Cerimonia per i 70 anni della Costituzione con gli studenti, la Ministra Valeria Fedeli e il Ministro Pier Carlo Padoan
09 Gennaio 2018
Autorità, docenti, care ragazze e cari ragazzi,
sono felice di essere qui con voi. L'Aula del Senato è vostra, così come lo è la Costituzione che oggi festeggiamo insieme. La legge fondamentale, il faro che illumina la strada della nostra comunità, ha compiuto pochi giorni fa settanta anni. Era infatti il 27 dicembre del 1947, quando il Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, appose la sua firma sul testo approvato dall'Assemblea Costituente, sotto lo sguardo del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi.
Le cronache raccontano che De Nicola, un attimo prima di firmare, disse proprio a De Gasperi queste parole: "l'ho letta attentamente! Possiamo firmare con sicura coscienza".
Quella firma coronò un percorso iniziato il 2 giugno del 1946, quando gli italiani scelsero la Repubblica ed elessero i propri rappresentanti nell'Assemblea che avrebbe dovuto scrivere una nuova Costituzione con cui archiviare per sempre l'epoca della dittatura fascista.
L'Italia usciva martoriata dalla guerra, povera, ferita e profondamente segnata dal ventennio. Eppure, in tempi così difficili, l'Assemblea Costituente riuscì a portare a termine il suo compito con una sorprendente unità, che si rivelò al momento della votazione finale del progetto di Costituzione, il 22 dicembre 1947.
La Costituzione fu una felice unione d'intenti: pur venendo da tradizioni culturali diverse e sostenendo idee politiche molto spesso antitetiche, i costituenti riuscirono nel difficilissimo compito di scrivere insieme le regole fondamentali della neonata Repubblica. Erano avversari ma seppero unirsi nel comune obiettivo di definire "una formula di convivenza" in grado di dar vita a quel processo in continuo svolgimento che è proprio l'esercizio della democrazia.
I costituenti furono capaci di vincere quella sfida, proprio a partire dal comune denominatore di quello "scatto di orgoglio" che aveva accomunato le varie anime della Resistenza: diedero vita ad un sistema di principi, di idee, di comportamenti, in grado di tendere alla realizzazione della persona, della dignità dell'uomo, dei diritti umani. Fu grazie a loro che iniziammo un percorso del quale dobbiamo essere orgogliosi.
In questi cinque anni ho accolto centinaia di studenti come voi qui in Aula. In molti hanno anche visitato la Sala di Palazzo Giustiniani dove avvenne lo storico momento della firma, un atto che chiudeva un'epoca di negazione dei diritti e apriva la straordinaria stagione democratica del nostro Paese. Negli vostri occhi vedo il loro stesso entusiasmo, la stessa emozione di chi "tocca" - se così si può dire - la fonte originaria di tutti i valori e i principi ai quali facciamo riferimento nelle nostre vite.
Quel che più mi affascina della prima parte della Costituzione è proprio questo: la capacità di disegnare un orizzonte cui tendere piuttosto che definire un insieme di leggi cui doversi attenere, di diritti da realizzare e di doveri cui dover ottemperare.
I "diritti inviolabili" non cadono dal cielo ma richiedono un impegno quotidiano, tanto individuale quanto collettivo, attraverso il quale consolidarli, aumentarli, ribadirli ogni qual volta in cui riteniamo siano minacciati dalle contingenze della storia. Ma i diritti non vengono da soli, sono subito messi in relazione ad alcuni doveri cui un cittadino non può sottrarsi. E' come se la nostra carta fondamentale volesse subito darci una lezione che possa essere applicata a tutti gli aspetti della nostra vita: non esiste diritto senza dovere, non esiste risultato senza sforzo, non esiste vittoria senza impegno. In una parola possiamo dire questo: in un sistema democratico non esistono "scorciatoie". Ogni deviazione da questa regola fondamentale presuppone un torto, una scorrettezza, a volte un reato. Tenetelo a mente ogni volta che vi troverete, come tutti ci siamo trovati nella vita, di fronte a un bivio: da una parte un favore, una raccomandazione, un sopruso. Dall'altra la dignità, la bellezza e la fierezza di un comportamento onesto, etico, responsabile. Non abbiate dubbi, magari all'inizio potrà sembrarvi più facile e più comodo cedere, ma alla lunga scoprirete che la competizione vera è solo con voi stessi.
Presi insieme i principi fondamentali, quelli che tra poco sentiremo dalla vostra voce, ci danno i termini esatti dell'essere cittadini del nostro Paese. In quanto membri della comunità, a tutti noi come cittadini spetta il diritto di partecipare, sia direttamente sia indirettamente, al governo dello Stato nei suoi vari livelli di articolazione, attraverso il diritto di voto, quello di essere eletti alle cariche pubbliche e il diritto di associarsi in un partito politico. Come abbiamo visto la cittadinanza non è solo condizione per l'esercizio di diritti, ma anche fondamento di alcuni doveri sanciti dalla nostra Costituzione, come quelli di difesa della Patria, di concorso alle spese pubbliche in ragione delle proprie capacità contributive, di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e delle leggi.
Ma dobbiamo fare attenzione: non possiamo ridurre la cittadinanza solo a un insieme di diritti e di doveri. Un cittadino non può davvero considerarsi tale senza una partecipazione attiva e consapevole, sia come singolo che come associato, alla vita della comunità. È questo il senso - ben più profondo e più autentico - che l'essere cittadino porta con sé. È la consapevolezza, da parte di ciascuno di noi, del proprio ruolo sociale, è il riconoscimento della responsabilità di ogni individuo rispetto alle scelte collettive. È il coinvolgimento dei cittadini nella vita delle loro comunità, e quindi nella democrazia, nelle politiche pubbliche e nel processo decisionale.
Se le leggi sono il frutto di una riflessione attenta, se sono approvate all'esito di un dibattito ampio, libero e trasparente, tutti i cittadini si sentiranno moralmente - prima ancora che giuridicamente - vincolati al loro rispetto. Desidero, in proposito, ricordare le parole di uno dei nostri padri costituenti, Piero Calamandrei, secondo il quale "perché le leggi possano avere autorità, perché vi sia tra i cittadini quel senso di ossequio alla legge, quel legalitarismo che spinge a osservar la legge senza bisogno di esservi costretti, occorre la convinzione morale che la legge sia espressione di una libera gara di opinioni a cui anche il singolo possa partecipare in regime di uguaglianza".
Tutti i cittadini devono potersi riconoscere nelle leggi, sentirle come espressione della loro stessa coscienza e volontà, piuttosto che come un'imposizione.
Sono davvero felice che ogni studentessa e studente in Italia riceva una copia della nostra Costituzione, così come sono orgoglioso che il Senato abbia curato la sua traduzione in ben sette lingue, e che la mostra organizzata durante le scorse settimane a Palazzo Giustiniani abbia avuto un grande successo: è il segno del legame che lega ciascuno di noi alla Carta fondamentale del nostro Paese.
Per questo, ragazze e ragazzi, vi auguro di avere sempre il coraggio di creare e difendere, ogni giorno e in ogni occasione, un orizzonte culturale che ponga al centro i valori della carta costituzionale.
Grazie.
Link al discorso: http://www.senato.it/discorso_presidente?atto_presidente=581