A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Premi Nobel per la medicina negli Atti parlamentari italiani
Proponiamo la seconda puntata dello "Speciale" di quest'anno, relativo alla ricerca di documentazione parlamentare sugli italiani insigniti del Premio Nobel. Dopo aver inaugurato la serie con una personalità premiata per la letteratura, Grazia Deledda, ci concentriamo stavolta su coloro che si sono contraddistinti nell'ambito delle scienze mediche, soffermandoci in particolare su Camillo Golgi e Daniel Bovet. L'ottica, come di consueto, è quella di mostrare le potenzialità di fonte storica e biografica degli Atti parlamentari, anche in settori diversi dalla storia politica e istituzionale.
Rinviamo inoltre, in questo stesso numero, all'articolo di presentazione del percorso tematico disponibile sui totem nelle sale e in pdf sul sito della biblioteca nella sezione "Infografiche". In questa occasione il percorso è dedicato alle notizie sui premi Nobel nelle pagine dei giornali, a partire dalle collezioni dell'Emeroteca del Polo bibliotecario parlamentare.
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2. L'attività parlamentare di Camillo Golgi
3. Discorsi per il Nobel a Daniel Bovet
4. Gli altri Nobel per la medicina: Salvatore Luria, Renato Dulbecco, Rita Levi Montalcini
5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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Nel corso di oltre un secolo di storia del Premio Nobel, istituito nel 1895 - anche se solo nel 1901 avvenne la prima assegnazione - per segnalare di anno in anno chi avesse reso «i maggiori servigi all'umanità» con la sua azione e le sue competenze in vari campi (così nella disposizione testamentaria di Alfred Bernhard Nobel, che istituì l'omonima Fondazione), sono stati finora 21 gli italiani che hanno ricevuto l'ambito riconoscimento. Con l'eccezione di Ernesto Teodoro Moneta, Nobel per la pace nel 1907, e di Franco Modigliani, premiato per le scienze economiche nel 1985 (ma il Nobel per questo settore si è aggiunto solo nel 1969), le assegnazioni risultano piuttosto equamente rappresentative delle diverse categorie: 7 premi per le scienze esatte (fisica e chimica; non la matematica, che non è rappresentata), 6 per la letteratura, 8 per medicina e fisiologia.
I primi connazionali a ricevere il premio, nel 1906, sono stati anche i soli italiani ad averlo avuto nel medesimo anno, sia pure notificato a qualche settimana di distanza e per meriti in ambiti differenti, ossia la letteratura e le scienze mediche: lo ricevette per l'«energia plastica, la freschezza dello stile e l'intensità lirica che caratterizzano i suoi capolavori poetici» (Marcheschi 2007) Giosue Carducci, a cui "MinervaWeb" ha già dedicato un approfondimento nel numero di agosto 2015; ancora prima, per il lavoro sulla struttura del sistema nervoso (ed ex aequo con l'istologo spagnolo Santiago Ramón y Cajal), lo conquistò Camillo Golgi, che aveva anche conseguito altre importanti scoperte grazie all'attività di ricerca sugli apparati reticolari delle cellule nervose, che da allora portano il suo nome (gli organuli lipo-proteici ricordati come apparato o complesso di Golgi): «una delle più belle conquiste della medicina moderna», si legge nelle carte del Comitato del Nobel per la Medicina (Zanobio 2001, p. 111).
Personalità diverse, radici diverse (toscano Carducci, lombardo Golgi), carriere diverse costruite in diversi tempi (Golgi era di 12 anni più giovane e si addentrò negli anni Venti del Novecento, mentre Carducci morì a inizio secolo), i primi due Nobel italiani furono tuttavia accumunati dalla sorte non solo perché premiati dall'Accademia delle scienze di Stoccolma, ma anche - e già da prima - per il loro ruolo di senatori del Regno d'Italia, iniziato nel 1890 per Carducci e nel 1900 per Golgi, in virtù dei loro trascorsi quali «membri ordinari del Consiglio superiore di istruzione pubblica [a cui erano stati nominati rispettivamente nel 1881 e 1886 e più volte riconfermati, ndr] dopo sette anni di esercizio»: questa appunto la denominazione della categoria di nomina, la 19. ai sensi dell'art. 33 dello Statuto Albertino.
