Il Presidente: Discorsi

70° anniversario della deportazione degli ebrei romani

Intervento del Signor Presidente alla marcia organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio

16 Ottobre 2013

Autorità, signore e signori,

è per me un grande onore oggi essere qui, inoccasione del 70° anniversario della deportazione degli ebrei romani. La razzia compiuta dai nazisti, la notte del 16 ottobre 1943, portò via più di 1000 innocenti. Di questi, solo 16 uomini e 1 donna tornarono indietro. Tutto si consumò in poche,velocissime ore. Nessun quartiere di Roma fu risparmiato.
La memoria di quel giorno non può riguardare solo coloro che ne sono stati i testimoni. La loro memoria è diventata ormai la memoria di questa città, anche grazie a questa toccante marcia silenziosa, che da diversi anni la Comunità di Sant'Egidio e la Comunità ebraica di Roma organizzano con impegno e passione. Un appuntamento che nel corso del tempo coinvolgesempre più romani.

Nell'anniversario di una ferita inguaribile, il ricordo di quei drammatici avvenimenti deve aiutarci a preservare i valori di libertà e giustizia che sono alla base della nostra democrazia. Questa è un'occasione straordinaria per riflettere e ribadire, con forza, i valori assoluti e fondamentalidel dialogo, della tolleranza, della solidarietà e della pace.
Dal 1945, la sconfitta delle ideologie nazi-fasciste ha determinato l'affermarsi, ovunque in Europa, di principi e idee su cui si basano tutte le costituzioni moderne e che oggi sono ritenuti unacondizione indispensabile per offrire una vita dignitosa ad ogni individuo. Eppure questo, chepure è molto, non basta. Il vuoto di ragione, umanità, carità che determinò l'orrore di allora minaccia ancora il nostro futuro.

Dobbiamo impegnarci con tutte le nostre forze e in prima persona perché il maggior numero possibile di persone sappia, e ricordi, e abbia la voglia e il coraggio di ricordare.
Oggi, in questi luoghi così carichi di potere evocativo, è più forte il mio turbamento nel riconoscere che l'orrore si consumò anche vicino a noi, anche a causa nostra, che alcuni italiani di quell'orrore furono vittime e alcuni carnefici.
E allora, dobbiamo lasciare che questo orrorescavi e conquisti le nostre coscienze distratte: solo così avremo la garanzia che una follia come quella che qui si è consumata non potrà ripetersi.
Noi sappiamo cosa è stato.
Noi saremo testimoni e vigileremo affinché la memoria non si perda e affinché non accada mai più, né qui, né altrove.



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