A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Per una geografia storico-economica. Il Portogallo (Parte prima: dall'età antica al XVI secolo)
Abstract
In età romana e poi nell'alto medioevo, sotto la dominazione saracena, il Portogallo conobbe due fasi di progresso economico, fondate sullo sviluppo dell'agricoltura e delle manifatture connesse allo sfruttamento delle sue risorse minerarie. Successivamente alla riconquista cristiana proseguì l'espansione di alcune attività agricole e dei commerci dei loro prodotti; ma nel contempo, per effetto dell'impoverimento demografico da essa causata, si ebbe un declino dell'artigianato e si manifestarono degli squilibri nello stesso ambito agricolo. Nei secoli XV e XVI un nuovo, forte impulso alla crescita provenne dallo sviluppo dei traffici con i continenti extraeuropei; ma le cospicue ricchezze che questi fecero affluire nel paese non stimolarono l'evoluzione degli altri settori dell'economia, né riuscirono ad innescare un processo di modernizzazione delle sue strutture sociali.
1. Dalla colonizzazione romana al dominio saraceno
2. Dalla Riconquista alla metà del Quattrocento
3. L'espansione dei traffici oceanici
4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
***********
1. Dalla colonizzazione romana al dominio saraceno
· Il Portogallo romano
Nell'età antica e medioevale, l'evoluzione economica del Portogallo - analogamente a quella della Spagna - risultò fortemente condizionata dagli eventi politici da cui fu segnato il suo territorio: la conquista romana, le invasioni barbariche, l'avvento dei mori e infine la riconquista cristiana. Come spiega Saraiva (2004), la dominazione romana portò a un primo sviluppo economico della regione: difatti i suoi colonizzatori ne intensificarono lo sfruttamento agricolo, diffondendo maggiormente il frumento, la vite e l'olivo (colture particolarmente adatte ai terreni e al clima locali). La produzione così ottenuta fu destinata in gran parte alla commercializzazione e in particolare all'esportazione verso l'Italia. A predominare fu un modello organizzativo basato sulla grande azienda agricola e sull'impiego di schiavi. L'esigenza di favorire il trasporto delle derrate su lunghe distanze impose la costruzione d'un'estesa rete viaria, destinata a rappresentare la parte più importante del sistema stradale portoghese sino all'Ottocento inoltrato. Al di fuori del comparto agricolo, in epoca romana conobbe un certo sviluppo anche la lavorazione di metalli quali il ferro, il rame e l'oro.
Questo modello di sviluppo entrò in crisi nell'ultima fase di vita dell'Impero romano, a causa della fine delle grandi conquiste (e quindi dell'afflusso di nuovi schiavi) e del decadimento dei commerci. All'inizio del V secolo le invasioni di popoli germanici e del Caucaso ne determinarono il definitivo crollo. Una nuova fioritura economica si sarebbe determinata solo duecento anni dopo, con l'avvento degli arabi.
· La dominazione saracena
La conquista saracena della penisola iberica ebbe inizio nel 711 e diede origine a una dominazione che nelle regioni settentrionali non durò più di cento anni (o non sorse affatto, nel caso del territorio montuoso delle Asturie), ma che nelle altre si protrasse per parecchi secoli. In buona parte dell'odierno Portogallo essa poté quindi lasciare delle tracce profonde. In agricoltura, l'avvento dei nuovi colonizzatori consentì un rinnovamento delle tecniche di coltivazione (con lo sfruttamento dei corsi d'acqua per irrigazione e come fonte d'energia) e l'introduzione di nuove colture ortofrutticole dall'elevato valore commerciale. La crescita della produttività e della redditività del lavoro agricolo che ne derivò rese più agevole vivere della coltivazione di piccoli appezzamenti, consentendo la diffusione della proprietà della terra anche presso i meno abbienti. A questa ripresa dell'agricoltura contribuì la reviviscenza dell'urbanesimo, dalla quale scaturì quella del commercio dei prodotti dei suoli. Anche l'artigianato andò rifiorendo: a svilupparsi, in particolare, fu la produzione di oggetti in ferro e in ceramica.
**********
2. Dalla Riconquista alla metà del Quattrocento
· I commerci
Le guerre intestine che divamparono nel mondo arabo, indebolendo la posizione dei saraceni iberici, nel corso dei secoli resero possibile la riconquista della penisola da parte dei cristiani. Si costituirono in tal modo delle nuove entità statuali, dalla cui unione sorsero i tre grandi regni in cui la regione rimase divisa sino alla fine del Quattrocento: la Castiglia, l'Aragona e il Portogallo.
