Commemorazione funebre di Tina Anselmi
04 Novembre 2016
Monsignor Gardini, Autorità, cari amici, famiglia Anselmi,
è per me davvero un'emozione prendere la parola in questa occasione.
Mercoledì scorso, nell'Aula del Senato, ho voluto tributare un omaggio solenne a Tina Anselmi davanti l'Assemblea per ricordare questa donna forte e appassionata, alla quale almeno tre generazioni di italiani devono moltissimo. Oggi sono qui per rappresentare alla famiglia, alla comunità di Castelfranco Veneto, e a tutte le persone che l'hanno sentita vicina, il mio cordoglio personale e quello di tutto il Senato della Repubblica.
Una vita fruttuosa come quella di Tina Anselmi è rara: è un arduo compito quello di provare a racchiudere nel breve spazio di questa commemorazione la ricchezza della sua esperienza e del contributo fondamentale che seppe dare alla nostra cultura e alle Istituzioni democratiche della Repubblica. Per questa ragione tenterò di delineare i tratti del suo percorso umano, etico, politico e intellettuale a partire da un episodio della sua gioventù che, come essa stessa ricordò, fu allo stesso tempo dirompente e determinante.
Così come altri suoi coetanei, fu costretta ad assistere a una rappresaglia nazista: quel giorno del 1944, a Bassano del Grappa, furono impiccati trentuno prigionieri. Una ragazza di diciassette anni avrebbe avuto tutto il diritto di lasciare che il proprio animo si colmasse di paura; sarebbe stato comprensibile scappare, e profondamente umano cercare solo di dimenticare l'orrore di quanto visto.
Tina Anselmi fece la scelta opposta. Sentì intimamente l'esigenza di restituire dignità a quei corpi martoriati, e lo fece abbracciando le ragioni della Resistenza: la staffetta Gabriella - questo il suo nome di battaglia - contribuì con la forza delle sue pedalate alle attività della brigata Cesare Battisti comandata da Gino Sartor. Una giovanissima donna si fece così carico, per quel che poteva, della responsabilità di riabilitare attraverso il proprio coraggio e il proprio impegno il senso di umanità tradito dai soprusi che gli uomini stavano commettendo su altri uomini. Da quella bicicletta, possiamo dire, non è mai scesa, e quanto ha pedalato per tutta la vita al servizio dei valori repubblicani!
Dignità e responsabilità: sono queste i due pilastri su cui poggia il cammino di una figura politica che ha attraversato tutto il novecento lasciando segni indelebili del suo passaggio nella storia del nostro Paese.
Si è sempre fatta alfiere di battaglie spigolose ma decisive per il futuro della nostra giovane democrazia: diritti dei lavoratori, diritto alla salute, questioni sociali relative al ruolo della famiglia e soprattutto al ruolo della donna. La parità di genere, tanto nella società quanto nella politica, tardava a realizzarsi sebbene fosse stata solennemente sancita con l'articolo 3 della nostra Costituzione. Quarant'anni fa, pensare una donna a capo di un dicastero, per di più rilevante e decisivo come quello del Lavoro e delle politiche sociali, sembrava quasi inimmaginabile. Ancora oggi non abbiamo tenuto completamente fede al disegno costituzionale ma fu anche grazie a Tina Anselmi che iniziammo ad assestare colpi decisivi a quel "soffitto di cristallo" che impedisce alle donne di concorrere pienamente alla vita politica del nostro Paese.
Tina Anselmi non era solo estremamente competente, anche in virtù della lunga esperienza come sindacalista, ma era anche una figura credibile, rispettata e ammirata per la sua integrità morale e la sua intelligenza politica. A lei dobbiamo alcune storiche conquiste come l'approvazione della legge sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro o l'istituzione del sistema sanitario nazionale.
Riforme storiche, grandi conquiste sociali e democratiche che hanno contribuito a rendere il nostro Paese più moderno e più giusto, grazie all'attuazione dei principi sanciti nella Costituzione, di cui Tina Anselmi è sempre stata orgogliosa interprete e strenua custode.
Con questo spirito, in uno dei momenti più oscuri della storia della Repubblica, accettò l'incarico di guidare la Commissione di Inchiesta sulla P2, nomina fortemente voluta dalla Presidente della Camera, la comunista Nilde Jotti, d'accordo con il presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini. Pertini, Iotti, Anselmi: tradizioni e visioni politiche profondamente divergenti che si unirono nel comune obiettivo di salvare la credibilità delle Istituzioni e impedire le degenerazioni di una democrazia sotto attacco.
Non fu certo semplice per lei, in quegli anni passati alla presidenza della Commissione, farsi carico del sacrificio personale, fatto di minacce e pressioni, ma anche e soprattutto del peso politico di chi si è trovato a indagare su esponenti dei massimi livelli del potere. La Anselmi lo fece con la sobrietà, la passione e la serietà che le erano proprie e la stessa forza d'animo che l'aveva indotta a diventare una staffetta partigiana.
Difendere la dignità degli uomini e delle Istituzioni - sia essa minacciata da condizioni di lavoro non accettabili, dall'impossibilità di accedere alle cure, da una dittatura o da oscure trame eversive - ha rappresentato la scintilla che ha sempre guidato le sue scelte. E con grandi atti di responsabilità ha sempre fatto la propria parte per reagire alle ingiustizie, accettando i rischi e le conseguenze del servizio reso alla propria comunità.
Non può che scaturirne un esempio cristallino di impegno che supera i confini delle contingenze, della quotidianità, ed entra di diritto nel cuore e nei sentimenti di una nazione. Per questa ragione la vita di Tina Anselmi è un patrimonio che appartiene a ciascun cittadino italiano. Come lei stessa amava ripetere, però, nessuna vittoria, anche la più importante e straordinaria, è data per sempre. Oggi, nel momento in cui diamo l'estremo saluto terreno a questa straordinaria donna, dobbiamo sentire il dovere di non disperdere il suo esempio e l'impegno di portarlo avanti con le nostre azioni.
Grazie.
Link al discorso: http://www.senato.it/discorso_presidente?atto_presidente=467