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Data di nascita: | 02/14/1839 |
Luogo di nascita: | TRIPI (Messina) |
Data del decesso: | 22/10/1918 |
Luogo di decesso: | ROMA |
Padre: | Nicola |
Madre: | PARLAVECCHIO Carmela |
Nobile al momento della nomina: | No |
Nobile ereditario | No |
Coniuge: | SIRACUSANO Rosa |
Figli: | Renato
Maria, che sposò Alfredo ROCCO
Olga coniugata MINGAZZI
Sofia coniugata BEDUSCHI |
Luogo di residenza: | ROMA |
Indirizzo: | Via Carducci, 2 |
Titoli di studio: | Laurea in medicina |
Presso: | Università di Messina |
Professione: | Docente universitario |
Altre professioni: | Medico |
Carriera: | Professore ordinario di Anatomia umana all'Università di Messina
Professore di Anatomia umana all'Università di Roma (1871)
Preside della Facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Roma (1896) |
Cariche e titoli: | Direttore del Gabinetto di anatomia umana dell'Università di Roma
Ricercatore della Stazione Zoologica di Napoli (18 luglio-8 agosto 1879) (13 marzo-4 aprile 1885)
Presidente della Federazione ginnastica
Membro del Consiglio superiore di sanità (1890)
Socio dell'Accademia dei Lincei (2 gennaio 1874)
Membro della Società italiana delle scienze, detta dei XL (1900)
Socio corrispondente dell'Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano (30 maggio 1901) |
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.:: Nomina a senatore ::.
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Nomina: | 01/26/1889 |
Categoria: | 18 | I membri della Regia accademia delle scienze
dopo sette anni di nomina |
Relatore: | Tommaso Celesia |
Convalida: | 31/01/1889 |
Giuramento: | 28/01/1889 |
Annotazioni: | Giuramento prestato prima della convalida, in seduta reale d’inaugurazione di sessione parlamentare |
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Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia
Grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 26 gennaio 1908
Cavaliere dell'Ordine civile di Savoia 19 aprile 1888
Ufficiale dell'Ordine della Legion d'onore (Francia)
Commendatore Ordine della Corona di Prussia |
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Periodo: | 1860 campagna per l'indipendenza e l'Unità d'Italia
1866 terza guerra d'indipendenza | |
Volontario: | SI |
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Commissioni: | |
| Commissario di vigilanza sul servizio del chinino (21 marzo 1902-29 settembre 1913) |
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.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::.
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Atti Parlamentari - Commemorazione
Adeodato Bonasi, Presidente
Onorevoli colleghi. [...] Tra il commosso generale compianto dei numerosi amici, ammiratori e dei discepoli affezionatissimi, l'illustre collega Francesco Todaro si spegneva in Roma il 22 ottobre.
Era nato a Tripi, in Provincia di Messina, il 14 febbraio 1839 e studiò medicina e chirurgia negli Atenei di Messina e Palermo, conseguendo la laurea nel 1861, dopo che aveva con valore combattuto per il riscatto dal dominio borbonico nelle schiere garibaldine.
Appena laureato si recò a Firenze per gli studi di perfezionamento, distinguendosi specialmente nelle discipline anatomiche, tanto da venire incaricato provvisoriamente nel 1865 di dettare lezioni di anatomia descrittiva nell'ospedale di Santa Maria Nuova.
Nel 1866 in seguito a concorso fu nominato professore ordinario di anatomia umana a Messina, e poi nel 1871 fu chiamato ad occupare la stessa cattedra a Roma, dove si svolse tutta la sua attività scientifica con lavori che gli procurarono grande fama in Italia ed all'estero.
Faceva parte dell'Accademia dei Lincei, di quella dei Quaranta, che gli conferì una speciale medaglia d'oro di benemerenza scientifica, e di altri istituti scientifici nazionali ed esteri, ed era cavaliere dell'Ordine civile di Savoia.
Fu caldo fautore dell'educazione fisica in Italia, Presidente della Federazione ginnastica. Nominato senatore il 26 gennaio 1889, fu assiduo alle nostre sedute, prendendo spesso parte alle discussioni, specialmente nelle materie di pubblica istruzione e di educazione fisica. Il Senato invia un affettuoso saluto alla sua cara memoria (Benissimo). [...]
