Il Presidente: Discorsi

Occidente e terrore

Discorso pronunciato alla IV edizione delle Giornate internazionali del pensiero filosofico "Ulisse o Titanic? Ottimismo e pessimismo nella cultura contemporanea"

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Palermo

9 Ottobre 2004

Lo scopo che qui mi prefiggo non e sostenere che e in corso una guerra fra gruppi islamici e l'Occidente, cio che a me pare evidente anche alla vista dei ciechi, bensi quello, apparentemente piu modesto ma evidentemente piu difficile, di cercare di capire perche di questa guerra, in Occidente e soprattutto in Europa, non si possa neppure parlare. La cosa ha del paradossale. Se si e convinti che la guerra c'e, allora bisognerebbe discuterne; e, se si e convinti che non c'e, allora ugualmente bisognerebbe discuterne, se non altro per confutare la tesi opposta. Nell'uno e nell'altro caso, sembrerebbe che l'unica cosa che non si dovrebbe fare e sfuggire dall'argomento. Invece non e cosi.

Procedero in questo modo. Parlero primo del dato, la guerra. Ricordero poi due reazioni tipiche a questo dato, quella americana e quella europea, e cerchero di capirne le ragioni sottostanti. Infine, diro qualcosa sull'Europa e sulle responsabilita che ci competono.

1. Jihad

Il terrorismo islamico viene all'onore dell'opinione pubblica mondiale soprattutto l'11 settembre 2001. Ma esisteva anche prima ed e continuato dopo. Prima, si ricordino il World Trade Center del 1993, la nave americana "Cole", le ambasciate americane di Dar el Salam e Nairobi. Dopo, si ricordino Bali, Casablanca, Riad, Giakarta, Ankara, Beslan, Pakistan. E soprattutto Madrid. Sono piu di dieci anni di terrorismo, con un numero imprecisato di massacri e morti. Dieci anni di jihad, di guerra santa, di cui occorre comprendere le ragioni che la motivano, gli obiettivi che persegue, gli strumenti che usa.

Le ragioni di questa guerra santa sono state illustrate dai terroristi, nel nostro linguaggio, dai combattenti e martiri, nel loro, molte volte nel corso degli anni. Esse sono un misto di concezioni filosofiche, religiose, politiche, tutte basate su un senso di frustrazione delle popolazioni islamiche, una visione di degrado e corruzione morale dell'Occidente, un desiderio di riscatto, un ritorno al Califfato, una concezione globale dell'Islam. A questo proposito - in un testo attribuito a Bin Laden e diffuso da Al Jazeera il 4 gennaio 2004 - si legge:

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Quanto agli obiettivi della jihad, essi sono l'America, Israele, l'Occidente intero, i paesi arabi e islamici moderati.

Nella "Dichiarazione del Fronte islamico mondiale per la jihad contro ebrei e crociati" del 23 febbraio 1998, l'America e accusata di

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Israele e accusata di occupare Gerusalemme, opprimere e uccidere i palestinesi:

Se lo scopo dell'America e religioso e economico, esso e anche quello di servire l'insignificante Stato degli Ebrei e di volgere l'attenzione dalla sua occupazione di Gerusalemme e dall'assassinio dei Musulmani>.

I paesi islamici soprattutto del Golfo sono accusati di tradimento. Nel testo citato diffuso da Al Jazeera, si legge:

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Dell'Occidente intero, in un documento di illustrativo della strategia di Al Qaeda diffuso dopo la strage di Madrid del 14 marzo 2004, si dice:

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Infine, gli strumenti. Un manuale di addestramento di Al Qaeda trovato a Londra nel 1993, dice:

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E prosegue:

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Dieci anni, dunque, di guerra santa, di teorie, proclami, attentati, massacri. Sulla pelle dell'Occidente, di Israele, dei paesi arabi, sotto gli occhi di tutti. Questo vogliono, dicono e fanno loro. Vogliono la guerra santa, predicano la guerra santa, fanno la guerra santa. E noi che cosa vogliamo, diciamo, facciamo?

2. Marte

Come reagisce il mondo occidentale a queste dichiarazioni e azioni di guerra?

La sintesi piu felice e la fotografia piu precisa dell'odierna situazione l'ha offerta lo studioso americano Robert Kagan. Egli ha scritto: . Insomma, l'Occidente e diviso. Per usare le ormai celebri parole di Kagan, .

