A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Ignazio Silone
Abstract
Ignazio Silone rappresenta uno dei romanzieri italiani più noti al mondo. L'impegno in ambito politico e culturale attraversa l'intero arco della sua vita: nel 1948 viene eletto all'Assemblea Costituente mettendo quell'impegno al servizio della nascente Repubblica Italiana. Come ormai è consuetudine per questa rubrica, viene tracciata una breve biografia dell'autore e riportati alcuni brani delle sue opere.
2. L'Assemblea Costituente e la Repubblica
4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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Ignazio Silone, pseudonimo di Secondino Tranquilli, nasce a Pescina nel 1900. Il terremoto della Marsica del 1915 lo lascia orfano e nel contempo lo avvicina alle istanze sociali, finché nel 1918 si iscrive, a Roma, all'Unione Giovanile dei Socialisti: già nel 1919 diviene segretario dell'Unione Socialista romana. Nel 1921 è tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia ed è tra i delegati del partito al III congresso dell'Internazionale Comunista che si tiene a Mosca quello stesso anno.
Sempre in movimento durante gli anni del fascismo, si stabilisce in Svizzera attorno al 1927: si approfondisce in questo periodo la critica nei confronti dell'Unione Sovietica e dello Stalinismo, e Silone "approfitta" nel 1931 di quella che lui stesso definisce "uscita di sicurezza" (si veda il saggio omonimo in Silone 1965b, soprattutto pag. 111) dal Partito, non opponendo nessuna difesa all'espulsione disposta dalla segreteria.
Negli anni Trenta Silone si dedica alla scrittura: pubblica all'estero, tra gli altri, i romanzi Fontamara (1933: l'anno, qui e più avanti, si riferisce alla prima pubblicazione), Pane e Vino (1936) e Il seme sotto la neve (1941) e i saggi Il Fascismo. Origini e sviluppo (1934) e La scuola dei dittatori (1938); sia i saggi che i romanzi hanno grande eco fuori dall'Italia, tanto da essere tradotti in diverse lingue.
"[...] a un certo momento scrivere ha significato per me assoluta necessità di testimoniare, bisogno inderogabile di liberarmi da una ossessione, di affermare il senso e i limiti di una dolorosa ma definitiva rottura, e di una più sincera fedeltà." (Silone 1965b, p. 62)
Riavvicinatosi al Partito Socialista, accoglie la proposta di Olindo Gorni di creare e diventare segretario politico del Centro estero del Partito Socialista Italiano a Zurigo (si può consultare, anche online, l'articolo contenuto nel quaderno doppio, del 2008, dell'Avvenire dei lavoratori intitolato Centro Estero: Stefano Merli, Il laboratorio socialista de L'Avvenire dei Lavoratori, pp. 15-96). È in questo clima che elabora la teoria del cosiddetto "Terzo fronte":
"Il fronte decisivo sul quale il fascismo può essere arginato e distrutto è il fronte interno di ogni paese. Solo su questo «Terzo Fronte» potranno essere risolti i problemi sociali e politici dai quali il fascismo è sorto." (Silone 1957a, p. 304).
Nel 1942 fu tratto in arresto insieme a Riccardo Formica dalle autorità svizzere per attività politica: viene infatti sequestrato il primo numero de Il terzo fronte. Organo del Partito socialista italiano (n. 1, 1 dicembre 1942) che conteneva un appello agli italiani alla resistenza ed alla disobbedienza civile; non potendo essere espulso, fu internato prima a Davos, poi a Baden (si veda in proposito Silone 1979). Nel 1944 dirige L'Avvenire dei Lavoratori, che ospita le idee di un socialismo liberale federalista di carattere europeo (a partire dalle posizioni di Eugenio Colorni: si veda ad esempio l'articolo Per gli Stati Uniti d'Europa, ospitato nel n. 3 dell'11 febbraio 1944).
Nell'ottobre dello stesso anno rientra in Italia insieme a Giuseppe Modigliani: aderisce al PSIUP di Nenni e dirige l'edizione romana dell'Avanti!.
Nel marzo del 1946 fonda e dirige fino al 1947 il periodico (prima quindicinale, poi trasformato in settimanale) Europa socialista, che, riprendendo la linea politico-culturale de L'Avvenire dei Lavoratori, si prefigge principalmente di rivendicare l'autonomia socialista dal PCI, di analizzare il rapporto tra politica e cultura e di lanciare il tema del socialismo in un'Europa federale.