DURANTE. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DURANTE. Come amico e come concittadino del compianto collega prof. Todaro, sento il dovere di rivolgere una parola di fraterno affetto in memoria dell’amicizia che ci legò per oltre cinquant’anni.
Francesco Todaro appartenne a quella falange di giovani che agli albori del risorgimento d’Italia corse a combattere per l’unità della patria e, nel periodo in cui il progresso unitario del nostro paese fece una lunga sosta, pensò che si poteva egualmente e fruttuosamente lottare, per lo stesso scopo, invece che sui campi della gloria su quelli della scienza, perché alla scienza si deve in gran parte la grandezza di una nazione: una nazione che non ha base su l’elemento scientifico non sarà mai grande né mai libera.
Francesco Todaro si recò a Firenze per continuare i suoi studi e si dedicò principalmente all’anatomia, nella quale fece rapidi progressi sotto la guida del sommo Pacini, che in quell’epoca dominava nel campo delle scienze anatomiche. Giovane ancora raggiunse la cattedra e fu professore a Messina, dove i suoi lavori furono così apprezzati, che l’eco se ne diffuse in tutta l’Italia, tanto che quando si ebbe la grande fortuna della memorabile entrata del Governo d’Italia a Roma, decretata capitale del Regno, Francesco Todaro fu chiamato ad impartire l’insegnamento dell’anatomia nell’Ateneo romano e qui più che altrove egli dimostrò il suo ingegno nelle materie biologiche, qui egli consacrò tutti i suoi anni allo studio dell’embriologia comparata e coll’embriologia diede un nuovo indirizzo agli studi anatomici, persuaso che questa branca delle scienze naturali rappresenta il piedistallo di ogni sapere intorno all’evoluzione normale e patologica degli organismi animali. E l’embriologia forse non poco influì a dare alla sua mentalità un concetto della politica e della società moderna tutto affatto razionale. Egli vide infatti che l’evoluzione di un organo non ha luogo senza che un altro sia già in esercizio per completare la funzione del primo.
Quindi le sue idee sociali erano appunto di un evoluzione graduale e lenta, la quale non potesse turbare minimamente l’ordinamento della evoluzione di un popolo. Ed infatti io ritengo che se tutto un popolo potesse avere conoscenza della evoluzione embrionale per la costituzione di un organismo, molti di quei cervelli carichi di utopie che vorrebbero in un giorno solo trasformare il mondo, sarebbero molto più calmi e molto più giudiziosi, non farebbero, come fa accidentalmente un anormale stimolo durante lo sviluppo organico; stimolo che può determinare, è vero, l’evoluzione dell’organismo rapida, ma da sempre come risultato un mostro non vivo, o un mostro appena vitale.
Questo io credo sia stato appunto il movente perché il pensiero del Todaro fu sempre costante, evolutivo; ma di quella evoluzione fondata sulle leggi della natura vivente.
Il nostro Todaro in Roma compì la sua missione nella scuola con quell’assiduità e con quell’amore che è proprio dei maestri insigni. Valenti allievi si sono costituiti sotto la sua direzione, alcuni dei quali hanno già salita la cattedra in varie università d’Italia.
Dal punto di vista umanitario il Todaro si può considerare veramente come benefico. Quando egli poté, sempre fece del bene, mai ebbe idee che non fossero umanamente corrette. Amò gli amici e fu loro sempre costante e leale, ed io mi auguro che la gioventù che sorge possa avere gli stessi intendimenti, sia nel campo politico, sia nel campo morale. È per questo che io ricordo, con grande deferenza e con grande rispetto la vita intemerata del Todaro, che fu uno dei tanti esempi di cui si gloria l’Italia nostra. (Approvazioni vivissime). [...]
PATERNÒ. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATERNÒ. [...]
E poiché ho la parola, permettetemi che deponga un fiore sulla tomba del collega Todaro. Per il Todaro, come per il Dini io non sono giudice del valore scientifico: l’uno e l’altro si sono distinti in campi di studio assai diversi da quello da me coltivato; ma al compianto senatore Todaro io debbo profonda gratitudine perché, in una occasione dolorosa, mi assisté con tale affetto e con tale amore che io non potrò mai dimenticare. La gratitudine, consacrata dalla più schietta amicizia, mi da il diritto di associarmi di tutto cuore alle nobili parole pronunziate dal Presidente e dal senatore Durante, in suo onore. (Vive approvazioni).
