Il Presidente: Discorsi
"Sergio Paronetto e il formarsi della costituzione economica italiana"
Intervento del Presidente Schifani alla presentazione del volume su Sergio Paronetto in Sala Zuccari
20 Settembre 2012
Autorità , gentili Signore e Signori,
ho accolto con particolare piacere l'invito a partecipare alla presentazione degli Atti del Convegno sulla figura di Sergio Paronetto.
In questo Palazzo fu firmato il testo della Costituzione; una Carta che costituisce una mirabile sintesi dei valori e delle ispirazioni che animarono la rinascita del Paese, dopo il periodo più cupo della sua giovane storia.
Alla sua elaborazione contribuirono insigni figure di giuristi, economisti, politologi e sociologi, ora coinvolti in prima persona nell'Assemblea costituente, ora in funzione di autorevoli e ascoltati consiglieri.
Tra questi un ruolo essenziale, e per certi versi decisivo, svolse Sergio Paronetto, come è chiarito nei contributi che rendono prezioso questo volume.
Sergio Paronetto scomparve giovanissimo nel 1945. Non ebbe perciò il tempo di vedere il testo definitivo della nostra Carta, né di partecipare ai lavori dell'Assemblea costituente. E tuttavia il suo contributo, le sue riflessioni, furono preziose, in particolare quelle sulla elaborazione della cosiddetta "costituzione economica".
E' presente, in particolare, nella elaborazione delle proposte di quel gruppo di intellettuali e politici cattolici che parteciparono ai lavori dell'Assemblea costituente: penso innanzitutto ad Amintore Fanfani (che fu anche poi indimenticabile Presidente del Senato), Giorgio La Pira ed Ezio Vanoni; quest'ultimo tragicamente scomparso nel 1956 proprio mentre partecipava, dai banchi del Governo, ai lavori dell'Assemblea di Palazzo Madama.
Paronetto fu protagonista di quella complessa riflessione che, attingendo a piene mani alla dottrina sociale della Chiesa, portò ad elaborare il Codice di Camaldoli, nel 1943. Un documento essenziale per la formazione della Carta costituzionale che contiene una straordinaria sintesi dei principi del Cristianesimo sociale in materia economica, fonte di ispirazione per un'intera generazione di politici, giuristi ed economisti.
In questo mio breve indirizzo di saluto non posso soffermarmi sulla ricchezza del contributo di Paronetto alla vita economica e culturale del Paese, nei difficili ma affascinanti giorni della sua rinascita, né sul suo specifico contributo alla elaborazione della Costituzione economica.
Ma la lettura del libro e il ricordo di quella temperie culturale, di cui Paronetto fu un protagonista, ci devono fare riflettere anche sulla grave crisi economica che oggi viviamo.
Le riflessioni di Paronetto, in linea con il magistero della dottrina sociale della Chiesa e dei principi contenuti nel Codice di Camaldoli, sono in questo momento una fonte preziosa per il nostro dibattito.
Queste ispirazioni e questi principi innervano tanta parte della cosiddetta "costituzione economica", a partire dagli articoli 41 e 43, troppo spesso letti in modo riduttivo. Senza pensare che anche grazie a questa impalcatura normativa il nostro Paese si è sviluppato nell'immediato dopoguerra divenendo, in pochi anni, una delle principali economie mondiali.
Troppo facilmente, infatti, le norme della "costituzione economica", sono state lette come un semplice compromesso tra la cultura socialista e quella cattolica.
Più alta e complessa era invece l'ispirazione dei nostri Padri costituenti.
Un esempio lo troviamo nell'articolo 81: una delle disposizioni più controverse della nostra Carta che è stata oggetto di una radicale revisione proprio nei mesi scorsi.
Se andiamo a rileggere gli atti della Costituente, troviamo che furono proprio i costituenti cattolici, da Costantino Mortati a Ezio Vanoni - amico carissimo e conterraneo di Paronetto - a volere una formulazione che garantisse, sono proprio parole di Vanoni, "la tendenza al pareggio del bilancio".
Un principio che secondo Vanoni, e cito, "è bene che anche dal punto di vista giuridico sia sempre presente alle mente di coloro che propongono delle spese nuove".
Sappiamo bene che l'articolo 81 nella sua applicazione non è riuscito a costituire un argine sufficiente per contenere la spesa pubblica.
Ma non era questa l'ispirazione originaria dei Costituenti che volevano, e voglio ricordare ancora le parole di Vanoni, che "il Governo deve avere sempre la preoccupazione che il bilancio sia in pareggio e che la stessa esistenza non può essere trascurata da qualsiasi forza che si agita nel Paese e che avanza proposte che comportino maggiori oneri finanziari".
La prassi della lettura meramente formale dell'articolo 81 ha imposto, nel nuovo contesto della normativa europea introdotta a garanzia e presidio del patto di stabilità, una esplicitazione chiara del testo costituzionale del principio del pareggio del bilancio.
La modifica costituzionale che siamo riusciti a portare a termine in questa legislatura, deve dunque essere letta non come una regola imposta dall'esterno, ma piuttosto come un ritorno allo spirito originario che aveva animato i nostri Padri costituenti.
Il Parlamento con un'ampia e trasversale maggioranza ha voluto esplicitare un principio, quello del pareggio del bilancio, che Einaudi e Vanoni, vedevano già iscritto nel nostro testo costituzionale. Un principio che questi uomini, fino a quando ebbero responsabilità istituzionali, furono capaci di garantire con fermezza nell'applicazione dell'articolo 81 della Costituzione.
Mi auguro che in questo restante tempo dell'attuale legislatura possano essere portate a termine altre riforme necessarie, con la stessa ampia maggioranza recentemente realizzata.
Il volume che oggi presentiamo ci riporta alla ricchezza di quel dibattito, di quella stagione politica, e di quella ispirazione culturale che possono e devono continuare ad essere una fonte essenziale di ispirazione per la nostra attività.