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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 51 (Nuova Serie), giugno 2019

Disponibile in Biblioteca il Fondo Giuseppe Bartolomei

Il 27 febbraio del 2018 il Senato ha acquisito in dono la biblioteca personale di Giuseppe Bartolomei, senatore per cinque legislature, dalla IV all'VIII (1963-1983), e Ministro dell'agricoltura e delle foreste nel terzo e nel quarto Governo dell'VIII legislatura, rispettivamente nei Governi Forlani (1980-1981) e Spadolini I (1981-1982).

Al termine del suo ultimo mandato parlamentare fu Presidente della Banca Toscana, incarico che conservò fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1996.

Il Fondo Bartolomei è costituito da circa 1.200 monografie, 200 opuscoli e 165 titoli di periodici italiani e francesi. La Biblioteca del Senato ha ultimato la catalogazione del materiale che è ora completamente ricercabile tramite l'OPAC del Polo bibliotecario parlamentare e disponibile per la consultazione presso la sede di Piazza della Minerva.

La fisionomia del fondo rispecchia i temi che ebbero maggiore importanza nell'attività parlamentare e di governo di Giuseppe Bartolomei: centrali dunque le scienze politiche, sia nella loro articolazione teorica che storica, con particolare riferimento alla politica italiana, al ruolo dei cattolici in politica e allo sviluppo della Democrazia Cristiana. Connesso a questo tema è quello del laicismo e, in generale, dei rapporti tra politica e religione.

Un altro filone è rappresentato dall'economia e dalla finanza, con particolare attenzione al mondo delle banche e dell'industria. La riflessione economica è sempre accompagnata, nelle letture di Bartolomei, da quella sociologica: molto presenti sono i temi del rapporto tra economia e società, della sociologia del lavoro, dell'associazionismo. Economia, dunque, e anche sviluppo, ma "sviluppo sostenibile", sempre attento alla tutela dell'ambiente, all'ecologia, all'agricoltura intesa come rapporto privilegiato tra l'uomo e la natura, da proteggere, sia dal punto di vista della difesa delle risorse naturali, sia dal punto di vista del sostentamento dell'uomo, dell'alimentazione, delle condizioni socio-economiche del mondo agricolo, del supporto alimentare ai Paesi in via di sviluppo.

L'Archivio legislativo del Senato ha preparato un dossier che raccoglie l'attività di Giuseppe Bartolomei in Senato: i disegni di legge presentati nel corso dei suoi cinque mandati, gli atti di sindacato ispettivo (mozioni, interpellanze, interrogazioni), gli interventi in Aula e in Commissione, gli interventi in Senato in qualità di Ministro dell'agricoltura e delle foreste.

Giuseppe Bartolomei. Attività e discorsi

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Profilo biografico. A cura di Francesca Bartolomei

Giuseppe Bartolomei nasce a Campalla di Anghiari il 12 gennaio 1923, da una famiglia di piccoli possidenti agricoli, e cresce in un ambiente contraddistinto da un forte impegno pubblico nella comunità locale e da un'antica e profonda appartenenza cristiana. Due dei suoi zii sono sacerdoti e due dei suoi fratelli abbracceranno lo stesso cammino. Il senso di questa duplice responsabilità, sociale e religiosa, trasmessogli dalla famiglia di origine, lo accompagnerà per tutta la vita, determinandone fino alla fine le scelte fondamentali.

La Seconda Guerra Mondiale irrompe nella sua esperienza di adolescente, sconvolgendola dolorosamente. Il sanguinoso passaggio del Fronte ad Anghiari, i mesi trascorsi in clandestinità per sottrarsi alla leva obbligatoria imposta dalla Repubblica di Salò, sono passaggi di sofferenza personale e comunitaria che lo convincono intimamente della necessità di un impegno diretto nella ricostruzione di un Paese martoriato dalla guerra e da vent'anni di dittatura fascista.

Da quando, nell'agosto 1944, poche settimane dopo la liberazione del territorio valtiberino, si iscrive alla Democrazia Cristiana e fonda con un gruppo di amici la sezione di Anghiari, l'attività politica diventa il fulcro della sua vita. Nel 1955, la Direzione nazionale lo nomina Commissario della Dc aretina, squassata da una crisi profonda e da impietose faide interne. In poco più di un anno riesce a ricomporre le divisioni e a rimettere in piedi la macchina del partito, venendo eletto all'unanimità Segretario Provinciale della Dc aretina.

Lascia l'incarico nel 1960, quando è chiamato a Roma da Amintore Fanfani, con cui ha stabilito un legame politico ed umano che segna tutta la sua lunga militanza nella Dc, e che lo vuole al proprio fianco nel varo del primo governo di centrosinistra. Nel suo ruolo di capo della Segreteria della Presidenza del Consiglio, Bartolomei vive dal di dentro momenti politici drammatici come la crisi di Cuba, ed entra in contatto con alcuni protagonisti della storia del Novecento, come Giovanni XXIII, John Fitzgerald Kennedy, Enrico Mattei, conosciuto ai tempi del suo impegno professionale all'Agip.

È nel 1963 che Bartolomei, appena quarantenne, entra in Parlamento: eletto al Senato, vi resterà per vent'anni, nell'arco complessivo di cinque legislature consecutive.

Eletto Vicepresidente del Gruppo dei senatori Dc nel 1969, quattro anni più tardi, nel luglio 1973, ne assumerà la Presidenza, venendo confermato nell'incarico per altre due legislature, fino all'ottobre 1980.