Del resto, nel Regno d'Italia non era insolito che, in un Senato vitalizio espressione di una rappresentanza politica di nomina regia, i membri fossero scelti tra gli esponenti più illustri non solo delle scienze giuridiche ma anche degli studi umanistici e scientifici. In particolare le competenze tecniche e scientifiche concorrevano ad affrontare le sfide di carattere anche pratico poste dalla costruzione del nuovo Stato unitario, come è stato ricordato nell'articolo di "MinervaWeb" La Biblioteca del Senato del Regno tra politica e scienza (n. 41, n.s., ottobre 2017). Per questo motivo ci soffermeremo in questo numero soprattutto su due personaggi rappresentativi delle scienze mediche: Camillo Golgi, che portò in Senato la sua competenza mettendola al servizio della legiferazione, e Daniel Bovet, per il quale il Nobel fu occasione di 'entrare' negli Atti parlamentari italiani.
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2. L'attività parlamentare di Camillo Golgi
Da quanto detto circa l'impegno dei 'senatori-scienziati', e dal numero delle cariche pubbliche e accademiche che Camillo Golgi rivestì nel corso della sua carriera, non sorprende che gli indici dell'attività parlamentare ci consegnino l'immagine di un Golgi impegnato sin dai suoi esordi politici in disegni di legge sulla salute pubblica come quello sulle Disposizioni per diminuire le cause della malaria nella XXI legislatura del Regno d'Italia, o nella discussione Sull'obbligo della laurea in medicina e chirurgia per l'esercizio della odontoiatria (legislatura XXII). Dal marzo 1919 fu anche membro della Commissione speciale per l'esame del ddl Provvedimenti per la cura della tubercolosi (legislatura XXIV), insieme ai senatori Pio Foà, Gaetano Giardino, Calcedonio Inghilleri ed Ettore Marchiafava. Politica e cognizioni scientifiche si intrecciarono fruttuosamente: Golgi aveva studiato le febbri malariche già intorno agli anni Ottanta dell'Ottocento, ricavandone una legge scientifica che porta il suo nome sul ciclo di sviluppo del protozoo malarico (Goldaniga 1997, pp. 42-33); ed è del 1893 una sua lettera Sulle febbri malariche estivo-autunnali di Roma indirizzata al collega e deputato del Regno Guido Baccelli.
Così dipinge l'attività parlamentare di Golgi un suo biografo:
Per i troppi impegni di lavoro (scientifici, sociali) non poté frequentare assiduamente le sedute parlamentari, inoltre era ostico alla politica e per nulla versato all'arte oratoria. Tuttavia quando si doveva legiferare su questioni di rilevanza nazionale, su problematiche sanitarie o su miglioramenti per l'istruzione pubblica non mancava mai. Le poche volte che partecipava teneva alla camera alta un atteggiamento risoluto, interveniva con discorsi poco lunghi ma precisi e approfonditi, presentava numerose interpellanze ed esigeva risposte chiare. Era ascoltato con la massima deferenza e stimato tanto dai parlamentari quanto dall'opposizione. [...] Frequentò il Senato anche molto anziano.
(Goldaniga 1997, p. 62)
Potrebbe sorprendere, invece, che i resoconti delle discussioni nell'Assemblea del Senato non si soffermino sull'attribuzione a Golgi del premio Nobel, che del resto all'epoca era di recentissima istituzione, dunque ancora privo della lunga tradizione che lo ha reso così illustre. Si trova però un riferimento al suo premio nel corso di un dibattito alla Camera dei deputati, sia pure nella forma ellittica, indiretta e stringata di un inciso dell'allora Ministro dell'istruzione pubblica, Luigi Rava. A margine della discussione sul bilancio del suo dicastero, nella seduta del 30 novembre 1906 Rava ricorda:
tutti riconoscono, dentro e fuori d'Italia, quanto sia vivo il progresso dei nostri studi nel campo della medicina.
