A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Le costituzioni federali di civil law dell'Europa. La Repubblica Federale di Bosnia Erzegovina
Abstract
A 25 anni dalla fine della guerra nei Balcani, in Bosnia Erzegovina continua il processo di democratizzazione e di affermazione dei principi dello Stato di diritto all'interno dell'ordinamento. Ad ostacolare il percorso sono le tensioni etniche, la debolezza dello stato centrale, le prerogative quasi sovrane delle Entità che la compongono: questioni dalla cui soluzione dipenderà l'ingresso del Paese nell'Unione Europea.
2. La Costituzione federale e i caratteri del federalismo
3. La struttura della federazione
4. Riparto delle competenze legislative e delle risorse finanziarie
5. I rapporti con l'Unione europea
6. Corte costituzionale bosniaca e il procedimento di revisione costituzionale
7. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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Provincia dell'Impero Romano, poi dominata dai turchi e infine annessa ai territori dell'impero austroungarico nel 1908, la Bosnia Erzegovina entra a far parte del Regno di Jugoslavia alla fine della prima guerra mondiale. Il territorio, invaso nel 1941 dalle potenze dell'Asse, viene liberato dai partigiani di Tito diventando nel 1946 una delle Repubbliche federate della Repubblica socialista di Jugoslavia.
La storia recente della Bosnia Erzegovina ha inizio con la dissoluzione della Federazione socialista e con l'ingresso nella scena politica dei Balcani dei partiti nazionalisti: nel 1991 Slovenia, Croazia e Macedonia si staccano dalla Federazione e proclamano la propria indipendenza; Serbia e Montenegro restano invece federate dando vita alla "Piccola Jugoslavia" che si oppone con le armi alla secessione delle Repubbliche. Si apre uno scenario di guerra in cui la Serbia interverrà militarmente a sostegno delle minoranze serbe prima in Croazia, poi, in seguito alla dichiarazione di indipendenza del 1992, anche in Bosnia Erzegovina. È da dire che il carattere multietnico della repubblica bosniaca, in cui si trovano a convivere i tre principali gruppi etnici dei bosniaci musulmani (bosniacchi), dei croati e dei serbi, contribuirà ad aggravare la situazione, determinando uno scontro tra forze e interessi contrapposti, sia entro che fuori i confini del paese, di una virulenza inaudita. La guerra, iniziata nel 1992, termina nel 1995 con la firma il 21 novembre degli accordi di Dayton (The General Framework Agreement for Peace in Bosnia and Herzegovina), ratificati poi a Parigi il 14 dicembre. Parti dell'accordo, fortemente voluto dagli Stati Uniti e dall'Unione europea, sono la Repubblica della Bosnia e Erzegovina, la Repubblica di Croazia e la Repubblica federale di Yugoslavia, che si impegnano a deporre le armi e a rispettare e ottemperare a tutti gli impegni previsti e contenuti negli 11 allegati che compongono il documento.
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2. Costituzione federale e caratteri del federalismo
Tra i documenti firmati a Dayton, l'allegato n. 4 contiene la nuova costituzione della Bosnia Erzegovina. Elaborata di concerto con le forze bosniache, i paesi confinanti (Serbia e Croazia) e la Comunità internazionale, la Carta trasforma in norme la situazione che di fatto si è creata nel Paese al momento della firma degli accordi. Si riconoscono formalmente le tre etnie - bosniacchi, croati, serbi - quali popoli "costituenti" che rappresentano l'articolazione di base di un sistema federale di tipo etnico e formato da due entità territoriali: la Repubblica federale di Bosnia e Erzegovina e la Repubblica Serba di Bosnia. L'equilibrio dei poteri tra le istituzioni dello stato centrale e le Entità federate si dimostra subito essere particolarmente complesso e fondamentalmente sbilanciato a favore delle singole Entità alle quali la Costituzione affida una serie importante di strumenti - quale ad esempio il diritto di veto - in grado di contrastare le decisioni del governo nazionale. Alla debolezza del circuito del potere centrale (per via del quale spesso la Bosnia viene assimilata ad un sistema confederale più che federale) si affiancano le forme di controllo e di tutela elaborate dalla comunità internazionale al fine di vigilare sulla corretta applicazione dei principi decisi a Dayton: tale ad esempio è la funzione attribuita dall'allegato n. 10 all'Ufficio dell'Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina, una istituzione internazionale ad hoc, il cui vertice viene designato dal Consiglio per l'attuazione della pace (Peace Implementation Council - PIC), un collegio formato da 55 paesi e agenzie internazionali con il compito di sostenere il processo di pacificazione all'interno del Paese Tra i compiti affidati all'Alto Rappresentante, particolarmente rilevanti sono quelli che il PIC, nella conferenza tenutasi a Bonn nel 1997, ha attribuito all'organo (i c.d. Bonn Powers). Essi prevedono la facoltà per l'Alto Rappresentante di rimuovere autonomamente dalla carica i membri di governo e i funzionari pubblici bosniaci che abbiano palesemente violato gli impegni siglati con gli Accordi e di imporre tutti quei provvedimenti, legislativi ed esecutivi, ritenuti necessari per il consolidamento della vita democratica nel Paese o di porre il veto nei confronti di quelle leggi che, approvate dal Parlamento, di fatto ne ostacolino la realizzazione. Altra interferenza internazionale nella dinamica istituzionale della Bosnia Erzegovina è l'inserimento di tre giudici stranieri nominati dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo tra i giudici della Corte costituzionale: anche in questo caso non si può non rilevare l'influenza della comunità internazionale sulle funzioni della Corte, cui spetta tra gli altri il compito di verificare la legittimità costituzionale delle leggi e di dirimere i conflitti di competenza tra le Entità e tra queste e lo stato centrale.
