A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
Carlo Azeglio Ciampi
Abstract
2. La formazione culturale tra religiosità e laicismo
3. Gli anni del governatorato: un nuovo ruolo della Banca d'Italia
4. Il senso di Ciampi per le istituzioni
6. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
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L'articolo 59 della Parte II, Titolo I della Costituzione italiana recita:
"E` senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario."
La norma costituisce una deroga - sebbene limitata e circoscritta - al principio generale della rappresentatività degli organi legislativi. Essa riguarda il solo Senato della Repubblica e fu voluta dai padri costituenti come elemento distintivo della Camera Alta rispetto all'altro ramo del Parlamento, consentendo a personalità illustri della Repubblica di contribuire alla vita politica nazionale senza passare al vaglio della competizione elettorale, ma attraverso l'assunzione - di diritto o tramite designazione presidenziale - della carica di Senatore a vita.
L'investitura del mandato differisce a seconda che si tratti di senatori di diritto e a vita (1° comma) o di senatori a vita di nomina presidenziale (2° comma): nel primo caso il carattere precettivo della previsione costituzionale fa sì che l'assunzione della carica decorra in modo automatico dal momento del giuramento dinanzi al Parlamento in seduta comune del nuovo Presidente della Repubblica; nel secondo, sono previsti una serie di atti (decreto presidenziale di nomina e sua trasmissione alla Presidenza del Senato, comunicato pubblicato in Gazzetta Ufficiale) che culminano con le due successive comunicazioni, di avvenuta nomina e di convalida, da parte del Presidente del Senato all'Assemblea. Occorre dire che per entrambe le categorie la comunicazione all'Assemblea del Presidente assolve ad una mera funzione notiziale, essendo il giuramento nel primo caso, la trasmissione del decreto del Presidente della Republica al Senato nel secondo caso gli atti che determinano l'assunzione immediata delle "prerogative della carica e tutti i diritti inerenti alle loro funzioni" da parte dei senatori a vita. (art. 1 Reg. Senato).
La rubrica che si inaugura con il seguente articolo intende delineare un breve profilo biografico dei Senatori non elettivi, evidenziando di volta in volta il loro profilo istituzionale o le ragioni a fondamento della nomina presidenziale. A corredo del profilo sarà proposta una selezione delle opere del o sul parlamentare eventualmente presenti nella collezione della Biblioteca del Senato.
Inizieremo il nostro percorso tra le personalità che hanno rivestito il ruolo di senatori di diritto e a vita, considerando in primo luogo il senatore Carlo Azeglio Ciampi in quanto unico appartenente, nell'attuale Parlamento, alla categoria dei Presidenti emeriti della Repubblica italiana, per poi proseguire con coloro che hanno ricevuto la nomina da parte del Presidente Giorgio Napolitano nella legislatura corrente.
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2. La formazione culturale tra religiosità e laicismo
Carlo Azeglio Ciampi nasce a Livorno il 9 dicembre del 1920 da una famiglia di commercianti dai saldi principi cattolici. Dopo aver frequentato le scuole dai Gesuiti, termina il suo ciclo di studi a Pisa presso la Scuola Normale Superiore dove si laurea nel 1941 con una tesi in filologia classica. Gli anni dell'università sono fondamentali per la formazione culturale e spirituale di Ciampi che imparerà fin da giovanissimo a coniugare, senza contaminare, la sua profonda educazione religiosa con i fondamenti rigorosamente laici degli insegnamenti ricevuti alla Normale: "Nell'ambiente religioso - confiderà ad Arrigo Levi - mi è stato insegnato l'amore verso il prossimo. Nell'ambiente della Normale, in particolare da Guido Calogero, mi è stato insegnato il rispetto del prossimo: riconosci al prossimo gli stessi tuoi diritti, anzi, combatti per i diritti del tuo prossimo [....]. Ho trovato in questo una coincidenza di idee, che si realizza nella pratica di vita nonostante la diversa origine dei principi." (Ciampi, 2010, p. 15). La netta separazione tra dimensione privata (cattolica) e dimensione pubblica (laica) costituirà un tratto peculiare del pensiero e della vita istituzionale di Ciampi che ne darà una prima formulazione intellettuale nella tesi "La libertà delle minoranze religiose" elaborata in occasione della laurea in Giurisprudenza conseguita nel 1946 dopo la parentesi bellica. Un principio assimilato al punto da diventare uno stile di vita che per un verso può spiegare l'assoluto riserbo che circonderà, durante il settennato alla Presidenza della Repubblica, il profondo legame di amicizia con Giovanni Paolo II.
