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Data di nascita: | 02/25/1866 |
Luogo di nascita: | PESCASSEROLI (L'Aquila) |
Data del decesso: | 20/11/1952 |
Luogo di decesso: | NAPOLI |
Padre: | Pasquale |
Madre: | SIPARI Luisa |
Nobile al momento della nomina: | No |
Nobile ereditario | No |
Titoli nobiliari | Nobile, titolo concesso con regio decreto del 21 maggio 1920 |
Coniuge: | ROSSI Adele |
Figli: | Alda
Lidia
Elena
Silvia |
Fratelli: | Alfonso, padre di Pasquale, Luisa, Anna, nipoti |
Parenti: | CROCE Benedetto, avo paterno, padre di Pasquale e di Marianna, madre di Bertrando e Silvio Spaventa
SPAVENTA Silvio, senatore (vedi scheda)
SPAVENTA Bertrando |
Luogo di residenza: | NAPOLI |
Indirizzo: | Via Trinità Maggiore, 12 |
Titoli di studio: | Diploma di maturità classica |
Presso: | Liceo "Genovesi" di Napoli |
Professione: | Possidente |
Altre professioni: | Filosofo, storico |
Cariche e titoli: | Cofondatore della rivista "Napoli nobilissima" (1892-1906)
Membro della Società napoletana di Storia Patria (1886)
Fondatore e Direttore della rivista "La Critica" (gennaio 1903-1945), poi "Quaderni della Critica" (1945-[1951])
Fondatore e direttore dell'Istituto italiano per gli studi storici (febbraio 1947)
Membro del Consiglio degli archivi
Membro dell'Istituto storico italiano (28-29 maggio 1912)
Socio residente dell'Accademia pontaniana di Napoli (17 gennaio 1892)
Presidente dell'Accademia pontaniana di Napoli (1917-1920) (1923-1926)
Socio corrispondente dell'Accademia dei Georgofili di Firenze (1910)
Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei di Roma (17 settembre 1923-28 gennaio 1935)
Socio onorario dell'Accademia dei Lincei di Roma (4 febbraio 1947)
Membro ordinario della Società reale di Napoli (18 gennaio 1922)
Membro onorario della Società reale di Napoli (30 gennaio 1950)
Membro della Società pavese di storia patria |
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.:: Nomina a senatore ::.
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Nomina: | 01/26/1910 |
Categoria: | 21 | Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria |
Relatore: | Antonino Di Prampero |
Convalida: | 05/03/1910 |
Giuramento: | 11/03/1910 |
Annotazioni: | Gruppo Senato: Non ascritto a gruppi |
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Gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia 24 marzo 1921
Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 5 giugno 1921
Cavaliere dell'Ordine civile di Savoia 4 gennaio 1924 |
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Governo: | Ministro della pubblica istruzione (16 giugno 1920-4 luglio 1921)
Ministro senza portafoglio (22 aprile-18 giugno 1944), (18 giugno-27 luglio 1944) |
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Consulta nazionale: | SI |
Assemblea Costituente: | SI |
Senato della Repubblica: | I Legislatura (III disp. trans. Cost.) |
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.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::.
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Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Paratore, Presidente.
(Si leva in piedi e con lui si levano tutta l'Assemblea, i membri del Governo e il pubblico delle tribune).
Onorevoli senatori, si è spento stamane nella sua casa di Napoli Benedetto Croce. L'improvviso annuncio, che giunge a poca distanza da notizie che davano invece a sperare in un miglioramento delle sue condizioni di salute, rende più acuto il cordoglio che colpisce in questo momento la nazione ed il Parlamento per la perdita di uno dei suoi figli migliori e rende più arduo il compito di racchiudere in una breve commemorazione il ricordo e la celebrazione delle sue opere e delle sue virtù.
Ricordo e celebrazione che appartengono tuttavia, prima che al Senato, all'Italia e più ancora all'intero consorzio dei popoli civili, in seno al quale, per oltre un cinquantennio, la sua fede ed il suo pensiero, per il mezzo della sua prodigiosa quanto appassionata cultura, hanno operato come forza viva, suscitatrice di problemi e di esigenze, volta ad alimentare e riscattare le sopite energie dello spirito.
I riconoscimenti da parte delle maggiori Università, accademia ed istituzioni culturali di ogni parte del mondo testimoniano solo esteriormente, ed in piccola parte, dell'inestimabile servigio da lui reso ai valori della Cultura e dello Spirito nel corso di un'attività che, iniziatasi nella prima adolescenza, non ha avuto un attimo di sosta fino a ieri.