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3. Struttura della federazione
La Bosnia Erzegovina è uno stato federale composto da un distretto - il Distretto di Brčko (a composizione etnica mista e inserito in costituzione con l'emendamento all'art. IV nel 2009) e da due entità politico territoriali: la Repubblica serba di Bosnia, che occupa circa il 49% del territorio a maggioranza etnica serba e la Federazione della Bosnia ed Erzegovina, che si estende per il 51% del territorio ed è principalmente abitata da croati e bosniaci musulmani. Le due Entità sono enti politici dotati di una propria costituzione e di un proprio apparato di governo, amministrativo, legislativo e giudiziario. Esse si distinguono tra di loro per la struttura dei rispettivi apparati istituzionali: la Repubblica Serba di Bosnia (o Repubblica Srpska) ha un ordinamento di tipo unitario, con un Governo e un Parlamento bicamerale (Assemblea nazionale e Camera dei popoli); la Federazione della Bosnia ed Erzegovina è invece un ordinamento di tipo federale, composto da 10 Cantoni, e dotato di un Parlamento bicamerale con una Camera dei deputati e una Camera dei popoli a rappresentare le unità federate. Per quanto riguarda l'autogoverno locale, la Costituzione non ne accenna in quanto le competenze in questa materia spettano interamente ed esclusivamente alle due Entità, le quali hanno adottato normative specifiche sia a livello costituzionale, sia a livello legislativo.
A livello centrale, la forma di governo dello Stato è di tipo semi-presidenziale: l'organo ha carattere collegiale ed è formato da tre esponenti provenienti ed eletti (a maggioranza in unico turno) ciascuno nel territorio dell'etnia prevalente riconosciuta come costituente (serbi nella Repubblica Serba di Bosnia, e croati e bosniaci musulmani nella Federazione). Il mandato dura quattro anni (rinnovabile per una volta soltanto) e i tre Presidenti si avvicendano alla carica ogni 8 mesi: il primo a iniziare la turnazione è il candidato che ha ricevuto più voti. Alla Presidenza spettano poteri di direzione della politica estera, di nomina del personale diplomatico, di negoziazione, denuncia e ratifica (previo consenso del Parlamento) dei trattati internazionali e di rappresentanza del Paese nelle organizzazioni internazionali ed europee. Le decisioni della Presidenza vengono prese all'unanimità: nel caso in cui la decisione venga presa a maggioranza, il Presidente dissenziente può, entro tre giorni dall'approvazione, denunciare il provvedimento come lesivo di un interesse vitale della comunità etnica che rappresenta. In questo caso il provvedimento viene immediatamente deferito all'Assemblea parlamentare della Repubblica serba, se si tratta di un interesse serbo, ai delegati rispettivamente croati o bosniaci del Parlamento della Federazione se si tratta di un interesse croato o bosniaco. Se i parlamentari delle singole Entità investiti della questione approvano entro 10 giorni la dichiarazione a maggioranza di due terzi, il provvedimento perde la sua efficacia. Alla Presidenza spetta la nomina del Primo Ministro e dei ministri che insieme compongono il Consiglio dei ministri con funzioni esecutive: il Governo così formato deve avere la fiducia della Camera dei Rappresentanti e da questa può, in ogni momento, essere sfiduciato. La Costituzione, all'articolo V.4, nomina esclusivamente i ministri degli Affari esteri e del Commercio estero, lasciando massima discrezionalità per eventuali altri dicasteri. Con la riforma delle Forze Armate nel 2006, è stato previsto il Ministero della Difesa cui spetta il controllo politico dell'esercito unificato. La riforma ha rappresentato un notevole progresso per il rafforzamento delle istituzioni democratiche in quanto ha permesso di sottrarre alle singole Entità la gestione delle Forze Armate e di riunificare tutti i corpi in un unico esercito sottoposto a uno Stato maggiore congiunto e un Comando operativo a livello nazionale.