Risale a questi anni giovanili anche la sua esperienza politica nel Partito d'Azione. Ma si tratterà di una militanza attiva isolata e di breve durata: presto lascia il partito, ben consapevole di non possedere la necessaria spregiudicatezza richiesta da quel tipo di attività, ma non abbandona il principio azionista per il quale non esiste libertà se non c'è giustizia sociale, principio che resterà un caposaldo della sua visione politica.
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3. Gli anni del governatorato: un nuovo ruolo della Banca d'Italia
Nel 1946 entra in Banca d'Italia. Pensa ad un impiego transitorio, il giovane Ciampi, in attesa dell'uscita del bando di concorso per l'insegnamento, attività alla quale si è dedicato con passione fin dal suo rientro a Livorno nell'ottobre del 1944. Ma il "caso" dispone diversamente e l'uomo coglie l'occasione con una serietà e un impegno tali che lo porteranno da Livorno alla sede di Macerata e infine nel 1960 a Roma, presso il Servizio Studi della sede centrale della Banca d'Italia. Sono anni impegnativi di lavoro, di studio e approfondimento della materia economica alla quale non è aduso per via della sua formazione essenzialmente umanistica. Alla fine i risultati saranno brillanti tanto da conquistare la stima dei colleghi e degli stessi due Governatori che si avvicenderanno in questi anni: Guido Carli e Paolo Baffi. La scalata ai vertici della Banca d'Italia si concluderà nel 1979 con la nomina di Ciampi a Governatore e a presidente dell'Ufficio Italiano Cambi. Nei quattordici anni di governatorato, dedica una cura particolare a taluni aspetti della struttura e dell'attività della Banca d'Italia: dispone una riorganizzazione interna degli uffici e del personale allo scopo di favorire l'integrazione e la sinergia tra competenze ed eccellenze nei diversi settori di attività; rivendica il ruolo dell'Istituto quale promotore autonomo dell'attuazione della politica monetaria; rafforza e rimodula i suoi compiti di organo di vigilanza del sistema bancario italiano; si adopera per affermare in Europa l'autorevolezza della Banca d'Italia, consolidando le relazioni esistenti con le Istituzioni finanziarie mondiali.
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4. Il senso di Ciampi per le istituzioni
Inaspettata, il 26 aprile del 1993, arriva la convocazione del Presidente Scalfaro per formare il governo. Nonostante l'iniziale perplessità, Ciampi assume l'incarico diventando il primo non parlamentare a formare l'esecutivo nella storia della Repubblica. Ottenuta la fiducia da entrambi i rami del Parlamento, il governo dell'ex Governatore della Banca d'Italia non solo "traghetterà" il Paese verso nuove elezioni in un momento storico particolarmente difficile della vita della Penisola, ma assumerà una serie importante di decisioni politiche in materia economico-finanziaria che modificheranno in modo incisivo il sistema delle relazioni industriali (a partire dall'accordo tra governo e parti sociali del 23 luglio 1993) e daranno avvio a quel processo di risanamento economico che di lì a breve porterà l'Italia nel novero delle nazioni che per prime adotteranno la moneta unica europea. Nel ricordare l'esperienza di governo sopraggiunta in un contesto segnato dalla profonda crisi dei partiti conseguente all'affaire di Tangentopoli e dalla grave crisi attraversata dal sistema produttivo, Ciampi scrive: "[ciò che] animò l'intera compagine ministeriale, dandole coesione di intenti e di opere - [fu] la volontà ferma di rafforzare le responsabilità dell'Esecutivo, esercitando appieno le sue attribuzioni istituzionali; di ricostruire i rapporti fisiologici con il Parlamento, restituendo a entrambi - con la pienezza delle rispettive funzioni - quella dignità che era stata umiliata dalla degenerazione istituzionale". Occorreva in quel momento ricondurre il processo di decisione politica nelle sedi istituzionali costituzionalmente previste, sottraendolo al condizionamento esercitato dalle segreterie di partito: "La prima decisione politica fu, quindi, di metodo: il governo prendeva le sue decisioni nelle sedi naturali, istituzionali, e le portava all'esame del Parlamento senza mediazioni. In questo restituiva al Parlamento e ai gruppi parlamentari il ruolo loro riservato dalla Costituzione." (Ciampi, 1996, pp. 8-9).