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2. L'Assemblea Costituente e la Repubblica
Dalle colonne dell'Avanti! Silone segue e commenta i risultati sul referendum del 2 giugno: alcuni suoi articoli sono stati inclusi nella rassegna (curata dai servizi della Biblioteca e dei Resoconti e della Comunicazione istituzionale) sulla nascita della Repubblica e dell'Assemblea Costituente. Eletto deputato alla Costituente nel Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, aderisce, nella "scissione di Palazzo Barberini" del 1947, al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani di Saragat. Rifiuta di candidarsi alle elezioni politiche del 1948 ma viene convinto dallo stesso Saragat a candidarsi alla Camera nelle liste del PSDI nel 1953: non viene eletto e si ritira in maniera permanente dalla politica attiva.
Ininterrotta è invece l'attività letteraria e saggistica: pubblica infatti romanzi come Una manciata di more (1952), Il segreto di Luca (1956), La volpe e le camelie (1960) e diversi saggi tra cui L'Abruzzo (1947), La scelta dei compagni (1954), e Un dialogo difficile (1958).
Parimenti, non si interrompe l'azione in campo culturale, dalla sottoscrizione, nel 1948, del manifesto Europa cultura e libertà, all'impegno nell'Associazione per la libertà della cultura (cui fecero parte, tra gli altri, Nicola Chiaromonte, Adriano Olivetti, Mario Pannunzio, Ferruccio Parri) che lo porta a partecipare a diverse conferenze e dibattiti all'estero.
Nell'aprile del 1956 fonda e dirige fino al 1968, insieme a Nicola Chiaromonte, la rivista Tempo presente, rivista internazionale di informazione e discussione: Silone continua a proporre una "terza forza", uno spazio per "discutere liberamente i problemi politici e culturali del mondo contemporaneo fuori da ogni pregiudizio ideologico o nazionalistico". (Commiato, in Tempo Presente, 1968, n. 11-12, p. 2).
Negli anni riceve numerosi premi e riconoscimenti, anche internazionali: tra gli altri, la laurea honoris causa (Yale 1966, Tolosa 1969, Warwick 1972), i premi Moretti e Super Campiello nel 1968.
Silone, da tempo malato, muore a Ginevra nell'agosto del 1978.
Già nel 1949 aveva pubblicato il suo "programma", nella chiusa del saggio Uscita di sicurezza, pubblicato prima nella rivista Comunità (n. 5, settembre-ottobre 1949), poi insieme alle testimonianze di Arthur Koestler, Richard Wright, André Gide, Louis Fischer e Stephen Spender in Testimonianze sul Comunismo. Il dio che è fallito (Silone 1950), con alcune aggiunte e infine nel volume omonimo del 1965:
"Non concepisco la politica socialista indissolubilmente legata a una determinata teoria, però a una fede, sì. Quanto più le «teorie» socialiste pretendono di essere «scientifiche», tanto più esse sono transitorie; ma i «valori» socialisti sono permanenti. La distinzione fra teorie e valori [...] mi sembra fondamentale. Sopra un insieme di teorie si può costituire una scuola e una propaganda; ma soltanto sopra un insieme di valori si può fondare una cultura, una civiltà, un nuovo tipo di convivenza tra gli uomini." (Silone 1965b, p. 115).
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Tutte le opere letterarie di Silone hanno come sfondo la vita e il territorio abruzzese come lui stesso ci dice:
"[...] tutto quello che finora m'è avvenuto di scrivere, e probabilmente tutto quello che ancora scriverò, benché io abbia anche viaggiato e vissuto a lungo all'estero, si riferisca unicamente, invariabilmente, alla stessa contrada, e più precisamente a quella parte di essa che con lo sguardo si poteva abbracciare dalla casa in cui nacqui [...]" (Silone 1950, pp.132-133).
In Fontamara, scritto intorno al 1930, Silone descrive così i rapporti dei 'cafoni' con la politica:
"Don Circostanza, detto anche l'Amico del Popolo, aveva sempre avuto una speciale benevolenza per la gente di Fontamara, egli era il nostro Protettore [...]. Egli era sempre stato la nostra difesa, ma anche la nostra rovina. [...] Una volta, quando avevano diritto di voto solo quelli che sapevano leggere e scrivere, egli mandò a Fontamara un maestro che insegnò a tutti i cafoni a scrivere il nome e cognome di don Circostanza. I Fontamaresi votavano dunque sempre unanimi per lui [...]. Poi cominciò un'epoca in cui la morte degli uomini di Fontamara in età di votare non venne più notificata al comune, ma a don Circostanza, il quale, grazie alla sua arte, li faceva rimanere vivi sulla carta e ad ogni elezione li lasciava votare a modo suo. La famiglia del morto-vivo riceveva ogni volta in compenso cinque lire di consolazione. [...] Con l'andar degli anni, si capisce, il numero dei morti-vivi era diventato ragguardevole ed era una discreta rendita per i poveri Fontamaresi, era una fonte di guadagno che non ci costava grande fatica, ed era anche l'unica occasione in cui, invece di pagare, eravamo pagati.