BERENINI, ministro dell’istruzione pubblica. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERENINI, ministro dell’istruzione pubblica. Le parole miste di riverenza e di affetto, con le quali l’illustre Presidente e tutti gli insigni oratori, che commemorarono i loro colleghi defunti, tributarono onore alla loro memoria, confermano la grande verità che il miglior serto che si può offrire in lode delle virtù dell’intelletto è quello che fu tessuto dalla bontà del cuore.
Onde io non so meglio dire la parola di cordoglio del Governo, che esprimendo in questo pensiero tutto l’animo mio pieno di devozione per la memoria dell’esempio, che essi han dato del loro cuore cogli atti della loro vita di scienziati, di cittadini, di patrioti. Alla memoria dei senatori Torlonia, Senise, Todaro, Dini vada dunque questo omaggio devoto del Governo, che vuole essere interprete di un sentimento di uguale devozione del paese. [...]
Pel senatore Todaro, al quale pure tanto deve la cultura nazionale, io non potrò che associarmi interamente alle lodi, tanto consapevoli, fatte dal senatore Durante. Mi si permetta soltanto di aggiungere un ricordo. Egli, fisiologo insigne, seppe trarre dalla scienza, che, professò con tanto amore e con tanto valore anche e soprattutto le applicazioni pratiche della vita. A lui devesi in modo particolare il risvegliarsi del culto dell’educazione fisica in Italia. A lui attestarono il loro devoto e memore affetto tutti i ginnasti italiani, la cui Federazione ebbe a tesserne caldissimo elogio.
Il senatore Todaro ben comprese il valore igienico e sociale dell’educazione fisica, intese soprattutto ad eccitare il culto a questa educazione, perché vide quanta parte essa abbia nella formazione del carattere: e se ne fece apostolo.
Voglio, ad onor suo, ricordando questo aspetto della sua attività intellettuale e civile dire quello che ne pensava egli stesso con le sue stesse parole, nelle quali si rispecchia lo scienziato, il cittadini ed il patriota. Ed avrò così tessuto il migliore elogio che a lui si debba.
Si celebrava il cinquantenario della battaglia di Varese e lo si celebrava dai ginnasti d’Italia in quella città, ed egli così parlò ai giovani raccolti intorno a lui per onorarlo.
"I sentimenti", egli disse, "della solidarietà umana e l’amore fino al sacrifizio per la patria diletta che ci siamo sempre prefissi di sviluppare nella gioventù, si affiancano sempre ai nostri propositi di crescere uomini sani e vigorosi e cittadini onesti, resistenti e largamente produttivi nel campo del lavoro per sé, per la famiglia per il benessere del paese, e soldati forti, temprati alle più dure prove e capaci dei più splendidi eroismi, nell’ora dei supremi cimenti, volendo in tutti formare lo sviluppo della fibra, il pensiero elevato, il carattere fermo e l’animo generoso. E pertanto, nel mentre vi esprimo la mia riconoscenza nell’offrirvi questo libro, vi invito ad inneggiare al grande avvenire della federazione ed alla prosperità di questa Varese sempre sorridente, laboriosa e patriottica, che celebra il cinquantenario del giorno in cui il nostro eroe leggendario scacciava da queste mura, da questa terra lo straniero che da più di un secolo teneva soggiogata anche questa fulgida gemma del sacro suolo d’Italia".
Egli parlava così da scienziato, da cittadino e da patriota. Penso di rendermi interprete della volontà del Senato, esprimendo il proposito di dare alla educazione fisica della nostra gioventù il maggiore sviluppo nella scuola, nelle officine, nei campi.
Ed io credo, signori senatori, che formando questo proposito, noi rendiamo il migliore e il più gradito omaggio alla memoria dello scienziato e del patriota, che per alti fini morali e civili professò il culto del vigore fisico, che conforta e sorregge lo sviluppo delle più alte virtù spirituali. (Approvazioni vivissime).
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 22 novembre 1918.
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