Gli anni trascorsi alla Presidenza del Gruppo Dc del Senato sono tra i più difficili della storia recente del Paese: attraversati dalle pesanti conseguenze della recessione economica innescata dalla crisi petrolifera e da un'escalation terroristica del conflitto politico che li suggella con il sangue, si iscrivono nella memoria collettiva come gli anni di piombo.

Attivo protagonista del paziente lavoro di mediazione parlamentare tra la Dc e il Partito comunista in vista di un governo di solidarietà nazionale che riunisca un Paese profondamente diviso, Bartolomei affianca l'azione di rinnovamento del partito promossa dal Segretario Benigno Zaccagnini, nella convinzione che solo un rilancio ideale e morale di una forza politica logorata da decenni ininterrotti di governo può risollevare l'Italia dalla crisi economica e sociale in cui si trova sprofondata alla fine degli anni Settanta.

Le speranze associate alla segreteria Zaccagnini e all'istituzione di un'alleanza tra i partiti dell'arco costituzionale in risposta al terrorismo naufragano tuttavia dolorosamente nella maggiore tragedia della storia della Repubblica italiana. Il 16 marzo 1978, lo stesso giorno in cui il governo di solidarietà nazionale deve presentarsi alle Camere, le Brigate Rosse rapiscono il Presidente della Dc Aldo Moro, sterminandone la scorta. Per Bartolomei cominciano i 55 giorni più difficili e amari della sua intera vicenda politica.

Membro della delegazione responsabile della trattativa con le BR, Bartolomei si trova lacerato tra la volontà di salvare l'uomo, il compagno di partito, l'amico, e l'obbligo istituzionale e politico di difendere le ragioni dello Stato e della democrazia contro un odioso ricatto criminale volto a minare le basi della vita democratica.

La sovrapposizione insolubilmente contraddittoria delle fedeltà individuali e delle responsabilità pubbliche, l'esito tragico della vicenda, mettono alla prova tutti i suoi protagonisti. Bartolomei testimonierà fino alla fine il sentimento di sconfitta umana, per non aver potuto salvare l'amico, e la ferma convinzione dell'obbligo politico di difendere la democrazia dalla violenza terrorista.

La Dc esce comunque squassata da questa tragedia. Bartolomei si impegna attivamente per il rinnovamento del partito ma la riforma auspicata non decolla. È in questo contesto che nell'ottobre 1980 lascia la Presidenza del Gruppo Dc al Senato, per entrare come Ministro dell'agricoltura nel Governo Forlani. Quello che dall'esterno viene giudicato come un semplice salto di carriera rappresenta in realtà l'inizio del commiato dalla partecipazione diretta e incondizionata alla vita del proprio partito.

Le soddisfazioni raccolte nell'esercizio di un'attività che lo riporta nel cuore delle sue radici contadine, a contatto con un mondo, quello dell'agricoltura, in cui si sente tornato a casa e che conosce episodi di gratificazione personale particolarmente significativi come la vittoria nella famosa guerra del vino con la Francia, compensano dal punto di vista umano ma non da quello politico l'amarezza per la crescente distanza dalla vicenda della Democrazia Cristiana, di cui osserva e a più riprese denuncia con allarmata preoccupazione l'incapacità di rinnovamento.

Alla fine di tre anni spesi interamente nell'impegno ministeriale, il distacco ormai esplicito dalle dinamiche interne della Dc ne determinano la mancata conferma nel nuovo governo Fanfani e quindi, di lì a poco, la non ricandidatura al Senato. A vent'anni dalla sua prima elezione, nella primavera 1983, Bartolomei esce dal Parlamento e dalla politica attiva.

Nel maggio del 1984 è nominato Presidente della Banca Toscana, incarico ricoperto fino all'aprile 1996.

Si apre così il 'periodo fiorentino' della sua vita pubblica, una stagione di grande ricchezza umana e professionale. Sotto la sua Presidenza, le sponsorizzazioni di iniziative culturali, sportive e sociali da parte della Banca Toscana crescono non solo quantitativamente ma anche qualitativamente, mentre l'istituto di credito cresce e si consolida, divenendo una realtà economica di punta nel panorama non solo toscano ma nazionale.

Sono, questi della presidenza della Banca Toscana, anni estremamente produttivi anche sotto il profilo dell'elaborazione intellettuale e della scrittura. Accanto ad una serie di libri dedicati alla storia del suo paese di origine, Anghiari, Bartolomei dà alle stampe numerosi testi di riflessione culturale e politica.

Muore il 28 settembre 1996 per un aneurisma che lo porta via in pochi giorni, lasciando la memoria di una vita di rettitudine, equilibrio, competente laboriosità e intelligenza politica al servizio del bene comune, condivisa da tutti coloro che l'hanno conosciuto, trasversale ai fronti politici, attestata unanimemente da amici e antichi avversari. Muore come voleva lui, in un soffio improvviso di vento che lo sottrae alla vecchiaia, al declino delle forze fisiche ed intellettuali, all'inattività. Muore come aveva vissuto: sereno, composto, discreto. Riposa nel cimitero di Campalla, a pochi metri dalla casa in cui è nato, accanto alla moglie Vinicia, la compagna di vita che l'ha sempre affiancato e sostenuto con forte volontà e sincero entusiasmo, in un percorso esistenziale pieno di soddisfazioni ma anche di sacrifici e di amarezze che sempre accompagnano l'attività politica.

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