Quel vantaggioso sistema si chiamava, come l'Amico del Popolo ci ripeteva, la democrazia."(Fontamara, in Ignazio Silone, Romanzi e saggi, Milano, Mondadori 1998-1999, vol. I, pp. 54-55).
Ampia resta comunque, in diversi sensi, la distanza tra quello stesso territorio e il Governo di Roma:
"Verso la fine di giugno si sparse la voce che i rappresentanti dei cafoni della Marsica stavano per essere convocati ad una grande riunione ad Avezzano per ascoltare le decisioni del nuovo Governo di Roma sulla questione del Fucino.
[...] la notizia ci impressionò perché i passati Governi non avevano mai voluto ammettere che esistesse una questione del Fucino e, da quando erano state sospese le elezioni, lo stesso don Circostanza aveva dimenticato che esistesse una tale questione, di cui prima assai parlava. Che a Roma, però, vi fosse un nuovo Governo, non era da mettere in dubbio [...]. Questo poteva anche essere una conferma che doveva esserci stata e doveva esserci ancora una guerra; perché solo una guerra scaccia i vecchi governanti e ne impone dei nuovi; così dalle nostre parti, come raccontano i vecchi, i Borboni avevano preso il posto degli spagnoli e i piemontesi il posto dei Borboni. Ma donde provenissero e di che nazione fossero i nuovi governanti, a Fontamara non si sapeva ancora con certezza."(Ivi, p. 92).
Nelle parole di Andrea Cipriani, protagonista de Il segreto di Luca, possiamo scorgere quale fosse l'idea dello stesso Silone della politica:
«Mi dispiace» disse Andrea. «Ho giurato a me stesso di non interessarmi di pratiche personali. So benissimo che vi sono casi particolarmente pietosi, ma per essi devono provvedere, secondo la specie, i sindaci gli avvocati i medici le levatrici i parroci. [...] la mia concezione dell'uomo politico è del tutto opposta all'ordinaria. L'uomo politico, io penso, deve studiare e risolvere problemi collettivi e non procacciare favori personali.»
Don Serafino sorrise.
«Bravo» disse. «Mi congratulo. Ma quanto tempo resterai fedele a questi sani propositi?»
[...] «Se non mi sarà possibile rimanere fermo alle mie intenzioni» disse Andrea con fermezza «abbandonerò la politica».(Il segreto di Luca, in Silone, Romanzi e saggi, cit., vol. II, pp. 312-313).
In un'intervista pubblicata su Il Resto del Carlino del 20 gennaio 1963, Silone parla del Parlamento e della partitocrazia:
Il Parlamento
Anche come scrittore resto fortemente impegnato nella vita sociale del mio tempo. Non ne farei una norma per tutti gli scrittori, tutt'altro, ma seguo la mia vocazione. Voglio dire, non ho cessato dal sentire la mia solidarietà con i poveri e gli oppressi. Continuo a credere che la eliminazione dei più grossolani determinismi economici e sociali che limitano la libertà dell'uomo, sia una misura storicamente matura e moralmente necessaria. In altri termini, anche senza tessera, sono rimasto socialista.
D'altronde, non credo che la lotta politica si esaurisca nel Parlamento: non credo che il Parlamento sia il traguardo della vita politica, il suo culmine. Considero anzi un segno di decadenza della democrazia questa importanza eccessiva che si dà alle elezioni.La partitocrazia
Quello che io pensi della partitocrazia e della statolatria e nel condizionamento sempre più pesante cui è sottoposta nella nostra epoca la libertà personale, ho già ampiamente spiegato nella Scuola dei dittatori. Ma, ora come ora, penso che sia impossibile una democrazia senza una molteplicità di partiti e il giorno delle elezioni compio anch'io il mio dovere di elettore.
(Restare se stessi, in Silone, Romanzi e saggi, cit., vol. II, pp. 1261-1262).
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4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
Nell'articolo sono citati per esteso solo i testi non compresi nel percorso bibliografico.
Ignazio Silone. Percorso bibliografico nelle collezioni della Biblioteca del Senato.
Si suggerisce inoltre la ricerca nelle collezioni della Biblioteca della Camera e nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche delle due biblioteche.