|
|
|
Data di nascita: | 10/04/1825 |
Luogo di nascita: | CUORGNÈ (Aosta) - oggi (Torino) |
Data del decesso: | 05/02/1902 |
Luogo di decesso: | ROMA |
Padre: | Carlo |
Madre: | CAPPELLO DI SAN FRANCESCO Cristina |
Nobile al momento della nomina: | No |
Nobile ereditario | No |
Titoli nobiliari | Conte, titolo concesso motuproprio il 20 giugno 1881, con regia patente del 23 luglio 1881 |
Coniuge: | LOSTIA DI S. SOFIA Giuseppina |
Fratelli: | Carlo e Luigi |
Parenti: | GHIGLIERI Giovanni Battista, avo paterno, notaio
CAPPELLO DI S. FRANCESCO Paolo, zio, fratello della madre, da cui eredita il titolo di conte, Alessandro Luigi, Tancredi, zii, fratelli della madre |
Luogo di residenza: | ROMA |
Indirizzo: | Corso Vittorio Emanuele, 229 |
Titoli di studio: | Laurea in giurisprudenza |
Presso: | Università di Torino |
Professione: | Magistrato |
Carriera giovanile / cariche minori: | |
Carriera: | Procuratore generale reggente presso la Corte d'appello di Ancona (9 agosto 1869)
Procuratore generale presso la Corte d'appello di Firenze (25 novembre 1869)
Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma (19 marzo 1871)
Presidente di sezione della Corte di Cassazione di Roma (13 gennaio 1876)
Primo presidente della Corte di cassazione di Roma (23 luglio 1893-7 ottobre 1900. Data del collocamento a riposo) |
Cariche e titoli: | Direttore generale del Ministero di grazia e giustizia e dei culti (20 aprile 1867-9 agosto 1869)
Pubblico ministero presso il Senato costituito in Alta Corte di giustizia (30 dicembre 1871) |
|
.:: Nomina a senatore ::.
|
|
Nomina: | 02/28/1876 |
Categoria: | 13 | Gli avvocati generali o Fiscali Generali presso i Magistrati di appello
dopo cinque anni di funzioni |
Relatore: | Luigi Agostino Casati |
Convalida: | 10/03/1876 |
Giuramento: | 10/03/1876 |
|
|
|
Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 1867
Grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 3 gennaio 1878
Gran cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 14 ottobre 1900
Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia 1869
Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia 15 giugno 1873
Gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia 5 giugno 1890
Cavaliere dell'Ordine della Santissima Annunziata |
|
|
|
|
|
|
Cariche: | Vicepresidente (13 novembre 1887-3 agosto 1890) (7 dicembre 1890-27 settembre 1892) (21 novembre 1892-13 gennaio 1895) (2 giugno 1895-2 marzo 1897) (10 novembre 1898-17 maggio 1900) |
Commissioni: | Membro della Commissione per l'esame del Codice penale (15 dicembre 1877)
Membro della Commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori (13 dicembre 1881-25 settembre 1882) (19 novembre 1887-6 febbraio 1902)
Segretario della Commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori (22 novembre 1882-4 settembre 1887)
Vicepresidente della Commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori (19 novembre 1887-11 dicembre 1890)
Presidente della Commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori (25 novembre 1892-17 maggio 1900)
Membro della Commissione per l'esame del Codice penale militare (7 giugno 1893)
Membro ordinario della Commissione d'accusa dell'Alta Corte di giustizia (26 gennaio 1901-6 febbraio 1902) |
| Commissario di vigilanza all'Amministrazione del Fondo per il culto (22 aprile 1885-27 aprile 1886) (19 dicembre 1887-4 gennaio 1889) (23 dicembre 1889-28 dicembre 1900. Dimissionario) |
|
|
|
|
.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::.
|
|
Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Saracco, Presidente
Signori senatori! A me duole, nell’inizio dei nostri lavori, dover contristare l’animo vostro con l’annunzio di dolorosi avvenimenti. Nel breve intervallo trascorso dal giorno nel quale ci siamo separati, tra il 29 gennaio ed il 5 del corrente febbraio, si sono spente le vite di due fra i nostri più degni e valorosi colleghi, Augusto Righi e Francesco Ghiglieri. [...]
