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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 28 (Nuova Serie), agosto 2015

Il Fondo Dalmata e le Carte Ghiglianovich della Biblioteca del Senato nella mostra "La grande guerra"

Il 30 giugno 2015 è stata inaugurata presso la Biblioteca della Camera a Palazzo del Seminario la mostra "La grande guerra: documenti e testimonianze dai fondi del Polo bibliotecario parlamentare". L'esposizione presenta, nel primo centenario dell'ingresso dell'Italia in guerra, un'importante selezione di documenti, volumi e periodici delle due biblioteche parlamentari di Camera e Senato, che ne hanno curato il progetto espositivo.

Si segnalano in particolare, oltre alle raccolte di atti parlamentari e fonti normative, le importanti collezioni di opuscoli e discorsi politici, le raccolte di giornali italiani e stranieri, nonché alcuni fondi tematici, formatisi per iniziativa delle biblioteche o acquisiti per donazione, che costituiscono complessi documentari unici e singolari, in alcuni casi non ancora del tutto conosciuti dagli storici: il Fondo Ermanno Bianchi e il Fondo Vittorio Emanuele Orlando della Biblioteca della Camera e i Fondi Cippico-Bacotich e le Carte Ghiglianovich della Biblioteca del Senato. Il materiale è organizzato in sezioni tematiche scelti per valorizzare i fondi delle due biblioteche: il "maggio radioso" e il Parlamento; parlamentari e guerra nel 1915; i nuovi ruoli sociali della donna nella grande guerra; pacifismo e pacifisti; memorialistica e letteratura della vita in trincea; il presidente della vittoria, Vittorio Emanuele Orlando; la questione della Dalmazia e dell'Adriatico.

Quest'ultima sezione della mostra, curata dalla Biblioteca del Senato presenta volumi provenienti dalla Raccolta dalmata e autografi appartenenti alla collezione Cippico-Bacotich e alle Carte Ghiglianovich.

La Raccolta dalmata Cippico-Bacotich è il risultato dell'acquisto da parte della Biblioteca del Senato di una collezione di eccezionale valore, raccolta nel primo '900 da due illustri rappresentanti della cultura dalmata in Italia, Arnolfo Bacotich (Spalato 1875-Roma 1940) e suo cognato, il senatore Antonio Cippico (Zara 1877-Roma 1935). La Raccolta, che costituisce un'integrazione rilevante alle collezioni di storia locale italiana possedute dalla Biblioteca del Senato, comprende opere fondamentali relative alla Dalmazia: edizioni antiche, rarità bibliografiche, guide turistiche, giornali, manoscritti (tra i quali codici dei secc. XVII e XVIII sulla storia di Venezia e numerose carte autografe di patrioti e martiri dell'irredentismo adriatico), ma anche carte geografiche e un significativo patrimonio iconografico, rappresentato da incisioni, disegni e riproduzioni fotografiche.

Come la Raccolta dalmata, anche le Carte Ghiglianovich costituiscono una preziosa fonte per lo studio della questione adriatica e delle vicende legate all'irredentismo, con particolare riferimento al periodo tra l'inizio della prima guerra mondiale e la conclusione del trattato di Rapallo. La raccolta si presenta come un fondo organico, ceduto alla Biblioteca nel 1953 dagli eredi del senatore Roberto Ghiglianovich (1863-1930), ed è costituita da lettere e documenti relativi all'attività politica di Ghiglianovic, avvocato e esponente di spicco del Partito autonomista di Dalmazia tra la fine dell'Ottocento e gli anni Venti del Novecento.

La selezione esposta documenta la trasformazione dell'autonomismo dalmata nell'interventismo nazionalista, che mirava all'egemonia italiana nell'Adriatico. Questa posizione si fondava sull'assunto dell'italianità della Dalmazia. In contrasto con quello nazionalista, l'interventismo democratico, documentato dagli scritti di Gaetano Salvemini e di Giuseppe Prezzolini, sosteneva invece che l'azione bellica dell'Italia al fianco della Triplice Intesa doveva mirare alla liberazione dall'Impero austro-ungarico di tutte le nazionalità da esso oppresse.

La società Dante Alighieri svolse un ruolo di primo piano nell'organizzazione dell'attività di propaganda e pubblicistica a favore dell'annessione italiana della Dalmazia. Tale ruolo si esplicò attraverso numerose associazioni e comitati territoriali, tra cui l'Associazione Pro Dalmazia italiana, fondata nel novembre 1914, e il Comitato centrale di propaganda per l'Adriatico italiano, che aveva la funzione di svolgere un'azione di propaganda nelle capitali europee.

