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Senato della Repubblica
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ZANOLINI Antonio

  
  


    .:: Dati anagrafici ::.

Data di nascita:01/31/1791
Luogo di nascita:BOLOGNA
Data del decesso:24/11/1877
Luogo di decesso:BOLOGNA
Padre:Carlo
Madre:MATTIOLI Teresa
Coniuge:ALDINI Caterina
Figli: Carlo
Filippo
Cornelia
Cesare, senatore (vedi scheda)
Parenti:ALDINI Luigi, suocero
ALDINI Antonio, fratello del suocero
Luogo di residenza:ROMA
Indirizzo:Via Cavour, 71
Titoli di studio:Laurea in giurisprudenza
Presso:Università di Bologna
Professione:Avvocato
Altre professioni:Scrittore
Carriera:Consigliere di Stato (Governo delle Romagne) (25 luglio 1859)
Cariche politico - amministrative:Membro della Commissione provvisoria di Governo (Bologna) (1831)
Presidente dell'Assemblea delle province unite (Bologna) (1831)
Membro del Consiglio dei deputati (Roma) (1848)
Deputato all'Assemblea nazionale dei popoli delle Romagne (1859)
Sindaco di Bologna (2 aprile-luglio 1849)
Cariche amministrative:Consigliere comunale di Bologna
Consigliere provinciale di Bologna (12 febbraio 1860-24 novembre 1877)
Cariche e titoli: Società agraria di Bologna, poi Accademia d'agricoltura di Bologna
Membro dell'Accademia dei Ragionieri di Bologna

    .:: Nomina a senatore ::.

Nomina:09/17/1864
Categoria:03 I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio
Relatore:Giovanni De Foresta
Convalida:27/10/1864
Giuramento:03/11/1864


    .:: Camera dei deputati ::.

Legislatura
Collegio
Data elezione
Gruppo
Annotazioni
VII
San Giorgio di Piano
25-3-1860
Destra
VIII
Castelmaggiore
27-1-1861*
Destra
Cessazione per nomina a senatore


    .:: Senato del Regno ::.

Commissioni:Membro della Commissione di finanze (27 aprile 1865-14 agosto 1869)

    .:: Atti parlamentari - Commemorazione ::.