Anche in questi giorni abbiamo potuto vedere un nostro medico insigne, membro della Facoltà di medicina, vincere il premio Nobel, e far onore alla patria.(Camera dei deputati del Regno. Assemblea. Seduta n. 256, 1906, p. 10240)
Di ben maggiore ampiezza è la commemorazione che il sen. Tommaso Tittoni, presiedendo l'Assemblea del Senato nella seduta del 25 gennaio 1926, pronuncia in ricordo di Camillo Golgi, scomparso quattro giorni prima. La riportiamo pressoché integralmente, poiché ha il respiro di una voce biografica e ripercorre le tappe dell'impegno accademico, oltre che scientifico e politico, del personaggio; il testo completo, pubblicato nei resoconti stenografici delle Discussioni della XXVI legislatura del Regno (attualmente in corso di digitalizzazione), è già consultabile in internet a conclusione della dettagliata scheda dedicata a Golgi dal repertorio I senatori d'Italia, a cura dell'Archivio storico del Senato.
Onorevoli colleghi [...]
Il 21 gennaio si è spenta una magnifica figura di scienziato che era anche un purissimo spirito italiano. In Pavia, che per lungo tempo aveva visto le sue mirabili e progressive ascensioni, il professore Camillo Golgi ha chiuso serenamente gli occhi. Lutto questo che supera i confini della patria, al pari della fama universale nella quale da decenni egli era salito.
Nato in Corteno il 7 luglio 1843, studiò medicina a Pavia laureandosi giovanissimo e nei laboratori di quella Università, assistente di maestri come Paolo Mantegazza e Giulio Bizzozero [di quest'ultimo, anch'egli senatore del Regno, Golgi aveva sposato la nipote, Lina Aletti, e nel 1905 aveva introdotto l'edizione delle sue opere scientifiche, ndr] che videro subito in lui la più alta speranza, egli venne formandosi a quel metodo rigoroso di indagine scientifica che doveva poi condurlo ai più geniali risultati.
Iniziato l'esercizio professionale nell'Ospedale di San Matteo in Pavia, primario poi dell'Ospedale di Abbiategrasso, egli, pur in un ambiente non ancora fornito dei moderni mezzi di ricerca, addentrandosi nello studio di quell'inestricabile complesso di organi che costituiscono il nostro sistema nervoso, per virtù del suo ingegno giungeva nel 1875 con meraviglioso sforzo alla scoperta della così detta reazione nera, la colorazione nera cioè che le cellule e fibre nervose assumono se trattate con sali d'argento. Fu scoperta della più alta importanza, che schiuse alla scienza nuovi orizzonti e rese infatti possibile allo stesso autore di penetrar subito la struttura e la funzione dei centri nervosi e ricostruirne tutto l'edificio dalla cellula agli organi costituenti il sistema. E mentre questi suoi studi, che capovolgevano i concetti tradizionali in materia, si diffondevano oltr'Alpe imponendosi alla riverenza ed all'ammirazione universale, Camillo Golgi saliva la Cattedra di Pavia, prima di istologia nel 1875, poi di patologia generale nel 1881, cattedra cui doveva consacrare, non meno che alla scienza, tutta la sua vita successiva.
Quanta luce sia venuta dalla sua feconda operosità non si potrà mai dire abbastanza. Di lui scienziato si può affermare che non vi sia stato argomento importante, anzitutto di anatomia, che egli abbia trascurato, e problemi che sembravano insormontabili ebbero da lui brillante soluzione, nuove particolarità di struttura di complessi organi furono da lui acutamente individuate. Onde come maestro di anatomia egli fu considerato tra i sommi, ma non meno il genio si rivela in lui negli studi di patologia. Dalla identificazione di una nuova categoria di tumori cerebrali [...] e dalla modificazione del rene nella nefrite alla spiegazione dell'intermittenza delle febbri malariche e in tale campo alla differenziazione delle varie specie di parassiti nel sangue e alla individuazione del loro ciclo di sviluppo, è tutta una serie di preziose conquiste nel campo della patologia, le quali condussero il Golgi stesso e dopo di lui altri a risultati profilattici del più alto valore.
Gli altissimi meriti del Golgi ebbero il più largo riconoscimento: così, mentre nella scuola più volte fu rettore della sua prediletta Università e per lungo tempo fece parte del Consiglio Superiore della pubblica istruzione e poi del Consiglio superiore della Sanità, le più importanti accademie di tutto il mondo ritenevano ambito onore nominarlo socio, e numerosi istituti scientifici stranieri gli decretavano la laurea honoris causa; così i maggiori premi gli venivano conferiti per le sue opere, fra cui nel 1906 quello altissimo, il premio Nobel per le scienze mediche.