Già in questa fase, un ruolo centrale nell'economia del paese fu rivestito dal commercio. Afferma ancora Saraiva (2004) che lo sviluppo dei traffici interni e delle esportazioni si fondò sulla vendita di prodotti alimentari (soprattutto vino, olio e sale); quello delle importazioni vide prevalere i manufatti tessili e metallurgici e altre derrate agricole (in particolare i cereali). L'espansione commerciale determinò delle trasformazioni nella struttura produttiva, stimolando l'espansione delle colture più richieste e redditizie, ed anche nella struttura sociale, in quanto determinò per un verso l'affermazione d'un ceto di ricchi mercanti e per l'altro l'impoverimento di molti nobili, cui i primi riuscirono a imporre bassi prezzi di vendita dei loro prodotti.
Sempre a proposito di tale espansione, Diffie e Winius (1985) pongono in evidenza come i sovrani portoghesi abbiano contribuito a determinarla, sia gestendo direttamente cantieri navali e imprese commerciali, sia incoraggiando le attività cantieristiche e mercantili condotte da privati. Queste misure d'incoraggiamento interessarono non soltanto gli operatori locali, ma anche degli importanti imprenditori stranieri (ad esempio genovesi): in tal modo si riuscì ad accelerare il processo di formazione d'un forte ceto mercantile autoctono, sia perché si suscitò il trasferimento in Portogallo di molti mercanti già affermati, sia perché la presenza di questi ultimi facilitò l'assimilazione da parte della popolazione locale delle tecniche cantieristiche e marinare più avanzate.
I due autori citati ricostruiscono anche le fasi iniziali della formazione dell'impero portoghese. Il suo atto fondativo può essere individuato nella presa di Ceuta, avvenuta nel 1415. Negli anni successivi vennero compiute ripetute esplorazioni delle coste occidentali dell'Africa e delle isole al largo delle stesse, le quali condussero alla creazione dei primi insediamenti coloniali. Verso la metà del secolo cominciò a svilupparsi il commercio delle materie prime reperibili nelle aree presidiate, come pure quello dei loro abitanti (i quali venivano venduti come schiavi nei territori dell'Africa musulmana).
· Le manifatture e l'agricoltura
Paragonate ai commerci, le attività manifatturiere si mantennero decisamente stagnanti. Secondo Saraiva (2004), la lavorazione della ceramica e dei metalli soffrì dell'emigrazione degli artigiani saraceni; inoltre la qualità dei prodotti tessili rimase sempre scadente, con l'effetto di fare del regno un forte importatore di tessuti di lusso (richiesti dalla nobiltà e dalla borghesia mercantile).
Anche in ambito agricolo è possibile rilevare un importante fattore di criticità. Sempre Saraiva (2004) scrive difatti che questo settore si connotò da una parte per lo sviluppo delle colture più proficuamente commerciabili, quali la vite e l'olivo, ma dall'altra per una cronica insufficienza della produzione granaria (testimoniata sia dalla diffusa panificazione del miglio e di altri cereali di scarso pregio, sia dalle cospicue importazioni di grani esteri). Peraltro, a parere dell'autore tale insufficienza fu dovuta almeno in parte proprio alla diffusione delle colture prima citate, che sottrasse alla cerealicoltura (evidentemente considerata dai proprietari terrieri meno redditizia) terre e forza lavoro.
Un'interpretazione diversa di questo fenomeno è data da Papagno (2006), il quale lo riconduce alla squilibrata distribuzione della popolazione, che rese inadeguata l'offerta di manodopera nelle regioni potenzialmente più produttive. All'epoca della conquista saracena una parte notevole della popolazione cristiana si era rifugiata nei territori montuosi e collinari del Settentrione, i quali erano giunti così ad avere una densità abitativa elevata, in rapporto alle risorse agricole ch'erano in grado di produrre. La Riconquista aveva poi reso disponibili ampie superfici pianeggianti, che i loro titolari - nobili, ordini militari, enti ecclesiastici - non potevano però valorizzare adeguatamente, a causa del loro limitato popolamento (dovuto alla fuoriuscita di molti musulmani dal nuovo stato cristiano). Questo squilibrio fu attenuato dal sorgere d'una migrazione interna che portò dei coltivatori del Nord a colonizzare le nuove terre, ma non venne meno del tutto, perpetuandosi così nel corso dei secoli.
Papagno (2006) offre anche una spiegazione dell'insufficiente portata di tale flusso migratorio. A suo parere, questa dipese dal fatto che i grandi possidenti del Sud non offrirono ai coltivatori disposti ad insediarsi sulle loro terre il pieno possesso delle medesime, preferendo invece offrirle in affitto, in modo da trarne una rendita. Dal momento che i contadini settentrionali erano generalmente proprietari dei suoli che coltivavano, per molti di essi risultò così preferibile continuare a curare i fondi piccoli e poco fertili di cui disponevano, anziché trasferirsi al Sud per lavorarne altri più produttivi, ma dei cui frutti si sarebbero in parte appropriati altri soggetti.