La successiva legislatura vede Ciampi ritirarsi a vita privata, indifferente alle lusinghe di chi avrebbe voluto candidarlo alle elezioni. Il suo allontanamento dalle vicende di governo, tuttavia, avrà breve durata. Nel 1996 il nuovo Presidente del Consiglio, Romano Prodi, lo vuole al suo fianco come Ministro del Tesoro per affrontare le questioni economiche interne e la sfida dell'ingresso dell'Italia nell'euro. Attraverso l'adozione di una serie di provvedimenti, Ciampi riesce nell'impresa di ridurre nell'arco di un solo anno il rapporto deficit/Pil dal 7,5 al 2,7 per cento facendo rientrare l'Italia nei parametri previsti dal Trattato di Maastricht. Caduto Prodi, accetta di mantenere l'incarico ministeriale sotto il governo D'Alema, ma soltanto per seguire da vicino la piena realizzazione dell'ingresso dell'Italia nell'euro. Raggiunto il traguardo, il 15 marzo 1999 si dimette. Per Ciampi la creazione dell'euro è un evento epocale, da considerare come il primo passo verso la realizzazione di uno Stato federale europeo: "[...] qui mi sento di dire che ho vinto - affermerà in seguito - perché vi ho partecipato attivamente. Che si creasse l'euro era un sogno che sembrava irrealizzabile, invece noi ce l'abbiamo fatta, e l'euro è una moneta da Stato federale, un moneta comune con gestione comune." (Ciampi, 2010, p. 83).
Poche settimane dopo le sue dimissioni da Ministro del Tesoro, il 13 maggio 1999 Ciampi viene eletto, al primo scrutinio, Presidente della Repubblica italiana. Nel suo discorso di insediamento, tenuto alla Camera dei deputati il 18 maggio, sono già delineati con chiarezza gli impegni che intenderà onorare durante il mandato, in particolare riguardo al suo ruolo di rappresentante dell'unità nazionale e di garante della lettera e dello spirito della Costituzione repubblicana. Se il richiamo alla Patria, all'italianità profonda delle radici delle tante e diverse comunità locali che compongono il Paese e alla prospettiva futura di un comune destino europeo costituiscono temi che ricorreranno per tutto il settennato, l'azione di Ciampi come Capo dello Stato troverà forma nell'esercizio discreto ma deciso dei poteri presidenziali garantiti dalla Costituzione e, laddove possibile, in una incessante attività di vigilanza, di impulso, di suggestione e moral suasion.
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Terminato il mandato presidenziale, dal 16 maggio 2006 Carlo Azeglio Ciampi è senatore di diritto e a vita della Repubblica italiana. A partire dalla XV legislatura partecipa ai lavori del Parlamento contribuendo come economista e uomo delle istituzioni. In occasione del dibattito in Aula sulla votazione delle dimissioni presentate dal senatore a vita Francesco Cossiga, Ciampi, nel dichiarare il suo voto contrario alle dimissioni, darà esplicitamente conto dello spirito che anima il suo operato in qualità di parlamentare, collegandolo idealmente a quegli stessi principi che durante il settennato avevano ispirato la sua azione come Presidente della Repubblica:
"Signor Presidente, durante il presente dibattito si è fatto riferimento, ancora una volta, ad alcune mie decisioni e al mio operato come Presidente della Repubblica. Desidero quindi intervenire per riaffermare che come Presidente della Repubblica la mia linea di condotta è stata sempre quella di rispettare e di far sì che in ogni provvedimento al mio esame fosse rispettata la Costituzione, nei suoi princıpi e nelle sue norme. Non ho mai ceduto a pressioni di maggioranza o di opposizione, né a sollecitazioni di altra natura. Come senatore a vita ho e continuerò ad avere come miei riferimenti la Costituzione e la mia coscienza ed eserciterò, secondo l'una e l'altra, i miei diritti di componente di questa Assemblea." (Senato della Repubblica, Assemblea, 31 gennaio 2007, pp. 17-18).
In questi anni Ciampi dedica molto del suo tempo ad attività di studio e di ricerca, ricorrendo di frequente - direttamente e, più spesso, attraverso i suoi collaboratori - ai servizi della Biblioteca del Senato. Assiduo fruitore delle risorse on line disponibili e in particolare le banche dati bibliografiche, non mancherà di testimoniare il suo apprezzamento per l'elevato livello dei servizi offerti, ritenendo l'apertura al pubblico della Biblioteca un atto doveroso in considerazione dell'importanza del suo patrimonio per gli studiosi e per i cultori di discipline storico-giuridiche. Del resto, come avrà modo di sostenere a conclusione delle conversazione con Arrigo Levi,
"Nella vita si studia sempre fino all'ultimo giorno. In forme diverse. La curiosità, il desiderio di capire, di darsi una spiegazione delle cose, non cessano mai. Il mondo non si conosce mai abbastanza. A parte le conoscenze tecniche, è la vita stessa, nei suoi valori, nelle sue manifestazioni, nelle nostre reazioni a esse, che si presenta come un apprendistato continuo. Anche a novant'anni compiuti." (Ciampi, 2010, p. 122).
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6. Riferimenti e approfondimenti bibliografici
Carlo Azeglio Ciampi. Percorso bibliografico nelle collezioni della Biblioteca del Senato. Si suggerisce inoltre la ricerca nel Catalogo e nelle banche dati consultabili dalle postazioni pubbliche della Biblioteca.