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.:: Dati anagrafici ::. |
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Data di nascita: | 12/21/1805 |
Luogo di nascita: | Firenze |
Data del decesso: | 30/05/1879 |
Luogo di decesso: | Genova |
Padre: | Girolamo |
Madre: | PANNOCCHESCHI D'ELCI Maria Fiammetta |
Nobile al momento della nomina: | Si |
Nobile ereditario | Si |
Titoli nobiliari | Nobile
patrizio genovese
marchese
signore di Cremolino |
Fratelli: | Giovanni Carlo
Orso, senatore (vedi scheda) |
Professione: | Possidente |
Altre professioni: | Amministratore pubblico |
Cariche governative: | Sindaco di Aramengo, circondario di Asti (Alessandria) (1874) |
Cariche amministrative: | Consigliere provinciale di Genova |
Cariche e titoli: | Socio promotore dell'Accademia ligustica di belle arti di Genova
Protettore del Conservatorio delle donne penitenti di Genova
Membro elettivo della Giunta speciale sugli Spedali di Genova
Membro del Consiglio d'amministrazione del Ricovero di mendicità di Genova |
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.:: Nomina a senatore ::. |
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Nomina: | 04/03/1848 |
Categoria: | 21 | Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria |
Relatore: | Giuseppe Cataldi |
Convalida: | 10/05/1848 |
Giuramento: | 08/05/1848 |
Annotazioni: | Giuramento prestato prima della convalida, in seduta reale d'inaugurazione di sessione parlamentare |
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.:: Onorificenze ::. |
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Commendatore di seconda classe poi Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 17 novembre 1854 |
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.:: Senato del Regno ::. |
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Cariche: | Vicepresidente (29 marzo-28 dicembre 1860) |
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.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::. |
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Prima che si sospendano le sedute dichiaro al Senato che sarei in debito di dar lettura di parecchie commemorazioni funebri di Senatori che sono mancati ai vivi negli ultimi mesi. Io per la verità le ho distese, ma mi astenni dal darne lettura, sia per non interrompere i lavori del Senato, sia perché, pur troppo, a mano a mano il numero dei defunti è andato crescendo e soprattutto perché l’animo mio non mi assicurava che sarei in grado di leggere qualcuna specialmente delle medesime non ostante la mia commozione.
Pregherei quindi il Senato a voler consentire che io le dia alle stampe negli Atti senatorî, così come se fossero state lette in seduta pubblica.
(Molte voci d’adesione).
Il marchese Domenico Serra, di antica e illustre prosapia genovese, nacque a Firenze il 31 dicembre 1805.
I suoi antenati aveano spesa la vita nel governo della cosa pubblica. Egli l’ha consacrata all’esercizio di una virtù preziosissima: la beneficenza.
Ogni sventura lo muoveva a pietà: più specialmente era amorevole agli operai; e verso a questi, meglio che ad altri, si compiaceva di allargare la mano. Per solito, non aspettava le chieste dei tapinelli; ma egli stesso alle loro necessità facevasi incontro; e li soccorreva per ciò soprattutto, perché avessero da spoltrirsi e trovar modo di mettersi a qualche lavoro. Né mai delle sue liberalità menò vanto [sic]: anzi badava che, quant’era fattibile, rimanessero segrete e taciute.
Ebbe parte principalissima nel reggimento di parecchie Opere pie; e sarebbe difficile a giudicare se in quello più risplendesse la bontà del suo cuore, o la dirittura e l’acconcezza delle sue provvidenze.
Fu dei più zelanti a promuovere la costruzione dei quartieri per gli operai disagiati. Deve Genova innanzi tutto alle premure di lui, e ai danari ch’ei diede gratuitamente, se oggidì molte famiglie di poveri sono alloggiate in case ariose, salubri, pulite.
Brevemente, ei fu davvero un filantropo generoso, accorto, prudente; talché non dubito di asserire che, ove tutti i doviziosi, o la più di loro, seguissero gli esempî suoi, poco o punto si sentirebbe parlare di socialismo, di comunismo, o d’altrettali malìe, ch’empiono la minuta gente di ingorde voglie, dalle speranze la trabalzano alle delusioni, e quinci medesimo la inacerbiscono e la sospingono ai corrucci, ai delitti.
I savi e grati concittadini lo chiamarono sempre, e con grandi suffragi, tra gli amministratori del Comune. Negli ultimi comizi municipali egli è riuscito, dei 48 consiglieri eletti, il primissimo.
Ammiravasi nel Consiglio la coltura sua, il suo valore, peculiarmente nelle quistioni economiche: laudavansi i suoi avvedimenti a riguardo degli artieri, e degli altri che penano a campare la vita nel sudor della fronte.
Quando il peso degli anni, e gli indizi della polmonite che tra poco il dovea condurre al sepolcro l’hanno ammonito che gli era forza di cessare dal carico di consigliere, chiese le sue dimissioni: studiarono i colleghi di persuaderlo a non abdicare l’ufficio, a rimanersi con esso loro: ma egli, persistendo nel fatto proposito, così soggiungeva: «Un amministratore, che non fa niente, fa del male». Onde volle il congedo che non gli poté essere ricusato.
Re Carlo Alberto lo avea compreso sin dalle prime tra i Senatori: Re Vittorio Emanuele lo insediò vice-presidente del Senato nella Sessione del 1860.
Morì placidamente quest’anno, sul mattino del 30 maggio, nella sua Genova, dopo avere vietato ogni pompa d’esequie: nuovo saggio della modestia che avea coronato i suoi pregi di operoso e munifico cittadino.
Senato del Regno, Atti parlamentari, Discussioni, 29 luglio 1879.
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Attività |
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