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Data di nascita: | 01/03/1807 |
Luogo di nascita: | VICENZA |
Data del decesso: | 24/01/1886 |
Luogo di decesso: | VENEZIA |
Padre: | Francesco |
Madre: | GARBINATI Francesca |
Coniuge: | VERONA Giuseppina |
Coniuge: | ORSINI Anna |
Figli: | Vincenzo, figlio della prima moglie Giuseppina VERONA
Sebastiano, senatore (vedi scheda), figlio della prima moglie Giuseppina VERONA
Francesco, figlio della prima moglie Giuseppina VERONA
Giovanni, figlio della prima moglie Giuseppina VERONA
Bortolo, figlio della prima moglie Giuseppina VERONA |
Parenti: | VERONA Bartolomeo, notaio, cognato, fratello della madre |
Luogo di residenza: | Venezia |
Indirizzo: | San Vitale |
Titoli di studio: | Laurea in giurisprudenza |
Presso: | Università di Padova |
Professione: | Magistrato |
Altre professioni: | Avvocato |
Carriera: | Primo presidente della Corte d'appello di Venezia (6 agosto 1871-1° febbraio 1882)
Primo presidente onorario di Corte di cassazione |
Cariche politico - amministrative: | Membro del Governo provvisorio di Vicenza (marzo-maggio 1848)
Membro del Comitato provvisorio dipartimentale di Vicenza alle dipendenze di Venezia (marzo-maggio 1848) |
Cariche amministrative: | Consigliere comunale di Sandrigo
Consigliere comunale di Torino
Consigliere provinciale di Torino (1858-1866)
Consigliere provinciale di Venezia (1874-1878) |
Cariche e titoli: | Regio Commissario di Vercelli (1859)
Direttore del giornale "La democrazia" |
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.:: Nomina a senatore ::.
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Nomina: | 11/05/1866 |
Categoria: | 02
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09 | Il Presidente della Camera dei deputati
I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio
I Ministri segretari di Stato
I primi Presidenti dei Magistrati di appello |
Relatore: | Tommaso Manzoni |
Convalida: | 18/12/1866 |
Giuramento: | 15/12/1866 |
Annotazioni: | Giuramento prestato prima della convalida, in seduta reale d’inaugurazione di sessione parlamentare |
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Gran cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
Cavaliere dell'Ordine supremo della SS. Annunziata 15 maggio 1878 |
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.:: Camera dei deputati ::.
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Legislatura | Collegio | | Data elezione | Gruppo | Annotazioni |
I | Venasca | | 4-12-1848* | Sinistra | Ballottaggio il 5 dicembre 1848. Elezione in corso di legislatura. Cessazione per nomina a ministro dei lavori pubblici |
II | Venasca | | 22-1-1849** | Sinistra | Eletto anche nel collegio di Bricherasio, optò per il collegio di Venasca il 10 febbraio 1849 |
III | Venasca | | 15-7-1849*** | Sinistra | Ballottaggio il 22 luglio 1849 |
IV | Venasca | | 9-12-1849 | Sinistra | |
V | Venasca | | 8-11-1853 | Sinistra | |
VI | Venasca | | 15-11-1857**** | Sinistra | Ballottaggio il 18 novembre 1857. Annullamento dell'elezione. Rieletto per il collegio di Carmagnola il 3 febbraio 1858 |
VII | Carmagnola | | 25-3-1860 | Sinistra | |
VIII | Carmagnola | | 27-1-1861 | Sinistra | |
IX | Carmagnola | | 22-10-1865***** | Sinistra | Ballottaggio il 29 ottobre 1865. Cessazione per nomina a presidente della Corte d'appello di Venezia |
Cariche: | Vicepresidente (9 gennaio-16 luglio 1857) (12 gennaio 1859-21 gennaio 1860) (10 aprile-28 dicembre 1860) (8 marzo 1861-22 marzo 1862)
Presidente (22 marzo 1862-21 maggio 1863) |
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Cariche: | Presidente (14 novembre 1876-2 maggio 1880) (25 maggio 1880-27 luglio 1884. Dimissionario) |
Commissioni: | Membro della Commissione per l'esame dei disegni di legge "Unificazione legislativa delle provincie venete e di Mantova" e "Stabilimento della Corte di cassazione nella sede del Governo" (23 gennaio 1871) |
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Regno di Sardegna post 04 Marzo 1848 - Regno d'Italia: | Ministro dei lavori pubblici (16 dicembre 1848-27 marzo 1849) |
Governo: | Ministro di grazia e giustizia e dei culti (10 aprile-27 ottobre 1867) |
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.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::.
