A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Benedetto Croce e la storia
4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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Difficile affrontare una sintesi della riflessione storica di Benedetto Croce: e non tanto per la vastità della sua produzione saggistica al riguardo, quanto per la profonda coesione delle diverse sfaccettature del suo pensiero e per la trasversalità che, dunque, il suo concetto di storia assume rispetto alle molteplici ramificazioni della sua elaborazione teorica.
Non è possibile, ad esempio, distinguere nettamente nel pensiero crociano la storia dalla filosofia, la seconda rappresentando il metodo della prima e la prima l'inveramento della seconda; senza peraltro che ciò costituisca in alcun modo un dualismo, ma semmai complementarità, essendo la storia concepita come conoscenza pensante.
È infatti la consapevolezza individuale degli avvenimenti a vivificarli, azzerando la distanza tra cronaca (historia rerum gestarum) e storia (historia res gestae) e rendendo quest'ultima sempre contemporanea a chi la indaga e la conosce. Al tempo stesso, tale complementarità non sconfina nell'indistinzione: lo stesso Croce in seguito, di fronte ai tentativi riduzionisti del suo concetto di storia ad una "filosofia della storia", messi in atto da parte della critica, rivendicherà l'autonomia della storia rispetto ad asfittiche collocazioni disciplinari.
È comunque in un orizzonte gnoseologico che per Croce si colloca un concetto di storia viva, mai del tutto passata perché sempre rivissuta attraverso l'interesse e la coscienza dello storico. Quest'ultimo, dovendo presentare i fatti secondo una visione logica, depurata dal pur ineludibile filtro della soggettività, li comprende, dunque in certa misura li giustifica nel loro accadere. Si perviene per questa strada ad una forma di storicismo assoluto, che vede cioè la storia come logico dispiegamento dello spirito: una storia intrinsecamente connessa alla libertà dell'uomo di autodeterminarsi, di realizzare la propria esistenza; un cammino progressivo, benché imprevedibile e non teleologicamente inteso.
Sono proprio gli studi storici, del resto, insieme a quelli letterari, a traghettare il giovane Croce verso interessi più spiccatamente filosofici. Anzi, l'erudizione letteraria a sua volta era stata, per il ventenne abruzzese che incontrava in Napoli una patria elettiva, la miccia che aveva innescato la curiosità nei confronti delle tradizioni popolari e folkloriche meridionali. Fu anche grazie al contatto quotidiano con le testimonianze del passato di cui è ricca la città (un passato, però, anch'esso sempre vivo e ricco di testimonianze anche artistiche) che si era aperta per Croce una stagione - lunga circa un ventennio - di ricerche di topografia storica, di biografia e di aneddotica; alla quale seguiranno, dopo il traguardo del Novecento, gli studi su La rivoluzione napoletana del 1799: biografie, racconti, ricerche, 1912, circa la storia culturale e politica dell'Italia meridionale del periodo aragonese; Aneddoti e profili settecenteschi, 1914; I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del secolo decimottavo, 1916; La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza, 1917; Storie e leggende napoletane, 1919.
Nel frattempo, nell'ultimo quinquennio dell'Ottocento, la conoscenza di Antonio Labriola aveva iniziato a porre Croce in contatto con i concetti propugnati dal marxismo, da cui traeva non una chiave conoscitiva della realtà bensì uno stimolo alla riflessione sui fenomeni economici nel loro "farsi" storico (Materialismo storico ed economia marxista, 1900); dunque - in ultima analisi - un'attenzione nuova ai molteplici nessi tra storia e fenomeni sociali, nonché una visione latamente "politica" che gioca anch'essa un suo ruolo nell'allontanamento di Croce dal metodo storico tradizionalmente inteso e dal taglio più erudito-documentario dei suoi studi giovanili (Storia d'Italia dal 1871 al 1915, 1928; Storia d'Europa nel secolo decimonono, 1932).
Anche sul piano politico inteso invece come agone della gestione della cosa pubblica, il liberalismo crociano trova le sue radici (e ne è in qualche misura la traduzione pratica) nel legame tra la storia e la libertà dell'uomo che in essa si esprime: il fondamentale studio del 1938, La storia come pensiero e come azione, vivifica appunto il legame tra storia e azione, ivi inclusa l'azione politica.
Tuttavia, il fulcro della riflessione storica di Croce, e insieme il più originale e addirittura sorprendente connubio tra espressioni dello spirito umano tradizionalmente legate ad approcci diversi e distanti, è nell'interpretazione della storia sub specie dell'arte.
Nel saggio La storia ridotta sotto il concetto generale dell'arte (1893, edita in Primi saggi, 1919), allontanandosi da una concezione edonistica di quest'ultima e da certe eredità del Positivismo, Croce parla dell'arte come di "raffigurazione dell'oggetto nella sua concretezza", con ciò avvicinandola alla rappresentazione tipica del discorso storico ed accomunando le due discipline sotto l'insegna della non-scientificità: "la collocazione della storia nel campo dell'arte significa la sua liberazione da quelle errate e per questo irrealizzabili aspettative di scientificità". Al tempo stesso, storia ed arte restano indipendenti, avendo la prima anche un carattere narrativo rispetto ai fatti che descrive, mentre la seconda ne rimane avulsa, e semmai s'identifica con ciò che esprime.
Da tutto ciò emerge naturale il distacco di Croce dalla storiografia precedente (Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono, 1921) e dalle sue pretese di scientificità, ribadito dal fatto che egli consideri il trattato Teoria e storia della storiografia (1917) come ultima sezione della sua Filosofia dello spirito. La filosofia è infatti per Croce il metodo della storiografia, rappresentando quest'ultima la conoscenza dello Spirito nella storia, mediante la conoscenza dell'universale concreto che si manifesta attraverso le forme dell'arte, della logica, dell'economia e dell'etica.
Ciò però giustifica l'insopprimibile spinta che l'uomo ha manifestato nei confronti della narrazione storica sin dai tempi più antichi, ma non esaurisce la gamma delle possibili motivazioni di volta in volta messe in campo. Alla base di tutto non sta la necessità di memorizzare ciò che ormai è passato e morto, ma indagare il passato nell'ottica del presente, nonché nella prospettiva di un ulteriore avanzamento della storia dello Spirito.
È per questo motivo che alla storiografia non appartengono le categorie di bene e male: ogni fatto è di per sé "positivo" in quanto si è dato; è per questo, ancora, che la storia non è mai giustiziera dei fatti del passato (che possono semmai illuminare qualcosa che non si conosceva), ma giustificatrice di ciò che si verifica.
4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
Per seguire le ramificazioni del pensiero crociano nelle direzioni qui accennate, rinviamo alle precedenti edizioni dello Speciale dedicato da MinervaWeb nell'anno in cui ricorre l'anniversario della scomparsa e alle bibliografie di studi critici lì allegate: Benedetto Croce e la Biblioteca del Senato: un cliente affezionato, Benedetto Croce pensatore politico e pubblico amministratore, Il pensiero filosofico di Benedetto Croce, Benedetto Croce e la letteratura.
Come nelle precedenti, anche in questa occasione si presenta comunque una selezione dei volumi disponibili all'interno delle collezioni della Biblioteca, limitatamente alle edizioni crociane catalogate in OPAC e aderenti ai temi qui affrontati.
Per una conoscenza completa delle opere del filosofo presenti nelle collezioni della Biblioteca e per ulteriori approfondimenti si invitano, pertanto, i lettori alla consultazione del catalogo del Polo bibliotecario parlamentare, del catalogo storico della Biblioteca del Senato e delle banche dati bibliografiche consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.