Il potere legislativo è affidato al Parlamento che ha sede a Sarajevo. Esso è formato da due Camere: la Camera dei popoli e la Camera dei Rappresentanti. La Camera dei popoli è composta da 15 delegati, due terzi designati dalla Camera dei popoli della Federazione (5 croati, 5 bosniaci) e 1 terzo dall'Assemblea Nazionale della Repubblica bosniaca di Serbia (5 serbi). L'assemblea è in numero legale se sono presenti 9 membri (3 serbi, 3 bosniaci, 3 croati). La Camera dei Rappresentanti è composta da 42 membri in parte eletti dalla Federazione (2/3 dei componenti) in parte eletti dalla Repubblica Serba di Bosnia (1/3 dei membri): il quorum in questo caso è costituito dalla maggioranza degli aventi diritto, senza alcun riferimento all'appartenenza etnica. Questa invece è puntualmente regolata in riferimento alla Presidenza delle due Camere con la previsione di un meccanismo di rotazione per consentire agli esponenti delle tre etnie di ricoprire la carica. Le leggi per entrare in vigore devono essere approvate dalle due Camere. La Costituzione esorta a raggiungere maggioranze che si formino con almeno un terzo dei voti degli appartenenti a ciascun gruppo etnico: nel caso in cui questo non accada e i tentativi di mediazione del Presidente e dei vice presidenti falliscano, la legge viene comunque approvata dalla maggioranza dei presenti e dei votanti, sempre che i voti contrari non rappresentino i due terzi o più dei delegati o membri di ciascuna entità. Anche nel procedimento legislativo è previsto il diritto di veto nel caso in cui un provvedimento venga considerato lesivo degli interessi di una determinata etnia: tale dichiarazione deve essere approvata dalla maggioranza dei delegati di quella etnia nella Camera dei popoli. A questo punto il progetto viene sottoposto all'esame di una Commissione ad hoc e, nel caso in cui non si riesca a raggiungere nessun accordo, la questione deve essere rimessa al giudizio della Corte costituzionale.
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4. Riparto delle competenze legislative e delle risorse finanziarie
La struttura quasi confederale della Bosnia Erzegovina si evince in maniera piuttosto netta esaminando il riparto delle competenze tra lo Stato centrale e le due Entità che lo compongono. Secondo quanto previsto dall'allegato n. 4 degli accordi di Dayton, spetta allo Stato centrale la legislazione in materia di politica estera, commercio estero, politica doganale, politica monetaria, finanziamento delle istituzioni e delle obbligazioni internazionali, immigrazione e rifugiati, legge penale internazionale, comunicazioni internazionali, trasporto tra le Entità e controllo del traffico aereo.
Restano invece di competenza esclusiva delle Entità tutte le materie residuali, ovvero tutti i settori di attività non espressamente attribuiti allo Stato centrale: ad esempio l'istruzione, la politica fiscale, l'ordine pubblico, la giustizia e, fino alla riforma del 2006, la stessa legislazione sulle Forze Armate. Alla Federazione della Bosnia Erzegovina e alla Repubblica Serba di Bosnia la Costituzione attribuisce inoltre la possibilità di stabilire relazioni e di concludere trattati con Stati terzi: un potere estero che, pur soggetto al sindacato della Corte costituzionale, lascia forti margini di ambiguità rispetto ai confini reali del potere normativo delle Entità territoriali rispetto allo Stato centrale di cui dovrebbero essere parte costitutiva.
