«Parlamento più lento del Paese, la sua riforma ormai è necessaria»
27 Marzo 2009
di Adalberto Signore
Dopo 14 anni di fidanzamento, domenica arriva il grande passo. È davvero un congresso storico quello del Pdl o solo l'ufficializzazione di scelte già fatte?
«La volontà degli elettori è stata chiara sin dal 1994, quando con la riforma bipolare i cittadini hanno scelto una coalizione e tendenzialmente anche un premier. Una logica che si è rafforzata nel 1996 e nel 2001 e che ha toccato il culmine nel 2008, quando con il loro voto sono stati gli italiani a semplificare il quadro, escludendo alcune forze politiche dal Parlamento. La nascita del Pdl è la conseguenza fisiologica di questo processo».
Forza Italia e An chiudono i battenti. Sarà così facile - soprattutto per i dirigenti - metabolizzare la fine del proprio partito?
«Occorrerà un minimo di rodaggio, soprattutto in periferia. In questi lunghi anni di convivenza parlamentare, infatti, a livello centrale si è creata una forte coesione. Il territorio, invece, sconta di più le storie e le vite dei militanti e avrà bisogno di un assestamento».
Anche a livello di vertice, però, qualche tensione c'è. Fini invita Berlusconi a non «irridere il Parlamento»...
«Io non vedo alcuna irrisione. Berlusconi semplicemente torna a porre un problema giusto: quello della modernizzazione delle istituzioni parlamentari. Sono gli italiani che chiedono alla politica una capacità decisionale adeguata ai tempi».
Secondo Berlusconi «i deputati passano la giornata ad approvare emendamenti di cui non si conosce nulla». Una considerazione su cui Fini non è d'accordo. Lei cosa ne pensa?
«Berlusconi dice da tempo che siamo in un Paese a cui servono scelte tempestive rispetto alle esigenze dei cittadini. E su questo pesa anche la lentezza del Parlamento, dovuta innanzitutto al numero elevato dei suoi componenti che, con i loro giusti e legittimi interventi e proposte durante la discussione delle leggi, ne prolungano i tempi di approvazione. Il premier, poi, l'ipotesi del capogruppo che vota per tutti la fa come paradosso, sapendo che in questo tipo di contesto i parlamentari a volte non riescono a potere seguire tutto puntigliosamente».
A suo avviso, dunque, bisogna insistere sulla modifica dei regolamenti e sulla riduzione del numero dei parlamentari?
«Ne sono convinto, tanto che in Senato ho già avviato l'iter della riforma regolamentare. Se c'è la buona volontà di maggioranza e opposizione, si può arrivare al traguardo, ottenendo lo snellimento dei tempi parlamentari ordinari, con la conseguente riduzione dei decreti-legge».
Fini si smarca, s'è detto spesso in Forza Italia. Come giudica l'operato del presidente della Camera?
«Oltre ad essere la terza carica dello Stato, Fini è il capo di un partito e non può, nel suo linguaggio quotidiano, non proporsi anche come espressione di un'area politica che rappresenta più del 10% degli italiani. Il suo è un ruolo baricentrico tra la carica istituzionale e quella di leader politico».
E le critiche che Fini ha ricevuto sui blog di Forza Italia?
«Il popolo azzurro è fortemente legato al carisma di Berlusconi per cui qualcuno ha manifestato il proprio disappunto alle polemiche. D'altra parte, il dissenso è fisiologico in democrazia. Pensi che entrando al congresso di An, pur non avendo mai avuto motivi di attrito con quel partito, oltre gli applausi, dalle ultime file sono partiti tre o quattro fischi isolati e non ne ho certo fatto un dramma».
Facciamo un passo indietro. Il Pdl nasce il 2 dicembre 2006 a Roma o il 18 novembre 2007 in piazza San Babila?
«A piazza San Giovanni, quando pur sventolando bandiere diverse, abbiamo marciato tutti insieme. È stata una tappa fondamentale, anche perché ha segnato la distanza con l'Udc che, proprio quel giorno, invece, ha preferito riunirsi a Palermo».
E San Babila?
«Il predellino nasce in un momento in cui c'erano incomprensioni con An per la mancata spallata, tanto che Fini annunciò un cambio di strategia verso l'opposizione. E a San Babila Berlusconi lanciò un forte appello all'intero popolo del centro destra».
E poi cos'è successo?
«Che la spallata è arrivata e le incomprensioni si sono ricomposte. La caduta di Prodi, in questo senso, è stata un grande collante».
In quei giorni lei era in prima fila come capogruppo al Senato. Come ci si sente oggi a vivere il congresso del Pdl nei panni istituzionali?
«Le emozioni si governano ma non si comprimono. Il Pdl è la mia casa politica e ci sono momenti storici che, pur nel rispetto del mio ruolo di garante delle regole, vanno vissuti fino in fondo».
Alla Fiera di Roma, insomma, farà un intervento a braccio, più politico che istituzionale?
«Direi proprio di sì».
I rapporti con la Lega. In An sono preoccupati di perdere voti sul terreno della sicurezza e dell'immigrazione. Cosa ne pensa?
«Questi sono temi cari anche a noi. Che vi sia una competizione leale mi pare normale, starà poi alla capacità del Pdl spiegare il senso delle proprie battaglie agli italiani».
Non c'è il rischio che al Sud il federalismo fiscale venga percepito come una vittoria solo del Carroccio?
«Il Federalismo è stato voluto fortemente anche dal Pdl. Il Sud ha accettato questa sfida che rafforza il principio sacrosanto della responsabilità diretta degli amministratori locali».
Bondi, Verdini e La Russa. Nel triumvirato del Pdl non ci sono donne. «Ma il governo Berlusconi ha raddoppiato la presenza rosa e tutte stanno facendo benissimo».
Non ci sono donne e sono tutti del Nord.
«Non mi innamoro delle appartenenze territoriali. Sono uomo del Sud, ma anche nei sette anni in cui sono stato capogruppo, ho sempre guardato all'interesse dell'intero Paese. Sono certo che il triumvirato non dimenticherà che il Pdl le elezioni le ha vinte nel Mezzogiorno, soprattutto al Senato con i premi di maggioranza di Campania, Calabria, Sardegna e Sicilia».
L'Udc. È un alleanza possibile?
«Direi fisiologica, sui valori non ci siamo mai divisi e lo si coglie anche in alcuni voti in Parlamento».
Berlusconi ha dato giudizi molto positivi sul ministro Alfano. E il Guardasigilli ha detto di avere con lei rapporti «eccellenti». Come giudica il suo operato?
«Ci lega un'affinità politica e di valori oltre che una grande amicizia. Sta facendo molto bene in un ruolo delicatissimo, come altri giovani ministri».
Presidente, come se lo immagina il dopo Berlusconi?
«Il dopo Berlusconi è un'altra pagina di storia. Ora godiamoci questa».