Attaccano la nostra civiltà fermiamo i fondamentalisti
30 Agosto 2004
Il presidente del Senato è allarmato. Gli ultimi sviluppi della crisi irachena, l'assassinio di Enzo Baldoni e il rapimento dei due reporter francesi, lo rattristano profondamente. Ma non lo stupiscono perché a suo giudizio confermano un dato acquisito. I terroristi islamici continuano a fare ciò che hanno dichiarato da tempo: la guerra all'Occidente, ai suoi valori dì tolleranza e dì libertà. A sorprenderlo è semmai lo stupore di intellettuali e politici i quali sottovalutano questa drammatica emergenza. Marcello Pera ritiene che la nostra civiltà sia sotto grave minaccia e rivolge un duplice appello ai paesi che credono nella democrazia, e la praticano, per indurli a sottoscrivere un "patto di solidarietà Occidentale"; alle forze politiche italiane affinchè accantonino divisioni e polemiche ormai superate da fatti che impongono strategie comuni. Alle quali dovrebbero concorrere anche i cattolici che salvo rare eccezioni, ad avviso di Pera, sembrano poco disposti a difendere la civiltà cristiana.
Presidente, la crisi irachena è sempre più drammatica. Lo stesso Bush riconosce di non aver fatto bene i conti per il dopo Saddam. Le parole della politica e la capacità di comunicare con l'opinione pubblica araba sono soffocate dalla guerra. Come uscirne?
«Non ho una ricetta su come uscirne. Ho un'analisi da offrire e un metodo da proporre. L'analisi è che in Iraq c'è stata una guerra di liberazione e c'è adesso una guerra civile. La posta in gioco e lo scopo degli estremisti e dei terroristi è la trasformazione dell'Iraq in uno stato fondamentalista islamico che si allei con altri stati e diffonda il fondarnentalismo altrove. Se questo scopo venisse raggiunto, non solo il Medio Oriente ma tutto il mondo ne sarebbe destabilizzato, gli equilibri internazionali compromessi e anche la pace sarebbe a rischio».
E quale metodo suggerisce?
«Per evitare esiti tragici, il mio metodo è quello della solidarietà occidentale, Serve un patto su grande scala, quella stessa che in Italia funzionò contro le Brigate Rosse. Dobbiamo avere una strategia comune e prendere decisioni comuni. Le sedi sono quelle delle istituzioni internazionali, in primo luogo l'Onu e l'Unione europea».
Ma l'Europa è la grande assente, mentre l'Onu arranca...
«È vero, queste istituzioni oggi sono divise e anche paralizzate. Invece dovremmo farle funzionare. Ma la solidarietà occidentale deve cominciare dall'interno di ciascun paese. Intendo dire che non si devono invocare le istituzioni internazionali per scaricare il problema, per creare alibi, per dividerci tra maggioranze e opposizioni. Se il problema è la tutela della nostra civiltà, la questione va ben oltre le normali divisioni interne. Va addirittura oltre quell'unità di fondo che dovrebbe esserci in politica estera. In tutti i paesi dell'Unione destra e sinistra dovrebbero fare sforzi per unirsi e trovare comuni strategie per contrastare la guerra del terrorismo. Truppe sì truppe no, svolta sì svolta no, dopo gli ultimi avvenimenti è una discussione tardiva».
Resta il fatto che la presenza delle truppe straniere accresce l'odio in tutto il mondo islamico per gli occidentali...
«La nostra solidarietà occidentale, la presenza nostra, di tutti e non di pochi, sarebbe il messaggio migliore alla popolazione irachena. Dopo tutto gli iracheni ce lo stanno chiedendo. Se siamo tutti con loro e andiamo tutti da loro, loro sentirebbero il mondo libero dalla loro parte e non ostile o col solo viso delle armi».
Il terrorismo però continua a colpire e il ricatto alla Francia sul velo indica un salto di strategia.
«Da tempo sono allarmato, ma ora sono sgomento per le reazioni che vedo di fronte agli atti del terrorismo islamico. Sono tutte reazioni di stupore: stupore perchè si uccidono giornalisti, si assassinano pacifisti, si sequestrano cittadini francesi, si fanno attentati contro la Croce Rossa, contro I 'Onu. Mi chiedo: ma che c'è da stupirsi? I terroristi tutto questo lo dicono da tempo, lo scrivono e, come possono, lo fanno. Quello che accade è la semplice, cruda, tragica conferma dei loro proclami. O ci si crede a questi proclami e allora non ci si stupisce. Oppure ci si stupisce, ma allora si accumulano morti e martiri senza imparare nulla. E ciò produce altri morti e altri martiri».
E lei, cosa ha imparato?
