XXX Conferenza delle Commissioni affari europei: saluto di indirizzo
6 Ottobre 2003
Signori delegati,
A nome del Senato italiano, e assieme ai Presidenti Greco e Stucchi che fra breve presiederanno questa seduta, dò il benvenuto alle delegazioni dei Parlamenti dell'Unione Europea e a quelle di Romania, Bulgaria e Turchia che prendono parte ai vostri lavori. Saluto il Presidente della Camera, Pierferdinando Casini, e ringrazio il Ministro degli Esteri Franco Frattini che ha desiderato essere presente.
Il progetto di Trattato costituzionale europeo è il primo punto all'ordine del giorno della riunione, e in particolare su questo vorrei fare qualche breve considerazione.
Innanzitutto, esprimo soddisfazione che vi sia in quest'Aula un dibattito sul progetto. Questa è una necessità che, assieme al Presidente del Bundestag Thierse, avevo sottolineato nel presentare un documento poi approvato dalla Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti nel 2002.
In secondo luogo, osservo con piacere che i parlamenti nazionali sono stati largamente coinvolti nella Convenzione. Se mi è permesso un pizzico di provincialismo, desidero esprimere un plauso ai senatori italiani Dini e Basile e ai deputati Follini e Spini.
C'è poi la questione delle prospettive. Dopo la fine della Convenzione, sabato si è aperta la Conferenza. La prima si è chiusa con successo. Dobbiamo tutti avere ben chiaro che, se invece la seconda fallisse, il rischio non sarebbe un semplice ritardo ma quello ben più grave di allontanare l'integrazione politica e trasformare l'Unione in una semplice zona di libero scambio, con la nascita di Direttòri ristretti su aree specifiche.
Per evitare questo rischio, dobbiamo valutare positivamente i molti risultati già conseguiti e soprattutto apprezzare le "clausole evolutive". Il progetto di Trattato è un compromesso da non disperdere e da non sacrificare sull'altare degli interessi nazionali. È vero, esso non delinea né uno Stato federale né uno confederale. Costruisce però un'architettura, la quale evolverà in un senso o nell'altro a seconda delle politiche concrete - sulla sicurezza, sulla difesa, sulla politica estera, sul fisco, sul lavoro, sullo stato sociale, ecc. - che saranno adottate dai nostri paesi.
Sappiamo che su queste politiche ci sono posizioni diverse e soprattutto che in Europa ci sono state serie divisioni recenti. Non è realistico trascurarle e mettere il carro delle istituzioni davanti ai buoi della politica. È realistico, invece, lavorare per avere prima politiche convergenti le quali trascineranno poi istituzioni più stringenti.
Conta l'obiettivo. Un'Europa unita è necessaria per assicurare benessere, sicurezza, pace ai nostri concittadini. È utile per l'attrazione che essa esercita sui paesi confinanti e del bacino del Mediterraneo e per l'azione stabilizzatrice nelle aree di crisi, che è il tema della seconda parte di questa riunione alla presenza del responsabile della politica estera dell'Unione, Javier Solana. Ma, dopo l'11 settembre 2001, un'Europa unita è essenziale anche per affrontare le nuove sfide mondiali che ci attendono, prima fra tutte il terrorismo internazionale ospitato e alimentato da stati tirannici o in disgregazione. Su questo terreno, l'Europa non può pensare di essere un'"oasi felice" o di ritirarsi dalla scena, come se il problema non la riguardasse. Al contrario, il problema ci riguarda, perché si tratta di affermare, tutelare, difendere quella democrazia, libertà, diritti che sono un vanto storico prima dell'Europa e poi di tutto l'Occidente. Un'Europa che non avesse una voce singola, chiara e decisa su questi temi, sarebbe un'Europa debole, quali che fossero le sue istituzioni.
Per questo io ritengo che siano essenziali le relazioni transatlantiche e il legame tra la nascente difesa europea e l'Alleanza Atlantica, insomma tra l'Europa e gli Stati Uniti. L'antiamericanismo è una fobia culturale e un errore politico, oltre che una mancanza di gratitudine per un paese democratico che, con l'intervento in due guerre calde e una fredda fra europei, ci ha aiutato a trovare e garantire la nostra libertà. Con l'America, l'Europa condivide storia, princìpi, obiettivi, primo fra tutti la lotta a quel terrorismo che si oppone alla stabilizzazione dell'Afghanistan, alla ricostruzione democratica dell'Iraq, alla pace in Medio Oriente.
Signori delegati,
In quest'Aula sono riuniti i rappresentanti di ventotto Parlamenti nazionali e del Parlamento Europeo. Questa cifra non indica solo una quantità, ma segnala una qualità: l'allargamento dell'Europa è piuttosto una riunificazione dell'Europa, dopo la stagione dei totalitarismi che l'hanno insanguinata e separata.
La riunificazione europea è facile e difficile al tempo stesso. È facile, perché, una volta lasciati liberi, i popoli d'Europa hanno rapidamente dimostrato di riconoscersi in un comune sistema di princìpi e valori.
Ma la riunificazione è anche difficile, perché gli interessi nazionali degli Stati o di alcuni di essi possono andare oltre gli spazi legittimi e creare resistenza o sopraffare l'interesse europeo.
I nostri Parlamenti possono contribuire a risolvere queste difficoltà. Essi possono discutere e valutare il Trattato costituzionale, orientare governi e cittadini, creare il massimo di legittimità e consenso democratico attorno alle nuove istituzioni. Non si deve temere che, se i parlamenti discutono, disturbano i governi guidatori. Soprattutto in questa fase, i parlamenti devono essere protagonisti dello spirito europeo.
Alcuni passi avanti decisivi nel processo di parlamentarizzazione dell'Unione sono stati fatti, in relazione soprattutto al rispetto del principio di sussidiarietà. Mi riferisco al meccanismo di "allerta precoce", al potere di impugnazione della normativa comunitaria davanti alla Corte di Giustizia, alle disposizioni sulla COSAC, in particolare il potere di organizzare conferenze interparlamentari su temi specifici, con particolare riferimento a PESC e PESD. Segnalo inoltre l'idea, non accolta dal Trattato, che i parlamenti nazionali discutano contemporaneamente il programma legislativo e di lavoro della Commissione. Questi passi dobbiamo valorizzare e queste opportunità dobbiamo utilizzare.
Grazie, e augùri cordiali di buon lavoro.