Al di fuori di quest'Aula, dunque, si compirà più adeguatamente la commemorazione ed il ricordo della figura e dell'opera sua. Ma oggi il Senato unanime - del quale sono sicuro di essere l'interprete - nel manifestare il proprio profondo cordoglio per la scomparsa di uno dei suoi membri più eletti, vuol ricordarne con orgoglio e con riconoscenza la eccezionale mirabile operosità anche nel campo politico.
Attività politica che rappresenta il luminoso esempio di concreta attuazione di quegli ideali di libertà e di fedeltà alla Storia che erano alla base e al vertice di tutta la sua speculazione filosofica.
Nato a Pescasseroli il 25 febbraio 1866, fu condotto fanciullo a Napoli dove compì i primi studi. Perduti tragicamente i genitori a diciassette anni, nel terremoto di Casamicciola del 1883, fu per tre anni a Roma in casa di Silvio Spaventa, suo parente. Qui si iscrisse ai corsi di giurisprudenza, ma la disciplina degli studi giuridici fu ben presto sconvolta da molteplici ricerche di varia cultura. Sono di questo periodo il suo primo contatto con il mondo politico in casa dello Spaventa e la sua partecipazione alle lezioni di filosofia morale di Antonio Labriola. Ma la sua immediata vocazione è per il mondo della cultura, nel quale egli cercherà dapprima di riversare il suo inesauribile fervore di studi e di ricerche in indagini erudite, che lo assorbì pressoché totalmente per sei anni, conducendolo a viaggiare in Germania, in Spagna, in Francia ed in Inghilterra, ma che - di lì a poco - nella crisi derivatagli dalla "sazietà" di quelle "estrinseche esercitazioni erudite e letterarie", gli si rivelerà nell'Estetica come il momento fondamentale dello svolgimento della vita dello Spirito.
Un secondo più fervido contatto con la dinamica viva della vita politica egli avrà dal 1895 al 1900, quando per opera di Antonio Labriola gli si dischiuderà il mondo dell'economia e degli appassionanti problemi ad essa connessi. Ma anche in questa occasione la sua "vera natura", quella dell' "omo di studio e di pensiero" (sono parole sue), riprenderà il sopravvento per sfociare ben presto - nel 1903 - nella realizzazione della Critica, che rappresenterà l'organo maggiore del rinnovamento della cultura italiana ed, insieme, il diario della sua formazione mentale e spirituale in quegli anni di fecondissima attività che vedono susseguirsi all'Estetica, la Logica nel 1905, il saggio su Hegel nel 1906, la Filosofia del diritto come Economia nel 1907, e nel 1908 la Filosofia della Pratica, in una parola, la compiuta enunciazione della sua speculazione filosofica.
Ed è così che nel 1915, alla vigilia della prima guerra mondiale, Egli crederà di poter scrivere di sé di aver raggiunto negli studi di letteratura e di filosofia "la tranquilla coscienza di ritrovarmi al mio posto, di dare il meglio di me, e di compiere opera politica, di politica in senso lato: opera di studioso e di cittadino insieme".
Ma venne la grande guerra e dopo la guerra il fascismo. La profonda esperienza di quegli anni, unita al processo inevitabile di una concezione filosofica della vita come pensiero sempre rinnovantesi circolazione del pensiero e della azione, alimentata dallo sdegno morale, che nella sua coscienza venne stimolando ed alimentando il fascismo, puntualizzò la filosofia dello spirito in filosofia della libertà, opponendo alla concezione dello Stato etico l'individuo, come fondamento dell'operare politico, e dedicando ogni sua energia ed ogni sua manifestazione alla difesa dell'individuo stesso.
Si schiude così il periodo della rivalutazione della storia come storia della libertà, attraverso il riesame delle vicende del Regno di Napoli, dell'Età barocca in Italia, della storia d'Italia dal 1871 al 1915 e della storia di Europa.
Ma se l'Uomo Croce è tutto nei suoi scritti, come Egli stesso volle insegnarci, e se la cronaca della sua vita è tutta nella cronologia e nella bibliografia dei suoi lavori letterari, il Senato vuole oggi ricordare la Sua preziosa partecipazione alla vita parlamentare e politica del nostro tempo.
Nominato senatore nel 1910, esordì in quest'Aula il 28 maggio 1913 dichiarandosi contro l'istituzione di una Cattedra di filosofia della storia nell'Università di Roma, e ciò in nome della "Storia senza aggettivo" che sente di avere in se medesima la sua filosofia, coincidente con la propria natura.
Ministro dell'istruzione pubblica nel quinto gabinetto Giolitti dal 15 giugno 1920 al 14 luglio 1921, Egli seppe portare nell'amministrazione del suo dicastero in quel periodo di immediato dopoguerra, la grande fede nell'ideale della cultura.
