Linee direttrici per una Riforma del Regolamento del Senato della Repubblica
10 Ottobre 2002
1. È sempre più diffusa la convinzione che si debbano adeguare le regole istituzionali al sistema maggioritario e bipolare che si è ormai affermato nella coscienza della grande maggioranza dei nostri concittadini, portando finalmente a compimento la lunga transizione italiana. Si tratta di un'esigenza non più rinviabile, poiché ne va del buon funzionamento della nostra democrazia.
In attesa di riforme costituzionali, è sul Parlamento e sui suoi Regolamenti che si deve in primo luogo fissare l'attenzione. Oggi il Parlamento non è più solo la sede istituzionale in cui operano i singoli parlamentari e i Gruppi, ma è anche divenuto il luogo in cui si confrontano le due principali e contrapposte coalizioni politiche espresse dal corpo elettorale, la maggioranza con il suo Governo e l'opposizione. Questa circostanza ha modificato i ruoli. Se prima, col sistema proporzionale, la responsabilità politica del Governo operava prevalentemente nei confronti dei partiti, oggi, col sistema maggioritario a investitura virtualmente diretta, o di "democrazia immediata", tende ad indirizzarsi sempre di più nei confronti del corpo elettorale.
Ne consegue che in particolare i Regolamenti - e mi riferisco ovviamente in primo luogo a quello del Senato - devono essere dotati di regole adeguate a due esigenze primarie: quella del Governo che, tramite la sua maggioranza, rivendica il ruolo di fissare l'indirizzo politico e parlamentare secondo la propria agenda, e quella dell'Opposizione che rivendica il ruolo di controllare l'attività del Governo e di illustrare e discutere le proprie proposte alternative. Con il Regolamento attuale queste due esigenze sono malamente soddisfatte. La conseguenza, oltre ad un inasprimento del clima politico, è che, per garantire la sua azione, il Governo non riesce a svincolarsi da un ricorso eccessivo alle deleghe e alla decretazione di urgenza, e l'Opposizione, per garantirsi i suoi spazi e visibilità, è indotta ad un uso sempre più frequente di forme di ostruzione. Occorre correggere questi difetti, assicurare la maggioranza, che è governo attuale, e tutelare l'opposizione, che è governo potenziale.
Uno sguardo alle altre democrazie europee suggerisce due obiettivi primari: la definizione di uno "Statuto del Governo in Parlamento" e di uno "Statuto dell'Opposizione". Il primo deve attribuire al Governo la responsabilità e gli strumenti per attuare in tempi ragionevoli e certi il suo programma. Il secondo deve garantire all'Opposizione non il diritto a "codecidere in minoranza" ma la discussione delle sue proposte qualificanti, lo svolgimento effettivo del confronto politico con la necessaria visibilità, nonché la disponibilità di più efficaci strumenti di controllo.
Solo se saremo in grado di compiere questo processo di riforma il Parlamento potrà conservare il suo ruolo e la sua vitalità istituzionale, soprattutto in un'epoca in cui è sottoposto a due spinte contrapposte, da un lato quella dell'Europa e dall'altro quella delle Regioni, che ne impongono una ridefinizione del ruolo.
2. Chiaramente, per realizzare questi due statuti - del Governo e dell'Opposizione - sono necessarie riforme di duplice natura, sia dei Regolamenti parlamentari sia della Costituzione.
Come l'esperienza insegna, le modifiche costituzionali hanno un percorso irto di maggiori ostacoli. Pertanto mi limito qui a richiamarle, con l'auspicio che su di esse si verifichi una necessaria convergenza di intenti fra maggioranza e opposizione. In proposito, ricordo che sono state già avanzate proposte che meritano la massima attenzione, ad esempio, quelle contenute nel disegno di legge S. n.1662 ("Norme per la stabilizzazione della forma di governo intorno al Primo Ministro e per il riconoscimento di uno Statuto dell'Opposizione"), che è stato presentato da un significativo gruppo di senatori dell'opposizione.
I due interventi riformatori sono però realizzabili anche autonomamente l'uno dall'altro.
In particolare, possono introdursi fin da questa legislatura, ed anche a Costituzione invariata, modifiche dei regolamenti che siano significative, equilibrate e in grado di dare un nuovo volto ai rapporti tra Governo, maggioranza e opposizione in Parlamento. In parte tali modifiche farebbero recuperare terreno al Regolamento del Senato, adeguandolo ad un processo riformatore già avviato alla Camera dei Deputati nella precedente legislatura; in parte garantirebbero ad entrambe le Camere, nel quadro di modifiche coordinate, nuovi spazi e nuovo dinamismo, in sintonia con gli obiettivi che ho prima enunciato.
È ovviamente auspicabile che il processo riformatore sia poi completato con alcune modifiche costituzionali, fra cui quella riguardante il Senato, le quali potrebbero entrare in vigore all'inizio della prossima legislatura.