«I terroristi, i quali non sono pochi gruppi fanatici ma un grandissimo fronte che attraversa tutto il mondo islamico, proclamano la s'urta e dichiarano la jihad. Vogliono colpirei 'America, l'Europa, l'Occidente. Vogliono, come loro dicono, abbattere «Ebrei e Crociati». In una parola, sono determinati a distruggere la nostra civiltà, quella della libertà, delle istituzioni democratiche e della tolleranza. Questa, secondo me, è la situazione. C'è una guerra dichiarata e noi dobbiamo decidere come atteggiarci. Possiamo combatterla, questa guerra, possiamo decidere come, con quali mezzi combatterla oppure possiamo ritirarci e alzare le mani. L'unica cosa che non dovremmo fare è stupirci».
Una guerra unilaterale. Ma non ne abbiamo alcuna colpa?
«Questa storia delle "colpe" dell'Occidente non mi persuade. Da laico, sono disposto solo aparlare di "errori". Ma se errori ci sono stati nella storia occidentale a danno dell'Islam e dei paesi arabi, sono soltanto nostri? Davvero I' Islam non ha mai commesso errori ed è privo di colpe? E, anche ammessi i nostri sbagli, dovremmo chiedere scusa, dire che hanno ragione loro o che vanno capiti, compresi, giustificati, come tanti intellettuali europei fanno, oppure dovremmo cercare rimedi? E se mentre, come è giusto, cerchiamo rimedi, che poi sono politici, diplomatici, educativi, economici, in una parola sono la globalizzazione delle opportunità e dei diritti fondamentali, quelli ci fanno guerra, dovremmo continuare a batterci il petto? Intanto, c'è una cosa che non dovremmo fare più. Dovremmo smetterla con l'inerzia, la reticenza, la furbizia dí chi strizza l'occhio, di chi tenta l'appeace-ment. Oltretutto chi fa così è stato tragicamente smentito due volte. Dovrebbe essere chiaro, dopo il caso Baldoni e il ricatto alla Francia. Per i terroristi non esiste differenza fra pacifisti amici e militari ostili. E non esiste differenza fra occidentali europei buoni e occidentali americani cattivi. Per loro sono tutti uguali, perché noi siamo tutti uguali: abbiamo gli stessi principi e valori»
Chi sono gli inerti, i furbi?
«Mi riferisco in particolare ai leader europei. Tutti vedono e tutti sanno, ma í più non parlano e non agiscono. Alcuni addirittura fuggono, altri fanno capire che non è affar loro, o pensano che sia colpa dell'America che se l'è cercata e ben le sta se non sa come cavarsela. C'è anche chi pensa che, se cambiasse l'amministrazione Usa, tutto cambierebbe e tornerebbe come prima. Doppio errore, anche qui. Perché, come si è capito, se vincesse Kerry non cambierebbe l'analisi né la situazione della guerra in Iraq»
Anche il mondo cattolico e le gerarchie ecclesiastiche restano contrarie alla guerra...
«Io mi riferisco anche ai cristianicredenti e praticanti. Salvo poche eccezioni lodevoli e autorevoli, come quelle del cardinale Ratzinger, del patriarca Scola, di monsignor Caffarra, che giustamente insistono non certo sulla guerra ma sul richiamo per frenare la crisi dell'Europa, una grande parte del clero o tace o marcia per la pace, come se non fosse af-far suo difendere la civiltà europea cristiana. Invece no, è affare dell'Occidente tutto perché la guerra è contro l'Occidente tutto. E si tratta di una guerra aggressiva, non reattiva. Perché non si ha il coraggio di dirlo e si lascia sola, o si ironizza, su Oriana Fallaci e pochi altri che lo dicono da tempo? Eppure che sitrattidi una guerra aggressiva a cui bisogna reagire lo pensano in molti, come dimostra lo stesso numero dei lettori dellaFalla-ci, i quali, solo in Italia, fanno un partito politico. Io temo che stia accadendo ciò che è già accaduto due volte. La prima in Europa, dopo Monaco nel 1938 quando tutti erano per la pace, applaudivano Chamberlain e Daladier e tiravano un sospiro di sollievo, mentre Hitler preparava la guerra e l'Olocausto. La seconda volta in Italia, negli anni '70, quando le Brigate Rosse dichiararono guerra allo Stato e le prime, lunghe, reazioni furono di considerarle fanatiche, deliranti, isolate, e ciò ci costò gli anni di piombo».
Dopo Monaco l'Occidente democratico seppe reagire. Le esitazioni degli anni '70 furono superate dalla mobilitazione di tutte le forze politiche. Adesso abbiamo di fronte un nemico difficile da identificare e colpire. Lo conferma il fatto che l'occupazione non ha sconfitto il terrorismo, anzi. Non è pericolosa l'idea che i buoni siano solo dalla nostra parte?
«Anche allora si sentì Io slogan "Né con lo Stato né con leBR", come oggi si è sentito "Né con l'America né con Saddam Hussein". Non predico il manicheismo. Ma davvero, mi chiedo, ci vuole tanto tempo per capire che non c'è una via di mezzo fra la democrazia e il terrorismo, fra la civiltà e la barbarie? Fui assai sollevato quel giorno che lessi, in italiano e in francese, "Siamo tutti americani". E sono ancora allibito che il giorno dopo nonio eravamo già più. Eravamo insinceri prima o sbagliamo adesso?».