Il Presidente: Articoli

Primo anno da Presidente

Intervista pubblicata dalla rivista "Cult"

13 Luglio 2009

di Marco Vaccarella

Renato Schifani segue le sedute dei senatori dal monitor della "stanza dei bottoni" di Palazzo Madama, quando non è in aula a presiedere. Posta e giornali sono sulla scrivania, proprio accanto al "telefono presidenziale" in collegamento diretto con Napolitano, Fini, Berlusconi e con il ministro della Difesa. Dalla finestra, si scorge la cupola della chiesa di Sant'Agnese in Agone, mentre dentro spicca "La Vergine col Bambino, S. Giuseppe e S. Biagio" del XV secolo, del Pinturicchio. Nello studio ci sono fotografie, alcune sono ritratti di famiglia: la moglie Franca, i figli Roberto e Andrea. L'aria è un po' quella di casa, ma in fondo il Senato per Schifani è come una seconda casa: dal 2001, per sette anni, è stato capogruppo dei senatori di Forza Italia. «Lavoravo molto già allora, non pensavo che da presidente avrei lavorato tanto di più. Comincio la mattina alle nove, ma spesso non vado via prima delle dieci di sera».

Presidente, facciamo un bilancio di questo primo anno di attività?
«È stato un anno inteso, di collaborazione tra maggioranza e opposizione. A volte il confronto è stato aspro, ma nel rispetto delle regole comportamentali che le forze politiche devono avere rappresentando i cittadini. Abbiamo prodotto una grande attività legislativa, condotto attività di sindacato ispettivo, organizzato il concerto di Natale con Giovanni Allevi e abbiamo avviato mostre di grande successo».

Recentemente avete ricevuto Gheddafi, un leader contestato.
«Gheddafi è il capo di un paese con cui l'Italia ha sancito un partenariato strategico con la stipula del trattato di amicizia che ci consentirà di avere una posizione di privilegio negli scambi commerciali con la Libia, paese che ci fornisce il 30 per cento del fabbisogno petrolifero e che trasmette all'Italia 8 miliardi di metri cubi di gas. Inoltre, con quest'accordo Eni diventerà una realtà strategica per la commercializzazione del gas algerino in Europa».

Sulle riforme, a che punto sono i lavori?
«Dopo l'estate, svelenito il clima elettorale in cui si parla molto di gossip e poco di Europa, spero che si possa tornare a parlare di modernizzazione del paese. Le proposte sono la riduzione del numero dei parlamentari, il senato federale, l'elezione diretta del presidente del Consiglio, il potere di revoca e nomina dei ministri. C'è poco da discutere, il libro è aperto: si tratta solo di sfogliarlo e scrivere la parola fine».

La sua presidenza è improntata anche al taglio delle spese.
«Ho adottato un sistema di riequilibrio delle spese nel rispetto delle finanze pubbliche. Abbiamo risparmiato 400 mila euro sulle missioni internazionali, un milione di euro sui benefit degli ex parlamentari attraverso, per esempio, l'abolizione dell'indennità per il parrucchiere delle senatrici (meno 75mila euro). Nel 2008, abbiamo bloccato il turnover del personale non sostituendo 32 persone andate in pensione, abbiamo abolito i corsi di lingua gratuiti (meno 100mila euro), abbiamo ridotto le spese di rappresentanza. Ma la cosa più importante è che abbiamo approvato il bilancio preventivo per il 2009 che non prevede aumenti rispetto al 2008. Sulla voce beni e servizi, inoltre, prevediamo di risparmiare 10 milioni di euro, che compensano l'aumento dovuto dei costi del personale. È la prima volta che il Senato approva un bilancio preventivo che non preveda neanche un euro di aumento rispetto al precedente».

Alle europee in Sicilia è diminuita la percentuale dei votanti. Come si può recuperare la fiducia degli elettori?
«I siciliani, permettetemi la battuta, hanno preferito il mare. Scherzi a parte, credo che il calo alle urne sia da un lato figlio di una campagna elettorale europea non improntata ai temi della politica, bensì del gossip. Dall'altro lato, mentre fuori dall'Isola la tornata amministrativa è stata consistente ed ha sortito un effetto volano per i cittadini e indurli al voto, per sindaci e presidenti di provincia, oltre che per le europee, in Sicilia lo scenario amministrativo è stato ridotto: si è votato solo a Caltanissetta e in altri piccoli centri. Mancando questo traino, complice il richiamo del mare e non ultimo il fatto che il lunedì mattina non si poteva votare, questo ha penalizzato il numero dei votanti».

Non crede che le polemiche successive all'azzeramento della giunta Lombardo abbiano concorso all'astensione?
«Non ne sono convinto, ma non posso neanche escluderlo. Certo, il trauma è stato forte: a due settimane dal voto azzerare in quel modo la giunta, senza concertazione con gli alleati che avevano eletto Lombardo, può avere determinato sconcerto e delusione negli elettori. Non posso escluderlo».

Sul "ciclone" Lombardo lei ha usato la parola sconcerto.
«Mi riferivo allo scenario, non certo a Lombardo. Ma è un fatto oggettivo e inusuale azzerare una giunta in ventiquattro ore: Lombardo l'ha fatto, se n'è assunto le responsabilità politiche. Ora, per fortuna, il percorso è ripreso. Spero che la Sicilia ne tragga benefici concreti».

Non pensa che le risse nei partiti e tra i partiti alimentino un diffuso sentimento apolitico?
«L'elettore si aspetta dalla politica governabilità del territorio, stabilità dei governi scelti, toni pacati e progettualità nell'azione di governo. E soprattutto coesione della maggioranza che ha votato. Non dimentichiamo che oggi l'elettore col segno della matita indica, sì, un solo voto, ma fa una scelta multipla investendo in un progetto. Con un solo voto oggi si sceglie: il consigliere comunale, provinciale o regionale, il parlamentare, ma nello stesso tempo il partito, la coalizione, il presidente del Consiglio, della Provincia, il sindaco. Questa è la bellezza del bipolarismo».