La situazione dell'agricoltura divenne particolarmente critica dopo la metà del Trecento, quando il Portogallo, al pari delle altre nazioni europee, fu colpito da una serie di crisi epidemiche destinata a protrarsi sino al Quattrocento inoltrato. È lo stesso Papagno (2006) a sottolineare come tali crisi aprirono ampi vuoti nella sua popolazione, rendendo ancor più difficile il soddisfacimento delle sue esigenze alimentari (malgrado il calo demografico determinasse pure una riduzione delle medesime). La penuria di cibo, naturalmente, contribuì a perpetuare la negativa congiuntura demografica, stabilendo così un circolo vizioso in cui tale penuria e quella di forza lavoro si alimentavano a vicenda.
**********
3. L'espansione dei traffici oceanici
· Le cause dell'espansione
Nei secoli XV e XVI il Portogallo intraprese con decisione la strada dell'espansione militare e commerciale al di fuori del continente europeo, dando vita a un impero di dimensioni sorprendentemente vaste, soprattutto se rapportate al territorio e alla popolazione cui esso faceva capo. Tra le ragioni ch'è possibile individuare alla base di tale espansione, Saraiva (2004) sottolinea la necessità di rimediare alla crescente scarsità di risorse interne, che confliggeva con l'aspirazione della corona e dei ceti elevati di pervenire a una maggiore potenza e ricchezza. Il Trecento era stato segnato da gravi conflitti politici e sociali, culminati nella rivoluzione del 1383: questi eventi, che avevano visto il re, il clero, la nobiltà, la borghesia e il popolo lottare gli uni contro gli altri, erano stati originati in ultima analisi dalla volontà di alterare a proprio vantaggio la distribuzione delle poche risorse disponibili. Non casualmente, scrive tale studioso, l'accesso alle ricchezze d'oltreoceano coincise con la fine di quelle guerre intestine.
L'analisi di Saraiva (2004), che punta a individuare una ragione di fondo della strategia espansionistica, può essere integrata da quella di Bennassar (1981), il quale si sofferma sui singoli fattori che a suo avviso ne determinarono l'adozione. Grande importanza rivestì la volontà di rimediare, accedendo a nuove risorse minerarie, alla crescente scarsità dell'oro reperibile in patria: questa difatti frenava l'espansione della circolazione monetaria, danneggiando i commercianti, ed era causa d'una progressiva riduzione della quantità di metallo prezioso presente nella valuta che veniva ancora coniata, dalla quale derivava una perdita di potere d'acquisto della stessa e quindi un impoverimento dei detentori di redditi fissi (tra i quali v'erano i nobili, che vivevano delle rendite ricavate dall'affitto dei propri suoli). La scarsità di mezzi di pagamento, inoltre, limitava le possibilità di rimediare alla cronica insufficienza della produzione granaria acquistando cereali esteri, ragion per cui la necessità di far affluire oro nel paese rispondeva anche al soddisfacimento delle più basilari esigenze alimentari della popolazione. L'espansione oltreoceano prometteva poi di procurare al Portogallo manodopera servile, della quale v'era una crescente richiesta (in particolar modo da parte degli imprenditori agricoli impegnati nella coltivazione della canna da zucchero, all'epoca in forte espansione nella madrepatria e nelle isole dell'Atlantico che il regno aveva colonizzato). In ultimo, l'accesso ai continenti extraeuropei avrebbe consentito ai mercanti portoghesi d'inserirsi nel lucroso traffico di prodotti quali spezie, coloranti e gommalacca, originari di quelle terre.
· Tempi e modi dell'espansione
Bennassar (1981) riporta anche una sintetica, ma completa cronologia della costituzione dell'impero coloniale portoghese. Negli ultimi decenni del Quattrocento le navi lusitane proseguirono nell'esplorazione delle coste africane, giungendo alla fine del secolo a superare il Capo di Buona Speranza e quindi ad accedere anche alla parte orientale del continente. Il raggiungimento dell'Oceano indiano, logicamente, consentì pure l'avvio dei contatti con le regioni asiatiche. Questi furono incoraggiati dal sensibile aumento di prezzo che interessò dopo il 1480 le spezie di quel continente.