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Atti Parlamentari - Commemorazione
Giacomo Durando, Presidente
Mi permetta ora il Senato che io parli delle gravissime perdite che il Senato ha fatto durante questo scorcio di ferie.
Dirò dei singoli membri rapitici dalla morte, per ordine cronologico. [...]
Nelle prime ore del giorno 24 di gennaio ultimo si spegneva in Venezia la preziosa esistenza del mio illustre e benemerito antecessore, cavaliere Sebastiano Tecchio, rapitoci dalla sua grave età, risalendo la sua nascita al 3 di gennaio del 1807.
Temerei di scemare l'importanza dei meriti, delle doti e delle virtù di un tant'uomo se io mi accingessi a tessere la storia della sua vita, che iniziata a robusti studi tutta si compendiò in nobili ed ardenti aspirazioni per la redenzione della patria italiana, e non farei che debolmente riprodurre ciò che tutti voi conoscete e che fu ripetutamente notato nelle effemeridi contemporanee. Mi basti di accennare che dopo ricaduta la sua nativa Vicenza sotto la dominazione straniera egli esulò in Piemonte dove lo trovate ben tosto eletto fra i legislatori, noverato fra i reputati giureconsulti e circondato dalla pubblica estimazione e dalla simpatia generale per l'elevatezza del suo ingegno, per la sua rara dottrina e per la specchiata integrità e delicatezza del suo carattere.
L'esercizio dell'avvocatura in cui emergeva singolarmente distinto non gli impedì di rendere tratto tratto segnalati servigi al paese. Dal dicembre del 1848 al marzo del 1849 noi lo vediamo ministro dei Lavori Pubblici dell'antico Piemonte; durante la guerra del 1859 sostenne il delicato e difficile incarico di commissario del Governo nelle provincie militarmente occupate. Dopo i fortunosi avvenimenti che promossero l'annessione delle provincie venete al nuovo Regno italiano egli nel 1866 venne chiamato all'onore di quest'alta Assemblea. Resse nel 1867 per alcuni mesi il portafoglio di Grazia e Giustizia. Passò di poi nella magistratura a presiedere la Corte d'appello di Venezia, colla quale carica ebbe termine, per la legge inesorabile dell'età la sua carriera giuridica col titolo onorario di primo presidente di Corte di cassazione.
Brillante fu la sua carriera politica legislativa durante la quale nell'una e nell'altra Camera si fece ammirare, come nel Foro, per la sua dottrina ed eloquenza.
Presidente della Camera elettiva si mostrò degno dell'alto mandato.
Non occorre che io vi ricordi con quanto senno ed autorità egli abbia occupato, dal novembre 1876 al luglio del 1884, il seggio da cui ho l'onore di parlarvi.
Gli eminenti suoi meriti ebbero degno suggello col supremo degli onori, il collare dell'Annunziata, conferitogli, poco dopo il felice esaltamento al trono, dal nostro riverito ed amato Sovrano.
Faccio l'augurio alla madre patria nostra che possa noverare molti figli che crescano all'esempio del nostro illustre e compianto collega sulla di cui tomba riverente m'inchino. [...]
PRESIDENTE. Ora renderò conto al Senato di quello che fece la Presidenza per tributare i dovuti onori alla salma del compianto senatore ex Presidente Tecchio.