Camillo Golgi era senatore dal 14 giugno 1900 ed anche in Senato fece spesso sentire la sua autorevolissima parola in notevoli discussioni riguardanti le discipline mediche, gli studi universitari, i bilanci. Seppe sempre mantenersi al di sopra delle competizioni politiche, portando in ogni cosa il suo spirito superiore e sereno, una fede ardente nell'avvenire della patria. Durante la guerra si dedicò con la più grande abnegazione all'assistenza e alla cura dei nostri feriti; e quanti nell'Ospedale neurologico militare del collegio Borromeo cui egli seppe dare la più moderna e completa organizzazione, quanti, che gravi lesioni del sistema nervoso sembravano condannare alle più lunghe e dolorose sofferenze, ritrovarono la salvezza e la sanità in lui, mirabile armonizzatore dell'attività del neurologo e del chirurgo.
Noi non potremo giammai dimenticare questa luminosa figura che, pur avendo raggiunto i più alti fastigi della gloria, era di una modestia infinita. Chi ha avuto la fortuna di avvicinarlo ha potuto sentire quanta dolcezza, quanta bontà era in lui, anima semplice quanto superiore, cuore di rara nobiltà che fu sensibilissimo ad ogni opera di pietà, che la sua esistenza intera consacrò ad alleviare le sofferenze dell'umanità.
Sulla tomba di questo grande italiano noi ci inchiniamo con profonda commozione [...].(Senato del Regno. Assemblea. Seduta n. 100, 1926, pp. 4393-4395)
Al termine di questa appassionata orazione, nella generale approvazione dell'Assemblea, prende poi la parola il ministro Pietro Fedele, associandosi al cordoglio e raccontando un aneddoto che restituisce intatto il sapore di un'epoca, a metà tra storia istituzionale e ricordo personale:
Come ministro della pubblica istruzione mi sia poi consentito di dire una particolare parola per il senatore Golgi, che fu veramente una grande, purissima gloria d'Italia, al cui nome egli accrebbe splendore con la lunga, infaticabile opera data fino all'estrema vecchiezza della scienza ed all'insegnamento. Il Presidente del Senato ha accennato alle sue numerose ed insigni scoperte nel campo della Istologia e della Patologia. Basterà ricordare i suoi preziosi contributi alla conoscenza delle febbri malariche con i quali egli dette veramente un grande impulso allo studio di un grave problema sociale. Mi sia lecito qui ricordare un gentile episodio. Quando, alcuni mesi or sono, S[ua] M[aestà] il Re si recava a Pavia, e vi era trionfalmente accolto, suo primo pensiero fu quello d'inviare l'aiutante di campo in casa del senatore Golgi, già ammalato, a domandare notizie della sua salute; e, quando il corteo reale passò per le vie di Pavia sostò sotto la casa del Golgi brevemente. Il Golgi si sporgeva dalla finestra a spargere di rose la carrozza ove era il Re, mentre il Re, sorridendo, ricambiava il saluto. Era la scienza che s'inchinava davanti alla Maestà del Re; era l'Italia, nella persona del Re, che rendeva omaggio alla scienza italiana nel Golgi. La fama del Golgi era universalmente riconosciuta anche fuori d'Italia ed il conferimento del premio Nobel fu un degno riconoscimento del suoi altissimi meriti. Ora, mentre la schiera numerosa dei suoi discepoli piange la perdita dell'insigne maestro, io fo l'augurio che essi proseguano l'opera sua, e tengano sempre alto ed onorato nel mondo, come fece il Golgi, il nome della scienza italiana.
(Ivi, p. 4395)
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3. Discorsi per il Nobel a Daniel Bovet (1957)
Benché l'augurio del ministro Fedele si sia avverato col tempo, bisognerà attendere circa mezzo secolo per la designazione di un nuovo Nobel italiano per la Medicina. Nel 1957 lo conquista Daniel Bovet, ginevrino naturalizzato italiano, per i suoi studi in chemioterapia e farmacologia, in particolare sulle sostanze miorilassanti e la loro azione sul sistema vascolare.
Siamo ormai nella II legislatura repubblicana; la prima reazione al conferimento del premio, immediata, è nella seduta pomeridiana della Camera dei deputati, la n. DCLVIII del 24 ottobre 1957. Si tratta di poche parole, pronunciate dall'on. Giuseppe Caronia, che ben sintetizzano il percorso professionale e umano dello scienziato:
Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo opportuno che la Camera manifesti il suo plauso ad un grande scienziato italiano di adozione oggi onorato con il più alto premio cui uno scienziato possa aspirare: il premio Nobel. Mi riferisco al professor Daniele [sic] Bovet.