All'inizio del 1915 l'editore Formiggini pubblicò La Dalmazia: sua italianità, suo valore per la libertà d'Italia nell'Adriatico, con scritti delle principali voci dell'interventismo nazionalista, tra cui Giotto Dainelli, Tommaso De Bacci Venuti, Attilio Tamaro, Alessandro Dudan, Antonio Cippico. Nella corrispondenza di alcuni degli autori si apprezza la difficile gestazione di quest'opera collettiva che dava voce a posizioni diverse, se pur tutte nell'alveo del nazionalismo interventista. Una delle voci più accese fu senza dubbio quella di Attilio Tamaro, protagonista durante il periodo della guerra, di aspre polemiche, a colpi di articoli e pamphlet, con Prezzolini e Salvemini.

Anche Roberto Ghiglianovich coordinò e organizzò con i fondi della Dante Alighieri la pubblicazione di scritti dedicati alla dimostrazione dell'italianità della Dalmazia: fra questi i due tomi dell'importante La monarchia degli Absburgo, di Dudan, gli scritti di argomento dalmatico di Tamaro e di Tomaso Sillani, segretario della Pro Dalmazia. Sempre Ghiglianovich, insieme al segretario della Dante Alighieri, Donato Sanminiatelli, commissionò a Tamaro l'imponente opera La Vénétie julienne et la Dalmatie : histoire de la nation italienne sur ses frontières orientales.

La posizione nazionalista trovò infine il suo organo di stampa ne L'idea nazionale di Salvatore Segré, cui si contrapposero sempre, sul fronte democratico, il settimanale L'Unità, Il popolo, La Voce. Edizione politica e la collana editoriale La giovine Europa.

Mentre l'Associazione Pro Dalmazia italiana organizzava la propaganda nazionalista, Gaetano Salvemini si impegnava sul fronte opposto a negare la pretesa italianità della Dalmazia e a sostenere il programma di intesa con le altre nazionalità balcaniche in chiave anti-imperiale.

L'obiettivo politico di Salvemini era che si addivenisse a una federazione di nazionalità autonome (fra cui quella italiana). Questa posizione democratica era vicina a quella che andavano maturando gli ambienti politico-diplomatici di Francia e Inghilterra, dove si giudicavano eccessive persino le rivendicazioni italiane contenute nel Patto di Londra, la "perversione imperialista", per usare un'espressione di Salvemini.

Intanto, tra il 1915 e il 1916, nell'ambito della collana La giovine Europa Salvemini coordinò la preparazione di un volume collettivo sulla Dalmazia, che avrebbe dovuto raccogliere le opinioni di intellettuali italiani e slavi a sostegno dell'ipotesi del compromesso territoriale italo-jugoslavo basato sul reciproco rispetto delle minoranze. In poche parole, il volume avrebbe risposto democraticamente all'opera collettiva nazionalista della Dante Alighieri.

Tra gli autori del volume de La giovine Europa figurava anche Giuseppe Prezzolini che aveva da sempre espresso la sua contrarietà alle posizioni nazionaliste e dalmatomani su La Voce edizione politica, interventi poi ampliati e ripubblicati ne La Dalmazia. Questo scritto di Prezzolini fu duramente attaccato dai nazionalisti italiani ed echi infiniti della polemica riempiono la corrispondenza dei membri della Pro Dalmazia nel 1915 e nel 1916.

L'ascesa del nazionalismo jugoslavo mise in difficoltà il fronte democratico e la tesi della pacifica convivenza di etnie diverse in Dalmazia: il progetto di opera collettiva prima rallentò per la presenza nel piano dell'opera di autori che furono giudicati da Salvemini troppo sbilanciati a favore della parte slava e che furono espunti. Contro il nazionalismo jugoslavo si espresse anche Zanotti Bianco, direttore della collana La giovine Europa. La pubblicazione del volume collettaneo, pronto comunque alla fine del 1916, fu bloccata dalla censura.

Dalla rielaborazione del contenuto degli articoli di Salvemini e del geografo Carlo Maranelli nacque La questione dell'Adriatico, che, in una fase politica diversa, nel 1918, fu dato alle stampe e pubblicato.

Attilio Tamaro attaccò con durezza il volume, contestandone alla radice il metodo di addurre questioni etnografiche invece di parlare di questioni politiche, tacciando il Salvemini di trattare con maggior durezza il nazionalismo italiano piuttosto che il nazionalismo slavo. Salvemini e Maranelli prepararono un'articolata risposta a Tamaro, che inclusero, insieme alla stessa recensione di Tamaro, in una seconda edizione de La Questione dell'Adriatico, bloccata dalla censura e poi pubblicata nell'agosto 1919.

Le trattative di Versailles avrebbero di lì a poco segnato il fallimento delle posizioni che si erano confrontate negli anni della guerra in Italia: l'interventismo nazionalista che fin dall'inizio aveva ritenuto insufficienti le previsioni del Patto di Londra; gli ambienti governativi, che rivendicavano l'esecuzione letterale di quello stesso Patto. Ma anche l'interventismo democratico che vide disatteso in primo luogo per l'Italia, ma anche altrove in Europa, il principio del rispetto delle identità nazionali territoriali.

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L'accesso alla mostra è libero, con orario lunedì - venerdì 10-18; sabato 10-12.

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