Quegli che nel mattino del giorno 8 del corrente mese, percorrendo le vie di Roma, si fosse imbattuto nel funebre, maestoso corteo, composto degli uomini di maggiore autorità, che si dirigeva alla volta della stazione ferroviaria di Termini, ha dovuto facilmente credere che quella bara nascondesse gli ultimi avanzi di un uomo, che ancora pochi giorni addietro occupava nel mondo una delle più elevate posizioni sociali.
Ed era realmente così. Quel feretro conteneva i resti mortali di un cittadino eminente che fu l'onore della magistratura italiana; la salma di Francesco Ghiglieri, morto in questa Roma tre giorni prima, nella grave età di settantasei anni battuti, dopo lunghe sofferenze sopportate con virile coraggio e con cristiana rassegnazione.
Francesco Ghiglieri era nato nel 1825 in Cuorgnè Canavese, e già laureato in leggi quando non era ancora ventenne, abbracciò per libera elezione la carriera della magistratura, che fu il sospiro dei suoi verdi anni, e doveva essere, come fu, la meta gloriosa della intiera sua vita.
Così noi lo troviamo dapprima nel 1849 giudice aggiunto presso il Tribunale di Susa e, scorsi vent'anni, lo rivediamo procuratore generale di Corte d'appello, poi presidente della sezione penale della Cassazione di Roma nel 1876; quanto venuto a morte il senatore Eula che n'era il primo presidente, fu chiamato, più che egli non abbia chiesto, a sostituire quell'esimio magistrato, figlio anche esso del Piemonte, nell'altissimo ufficio, dopo quarantasei anni di splendida ed onorata carriera.
Però in questo mezzo gli si era dischiusa la via a far prova del vasto ingegno, e della soda dottrina, in un campo più vasto che non fosse quello della magistratura attiva e militante. Francesco Ghiglieri era appena entrato nel suo trentaduesimo anno di vita, quanto Sebastiano Tecchio, ministro di grazia e giustizia nel gabinetto presieduto da Urbano Rattazzi, lo volle segretario generale di quel dicastero; nel quale ufficio che tenne con somma lode per parecchi anni di poi, si distinse talmente per operosità e finezza d'ingegno, che, caduto il Ministero Rattazzi, altri tre ministri guardasigilli, succeduti al Tecchio, si trovarono concordi ad apprezzare le esimie qualità del giovane magistrato, e lo persuasero a rimanere in quel posto di fiducia, fortunatamente indipendente a quei tempi, dai repentini mutamenti dei ministeri che si succedono e non sempre si rassomigliano.
Ma vinse presto in lui il desiderio vivissimo di rientrare nella carriera a malincuore abbandonata, e così di grado in grado lo abbiamo veduto salire al più alto seggio della magistratura italiana.
Ora, non è mestieri che io dica, poiché voi sapete meglio ancora di me, che a Francesco Ghiglieri l'altezza della mente fu pari all'integrità del carattere ed alla nobiltà dell'animo educato alle fonti purissime del bello e del giusto, quanto egli così in questo come negli uffici minori, abbia con l'autorità della persona e con l'efficacia delle opere lodevolmente compiuto, contribuito felicemente a tener alto il nome ed il prestigio della magistratura italiana. Ma non mi è lecito passare sotto silenzio, che in omaggio ai servizi resi alla patria, Re Umberto gli conferiva il titolo onorifico di conte, e già nel febbraio 1876 lo chiamava agli onori, poi alla Vicepresidenza del Senato che tenne per il corso di cinque legislature, dove l'egregio uomo aveva trovate le più liete e festose accoglienze. Chiamato pertanto a più riprese a far parte, e quindi a presiedere talune delle più importanti commissioni di nomina diretta del Senato, voi ricordate con quale scrupolosità, e con quanta amorevolezza di modi, egli usasse adempiere i doveri che gli venivano imposti dalla fiducia e dalla simpatia dei colleghi.
