Auguri di Natale al Quirinale
18 Dicembre 2002
Signor Presidente,
Le rivolgo con vivo piacere i miei auguri personali per le prossime festività e per l''anno nuovo, anche a nome del Presidente della Camera dei Deputati, del Consiglio dei Ministri, della Corte Costituzionale, dei leader politici, dei presidenti dei gruppi e di tutti i presenti. Le rinnovo, in questa occasione, la mia simpatia riguardo alla sua persona, il mio omaggio alla sua funzione, il mio apprezzamento per il modo in cui svolge il suo alto mandato.
Lo scorso anno lo chiudemmo con ancora negli occhi la tragedia provocata dall''attacco terroristico dell''11 settembre. Quest''anno lo chiudiamo con una fase di insicurezza alimentata da altre minacce terroristiche. Di fronte a questa grave situazione, noi affidiamo in primo luogo le nostre speranze alla voce della politica, all''impegno e alla saggezza dei leader mondiali, alle organizzazioni internazionali, in primo luogo l''ONU.
Come di recente ci ha ricordato il Sommo Pontefice per la prima volta nel nostro Parlamento, siamo consapevoli che la pace sia un bene prezioso da perseguire con ostinazione. Siamo però anche consapevoli della forza dei nostri princìpi e dei nostri valori. Ad essi dobbiamo la nostra cultura, la nostra civiltà, la nostra identità. Insistere sul "nostra" non è un atto di arroganza, perché sappiamo di quanta tolleranza, rispetto, riconoscimento degli altri sia fatta questa identità. Ad essa dobbiamo rendere omaggio. Mentre il nostro sforzo di dialogo è rivolto a tutti, mentre la nostra presenza è attiva e apprezzata in molte parti del mondo, e mentre, anche grazie al nostro impegno, nuove alleanze si delineano sulla scena mondiale, come ha mostrato il vertice di Pratica di Mare, accomodamenti fittizi che evocassero lo spettro di una nuova Monaco non possiamo permetterceli.
In questo scenario, l''Europa può e deve giocare un ruolo fondamentale, quale ad essa si addice e ad essa è richiesto. Lo scorso anno ci lasciammo con una lista lunghissima di quesiti che il vertice di Laeken aveva affidato alla Convenzione. Quest''anno ci salutiamo mentre la Convenzione, cui i rappresentanti italiani hanno dato contributi significativi, ha fatto i primi passi, che sono certo ancora da verificare soprattutto riguardo a trasparenza ed efficienza delle istituzioni, ma che nondimeno sono promettenti. E ci salutiamo dopo che la recente riunione del Consiglio europeo di Copenaghen ci ha consegnato un''Europa allargata a 25 paesi, molti dei quali fino a ieri divisi da un muro definitivamente crollato.
Il compromesso che, anche grazie alla nostra insistenza, si è raggiunto sulla Turchia può non soddisfare quel paese e molti di noi. Di quel compromesso dobbiamo però osservare l''aspetto positivo: esso mostra la nostra volontà di dialogo con il mondo islamico e la nostra attenzione per un paese che in quel mondo ha introdotto i metodi della democrazia occidentale. Credo che sia lungimirante insistere, così come lo fummo negli anni ''70 con il Portogallo, la Grecia, la Spagna.
Volgendo lo sguardo alla politica interna, osserviamo anche noi le ripercussioni che la crisi del dopo 11 settembre ha proiettato su tutto l''Occidente. Gli sforzi e gli aggiustamenti per tenere alto lo sviluppo, fra segnali di preoccupazione come quello che riguarda la nostra principale industria automobilistica, devono essere incoraggiati. I dipendenti che passeranno queste Festività in condizioni di incertezza e di angoscia per il futuro proprio e delle proprie famiglie meritano la nostra attenzione solidale, così come ne merita una approfondita il nostro sistema produttivo. Ne va della nostra crescita e della nostra competitività nel mercato senza confini.
Sempre sulla scena interna, esprimo soddisfazione per un clima che sembra farsi migliore fra le forze politiche di maggioranza e opposizione, tese le prime a sostenere l''azione del Governo e le altre a trovare le ragioni unitarie per un''alternativa futura al Governo. Il bipolarismo, che ormai è radicato nella coscienza dei nostri concittadini, comincia a produrre i suoi primi effetti.