Presidente, lei spesso ricorda i colpi duri che lo Stato in questi anni ha inflitto alla mafia.
«Mi esalto nel ricordare che la mafia la stiamo sconfiggendo noi siciliani, soprattutto i giovani, gli imprenditori che denunciano. A questo, aggiungo il lavoro di magistratura, forze dell'ordine e del legislatore, che ha inasprito le pene».

È stato anche promotore della stabilizzazione del carcere duro per i mafiosi.
«Nel 2002 sono stato il promotore dell'inserimento definitivo nell'ordinamento giudiziario del 41 bis, che prima era prorogato ogni due anni perché misura provvisoria. In questa legislatura, abbiamo inasprito ancora il 41 bis come durata. Ma la norma che ritengo anche importante è quella dell'aggressione ai patrimoni della mafia, di cui sono stato tra gli ispiratori: si possono sequestrare i patrimoni del mafioso dopo la morte anche agli eredi, se si tratta di beni illeciti. E poi abbiamo varato il sequestro per equivalente, un istituto forte: se il mafioso abbia trasferito beni propri a persone terze di buona fede per cui non recuperabili, in questo caso si possono sequestrare altrettanti beni del mafioso di provenienza lecita, per compensazione».

Il federalismo fiscale sarà un'opportunità per il Sud?
«È una sfida. Nessun amministratore potrà più scaricare responsabilità amministrative su altri, cosa che spesso avviene adesso. Ci sarà più autonomia, più responsabilità per gli elettori e per gli amministratori nell'azione di governo».

La realtà, oggi, è che l'Italia è un paese a due velocità.
«Il Sud ha la metà delle infrastrutture del Nord, un tasso di disoccupazione dell'11,2 per cento, contro il 7,8 del Nord. L'anno scorso il Sud ha esportato 41 miliardi di merce, il Nord 250 miliardi. Per colmare questo divario, nel federalismo è previsto un fondo di perequazione. Ma non è illimitato, bisognerà comunque arrivare presto a un livellamento Nord-Sud».

Il Partito del Sud potrebbe essere un'opportunità?
«Fin da quando ero capogruppo di Forza Italia al Senato mi ero espresso sull'ipotesi del partito del Sud, non condividendola. Il Sud è rappresentato nelle istituzioni governative e parlamentari. La nascita di un Partito del Sud non farebbe altro che creare lacerazioni in un Paese che va visto in una logica di unità. Penso piuttosto a un piano Marshall che guardi alla Sicilia, per esempio, come alla Florida d'Europa».

Cosa si sente di dire ai giovani del Mezzogiorno che non trovano lavoro nella propria terra?
«Guardo con attenzione i giovani del Sud. Ho due dei figli che vivono a Palermo: Roberto fa l'avvocato, Andrea studia all'università. Hanno deciso di restare nel Sud, non hanno scelto di studiare al Nord o all'estero. Sono fiero che abbiano accettato la sfida. Ai giovani del Sud dico di avere fiducia in un Meridione che al paese ha dato tanto. E tanto darà ancora».

I politici nel Meridione dovrebbero fare autocritica.
«Per il passato, certamente. La vecchia classe politica ha scaricato sul clientelismo la soluzione di tutti i problemi nell'impossibilità di dare lavoro. Oggi però i tempi sono cambiati, i giovani sanno che non è il precariato la soluzione dei problemi».

Presidente, lei è un uomo di potere. Come definirebbe un uomo di potere?
«Non certo il presidente del Senato, che è un garante delle regole, un uomo super partes il cui fine è quello di garantire funzionalità ed efficienza di un ramo del parlamento. Non esercito un potere, esercito una funzione».

Il suo rapporto con i mass-media?
«Ho grande rispetto nel ruolo dell'informazione, anche se a volte noto che per fare lo scoop alcuni giornali tendono a fare titoloni che non sempre richiamano fedelmente il contenuto dell'articolo».

E con i giornali siciliani?
«Buono, anche se recentemente non ho gradito leggere alcune definizioni relative ad un mio presunto asse politico con il ministro Alfano, di cui peraltro ho stima personale e politica, perché il mio ruolo oggi non permette l'appartenenza ad alcun asse. E l'ho segnalato ai direttori del Giornale di Sicilia e La Sicilia tramite l'ufficio stampa del Senato».

Nel suo studio in Senato ci sono alcune fotografie. Ce n'è una a cui lei tiene particolarmente.
«L'ho battezzata "Lezioni di storia". Eravamo ad Auschwitz con mia moglie, con noi c'era un fotografo. Lei per un attimo ha visto la scena dello "scatto": ha chiamato il fotografo, che ha avuto l'abilità di cogliere l'attimo. I ragazzi non sapevano di essere fotografati, eredi di una generazione trucidata in quei luoghi e che rendono onore ai loro morti con la bandiera di Israele, come a dire: il vostro sacrificio è servito a qualcosa. Un momento che ancora oggi mi commuove».

Dolce vita romana, frequenta salotti?
«Ho una vita riservata. Non frequento salotti. A Roma, esco per le cene istituzionali oppure vado al ristorante con alcuni colleghi parlamentari. Anche a Palermo, niente mondanità. Solo pochi amici».

L'estate è già cominciata, dove andrà in vacanza?
«Prima andrò al mare, la mia passione, spero di fare tante immersioni a Lampedusa. Poi, trascorrerò un periodo in montagna per ossigenarmi. Penso a Cortina».



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