzione dei giovani domenicani poveri provenienti dalle province d'Italia. Non va inoltre dimenticato che il 14 settembre 1628 un decreto pontificio designò il convento minervitano quale sede della congregazione del Sant' Uffizio, divenendo così uno dei luoghi ove il Tribunale dell'Inquisizione, istituito da Paolo III nel 1542, si riuniva per dare lettura delle sentenze. Va ricordato che proprio in un locale del convento della Minerva si tenne l'udienza conclusiva del processo a Galileo Galilei, che qui pronunciò, il 22 giugno 1633, l'abiura della teoria Copernicana. E' probabile che le sale scelte per queste riunioni siano quelle arricchite da un ciclo di affreschi di Francesco Allegrini, celebrativi dei meriti dell'ordine domenicano nella lotta contro l'eresia, il più importante dei quali rappresenta una vittoria delle forze cattoliche contro gli Albigesi, nella battaglia di Muret del 1213.
Un ulteriore e vasto ampliamento fu operato nella prima metà del Seicento sotto il generalato di Niccolò Ridolfi, anche ad opera del priore del convento Domenico Marini e del cardinale Antonio Barberini. Durante questa fase di lavori, eseguiti nel ventennio 1636-1657, vanno distinte almeno tre fasi costruttive: la prima relativa alla nuova ala del convento situata nella parte del giardino rivolta a mezzogiorno, la seconda riguardante la fabbrica del noviziato e l'ultima relativa alla demolizione delle case confinanti con gli edifici del convento per liberare la comunità conventuale dalle introspezioni esistenti fra questi edifici.
Nella seconda metà del Seicento, sotto il generalato di Giovanni Battista de Marinis, venne intrapresa la costruzione del nuovo ospizio per i forestieri, in un angolo del quale fu ricavato un locale per l'archivio. Durante tali lavori fu rinvenuto all'interno del giardino, nel 1665, l'obelisco che sarebbe stato utilizzato dal Bernini per il suo monumento dell'Elefantino, innalzato sulla piazza della Minerva nel 1667.
4. Ancora un'impresa edilizia: la Biblioteca Casanatense
Il 5 ottobre 1698 il cardinale Girolamo Casanate, bibliotecario di Santa Romana Chiesa, disponeva che i beni da lui posseduti fuori del Regno di Napoli, mobili ed immobili, andassero interamente al Convento della Minerva, ma a una serie di condizioni, fra cui quella di non alienare , né vendere la biblioteca di sua proprietà e di trasferirla nel convento con l'intento dichiarato di farne una biblioteca di pubblica utilità.
Così venne aperta nel 1701 la Biblioteca Casanatense, che ebbe come primo nucleo librario la ricca collezione del cardinale (oltre 25.000 volumi) e fu dotata di rendite autonome e di un ordinamento tracciato dallo stesso Casanate; nel lungo periodo dell'amministrazione domenicana (i frati ne ebbero la gestione ma mai la proprietà) fu pienamente autonoma, rimanendo sempre distinta dalla biblioteca conventuale. I prelati nominati dal cardinale come esecutori testamentari scelsero come luogo da adibire a biblioteca quel braccio del convento che si protendeva sul lato meridionale del grande giardino. I lavori iniziarono nel marzo del 1700 e l'inaugurazione ci fu nel 1701. Già nel 1717 il Convento approvò il progetto di allungare il salone di lettura fino a via di S. Ignazio e la Biblioteca venne definitivamente aperta al pubblico nel 1725. Con l'ultimazione dei lavori della Casanatense si può dire concluso il ciclo formativo del convento della Minerva.
Durante l'occupazione francese di Roma (1797-1814) il convento, insieme a quello di Sant'Agostino, fu utilizzato come caserma da due reggimenti di fanteria e l'acquartieramento delle truppe provocò un forte degrado dei luoghi. Un primo violento cambiamento di destinazione d'uso si ebbe nel giugno del 1810 quando vennero soppresse le corporazioni religiose e i Domenicani si dispersero per tornare in possesso della propria sede solo nel 1814. Nel 1825 provvidero al restauro delle pitture del chiostro contiguo alla chiesa, che era stato adibito a stalla dalle milizie francesi. Ma nel 1849 alcuni militari francesi, che con il loro esercito avevano ristabilito a Roma l'autorità pontificia, presero nuovamente alloggio nel convento.
Il definitivo esproprio da parte dello Stato italiano si ebbe nel 1871 quando la "Commissione per il trasferimento della sede di governo a Roma" indicò il convento della Minerva come sede idonea per il Ministero del Tesoro e delle Finanze e successivamente (nel 1899) della Direzione Generale delle Poste e Telegrafi. Inoltre, a seguito della Legge di soppressione delle Case religiose nel giugno 1873, fu dichiarato soppresso il convento della Minerva e vennero espropriati tutti i beni mobili ed immobili del Convento e della Casanatense. Ai religiosi fu lasciato l'ospizio generalizio,ma solo fino al 1884, anno in cui i Religiosi vennero allontanati dalla Biblioteca e lo Stato italiano confiscò anche i beni del Collegio.
La nuova utilizzazione produsse danni talora irreversibili alle strutture e la perdita della stessa memoria storica dell'unitarietà del complesso. Solo alla fine del Novecento l'acquisizione dei locali da parte della Camera dei deputati ha consentito l'avvio di un'opera di recupero dell'integrità dell'Insula.
Il nucleo conventuale che sussiste ancora oggi fu ricostituito solo nel 1929 allorquando i Frati, nel clima di riconciliazione tra Stato e Chiesa del Concordato, riottennero in uso alcuni locali situati attorno al primo chiostro necessari per una comunità di cinquanta membri circa. Al 1974 risale invece l'assegnazione dei locali del convento alla Camera dei Deputati; e negli uffici prospicienti il chiostro della Cisterna, restaurato per l'occasione, è stata sistemata nel 1989 la Biblioteca della Camera che ha così restituito a questi luoghi la loro antica vocazione culturale.
Altri locali del complesso minervitano sono stati utilizzati dalla Camera dei Deputati, che ha assegnato alle Commissioni Bicamerali la parte frontale su Via del Seminario e all'Archivio Storico il lato sinistro dell'edificio; nel 2003 poi, il trasferimento della Biblioteca del Senato nel palazzetto domenicano di Piazza della Minerva e la creazione, nel 2007, del Polo bibliotecario parlamentare, ha posto le premesse per uno stretto collegamento tra le diverse realtà che occupano l'Insula.
6. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
Il Convento dei domenicani nell'Insula Sapientiae. Percorso bibliografico nelle collezioni della Biblioteca.
Si suggerisce inoltre la ricerca nel Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare e nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.