Atti Parlamentari - Commemorazione.
Sebastiano Tecchio, Presidente

Signori senatori,
[...]
Antonio Zanolini, nato a Bologna il 13 [sic] gennaio 1791.
Imitatore, se non anzi emulatore, del padre suo (Carlo Zanolini, giureconsulto e magistrato di chiara fama), si diede alla professione di avvocato. Molte sue Allegazioni, che vanno sino al 1831, sono alle stampe.
La notte del 4 febbraio 1831 scattava nell'antica capitale degli Etruschi la rivoluzione contro la signoria chericale: tolti via gli stemmi del papa-re: innalzato le tricolori insegne: il duca della vicina Modena fugge a Mantova; la duchessa di Parma si chiude in Piacenza. Vollero i Bolognesi tra i membri del Governo provvisorio l'avvocato Antonio Zanolini. E poiché altre città ed altre terre dello Stato romano similmente gridavano libertà, s'è radunata, il 4 marzo, in Bologna l'Assemblea dei deputati delle provincie libere Italiane. Quaranta i convenuti: il fiore della scienza, delle lettere, del gius pubblico. Erano del numero: Mamiani, Orioli, Silvani, Vicini, Carlo Pepoli. Presidente, per suffragio unanime, Zanolini.
Fidavano i liberali nelle grosse voci del non intervento, venuteci dalla tribuna di Francia. Non sapevano che tuttavia ci voleva un quarto di secolo, e più, perché il principio del non intervento si insinuasse nel Diritto inter gentes.
Fatto è che gli Austriaci, violati i confini del 1815, a Modena e a Parma ridonavano l'ordine (stile dei tempi): e il 21 marzo, entrati di viva forza a Bologna, il dominio della tiara ristabilivano. I governanti bolognesi dovettero riparare ad Ancona: e quivi, non bastando le armi dei patrioti alla giusta difesa, chinarono a patti col duce straniero; auspice e intercessore un Legato pontificio, il cardinale Benvenuti. Tra i patti era scritto: "amnistia generale: sicurtà di libera partenza a tutti coloro che vogliano emigrare": onde Zanolini, e i suoi compagni del Governo provvisorio, e parecchi degli aderenti (48 fra tutti) metteano vela verso Marsiglia. Quand'ecco austriache navi, a dispetto dei patti, danno la caccia al piccolo Legno portatore degli emigranti; lo raggiungono; lo catturano; menano prigionieri Zanolini, e gli altri, a Venezia. Poco poi, l'Imperatore per conto del Papa intimò loro l'esilio; e un vascello imperiale li condusse a Marsiglia.
Di là Zanolini tragittava a Parigi, chiamata a sé la famiglia: né da Parigi si tolse più se non quando Poi IX glorificava il proprio nome e la cattedra col Perdono del 16 luglio 1846.
Nel '48, e nel '49, deputato per Bologna all'Assemblea di Roma. Prolegato di Bologna. Tosto dopo, Delegato di Ancona; dove restituì la pubblica sicurezza, pur dianzi turbatavi fieramente.
Capo eletto del Comune di Bologna, che avea titolo di senatore, era in ufficio a' giorni della irruzione austriaca del maggio '49.
Le geste di quel maggio ha registrate la storia daccanto alle altre dell'agosto del 48. I cittadini, non che le proprie lor vite, mettevano allo sbaraglio la città, le famiglie, ogni cosa più caramente diletta. Poveri d'armi, tranne quelle che ministra il furore, e quasi tutti novelli ai bellici ludi, meritarono per lo strenuo valore l'ammirazione dell'oste, tanto agguerrita, e per recenti fortune più che mai baldanzosa. Nell'otto agosto del '48 la avevano ributtata. Nella prima metà del maggio '49, incontro alle falangi fittissime e alle poderosissime artiglierie che dai soprastanti colli li fulminavano, ben otto giorni pugnarono con ardimento da eroi. Ma, il giorno 16, dacché i deputati del popolo, esplorate e scrutinate le circostanze degli assalti e delle difese, conobbero ed affermarono che la bolognese perduranza era peggio che indarno; i magistrati municipali, avendo a capo Zanolini senatore, e seco i principali delle milizie, e l'Opizzoni Cardinale Arcivescovo, escivano della città; e venuti alla tenda del Gorzhowscki, governatore civile e militare per Francesco Giuseppe, manifestarono la intenzione di far finite le resistenze. Stavano d'accosto al governatore il Maresciallo Wimpffen duce supremo, il principe Alberto d'Austria, e Monsignor Bedini, Legato del Papa. Quivi Zanolini parlò savie e degne parole:.
"Avere (diceva) nel dì precedente il duce supremo posti innanzi enormi capitoli: resa a discrezione: consegna di ogni maniera d'armi: consegna dei rifugiati traspadani, e degli istigatori alla lotta: per istàtichi (sic), sei ragguardevoli cittadini. Non potere senza vitupero Bologna a coteste ingiunzioni soscrivere. Disposta essere ad aprire le porte agli imperiali, solo che non le si arrogassero pene per la difesa, né molestia patissero i combattenti o i rifugiati. Non volessero i capitani austriaci umiliare un popolo generoso, che in cimenti così diseguali avea combattuto assai più per l'onore che non per fiducia di vincere. Non permettesse il Legato nuovi dolori, intantoché le genti tornavano all'obbedienza di Pio".