Egli, nativo della Svizzera, dal 1940 è cittadino italiano e lavora presso il nostro Istituto superiore di sanità, dove ha potuto condurre a termine le ricerche che gli hanno assicurato il premio, che onora l'uomo di scienza ed onora l'Italia.
Il professor Bovet iniziò i suoi studi presso l'Istituto Pasteur di Parigi, con la collaborazione di due studiosi italiani, Federico Nitti e Filomena Nitti, figlioli del nostro grande statista Francesco Saverio. Il Federico che era una grande promessa della scienza, morì sul lavoro per una grave infezione. La Filomena divenuta la consorte del Bovet, ha con questi continuato la sua attività. Poco dopo la liberazione, il Bovet volle seguire la sua consorte, che anelava insieme al padre il ritorno in Italia e venne a Roma, assumendo la cittadinanza italiana.
Qui [...] trovò nel grande Istituto superiore di sanità, organizzato e diretto da Domenico Marotta, ospitalità e larghi mezzi di lavoro, che gli hanno reso possibile la continuazione ed il completamento delle geniali ricerche oggi consacrate dal più alto riconoscimento.
Le scoperte del Bovet rappresentano una nuova conquista della scienza a vantaggio dell'umanità.(Camera dei deputati. Assemblea. Seduta n. 658, 1957, p. 37175)
Si associano all'omaggio il Ministro dei lavori pubblici Giuseppe Togni e il Presidente della Camera dei deputati, Giovanni Leone, che dall'«altissimo riconoscimento alla scienza italiana» trae l'augurio che essa «possa continuare nel solco delle sue gloriose tradizioni» (ivi, p. 37176; proprio Leone, il 13 febbraio 1958, consegnerà a Bovet una medaglia d'oro, in una cerimonia immortalata nell'Archivio fotografico della Camera dei deputati, da cui traiamo la fotografia riportata in questo paragrafo).
All'indomani della notizia, invece, nella seduta del Senato di venerdì 25 ottobre, una parte più corposa è dedicata ai discorsi Per il conferimento del Premio Nobel al professor Daniele Bovet. Ne emerge un ritratto dello «scienziato illustre, conosciuto per i suoi studi sui sulfamidici e sugli antistaminici», sebbene abbia «ottenuto il premio soprattutto per i lavori recentissimi sul curaro»: così il sen. Luigi Benedetti, sollecitato a parlare dalla propria professione di chirurgo e dall'intento di congratularsi con l'Istituto superiore di sanità, dove il prof. Bovet aveva trovato «possibilità di studio favorevoli alle sue ipotesi di lavoro, sì da portarlo a raggiungere i risultati sperati» (Senato. Assemblea. Seduta n. 589, 1957, p. 24583). Gli fa eco il sen. Carlo Mastrosimone, anch'egli medico oltre che docente universitario, sottolineando che le celebrazioni a Bovet rappresentano addirittura un «preciso dovere, se la politica, nel senso più alto dell'espressione, non può disgiungersi dal progresso e dal divenire delle scienze» (ivi, p. 24584). La solida unione di Bovet con Filomena Nitti, pioniera della chimica farmaceutica ma anche figlia di un importante uomo politico, sembra simboleggiare questa indissolubilità e la «congenialità di tutte le discipline nella sensibilizzazione delle antiche e nobili e gloriose nostre scuole scientifiche [...] in un pensoso clima propizio alla investigazione in pro' dell'umanità tutta» (ivi, p. 24585): queste le parole del sen. Giuseppe Alberti, libero docente in Storia della medicina e membro della XI Commissione Igiene e sanità. A seguire, il sen. Ambrogio Donini, a nome dei senatori comunisti, chiama in causa una piaga che iniziava a farsi sentire, quella cioè che oggi chiameremmo 'fuga di cervelli', rilevando per contrasto come sia «bello che un uomo nato all'estero, in Svizzera, abbia scelto il nostro Paese per condurre avanti con tanto successo le sue ricerche nel campo così nobile delle scienze sanitarie» (ibidem). Dopo l'omaggio del sen. Michele Barbaro a nome del Gruppo Movimento sociale italiano, a testimoniare la trasversalità delle «conquiste della scienza» che «riguardano tutta l'umanità dolorante ed il trionfo della vita sulla morte» (ibidem), chiude gli interventi Angelo Giacomo Mott in veste di Alto Commissario per l'igiene e la sanità pubblica e presidente pro tempore dell'Istituto superiore di sanità, congratulandosi anche
con la mente direttiva ed animatrice dell'Istituto, con il Professor Marotta, che ha saputo portare l'Istituto ad un livello tale da farne oggetto di invidia da parte di Paesi all'avanguardia in questo settore e nido di premi Nobel, e questo con i mezzi limitati dalle ferree necessità quotidiane.