Che sia cosi, a me pare non non ci siano dubbi, anche se le generalizzazioni, come del resto riconosce lo stesso Kagan, sono sempre scivolose e rischiano di far cadere sul primo controesempio coloro che vi si avventurano in modo affrettato. Per Venere, due controesempi recenti sono la guerra nel Kossovo, quando l'Europa, assieme all'America e senza l'autorizzazione dell'Onu, non esito a bombardare la Serbia di Milosevic, e la guerra in Afghanistan quando l'Europa, assieme all'America e questa volta con l'autorizzazione dell'Onu, bombardo il regime dei Talebani. E piu probabile che la distinzione fra Venere e Marte sia di grado anziche di qualita, con Venere piu prudente e restia ma non avversa in assoluto ad usare la forza, e Marte invece piu precipitosa e incline a ricorrervi piu frequentemente. Forse e piu probabile che la distinzione sia di principio, con Venere che usa la forza quando la ritiene giusta o quando e l'ultima risorsa, e Marte che invece la adopera quando e nel suo interesse, senza troppo riguardo ai valori che la giustificano. Ed e forse ancora piu probabile che la distinzione Venere-Marte sia ad hoc, nel senso tecnico di costruita su un solo esempio, quello dell'intervento in Iraq, il quale, a differenza degli altri interventi, ha effettivamente diviso America e Europa

Quale che sia lo status e il valore della teoria di Kagan, il fatto della divisione dell'Occidente sulla questione dell'Iraq e del terrorismo islamico resta. A questo fatto America e Europa hanno reagito in modo diverso. Anche qui, naturalmente, bisogna guardarsi dalle generalizzazioni, perche ne l'America ne l'Europa sono due monoliti politici. E pero il fatto e indubitabile. Perche?

Solitamente, le ragioni di Marte-America sono state identificate nella amministrazione Bush, nella sua mancanza di riguardo per il multilateralismo, nel sua scarsa considerazione per l'Onu, nella sua sete di rivincita dopo l'11 settembre, nella sua arroganza e ignoranza delle sottigliezze delle relazioni internazionali. Ma e chiaro che questa spiegazione risente troppo della polemica politica interna a tutti i paesi europei, divisi tra i "pacifisti" e gli "interventisti", gli uni sostenitori dei democratici americani, gli altri sostenitori dei repubblicani. Basterebbe la risposta che il candidato democratico John Kerry ha dato durante il primo dibattito col Presidente Bush per smentirla. Kerry non solo ha detto che , ha anche aggiunto che .

La spiegazione dunque va cercata altrove. E io credo che vada ricercata in quel wilsonismo carsico e trasversale che da decenni caratterizza la politica americana.

Come e noto, il Presidente democratico Woodrow Wilson, alla Conferenza di pace di Parigi del 1918, lancio una triade di idee - liberta politica, liberta economica, sicurezza - che, se realizzata, avrebbe scongiurato il rischio di altre guerre mondiali. Questa triade tipicamente idealistica e liberale presuppone una filosofia sottostante. Si tratta della filosofia universalistica e antirelativistica dei diritti umani originari, inviolabili e invarianti rispetto alle tradizioni, culture e religioni. Secondo questa filosofia, tutti i popoli, tutti gli individui, in tutte le epoche, in tutte le circostanze, hanno le stesse aspettative e reclamano gli stessi diritti, quelli stessi che, dopo la seconda guerra mondiale e quindi dopo il fallimento degli ideali di Wilson, saranno di nuovo reclamati e infine consacrati dalla Carta di San Franisco dell'Onu.

Si legga adesso il documento The National Security Strategy dell'amministrazione americana del 17 settembre 2002, quello noto per la tesi della guerra preventiva. In un passo iniziale rilevante, si legge:

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Si notino le espressioni del Presidente Bush: ovunque, per ogni persona, in ogni societa, in ogni parte del mondo, ad ogni eta. Queste sono espressioni universalistiche e non c'e niente di relativo in esse. Tutti, sempre, in ogni luogo, hanno gli stessi diritti. Se questi sono riconosciuti e rispettati, i popoli vivono in pace. Se non lo sono, nascono le guerre. E per evitare le guerre, se e il caso, occorre prevenire, anche con il colpo preventivo. Questa e la dottrina di Bush ed e la "grande dottrina" di cui parla Kerry. E dottrina wilsoniana. Anche se nessuno sembra saperlo o volerlo ammettere, ora che il povero Kant e stato assurto ad eroe pacifista, e la dottrina kantiana della "pace perpetua", guerra preventiva inclusa.