Le istanze di Zanolini, propiziate dal Cardinale arcivescovo, ottennero mitigazioni di non lieve momento ai capitoli. Specialmente fu stipulato, che: nessun cittadino od ospite di Bologna sarà infastidito o punito per ragione di guerra o di Stato.
Senonché, avendo il Consiglio comunale nel 14 giugno con tutti i voti, a petizione del Brentazzoni, deliberato di domandare al Papa "il mantenimento dello Statuto, - l'ordinamento di una regolare truppa indigena, acciocchè cessasse il più presto la occupazione straniera, - e la unione o lega cogli altri Principi italiani"; il commissario pontificio (monsignore Bedini) indusse il governatore austriaco ad imporre, d'arbitrio, una multa di romani scudi duemila a ciascuno dei consiglieri, con vincolo solidale; e, per di più, Zanolini tratto agli arresti.
I patrî spiriti nelle legazioni dovettero rimanersi celati un altro decennio. Ma, non appena udito nel 1859 il cannone di Palestro e quel di Magenta, di ricapo all'Italia, all'Europa si rivelarono.
Zanolini diventò rappresentante per Marzabotto, all'Assemblea delle Romagne: e resse le tornate di quella in Bologna, i primi dì del settembre, come Presidente anziano.
Nel 1860, deputato al Parlamento in Torino. Il 5 aprile, mancato d'improvviso alla Camera il Presidente, decano di età (generale Quaglia), Zanolini, ch'era dei seniori, fu invitato a tenere il seggio presidenziale; e lo tenne sino a che, nel giorno 12, a quello è venuto il Presidente definitivo, Giovanni Lanza. Esprimeva allora la gioia sua del vedere tanti italiani congiunti in una sola famiglia, concorde di interessi, di voleri, di speranze nell'avvenire: esprimeva la sua gratitudine al Re, che li aveva redenti e riuniti insieme, serbata, quasi in arca novella, la libertà e i diritti della nazionale independenza: e non taceva il dolore che alla grande famiglia mancassero tuttavia altri fratelli, meritevoli di essere accolti dal comun padre, a cui volgevano le braccia e i voti.
Il 25 febbraio del seguente anno 1861, ripigliava la Presidenza temporanea, che tenne sino all'undici marzo. Insediando in quest'ultimo giorno a Presidente Urbano Rattazzi, così asseverò con profetici accenti: "Roma è essenziale all'Italia.. La sovranità temporale del Pontefice è una delle più meschine grandezze di questa terra.. Senza la sovranità temporale, il Capo supremo dei cattolici sarà superiore a tutti, venerato da tutti, soggetto a nessuno".
Addì 17 settembre del '64 fu scritto fra i senatori del Regno d'Italia. Quest'Assemblea ne ascoltava la voce autorevole nelle tornate del 2 marzo '66, e del 30 giugno '68.
Continuò per molti anni a sedere nel Consiglio comunale di Bologna; e nel Consiglio provinciale sino all'ultimo de' suoi giorni. Era membro e censore della Società Agraria. Socio ordinario e censore dell'Accademia dei Ragionieri.
Fra i lavori letterarî, che ha pubblicati, merita di rimanere esempio di fedeltà e bello stile la Traduzione del I libro delle lettere di Plinio il Giovane, nella quale si lasciò addietro tutti gli altri volgarizzatori. Cotesto e gli altri lavori lo misero in corrispondenza coi primi scrittori nazionali; specie, con Pietro Giordani.
Si hanno di lui parecchie commedie; dall'una delle quali, che è "Il dissoluto geloso", il Costetti, avutane la permissione, cavò il concetto de' suoi "Dissoluti gelosi".
A Parigi molti furono gli articoli di Zanolini nelle Effemeridi letterarie e nelle politiche. Quivi dettò in italiano un romanzo in tre tomi"Il diavolo del Sant'Uffizi" sovra reminiscenze e costumi bolognesi del 1799 e 1800.
Tornato in Italia, diede fuori un'opera di peso: "Sopra due discorsi intitolati della legislazione mineraria, e delle scuole delle miniere, dei senatori Enrico Poggi e Celso Marzucchi, e dei professori Paolo Savi e Giuseppe Meneghini". (Torino 1861).
Pervenutogli in possesso il Protocollo segreto del Regno d'Italia, tenuto dal ministro segretario di Stato Antonio Aldini (di cui aveva sposata nel 1811 la nipote Caterina Aldini), pose mano ad una storia di lunga lena, intitolata "Antonio Aldini e i suoi tempi", e pei tipi del Le Monnier ne spacciò due volumi: doveano essere quattro; ma, giunto a metà, e oggimai svigorito, non poté proseguire.
Tanto e tanto pubblicava indi appresso la Biografia del suo amicissimo Gioacchino Rossini, già dal Rossini medesimo approvata. Ed ora andava pe' torchi la sua Relazione sui fatti del 1831.
Nel 24 novembre dell'anno che termina, il patriota saldissimo, l'eccellente giureconsulto, il sagace politico, il forbito scrittore, adorato dalla famiglia, benedetto da tutti, nella età di poco meno che 87 anni, velati gli occhi, di questa vita si dipartì.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 29 dicembre 1877.

Note:Partecipò ai moti del 1831.

Attività 2348_Zanolini_Antonio_IndiciAP.pdf