(Ivi, p. 24586).
Dello stesso tenore è il cenno che farà a Domenico Marotta e Daniel Bovet il sen. Raffaele Ciasca nella seduta del 29 ottobre 1957 - in un intervento molto più ampio su scuola e la cultura in Italia - nominandoli entrambi quali «superbe eccezioni» alle possibilità di successo del lavoro scientifico in Italia, angustiato da una perdurante ristrettezza di mezzi (Senato. Assemblea. Seduta n. 590, 1957, p. 24617).
Il rapporto di collaborazione tra Marotta e Bovet sarà testimoniato anche dal Discorso commemorativo pronunciato da quest'ultimo all'Accademia dei Lincei il 12 aprile 1975, in occasione della scomparsa del proprio mentore. Il rapporto con l'Istituto superiore di sanità, invece, non resterà sempre idilliaco: prova ne sia l'interrogazione parlamentare n. 234 della IV legislatura, che sarà presentata alla Camera nella seduta del 10 settembre 1963 dai deputati Riccardo Lombardi e Antonio Giolitti, nella quale allo «stato di disagio» in cui versa l'Istituto è attribuita la scelta di Bovet di lasciarlo «per dedicarsi alla attività universitaria»; gli interroganti chiedono di rinforzare gli istituti di ricerca scientifica italiani, per scongiurare «l'imminente pericolo di dispersione dei gruppi di studiosi di alto livello scientifico» (Camera dei deputati. Assemblea. Seduta n. 18, 1963, p. 886).
Ma torniamo ai discorsi nella seduta del Senato del 25 ottobre 1957, che si chiudono allargando la prospettiva. Prosegue infatti Mott:
L'episodio che viviamo può servire di esempio: quando il lavoro è animato da infinito amore per la scienza e per la Patria, anche con mezzi limitati si può arrivare ad onorare la Patria e la scienza.
(Senato. Assemblea. Seduta n. 589, 1957, p. 24586)
Subito dopo, la Presidenza - nella specifica seduta rappresentata dal vice presidente del Senato Michele De Pietro - si associa alle espressioni di soddisfazione per questa «nuova affermazione del genio italiano, della scienza italiana e del lavoro che si compie negli istituti italiani», assicurando che trasmetterà al prof. Bovet «il plauso manifestato dall'Assemblea, la quale ha voluto così interpretare il giubilo di tutto il popolo italiano» (ibidem).
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4. Gli altri Nobel per la medicina: Salvatore Luria, Renato Dulbecco, Rita Levi Montalcini
Dai passi che abbiamo estrapolato dagli Atti parlamentari si ricava un filo conduttore: la celebrazione del talento, della dedizione, delle competenze individuali come traguardo collettivo e avanzamento ideale di un'intera nazione, che si va costruendo in regno unitario e poi ricostruendo dopo la transizione istituzionale alla Repubblica.
Di legislatura in legislatura, però, sempre più il Parlamento diventa, da organo principalmente legislatore, specchio dell'attualità e filtro degli interessi che coinvolgono la complessità del vivere civile; da questo punto di vista si spiegano lo sviluppo anche quantitativo delle sue attività non legislative, della documentazione prodotta e ricevuta, in relazione al maggiore rilievo che via via viene attribuito a notizie non immediatamente attinenti al lavoro parlamentare ma rappresentative delle articolazioni della società, delle sue conquiste tecnico-scientifiche, ma anche dei suoi interessi.