Naturalmente, ci sono differenze. Quando Wilson predicava il wilsonismo, aveva dietro di se una guerra che non voleva si ripetesse e davanti a se un futuro di pace. Quando Bush (Kerry) predica il wilsonismo, ha dietro di se un massacro compiuto sul suolo americano e davanti a se una guerra santa che e stata dichiarata all'America. Ecco perche si puo dire che quello di Wilson e wilsonismo idealistico e quello di Bush e wilsonismo realistico. Quello di Wilson wilsonismo pacifista e quello di Bush wilsonismo interventista. O, quanto all'uso della forza, quello di Wilson wilsonismo reattivo e quello di Bush wilsonismo preventivo. Naturalmente, si puo discutere se il wilsonismo sia stato usato da Bush nel modo giusto, nei tempi giusti, nelle circostanze giuste. Si puo contestarne l'applicazione. Ma non si puo dubitare del principio: sempre di wilsonismo si tratta. Stessa idea dei valori e diritti inalienabili, stessa idea dei principi fondamentali, stesso universalismo, stesso antirelativismo, stesso fondamento morale e religioso, stessa concezione della missione americana.

3. Venere

Questo, a mio avviso, spiega Marte-America. E Venere-Europa come si spiega?

Si spiega con una filosofia diversa. Quella filosofia relativistica che l'Europa, assai piu dell'America nella quale pure e penetrata, oggi accetta e diffonde. Questa filosofia e applicata indistintamente alle civilta, alle culture, alle tradizioni. Secondo essa, civilta, culture, tradizioni sono tra loro equipollenti, non sottostanno a principi gerarchici, non possono essere poste su una scala, non hanno un metro comune che possa valutarle tutte. E cio perche non esistono valori o principi universali, validi per ogni civilta.

Le conseguenze di questa filosofia sono coerenti con la sua impostazione. Nell'ambito delle relazioni internazionali, sono almeno tre.

Primo. Resistenza o auto-divieto ad "esportare" i nostri principi, valori e istituzioni fuori di casa nostra. Questa resistenza non riguarda le modalita dell'esportazione. Essa e osteggiata anche se fosse la piu pacifica, come quella religiosa del dialogo e della missione, quella culturale della assimilazione e della integrazione, quella economica dello scambio e dello sviluppo del benessere. Esportare la democrazia e considerato un atto di imperialismo comunque, un attentato alla sacralita e autosufficienza olistica delle altre tradizioni, un gesto di arroganza da reprimere. L'Occidente non ha niente da insegnare e la pretesa universale delle sue conquiste e una forma di hubris. Samuel Huntington - un autore piu criticato e ostracizzato che letto e che invece, se fosse letto, diventerebbe un eroe dei relativisti - ha scritto: . Proprio cosi: ritenere che gli uomini, senza distinzione alcuna, abbiano diritti inalienabili, che la liberta, la democrazia, la tolleranza, il rispetto reciproco, l'uguaglianza davanti alla legge, la giustezza della pena, e poi l'educazione, la salute, la famiglia, e cosi via scorrendo gli articoli delle nostre Costituzioni o dei nostri Bills of Rights, siano un bene per tutti, significa dire il falso, atteggiarsiu immoralmente, agire pericolosamente.

Secondo. Divieto dell'uso della forza. Se le culture hanno tutte gli stessi diritti e autogiustificazioni, se ciascuna ha in se il criterio del proprio valore, allora, se un'altra cultura, come l'Islam secondo l'interpretazione dei jihadisti, e dogmatica, totalitaria, chiusa, intollerante, violenta, non puoi contrastarla, non puoi difenderti. Devi solo sperare e pregare. E forse neppure pregare, perche la tua preghiera vale solo nella tua cultura, fra le tue mura domestiche, come da tempo predicano anche i teologi relativisti. Dunque, se c'e una guerra del terrorismo, non si deve rispondere con una guerra al terrorismo. Dal vocabolario politicamente corretto dell'Occidente, il termine "guerra", e soprattutto il suo concetto, deve essere bandito. D'altro canto, non c'e scritto nella nostra Costituzione che ? C'e scritto, ma naturalmente significava un'altra cosa. Per coloro che la scrissero nel dopoguerra, quella frase importante significava ripudio di ogni guerra di aggressione o di giustizia sommaria o di invasione o di intervento unilaterale nelle dispute internazionali; per coloro che la leggono nell'era del pacifismo, significa rifiuto della forza tout court. A costo di arrendersi, di ritirarsi, di invocare la benevolenza di chi ti tiene in ostaggio e ti sgozza, di vivere sotto ricatto, di subire le minacce.