Con la venuta del fascismo, la sua parola di protesta contro "il grave turbamento delle condizioni della pubblica libertà" e contro "la distruzione in atto del regime liberale" si levò in quest'Aula il 20 novembre 1925.
Poi la fiaccola della libertà fu affidata ai fascicoli della Critica e ai volumi delle sue opere, che furono l'insostituibile alimento spirituale di quanti, nei tristi anni del carcere, del confino e dell'esilio raccoglievano le loro forze intorno alla bandiera della libertà. E l'autorità di Benedetto Croce fu il punto di riferimento per gli esuli e per i dispersi in Francia, in Inghilterra, nelle due Americhe.
Ma un'altra prova attendeva il Nostro a coronamento della sua lunga vita e fu proprio quando, caduto il fascismo, si sarebbe - per sua ammissione - "ritirato volentieri nei suoi studi": la prova della politica attiva nell'Italia liberata e risorgente a vita democratica. "Mi sono state fatte richieste e rammentati obblighi ai quali non ho creduto di dovermi sottrarre", scrisse egli semplicemente del periodo di intensa e decisiva partecipazione alla vita politica d'Italia, dal Congresso di Bari del 1944 alla partecipazione come ministro senza portafoglio al secondo Governo Badoglio e al primo Governo Bonomi, alla Consulta nazionale ed, infine, ai lavori dell'Assemblea costituente.
E da quella data egli riprese la penna, senza soluzione di continuità dedicandosi alla direzione dell'istituto italiano per gli studi storici, da lui fondato a Napoli nel 1947 ed ai Quaderni della Critica, in cui andava continuando senza stanchezza e con la stessa passione di cinquant'anni fa la altissima funzione della sua critica.
Questa la sintetica evocazione di Benedetto Croce, grande scrittore e filosofo di fama universale, uomo politico eminente, ma sopra ogni altra cosa e sempre, in ogni momento della sua vita, patriota intemerato, partecipe ed erede del genio della nostra gente, che seppe materiare la ”Libertà” - questo ideale tramite fra la generazione del risorgimento e i nostri tormentati giorni di rinascita democratica - nella espressione più concreta e più genuina: quella della sua lunga vita, interamente dedicata al bene dell'Italia.
Ha chiesto di parlare l'onorevole presidente del Consiglio dei ministri. Ne ha facoltà.
DE GASPERI. presidente del Consiglio dei ministri, ministro degli affari esteri e ad interim dell'Africa Italiana.
Onorevoli senatori, la limitatezza delle mie forze e la ristrettezza del tempo, non mi fanno trovare, in questo momento, parole adeguate per ricordare i lineamenti e l'opera di Lui, nemmeno per quanto riguarda il settore della Sua attività politica e di Governo che pure, in questa sua figura poliedrica, fu un solo lato, e non il principale. Altri, in più specifica occasione, darà rilievo della Sua opera come ministro della istruzione nel quinto Ministero Giolitti. Io ricordo, anche perché in parte ne fui testimone, la Sua saggezza e la Sua dirittura, come membro dei Governi della liberazione.
Ma soprattutto noi, uomini della nostra travagliata generazione, abbiamo visto e ammirato in lui il difensore impavido e tenace del regime libero, il rivendicatore della razionalità e della spiritualità della politica, di fronte alla spregiudicatezza ed al materialismo di regimi avversi. Conseguentemente, anche negli ultimi tempi, pur interamente dedicato ai suoi studi, egli accompagnò col suo consiglio e, talvolta, con l'incoraggiamento, la nostra direttiva politica, in quanto mirava alla difesa della libertà, e, pur nella differenza delle opinioni, egli ebbe parole di comprensione per la nostra "buona volontà di servire l'Italia e di proteggere le sorti pericolanti della civiltà, laica o non laica che sia".
Di questa buona volontà egli ci fu luminoso esempio e maestro insigne, onde, inchiniamoci dinanzi alla sua Salma, invochiamo che il suo esempio di fermezza e di fierezza, che ci rinfrancò nei lunghi anni della prova, non vada perduto e che la sua chiaroveggenza politica illumini le nuove generazioni.
PRESIDENTE. Propongo che, in segno di lutto, sia tolta la seduta,
Propongo, altresì, che un busto di Benedetto Croce sia posto nelle sale della biblioteca del Senato.
Non essendovi osservazioni, così rimane stabilito.
Senato della Repubblica, Atti parlamentari. Resoconti stenografici, 20 novembre 1952.
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Archivi: | Archivi e/o corrispondenza in altri Stati:
USA: Columbia University Libraries, Guglielmo Ferrero papers, Archival Collections
USA: Howard Gotlieb Archival Research Center, Tucci Niccolò Collection
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Attività |
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