«Stiamo provando a ridisegnare l'Italia»
16 Marzo 2009
di Renato Schifani
Con la riforma federalista è giunto il tempo delle grandi scelte che richiedono a tutti senso della Storia presente e futura, dalla crisi di oggi al suo superamento e sino al finale obiettivo di stabile sviluppo.
Ecco perché, da uomo del Sud, desidero appellarmi perché si dia corso praticamente a quella intesa che in Italia mostra di essere condivisa, cioè quella intesa relativa alla cancellazione della doppia velocità interna dell'economia, del divario tra Nord e Sud. Sul suo indispensabile superamento tutti sono d'accordo, ma sul modo in cui affrontare e risolvere la cosiddetta questione meridionale, sono molte e forse troppe le proposte sul tappeto.
Su questo tema la riforma federalista dovrà, quindi, contenere un punto essenziale: che la redistribuzione delle risorse nazionali debba trovare piena copertura con il definitivo superamento del deficit strutturale del Mezzogiorno.
I due decreti legge anti-crisi già varati, insieme al fondamentale accordo con le regioni sugli ammortizzatori sociali dello scorso 12 febbraio e le decisioni del Cipe dello scorso 6 marzo, hanno movimentato risorse per fronteggiare gli effetti della crisi.
Si tratta, lo ricordo, di circa 45 miliardi di euro, una parte importante dei quali destinata a fronteggiare la crisi economica ed ad arricchire il fondo per l'occupazione che sale così a 9 miliardi, in ossequio proprio all'accordo del 12 febbraio che prevede l'assegnazione alle regioni di 27 miliardi di euro del Fondo per le aree sottoutilizzate (Fas).
La mia speranza è che questo rinnovato slancio di responsabilità e di cooperazione istituzionale possa caratterizzare anche il rilancio di una nuova politica per il Sud. È necessario infatti aprire un nuovo capitolo.
Le risorse finanziarie per un grande Piano per il Mezzogiorno ci sono e sono quelle contenute nel Quadro strategico nazionale.
Sappiamo che i Fondi comunitari e il Fondo per le aree sottoutilizzate rendono disponibile per il Sud circa 90miliardi di euro sino al 2013.
Dobbiamo però ricordare che questi fondi erano disponibili anche negli ultimi dieci anni e che, nonostante ciò, la loro utilizzazione non è riuscita a produrre effetti soddisfacenti in termini di riduzione del divario rispetto al resto del Paese.
Non possiamo, quindi, ignorare le lezioni che il passato ci offre né dobbiamo avere paura di fare i conti con i nostri eventuali errori.
Non si tratta di mettere sotto processo nessuno. Il Sud non solo ha smesso di crescere ed ha aumentato il proprio gap rispetto al Centro-Nord. Un eccesso di localismo ha prodotto una frammentazione eccessiva degli interventi ed ha ostacolato la realizzazione di opere strategiche. Inoltre troppo formalismo ha allungato oltre misura il tempo di realizzazione degli interventi.
Il mio appello è quello di assumere un atteggiamento concretamente propositivo di fronte alla crisi per cogliere quelle opportunità di cambiamento che essa nasconde, attraverso una strategica ed irrinunziabile nuova sinergia tra centro e periferia che, evitando gli errori del passato, individui i punti strategici coordinati nel grande sviluppo del Mezzogiorno e garantisca effettiva qualità della spesa attraverso un tavolo comune di concertazione Governo-Regioni.
Al Governo e alle Regioni del Sud, quindi va il mio invito a cooperare per la definizione di un credibile, concreto e responsabile Piano strategico per il Mezzogiorno che, attraverso una indispensabile ed innovativa concertazione, punti a realizzare, attraverso i fondi per le aree sottoutilizzate, i grandi interventi infrastrutturali la cui mancanza costituisce freno allo sviluppo.
È certo che questi fondi devono rimanere al Sud ed è anche indiscutibile che si debba affermare una nuova filosofia di utilizzazione che superi, oltre agli ostacoli propri di un eccesso di formalismo, gli individualismi, i campanilismi, la pianificazione approssimativa. Questa nuova filosofia, inoltre, beneficerà anche della maturazione dei presupposti di legalità diffusa, frutto dei grandi sforzi compiuti dalle Istituzioni e dalla società, protagonisti anche gli imprenditori, contro la criminalità organizzata.
Ridisegnare l'Italia, ormai, non soltanto è auspicato, ma è d'obbligo. Proprio come è d'obbligo ridisegnare concretamente l'economia del Mezzogiorno, attraverso un metodo in cui le scelte strategiche non siano soltanto volontà di singole porzioni di territorio, ma di una visione strategica nazionale concertata con il Governo centrale.
Soltanto attraverso un intelligente punto d'incontro tra le politiche dei localismi e le rigidità del centralismo, riusciremo a realizzare un Mezzogiorno moderno ed europeo.