Presentazione del film documentario "Fuocoammare", nell'ambito della rassegna "Migrazioni: da Marcinelle a Lampedusa. Capire la nostra storia per guardare al futuro"
29 Novembre 2016
Autorità, gentili ospiti, cari amici,
con molto piacere auguro a tutti un cordialissimo benvenuto nella bella Biblioteca del Senato per la proiezione del film documentario "Fuocoammare" di Gianfranco Rosi, che si tiene nell'ambito della manifestazione "Migrazioni: da Marcinelle a Lampedusa. Capire la nostra storia per guardare al futuro". Come ricorderanno coloro che erano presenti mercoledì scorso all'apertura degli eventi, abbiamo voluto collegare idealmente il Mediterraneo al Belgio e agli altri luoghi di emigrazione italiana per accostare le storie degli italiani che furono costretti allora a lasciare il Paese, e le vicende delle donne e degli uomini che ora bussano alla porta dell'Europa.
L'auspicio è che ripensare a come eravamo e come vivevamo ci rammenti il dovere, morale e giuridico, di accogliere con umanità e solidarietà chi giunge in Europa con un pesante carico di paura, di dolore, di fatica e di speranza. Saluto il dottor Pietro Bartolo, protagonista del film, che sono felice di rivedere ancora in Senato, e il montatore Jacopo Quadri, che qui rappresenta il gruppo di lavoro che ha realizzato il documentario. Il registra Gianfranco Rosi oggi si trova all'estero anche per promuovere la candidatura all'Oscar del suo lavoro e noi con orgoglio e affetto gli auguriamo ogni possibile successo.
Al film io sono molto legato sul piano personale anche perché collega due momenti della mia vita intrecciati intorno a Lampedusa. Da Procuratore Nazionale Antimafia mi ero recato più volte sull'isola per le indagini contro gli infami trafficanti di esseri umani. Ancor prima avevo imparato, da visitatore con la mia famiglia, a conoscere e amare Lampedusa, il suo mare, le sue cale, la sua cucina, la sua gente. Poi ho visto il film ed è stato un pugno nello stomaco: nonostante in quarant'anni in prima linea da magistrato abbia visto davvero di tutto, non sono mai riuscito ad abituarmi alla morte, alla sofferenza umana, alla violenza. Dopo avere visto il film ho voluto tornare a Lampedusa per conoscere meglio la macchina del salvataggio e dell'accoglienza e per parlare con le persone, i migranti, gli operatori, i cittadini.
E, dopo avere assistito ad uno sbarco, ho maturato la certezza che a Lampedusa l'Europa nasce, o muore, nel senso che o siamo capaci di essere europei sin dal primo attimo in cui una persona in difficoltà bussa alla nostra porta, oppure siamo tutti destinati ad un rapido declino, geopolitico e soprattutto morale. Di quel giorno non dimenticherò mai gli occhi dei migranti che sbarcavano: centoventicinque fra donne, uomini e bambini. Vi leggevo storie raccapriccianti di dolore, paura e orrore. Ma man mano che scendevano e venivano accolti (dal dottor Bartolo, dai volontari, dalle forze di polizia, dai militari) con una mano tesa, un sorriso, un tè caldo, negli sguardi si accendeva la luce della fiducia e della speranza, la consapevolezza di essere fra amici e finalmente al sicuro. Un grande miracolo di umanità. Per questo non dimenticherò mai la generosità e la dedizione degli operatori e dei cittadini lampedusani, che hanno fatto dell'isola un avamposto della solidarietà famoso in tutto il mondo.
Mi avvio alla conclusione per lasciare la parola ai due protagonisti e poi alla visione del film, che rende magistralmente lo scorrere della vita quotidiana sull'isola e il dramma di migliaia di persone che affrontano le insidie del mare in cerca di una speranza. Il film mostra al mondo come gli italiani sanno affrontare le loro responsabilità nel Mediterraneo, responsabilità che derivano da ciò che rappresentiamo, da chi siamo e da dove veniamo, in sintesi dalla nostra storia millenaria di crocevia di civiltà, di incontro fra popoli, di scambio di idee. Da siciliano sono cresciuto guardando dal balcone l'Africa e sono diventato uomo con i suoni di un dialetto, i profumi di una cucina e la bellezza di opere d'arte che parlano arabo, ebraico, greco e mille altre lingue. Oggi è il nostro dovere di mediterranei e italiani portare in Europa un progetto di futuro dove la coesione sociale non si edifica attorno alla nazionalità, alla religione e all'etnia ma attorno all'impegno per il bene comune e alla dignità umana. Un messaggio di libertà e di umanità che Fuocoammare da Lampedusa rivolge a tutto il mondo. Grazie.
Link al discorso: http://www.senato.it/discorso_presidente?atto_presidente=483