Venne poi, e sorse troppo presto il giorno, nel quale la legge inesorabile dell'età lo costrinse ad abbandonare la toga del magistrato, indossata da più di un mezzo secolo addietro; nella quale circostanza, non gli mancò tuttavia un ultimo conforto, poiché solenni onoranze gli furono rese da compagni ed ammiratori di ogni parte d'Italia: prima fra tutte, e la più gradita di ogni altra, quella che gli giunse dalla patria diletta, che portò in dono al bravo collega una grande targa artistica di argento, quale tributo di riverenza ed di affetto al più amato ed al più illustre dei suoi figli.
Da quel giorno la salute del nostro collega andò ancor più declinando e la morte pose fine a tante sofferenze. Così si è spenta una preclara esistenza del buon tempo antico, che fu per lunghi anni lustro e decoro di questo Senato e della magistratura italiana.
Auguriamo adesso, o signori, e sarà questo certamente il maggiore elogio che possiamo tributare alla cara memoria del collega ed amico che piangiamo estinto, che gli esempi lasciati dal quel valentuomo non vadano perduti, e servano di insegnamento ai giovani che battono i primi passi nella carriera della magistratura, a camminare sulle traccie luminose segnate da Francesco Ghiglieri nell'amministrazione della giustizia, supremo bisogno dei popoli educati a vita libera e civile. (Vive approvazioni).
CANONICO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
CANONICO. [...]
Stretto a Francesco Ghiglieri da un'amicizia che ha cominciato or sono cinquantasette anni sui banchi della università, sento il dovere di recargli qui, dove sedette per parecchi lustri, il mio tributo di affetto e di compianto.
Animo intimamente buono, retto e sincero, mite e sereno, egli seminò la bontà e raccolse da tutti la stima e l'amore. La gran fiumana dell'umanità prosegue il suo corso vertiginoso verso un oceano senza confini e presto, troppo presto, dimentica i rigagnoli delle sue acque che si spersero sulla campagne circondanti la riva. I rigagnoli inaridiscono e scompaiono, ma ne attestano l'opera benefica le piante, le erbe, i fiori di cui essi alimentarono con le radici la vita. Francesco Ghiglieri fu uno di questi rigagnoli: fra i fiori da lui cresciuti è il fiore dell'affetto, ed a me è caro e soave conforto il deporne uno non perituro sulla muta e lacrimata sua tomba. (Vivissime approvazioni). [...]
SORMANI-MORETTI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
SORMANI-MORETTI. [...] Proporrei or dunque che al Senato che si dirigesse alla famiglia di lui, come d’altra parte, a quella dell’illustre Ghiglieri l’espressione del compianto e del rammarico del Senato per averli perduti. (Benissimo).
PRESIDENTE. Mi piace far sapere all’onorevole preopinante come il Senato, per mezzo della sua Presidenza abbia già compiuto il suo dovere verso le famiglie dei defunti (Approvazioni). [...]
CHIALA. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
CHIALA. Mi consenta il Senato che come conterraneo del senatore Francesco Ghiglieri, e onorato da lunghi anni della sua particolare amicizia, io dica una parola per attestare che le lodi a lui tributate con sì grande autorevolezza hanno trovato fra noi un consenso unanime. Dal che io piglio animo per fare una proposta, ed è questa: che nelle aule del Senato, allato ai busti di uomini preclari nella politica, nelle armi e nelle scienze, venga altresì collocato il busto che ricordi l'effigie di quest'uomo modesto quanto insigne, il quale, all'eccelsa nelle discipline giuridiche, congiunse l'eccellenza singolare dell'animo.
Io confido che la mia proposta, sebbene parta da un uomo così scarso di autorità come io mi sono, sarà favorevolmente accolta dalla benevolenza dei miei colleghi. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Il Senato ha inteso la proposta del senatore Chiala.
Egli propone che venga collocato in una delle sale del Senato un busto in marmo colle sembianze del senatore Francesco Ghiglieri.
Chi crede di approvare questa proposta abbia la bontà di alzarsi. (Approvato).
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 22 febbraio 1902.
|
|
|
Attività |
|
|