È vero che la stessa Costituzione contempla la possibilità per il governo centrale di assumere ulteriori competenze nelle materie per le quali esiste l'assenso preventivo delle Entità, ossia in quelle elencate negli allegati dal 5 all'8 degli accordi di Dayton (arbitrato, diritti umani, rifugiati e conservazione dei monumenti nazionali) e comunque in tutti i casi in cui sia necessario per l'integrità del territorio, la sua sovranità, l'indipendenza, e la personalità internazionale. Ma il potere di veto attribuito alle etnie e dunque alle Entità che le rappresentano ha tuttavia costituito un forte impedimento alla attribuzione allo Stato centrale dei poteri essenziali per la sua sopravvivenza. In questa impasse istituzionale si collocano i provvedimenti presi dall'Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina che hanno permesso l'avvio di riforme sostanziali del sistema, tra le quali particolare rilevanza assume la riforma fiscale. Gli accordi di Dayton non avevano previsto alcuna capacità impositiva da parte dello Stato centrale: le risorse a sua disposizione, per il mantenimento delle istituzioni e per far fronte agli obblighi internazionali, erano costituite unicamente dai contributi erogati ad esso dalle Entità. Secondo il dettato costituzionale, infatti, spetta alla Federazione di Bosnia Erzegovina per due terzi e alla Repubblica Serba di Bosnia per un terzo contribuire al bilancio dello Stato centrale. Nel 2003 la situazione è stata radicalmente modificata: con la legge di riforma del sistema dei tributi si stabilisce che spettano al Governo nazionale le entrate derivanti dalla tassazione indiretta (l'imposta sul valore aggiunto, le tasse doganali e le accise). Viene inoltre istituito l'Indirect Taxation Authority, la più alta istituzione dello Stato centrale nel settore delle imposte, con il compito di vigilare sull'applicazione delle norme e sulla funzionalità ed efficacia del processo di riscossione e di destinazione delle entrate derivanti dalle imposte indirette. In questo modo si è provveduto a dotare la Bosnia Erzegovina di entrate autonome creando al tempo stesso le condizioni per la formazione nel paese di un unico spazio economico.
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5. I rapporti con l'Unione europea
Il lento processo di democratizzazione delle istituzioni della Bosnia Erzegovina, la latenza dei conflitti tra le etnie e la scarsa disponibilità dei vertici politici delle due Entità territoriali a riconoscere l'autorità e le competenze dello Stato centrale rendono particolarmente complesso l'iter per l'adesione all'Unione Europea della Bosnia Erzegovina. Iniziato con la firma, nel giugno del 2008, dell'Accordo di Stabilizzazione e di Associazione, il procedimento ha subito una serie di rallentamenti a causa delle difficoltà incontrate dal Governo bosniaco nell'adeguare istituzioni e procedure ai parametri richiesti dall'Europa. Le riforme avviate nel Paese, anche grazie all'impulso determinante dell'Alto Rappresentante, hanno consentito alla Bosnia Erzegovina di presentare il 15 febbraio 2016 la domanda di adesione all'Unione europea: le conclusioni del Consiglio del successivo 20 settembre sono state in generale positive, ma restano le perplessità in ordine a una serie di questioni, prima fra tutte la modifica del principio di appartenenza a una delle etnie costitutive come prerequisito per l'accesso all'elettorato passivo. Nel 2009, infatti, la Corte europea dei Diritti dell'Uomo, con la sentenza Sejdić-Finci, aveva condannato la Bosnia esortandola a modificare la Costituzione e la legge elettorale in quanto contenente disposizioni discriminatorie nei confronti di quei cittadini bosniaci non appartenenti a una delle etnie costituenti. La questione è rimasta, ancora oggi, irrisolta così come tutta una serie di problemi dell'ordinamento bosniaco - dai meccanismi relativi al diritto di veto, allo sbilanciamento delle competenze a favore delle Entità, dalle garanzie sulla certezza del diritto all'affermazione del principio dell'indipendenza della magistratura. Ne ha preso atto di recente la Commissione europea che, con il parere del 29 maggio 2019 sulla domanda di adesione, richiama la Bosnia ad accelerare il processo di riforma con il definitivo adeguamento della Costituzione e dell'ordinamento ai parametri europei in modo da rendere possibile la conclusione del procedimento. Da notare il fatto che la Commissione, nell'estensione del parere, ha richiamato quanto già affermato dal Peace Implementation Council nel 2008 a Bruxelles nell'Agenda 5 + 2 relativamente alla necessità, per la Bosnia di emanciparsi dall'influenza della comunità internazionale, provvedendo, una volta raggiunti gli obiettivi, all'abolizione della figura dell'Alto Rappresentante e dei tre membri stranieri inseriti nel collegio dei giudici della Corte costituzionale. La questione non è di poco conto e rappresenta un vulnus piuttosto serio nel processo di democratizzazione avviato dalla Bosnia.