Appena ricevuta la triste notizia della sua morie fu convocata straordinariamente la Presidenza la quale deliberò, che una Deputazione di senatori delle provincie venete presieduta dal più anziano di essi intervenisse ai funerali.
Si mandarono tosto due uscieri e due commessi per il servizio e l'accompagnamento della deputazione stessa. Si deliberò pure di inviare, come fu fatto, un telegramma, a nome del Senato, di condoglianza alla vedova ed alla famiglia.
Saputosi di poi che la salma si sarebbe trasportata a Vicenza, si estese alla deputazione il mandato per seguirla in quella città, dal sindaco della quale venne indirizzata alla Presidenza del Senato una lettera di cui vi darò lettura: "Vicenza, 29 gennaio 1886. La Giunta municipale di Vicenza, sensibilissima alle dimostrazioni di onore che il Senato del Regno ha voluto tributare a Sebastiano Tecchio, inviando ai funerali di lui una speciale deputazione, compie il dovere di esprimere a codesta eccellentissima Presidenza i sentimenti della propria gratitudine.
L'intervento dei rappresentanti del Senato del Regno ha recato il maggior lustro all'accompagnamento funebre, sia in Venezia, che in Vicenza, e conforto alla nostra cittadinanza contristata per la perdita dell'uomo, cui Vicenza si gloria aver dato i natali.
Ossequente.
II sindaco E. ZANELLA. [...]
PRESIDENTE. Il senatore Canonico ha la parola.
CANONICO. La parola del cuore io non posso tacerla dopo avere udito le onoranze alla memoria di Sebastiano Tecchio; perché esso fu uno dei primi fra coloro che all'aprirsi della mia giovinezza col loro accento sgorgante dal.
anima, fecero vibrare più vivo, alimentarono ed accrebbero l'affetto della patria nell'anima mia, già scossa dalle opere e dagli scritti dei più insigni patrioti che contribuirono a preparare il nostro risorgimento nazionale.
Fra i pregi di Sebastiano Tecchio, uno ho sempre singolarmente ammirato, ed è questo: che, né la moltiplicità delle occupazioni, non sempre amene, né la lotta e i disinganni della vita, né l'incanutire delle chiome, rasi non valsero a scemare nel suo petto la vivezza di quel movimento che nel 1848 agitò tutta Italia e sì gran parte del mondo civile. In ciò fu la sua forza; da ciò provenne quella gaiezza e quella serena festività giovanile, che agli conservò anche nell'età provetta.
Questo io dico, perché, fra i dolori che contristano oggidì il mio cuore di italiano, non ultimo è quello di sentire da non pochi, con sottile, e mal celato sorriso, chiamare quarantottata ogni manifestazione di un sentimento più elevato e più nobile che non sia la nebbia incresciosa e soffocante in cui si muove e si agita ai dì nostri tanta parte della vita politica e sociale. (Benissimo).
Questo io dico, non solo ad onore di Sebastiano Tecchio, ma a conforto eziandio della nostra gioventù italiana; affinché essa impari da lui a non vergognarsi di sentire altamente, e di manifestare i sentimenti propri, che sogliono esser sempre buoni e disinteressati nei giovani; affinché si ricordi che, se l'Italia è ancora come è, lo si deve in gran parte a quanto rimane anco vivo nei petti di quel movimento del 1848, di cui non può avere idea, chi non ne ha sentito nell'anima la corrente vivificatrice - affinché si ricordi che, non solo quel movimento non lo si deve riguardare come fuggevole esaltazione poetica di adolescenti, ma che a quel movimento conviene cercar di tornare; poiché è mia ferma convinzione che, ove quel movimento tornasse a vibrare largamente nei petti italiani, epurato dalle preoccupazioni personali, maturato da otto lustri di lotta, di angoscie, di sacrifizi, di disinganni, e diretto a sciogliere le questioni vitali del paese; quel movimento, io dico, potrebbe diventar per l'Italia l'aurora di un nuovo periodo non meno fecondo di utili frutti, e forse più glorioso e più grande. (Bene).