Terzo. Senso di colpa. Cosi come e autoconsolatorio per ciascuna cultura, il relativismo e stranamente autoaffliggente in particolare della nostra. L'uomo occidentale e un eauton timoroumenos. La catena che lo porta a battersi il petto e lunga ma inesorabile. Se c'e la jihad allora c'e una ragione. Se c'e una ragione allora c'e uno squilibrio. Se c'e uno squilibrio allora qualcuno l'ha provocato deliberatamente. Se qualcuno l'ha provocato deliberatamente e l'Occidente, con il nazionalismo, l'imperialismo, il colonialismo, l'occupazione economica, la penetrazione culturale, la predicazione religiosa. E se l'Occidente, alla fine, e colpevole della jihad allora si merita la jihad. Contro l'Occidente c'e sempre un "ma" che lo blocca. Alcuni gruppi islamici ricorrono al terrore? Brutta cosa, dice Noam Chomsky, ma si dimentica che l'America e . I palestinesi usano bambini come kamikaze? Orrendo, commenta Jose Saramago, <<em>ma Israele deve ancora imparare parecchio se non e capace di comprendere le ragioni che possono portare un essere umano a trasformarsi in una bomba>. E cosi via, per ogni problema serio che affligge il mondo.

4. Europa

Il relativismo si contrasta col pensiero. Ma alla politica, alla fine, tocca l'azione. Dobbiamo dire quale e in che modo.

Dieci anni di terrorismo, un numero enorme di attentati e di morti, un futuro di insicurezza non sono ancora bastati all'Occidente, che si e diviso sull'analisi del fenomeno, sui modi e mezzi per fronteggiarlo, sulla guerra in Iraq, sul dopoguerra. E cio mentre il terrorismo si rafforza, si espande e ricorre a qualunque mezzo, compreso la cattura di ostaggi e la loro barbara decapitazione, pur di fiaccare l'Occidente, abbattere lo Stato di Israele per spazzare via ogni contaminazione occidentale nel Medio Oriente, e insidiare il mondo islamico, secondo un copione che dovrebbe ormai esserci tristemente noto, ma che evidentemente leggiamo con leggerezza a nostro rischio e pericolo.

E vero, come ricorda la Commissione del Congresso americano sui fatti dell'11 settembre, che vi e stato un ritardo generalizzato nel capire la portata della minaccia del terrorismo islamico. Ma fin dal 1998 gli Stati Uniti si sono mossi per contrastarlo, mentre l'Europa ha mostrato la minore capacita di analisi del fenomeno e, di conseguenza, la maggiore riluttanza a contrastarlo con decisione. Neanche i duecento morti di Madrid hanno piegato la ferma volonta del nostro Continente di continuare a far finta di nulla, e hanno cambiato la tenace intenzione di addossare agli Stati Uniti tutto il peso del contrasto del terrorismo, unita spesso alla zavorra dell'accusa di essere loro stessi responsabili di questa piaga.

Che cosa dovrebbe fare di piu l'Europa? Tre cose, io credo.

Innanzitutto, prendere coscienza della posta in gioco in Iraq. Per i terroristi, l'Iraq e il fronte della guerra santa. Per noi occidentali e la frontiera della resistenza alla guerra santa. Perdere in Iraq vuol dire abbandonare un paese al fondamentalismo, consegnare il suo popolo ad una dittatura teocratica, destabilizzare un'intera area strategica, aggravare, non risolvere, il conflitto israelo-palestinese. Insomma, una sconfitta amara e tragica per noi e per lo stesso mondo arabo.

In secondo luogo, rispettando quella Risoluzione dell'Onu n.1546 che essa stessa ha invocato e approvato, l'Europa dovrebbe autoconvocarsi in un Consiglio europeo ad hoc o partecipare unita ad una Conferenza internazionale ad hoc e li prendere la decisione di presentarsi tutta insieme in Iraq per portargli ricostruzione, assistenza, e transizione alla liberta.

In terzo luogo, l'Europa dovrebbe lasciare da parte i suoi rinascenti nazionalismi, le patetiche velleita egemoniche di alcuni paesi, i suoi storici distinguo, i suoi sospetti nei confronti dei disegni americani in Medio Oriente, e collaborare invece attivamente alle iniziative volte a incoraggiare le riforme nel mondo arabo mediorientale. Per fare proseliti, il terrorismo fa leva anche sul degrado sociale. La cooperazione con gli Stati arabi e islamici - come noi esposti al rischio della destabilizzazione - e quindi essenziale.

Sapra, la vecchia Europa, riconoscere i propri doveri, e vorra adempiervi? Che lo sappia, e impossibile dubitare. Che lo voglia e tutt'altro che certo. Ma se cosi non accadra, allora c'e da scommettere che quel Trattato costituzionale europeo che da qui a poco si firmera a Roma non sara solo macchinoso, sara anche inefficace, non importa quanto imponente sara la cerimonia della firma, altisonanti i discorsi e impressionanti le celebrazioni. E accaduto di recente, alle elezioni, che l'Europa cercasse i suoi cittadini e non li trovasse. Se, sui temi fondamentali della difesa e della sicurezza, dove i cittadini cercano l'Europa, questa continuasse ad essere assente, il destino dell'Unione sarebbe gramo e il nostro incerto.



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