Quest'ultima considerazione vale a spiegare in parte la mancata attenzione degli Atti parlamentari ai due successivi Nobel per la Medicina e Fisiologia: Salvatore Luria, premiato nel 1969 (con Max Delbrück e Alfred D. Hershey) per le «scoperte riguardanti i meccanismi di replicazione e la struttura genetica dei virus» (questa la motivazione; nel sito ufficiale del Premio si trova il testo della Nobel Lecture); Renato Dulbecco, Nobel insieme a Howard Martin Temin e David Baltimore per le «scoperte riguardanti l'interazione tra i virus tumorali e il materiale genetico della cellula» (qui la motivazione; anche in questo caso rinviamo alla Nobel Lecture). In quegli anni i riflettori dell'informazione pubblica sono in generale più inclini ad accordare notorietà ad altri temi (come evidenzia l'articolo I premi Nobel italiani nelle collezioni della biblioteca. Letteratura e Medicina, in questo stesso numero di "MinervaWeb"), con l'eccezione dell'attenzione mediatica riservata al Nobel per la Letteratura 1975 a Eugenio Montale; un personaggio che però già godeva di maggiore fama (a Montale è stato dedicato un articolo nel n. 11, n.s., ottobre 2012 di "MinervaWeb").
Un'inversione di rotta si ha dagli anni Ottanta, con il Nobel 1986 per le scoperte sui «fattori di crescita» a Stanley Cohen e Rita Levi Montalcini, che nel 2001 sarà nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi; a lei "MinervaWeb" ha già dedicato un articolo nel n. 27, n.s., del giugno 2015.
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5. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
Il Catalogo della Biblioteca del Senato reca le tracce dell'attività sia politica che scientifica dei 'senatori-scienziati', dei quali conserva anche pubblicazioni di tipo accademico. Ci limitiamo qui a riportare per esteso, in ordine cronologico, le descrizioni bibliografiche delle pubblicazioni utilizzate per la stesura dell'articolo e da cui abbiamo tratto citazioni, indicate per brevità nel testo con autore/curatore e data:
Archivio centrale dello Stato, Il Consiglio superiore della pubblica istruzione, 1847-1928, a cura di Gabriella Ciampi e Claudio Santangeli. [Roma], Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1994.
(Senato: Collez. ital. 1232. I. 16/2 ; Camera: R 04903 / 018; disponibile online in versione pdf)
Gaetano Goldaniga, Storia illustrata di Camillo Golgi (Premio Nobel per la medicina nel 1906). Corteno Golgi, Pro Loco di Corteno Golgi, 1997.
(Senato: 160. 0. 39)
Carte del "Medicinska Nobelkomitén" concernenti il conferimento del premio a Camillo Golgi e Santiago Ramòn y Cajal (1901-1906), a cura di Bruno Zanobio. Milano, Università degli studi di Milano, 2001.
(Senato: Collez. ital. 2938. 1)
Alloro di Svezia: Carducci, Deledda, Pirandello, Quasimodo, Montale, Fo. Le motivazioni del Premio Nobel per la Letteratura, a cura e con un saggio introduttivo di Daniela Marcheschi. Parma, Monte Università Parma, 2007.
(Camera: 715 04 08)
Gli atti parlamentari citati in questo contributo, tratti dalle risorse elettroniche che illustrano la storia e i lavori di Senato e Camera, sono (in ordine cronologico di pubblicazione):
Camera dei deputati del Regno. Assemblea. Discussioni, Resoconto stenografico. XXII Legislatura, seduta n. 256, venerdì 30 novembre 1906, pp. 10219-10267.
Senato del Regno. Assemblea. Discussioni, Resoconto stenografico XXVII Legislatura, seduta n. 100, lunedì 25 gennaio 1926, pp. 4389-4458 (in corso di digitalizzazione ma con parziale trascrizione online).
Camera dei deputati. Assemblea. Discussioni, Resoconto stenografico. II Legislatura, seduta n. 658, giovedì 24 ottobre 1957 pom., pp. 37173-37249.
Senato della Repubblica. Assemblea. Discussioni, Resoconto stenografico. II Legislatura, seduta n. 589, venerdì 25 ottobre 1957, pp. 24581-24604.
Senato della Repubblica. Assemblea. Discussioni, Resoconto stenografico. II Legislatura, seduta n. 590, martedì 29 ottobre 1957 ant., pp. 24605-24646.
Camera dei deputati. Assemblea. Discussioni, Resoconto stenografico. IV Legislatura, seduta n. 18, martedì 10 settembre 1963, pp. 835-943.