Lo sviluppo dei commerci seguì con grande rapidità la creazione dei nuovi insediamenti. All'inizio del XVI secolo, il Portogallo aveva già assunto il controllo navale dell'Oceano indiano e si era sostituito ai paesi musulmani quale mediatore dei traffici tra Europa ed Africa e tra Europa ed Asia. Successivamente la sua area d'influenza crebbe ancora, in quanto avviò la costituzione di proprie colonie in Sud America e stabilì rapporti con quelle spagnole. Gli operatori portoghesi divennero così i gestori d'una pluralità di flussi commerciali, che ponevano in contatto l'Europa con gli altri tre continenti conosciuti oppure questi ultimi fra di loro. Per fare soltanto alcuni esempi, il Portogallo esportava nelle Indie i metalli (in particolare rame e argento) e i prodotti tessili europei, mentre importava in Europa le spezie indiane; commercializzava in Europa lo zucchero prodotto nelle proprie colonie sudamericane; diffondeva in Africa il mais (pure proveniente dal Sud America); vendeva nelle colonie americane proprie e della Spagna gli schiavi che si procurava in Africa. A quest'ultimo riguardo, è da sottolineare che lo stabilirsi dei contatti commerciali con le colonie spagnole condusse a un enorme incremento del traffico di schiavi, in ragione dell'elevato fabbisogno di manodopera da queste espresso.
· Le conseguenze sociali dell'espansione
Senza alcun dubbio, l'espansione coloniale e commerciale oltreoceano offrì al Portogallo grandi possibilità di arricchimento; va chiarito però quali soggetti trassero profitto da questa nuova ricchezza. Secondo quanto afferma Saraiva (2004), la società portoghese non era in grado di sostenere i forti investimenti che le esplorazioni e l'avviamento dei traffici richiedevano; per questo, sin dai primi del Quattrocento un ruolo centrale nella gestione dell'attività cantieristica, marinara e commerciale fu assunto dallo Stato. Questa centralizzazione delle iniziative su cui era destinata a fondarsi la crescita economica nazionale ebbe conseguenze rilevanti sul piano sociale. I principali beneficiari di tale crescita risultarono infatti i funzionari pubblici posti a capo degli arsenali, delle aziende agricole e delle imprese armatoriali e mercantili regie; i militari incaricati di garantire la sicurezza delle produzioni e dei traffici d'oltremare; e quei privati che ottennero il privilegio di potersi associare alla corona in singole iniziative. Ad avvantaggiarsi di questa situazione furono soprattutto i nobili, i quali, per la loro vicinanza alla monarchia, avevano le maggiori possibilità di ottenere incarichi di responsabilità in ambito amministrativo e militare, come pure di vedersi riconoscere speciali licenze commerciali. L'aristocrazia portoghese poté così risollevarsi dalle difficoltà finanziarie in cui era venuta a trovarsi nell'ultima parte del Medioevo.
Alla rinascita della nobiltà fece riscontro il declino della borghesia mercantile, rimasta esclusa dalla gestione dei nuovi flussi commerciali. A tale declino, per la verità, contribuì pure il fatto che una parte rilevante di tale ceto fosse costituita da ebrei, e in quanto tale sottoposta alle persecuzioni dell'Inquisizione (introdotta nel paese nel 1536). Il declino della borghesia rese impossibile uno sviluppo delle manifatture: intorno al 1600, difatti, esse apparivano pressoché ferme al livello di quattro secoli prima, sotto il profilo sia delle tecniche di lavorazione che della tipologia di beni prodotti. La crescita dei consumi di lusso alimentata dai proventi del commercio venne così soddisfatta tramite importazioni; ed anche i manufatti esportati dal Portogallo nelle colonie risultarono spesso di provenienza estera.
Anche nelle campagne si assistette a una rarefazione del ceto medio. Difatti, dal momento che i nobili investirono le ricchezze accumulate nell'acquisto di terreni, andò scomparendo la figura del piccolo proprietario: il paesaggio agrario finì così per essere caratterizzato ancora più che in passato dalla dominanza della grande possidenza aristocratica. Ad accentuare ulteriormente questo processo di polarizzazione sociale concorse poi il peggioramento della condizione dei coltivatori non proprietari, i quali si ritrovarono privi di qualsivoglia capacità di contrattazione per effetto della concorrenza apportata loro dagli schiavi africani. Per molti di essi non rimase altra scelta, per sopravvivere, che l'emigrazione in Spagna o in Brasile.
La concentrazione della proprietà fondiaria nelle mani d'un ceto nobiliare arricchitosi tramite i commerci non valse neppure a determinare un suo più efficiente sfruttamento. Le attività mercantili e la valorizzazione dei territori conquistati oltremare continuarono infatti ad assorbire la massima parte delle attenzioni e dei capitali che il paese era in grado di mobilitare. Il mondo rurale venne così a caratterizzarsi per una condizione di profonda stagnazione, in conseguenza della quale le sue strutture economiche e sociali avrebbero conservato sino al XIX secolo molti dei loro caratteri medievali.
Concludendo, nel Portogallo della prima età moderna al progresso economico suscitato dall'espansione oltreoceano fece riscontro, in ambito sociale, una situazione di immobilismo quando non una duratura regressione.
**********
4. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
Per una geografia storico-economica. Il Portogallo (parte prima). Percorso bibliografico nelle collezioni della Biblioteca. Si suggerisce inoltre la ricerca nel Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare e nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.