MOLESCHOTT. Domando la parola. [...]
PRESIDENTE. La parola spetta al senatore Moleschott.
TAJANI, ministro di grazia e giustizia. Domando la parola.
MOLESCHOTT. Signori senatori! Io non so, non posso, non voglio resistere al bisogno di esprimere il mio omaggio al nostro compianto Sebastiano Tecchio. Io capisco che, dopo le felici parole del nostro illustre Presidente, e dopo la vibrata eloquenza del mio onorevole amico senatore Canonico, mi potrete domandare con qual diritto io mi assuma l'ambito e pietoso ufficio. Sento il bisogno di spiegarlo.
Vi prego, o signori senatori, di volervi un momento ricordare che io in quest’Aula sono il più giovane cittadino italiano, ed i giovani.
difficilmente possono reprimere i sentimenti del loro cuore.
Ora noi disgraziatamente vediamo a poco a poco, e troppo rapidamente, scomparire gli uomini che componevano la schiera dei nostri maestri nel vivere politico, per saggezza, e prudenza, ed io sento il dolore, se è possibile, più forte di molti altri, perché ogni giorno io mi ricordo che godo nel paese tutti i privilegi, tutte le libertà che esso conferisce, senza che io stesso abbia potuto contribuire nemmeno col più piccolo obolo a conquistarli.
Perciò veggo con profondo cordoglio mancare come padri miei, che mi sorreggevano e mi sostenevano, uomini pari a Sebastiano Tecchio. Nessuno più completamente, più intensamente, più forte, più insigne, poteva compendiare in sé la rappresentanza di tutta la nazione,
Più volte ei fu Presidente della Camera, più volte ministro, ed infine nostro Presidente in Senato e certamente non a voi dirò come egli lo fosse, poiché tutti meglio di me lo sapete. Ma il canto del cigno del Tecchio, o Signori, fu quella sublime incarnazione del suo patriottismo, sulla prudenza del quale di potrà discutere, ma il grande dell'uomo stava (e lo ha enunziato così bene il senatore Canonico), in ciò, che egli, nei momenti più santi, quando la patria gli sorgea dinanzi, era pronto a sacrificare una parte della sua riputazione di uomo prudente, era pronto a sacrificare addirittura la sua eccelsa posizione ad una aspirazione del suo cuore patriottico.
Signori! non abbiamo da augurargli che la terra gli sia lieve, perché lievi a lui furono le accuse e quella che avrà peso per la sua memoria si è il nostro unanime compianto, la venerazione del cittadino, l'amore del patriota, che tutti sapremo tener vivo finché avremo vita noi stessi! (Bravo, bene).
PRESIDENTE. Ha La parola l'onorevole ministro di grazia e giustizia.
TAJANI, ministro di grazia e giustizia. In nome del Governo mi associo alle eloquenti parole pronunciate dagli oratori che mi precedettero, e mi unisco al rimpianto per la dipartita di tanti illustri uomini che già furono l'ornamento di questo alto consesso; ma mi sia permesso di aggiungere che la nota dolorosa non può non vibrare più vivamente ai ricordo di Sebastiano Tecchio. Tutta una vita consacrata alla patria ed alla scienza, fecero di lui un giureconsulto eminente ed un patriota senza macchia. Cospiratore per l'unità e la grandezza del paese, esule, deputato, ministro, Presidente della Camera, presidente del Senato, furono cedeste tante sue qualità che fecero dei periodi della sua vita un percorso coevo dei periodi dei dolori e dei trionfi di questa Italia nostra.
La sua vita fu virtù, sacrifizio e trionfo, e la sua memoria insegnerà come, e nella ria e nella buona sorte, si ami e si serva la patria. (Benissimo).
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 8 febbraio 1886.
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