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6. La corte costituzionale bosniaca e il procedimento di revisione costituzionale.
La Corte costituzionale della Bosnia Erzegovina costituisce un importante istituto di garanzia del sistema. Custode indipendente della Costituzione e di tutte quelle norme di diritto internazionale che la Carta fondamentale richiama come parte integrante dell'ordinamento bosniaco, la Corte viene disciplinata all'articolo IV della Costituzione. Essa si compone di 9 giudici: quattro sono nominati dalla Federazione della Bosnia Erzegovina, due dalla Repubblica Srpska. mentre gli ultimi tre giudici hanno cittadinanza straniera e sono designati dal Presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo .
Tutti i giudici durano in carica fino al compimento del settantesimo anno di età. Compito della Corte è di dirimere i conflitti tra le Entità e tra queste e lo Stato centrale e di verificare la legittimità costituzionale delle leggi in via principale e in via incidentale. Soggetti legittimati ad adire la Corte sono i Presidenti, il Presidente del Consiglio dei ministri, i presidenti delle due Camere, un quarto dei membri di una delle due camere del Parlamento e un quarto dei componenti dei organi legislativi delle due Entità. La previsione del ricorso in via incidentale consente inoltre a ogni giudice di sollevare la questione di legittimità costituzionale su di una legge che nel corso di un processo dovrà essere applicata. Le decisioni emesse sono definitive e vincolanti. Per quanto riguarda il rinvio dei provvedimenti ritenuti lesivi degli interessi di una etnia, il sindacato della Corte non sarà mai nel merito, ma sulla correttezza della procedura seguita per l'approvazione del provvedimento.
L'attività della Corte non ha avuto un percorso pacifico: essa ha dovuto da un lato creare una giurisprudenza in grado di limitare i poteri normativi straordinari dell'Alto Rappresentante; dall'altro ha dovuto sostenere con forza la legittimità delle sue pronunce, spesso contestate soprattutto dalle Entità per via della presenza di giudici stranieri nel collegio giudicante. Ciononostante l'azione della Corte è stata fondamentale per orientare e dare impulso a quel processo di democratizzazione dell'ordinamento della Bosnia Erzegovina senza il quale non sarebbe stato possibile l'avvio del processo di adesione del Paese all'Unione europea. Particolare rilievo ha assunto il suo operato rispetto alla verifica della legittimità costituzionale delle norme contenute nelle carte fondamentali delle due Entità: il processo di adeguamento era stato previsto fin dall'adozione dell'allegato n. 4 degli Accordi di Dayton, ma i responsabili dei due governi non avevano proceduto ad alcuna revisione. Soltanto su impulso dell'allora Presidente della Bosnia Alja Izebegovic, che sollevò la questione denunciando ben 20 disposizioni contrarie alla Costituzione, la Corte ha proceduto dichiarando l'illegittimità costituzionale delle norme segnalate. L'ultima pronuncia in tal senso è del 7 novembre 2019 con la quale è stata dichiarata illegittima la norma sulla pena di morte presente nella Costituzione della Repubblica Serba di Bosnia in quanto in contrasto con il Protocollo n. 13 della Convenzione Europea, protocollo che costituisce - al pari della Costituzione - un atto giuridicamente vincolante per la Corte. Per quanto riguarda infine il procedimento di revisione costituzionale, l'articolo X stabilisce che la Costituzione può essere modificata dal Parlamento della Bosnia Erzegovina con una maggioranza dei 2/3 dei presenti e votanti alla Camera dei Rappresentanti e che non possono essere oggetto di revisione costituzionale i diritti e le libertà elencate all'articolo II della Costituzione né il paragrafo che prevede la loro inemendabilità.
È evidente che la norma agisce in linea di principio in quanto i poteri normativi attribuiti all'Alto Rappresentante sono più volte intervenuti a modificare disposizioni di rango costituzionale. Tuttavia, oltre alla già citata giurisprudenza della Corte orientata a sottoporre al suo sindacato i provvedimenti dell'organo, tale situazione continua ad avere carattere di straordinarietà e destinata, per questo, a cessare definitivamente con l'ingresso della Bosnia Erzegovina nell'Unione Europea.
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7. Riferimenti e approfondimenti bibliografici.
Le costituzioni federali di civil law dell'Europa. La Repubblica federale di Bosnia Erzegovina. Percorso bibliografico nelle collezioni del Polo bibliotecario parlamentare.
Si suggerisce inoltre la ricerca nel Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare e nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.