3. Le attuali norme del Regolamento del Senato e la prassi consolidata attribuiscono al complesso Governo-maggioranza poteri non irrilevanti, che già gli consentono di raggiungere, in buona misura, i risultati procedurali voluti. Ciò però avviene al di fuori di regole certe e talvolta utilizzando strumenti contestati (ad esempio, i maxiemendamenti) o eccessivi rispetto al fine (ad esempio, la questione di fiducia). La posizione del Governo italiano in Parlamento, nonostante le modifiche regolamentari degli anni '80 e '90, rimane comunque tra le più deboli nel panorama europeo.
Per quanto concerne lo Statuto del Governo, le modifiche regolamentari devono anzitutto razionalizzare e ordinare l'esistente. Auspico che possano seguire questi indirizzi:
(a) Attribuire al Governo, nei limiti della compatibilità costituzionale, il potere e la responsabilità di chiedere sui propri disegni di legge che ritenga più importanti e urgenti una corsia preferenziale con tempi brevi e certi tanto in Commissione che in Aula. Questa innovazione trova il suo fondamento nell'articolo 72, comma 2, della Costituzione, che consente ai Regolamenti di stabilire procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza. Sarebbe però opportuno escludere alcune ben delimitate materie che, per la loro particolare delicatezza, meritano un dibattito più ampio, anche a garanzia delle minoranze.
(b) Rivedere le norme sull'organizzazione dei lavori e conseguentemente disciplinare in modo nuovo il funzionamento della Conferenza dei Capigruppo, superando il principio dell'unanimità che appartiene ad una stagione parlamentare diversa dall'attuale e che la prassi stessa tende ad abbandonare.
(c) Garantire il rispetto della programmazione dei lavori ed assicurare un raccordo effettivo tra Commissioni e Assemblea, impegnando non solo la seconda ma anche le prime ad attuare l'agenda del Senato e predisponendo a tal fine i necessari strumenti regolamentari.
(d) Valorizzare il ricorso alla sede redigente per i disegni di legge di maggiore complessità tecnica, in modo da riservare all'Aula più tempo per i provvedimenti e le discussioni di rilievo politico primario, il che potrebbe costituire oltretutto un efficace disincentivo alla delega legislativa.
4. A fronte di quest'opera di razionalizzazione, si può compiere un passo molto significativo a Costituzione invariata anche per quanto riguarda lo Statuto dell'Opposizione. Il mio auspicio è contenuto nei seguenti indirizzi di modifica del Regolamento:
(a) Riconoscere all'Opposizione il diritto a nominare un proprio portavoce, con l'attribuzione di precisi poteri. Tra cui, ad esempio, la possibilità di chiedere, in presenza di determinate condizioni, la convocazione del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri per rispondere o riferire in Assemblea. In questa circostanza come in altre occasioni di particolare rilievo politico potrebbero riservarsi al portavoce spazi di intervento autonomi e garantiti. Ciò consentirebbe al Parlamento di essere effettivamente il luogo del confronto istituzionale tra Governo e opposizione.
(b) Riservare una quota dei tempi parlamentari alle richieste dell'Opposizione, con precise garanzie affinché le proposte di legge siano conosciute e valutate dall'Aula nel testo originario e nella loro concretezza programmatica.
(c) Valorizzare e potenziare gli istituti di controllo, ispezione, indirizzo, informazione e inchiesta già previsti, anche con riguardo al question time. In particolare ampliare i poteri di controllo nelle Commissioni in materia di nomine governative.
(d) Riservare uno spazio per le iniziative dei singoli senatori, al di fuori della dialettica maggioranza-opposizione, anche al fine di tutelare quei parlamentari che, contrari al Governo, non si identificano nell'Opposizione e nel suo portavoce.
(e) Ampliare il ricorso alla comunicazione e alla ripresa diretta televisiva, sia in Aula che in Commissione, per consentire che le iniziative dell'Opposizione non si fermino nell'alveo dell'emiciclo e giungano direttamente al Paese (fermo restando che a partire dal 15 settembre anche il Senato è "sul satellite").
5. Infine desidero indicare altri due punti di riforma, opportuni l'uno per ragioni di efficienza nei lavori del Senato e l'altro per ragioni di trasparenza nella rappresentanza in Parlamento.
(a) Tenere conto del mutato assetto del Governo disposto dalle recenti riforme, rivedendo il numero e la struttura delle Commissioni permanenti.
(b) Modificare i presupposti per la costituzione dei Gruppi parlamentari, in modo che questi rappresentino entità politicamente omogenee e siano una effettiva proiezione sul piano parlamentare dei risultati elettorali.
Credo che una discussione approfondita su queste linee di riforma, le quali intendono solo aprire un dibattito negli organi competenti del Senato, fra i Gruppi e tutti i senatori sia opportuna e necessaria. E auspico che vi sia quella consapevolezza comune e responsabilità che il tema richiede. La posta in gioco non è tanto una migliore efficienza del Senato, ma il corretto funzionamento del nostro sistema democratico.
10 ottobre 2002