«Istituzioni in sintonia. Avanti con le riforme»
16 Dicembre 2009
di Paola Di Caro
Il suo è un appello forte, accorato, perché si ponga fine «a questo clima di scontro non più politico ma ideologico che rasenta il furore, a questa campagna di odio personale che non aiuta lo stato di salute della nostra democrazia». Parole che riecheggiano il monito lanciato dal capo dello Stato dopo l'aggressione a Berlusconi. Per questo Renato Schifani può dire che «non hanno motivo di esistere » le polemiche sulla presunta rottura del triangolo istituzionale: «L'invito al comune senso di responsabilità ha visto unite le tre cariche istituzionali del Paese: io, il presidente della Repubblica, il presidente della Camera, ci muoviamo nella stessa direzione e in sintonia».
E però, nel rivolgersi a «tutti i protagonisti della vita politica e civile» perché abbassino i toni, il presidente del Senato punta il dito contro chi «con un linguaggio di odio e demonizzazione » ha creato «l'humus» favorevole al gesto di Tartaglia. E si augura che il percorso verso riforme condivise «vada avanti». Parallelamente a un pacchetto giustizia ormai maturo per approdare «già a gennaio» in Senato.
Gli appelli alla calma si moltiplicano ma ancora si litiga su chi sia il responsabile di questo clima di scontro.
«Magari ci fosse un responsabile unico e singolo da segnalare e punire, sarebbe troppo bello...».
Elenchiamone qualcuno.
«La responsabilità è del sistema del mondo politico, della stampa, dell'informazione televisiva, di alcuni cittadini. E lo dico convintamente, dopo aver letto quello che di aberrante sta accadendo sulla rete, su Facebook in particolare».
Insomma, la colpa è di tutti?
«È necessaria una presa di coscienza collettiva che coinvolga tutti, certo. Ma penso che qualcuno, più di altri, dovrebbe fare un esame di coscienza politica per verificare se con i propri atteggiamenti, con il proprio linguaggio, ha contribuito a trasformare lo scontro politico in odio, in demonizzazione dell'avversario, costituendo l'humus naturale dell'aggressione di domenica.»
A chi si riferisce, presidente?
«Chi vuol capire, capisca».
Però c'è chi sostiene che lo stesso Berlusconi - con le sue accuse alla Consulta, ai giudici, al capo dello Stato - ha alzato la tensione.
«Non mi entusiasma il gioco infantile del 'ha cominciato prima lui'. Per quanto riguarda la Corte costituzionale, verso la cui autonomia e responsabilità è massimo il mio rispetto, posso pensare che Berlusconi abbia voluto segnalare, magari con foga, quello che secondo lui era un contrasto forte ed evidente tra due orientamenti divergenti sulla stessa materia, il Lodo Alfano, sul quale c'è stato un cambio di giurisprudenza in pochi anni».
E il rapporto di Berlusconi con Napolitano è in via di recupero?
«Me lo auguro e ne sono certo. Il capo dello Stato ha mostrato grande sensibilità umana in queste ore, e certi gesti non hanno bisogno di commenti».
Ma come si esce da questo clima di contrapposizione?
«Berlusconi ha detto che 'prevarrà il bene sul male', lanciando così un segnale di rassicurazione agli italiani e di ottimismo. E ho già pubblicamente apprezzato il gesto di Bersani che si è recato in visita dal premier, perché questi sono fatti costruttivi. Per questo va ripresa con serenità e decisione la strada delle riforme, possibilmente condivise. In Senato c'è già stato un incontro tra maggioranza e opposizione grazie a mozioni condivise sul tema, non intendo accettare che lo sforzo compiuto, anche da parte mia, sia reso vano».
A rendere tutto difficilissimo è però lo scoglio giustizia: lei che suggerisce?
«Di mettere al centro del dibattito l'interesse del cittadino, che quando incrocia la giustizia patisce processi lunghi, che è condannato prima della sentenza attraverso una gogna mediatica. In Senato sono ferme la riforma della giustizia ordinaria e la legge sulle intercettazioni, sulla quale io stesso avevo chiesto una riflessione maggiore: ebbene, solleciterò i capigruppo a portare questi provvedimenti in Aula a gennaio, i tempi sono maturi per affrontarli».
Che pensa del processo breve?
«È argomento troppo interno all'esame del Senato perché io possa dare un giudizio».
Magari può darlo sul legittimo impedimento.
«Qui è inutile nascondersi dietro un dito. Dopo l'annullamento del Lodo Alfano si ripropone un tema: chi è eletto dagli italiani, durante il mandato deve dedicarsi alla propria difesa nel processo o è lecito che svolga il suo incarico istituzionale a tempo pieno?».
Tempo fa, mentre infuriava lo scontro tra Berlusconi e Fini, lei disse che se una maggioranza parlamentare viene meno, bisogna tornare alle urne: oggi lo ridirebbe?
«Premesso che vedo una maggioranza compatta, che non si è mai divisa su temi strategici, certo che lo ridirei. Era un discorso sulla democrazia a degli studenti, un'osservazione elementare: se la maggioranza uscita dalle urne si scompone, non c'è posto per ribaltoni e trasformismi, nè a livello nazionale nè regionale».
Cioè lei dice no al fronte democratico evocato da Casini o al cambio di maggioranza in Sicilia...
«Le alleanze contro qualcuno politicamente non sono garanzia di coesione politica. Sui cambi di maggioranza in corso di legislatura vorrei ricordare che c'è una Costituzione reale, a fianco di quella formale, che è ormai figlia della nostra storia e dell'evoluzione della nostra democrazia in senso maggioritario: sì al rispetto della volontà degli elettori nella formazione dei governi. Nessun sabotaggio delle indicazioni dei cittadini».