Occorre riflettere che il bipolarismo non è solo una questione istituzionale o elettorale, ma culturale: esso produce felicemente la democrazia dell''alternanza là dove la coalizione sconfitta riconosca a quella vincente la legittimità piena a governare e questa consenta concretamente a quella il diritto di diventare a sua volta forza di governo. Grazie alla coscienza democratica degli Italiani, non c''è, non c''è mai stata, alcuna discesa agli Inferi. Più e prima ce ne rendiamo conto, meglio possiamo affrontare, in un clima di rinnovato, civile, confronto, le questioni che stanno ancora aperte di fronte a noi.
Noi dobbiamo completare quella che un illustre studioso definì la "transizione incompiuta". Gli aspetti più rilevanti di questa incompiutezza ci sono noti da tempo.
- abbiamo, di fatto, l''indicazione del Primo Ministro, ma ancora un Presidente del Consiglio, senza poteri adeguati;
- abbiamo l''elezione diretta dei Presidenti delle regioni, ma, di fatto, una situazione non bilanciata da un Esecutivo forte;
- abbiamo, di fatto, una forma iniziale di federalismo, ma il sistema bicamerale è rimasto perfetto;
- abbiamo, di fatto, un bipolarismo politico, ma non ne abbiamo uno parlamentare.
Occorre trasformare questi "fatti" in "forme di diritto", perché la transizione prolungata crea disagi istituzionali, produce surrettiziamente alterazioni di ruoli, mette a rischio gli equilibri, causa difficoltà politiche e finanziarie.
Sono tre, a mio avviso, i livelli sui quali si deve intervenire.
Sul federalismo, occorre armonizzare la devoluzione approvata in Senato in questa legislatura con la devoluzione che è contenuta nella Costituzione modificata nella scorsa legislatura. Il treno federale è partito ed è inarrestabile. Ma l''occasione è propizia, io credo, per farlo correre sui binari giusti, ripensando anche le riforme già fatte, allo scopo di raggiungere infine un federalismo cooperativo e solidale.
Per il bicameralismo, occorre riflettere che il vero luogo della composizione degli interessi, dell''esame degli equilibri e delle compatibilità, sta in un Senato federale della Repubblica. Il problema del federalismo non sono i quanti di competenze devoluti, che possono anche essere molti, ma la sede unica nazionale in cui essi si confrontano e vengono misurati.
Per la forma di governo, occorre dar vita ad un Esecutivo stabile, non soltanto stabile in forza di maggioranze numeriche, ma stabile in forza di legge, in grado cioè di consentire a chi abbia vinto le elezioni di governare con efficacia per tutto il tempo di una legislatura. I poteri che si affideranno ad un Capo dell''Esecutivo direttamente legittimato dal corpo elettorale sono a questo fine determinanti. Ed è promettente che su questo tema in Senato siano stati presentati da esponenti di maggioranza e di opposione disegni di legge che in alcuni punti fondamentali sono sovrapponibili.
E' in questo spirito che ho di recente proposto una riforma del Regolamento del Senato, che preveda uno Statuto del Governo in Parlamento e uno Statuto dell''Opposizione, con i relativi speaker dotati dei relativi poteri. Il favore con cui la proposta è stata accolta e le prime discussioni nella Giunta del Regolamento, che anche oggi ha impresso un''accelerazione ai lavori, mi fanno bene sperare nel séguito dell''esame.
Infine, Signor Presidente, c''è un quarto tema che desidero richiamare alla nostra attenzione. Anche con esso chiusi il mio saluto lo scorso anno. Si tratta della giustizia. È stato in questo anno ancora terreno di scontro. Non dovrebbe essere più e non dovrebbe essere mai così, perché il bene è prezioso per tutti. Ciò che può essere considerato un indizio promettente sebbene ancora labile è che cresce tra le forze politiche ciò che fra i cittadini è da tempo convinzione diffusa: che dobbiamo aumentare l''efficienza dell''intero sistema. C''è bisogno di riforme ordinamentali, procedurali, sostanziali. Queste riforme non toccano l''autonomia e l''indipendenza della magistratura. Così come l''efficienza non tocca la celerità e le garanzie. Se la fiducia si diffonde, nessun intervento può essere considerato un''arma politica mascherata. C''è stato un tempo, nella scorsa legislatura, in cui il clima sembrò consentire di raggiungere buoni risultati e in un caso - la riforma del giusto processo - furono effettivamente raggiunti. Se c''è stato allora, può e deve esserci anche nel nuovo anno.
Ancora auguri cordiali, Signor Presidente, a Lei e a tutti i presenti, con un sentimento di affetto per i nostri concittadini.