Convegno dei Giovani Imprenditori
30 Ottobre 2010
Autorità, Signore e Signori,
ringrazio la Presidente Federica Guidi e tutti voi, giovani imprenditori, per l'invito. Saluto la Presidente Emma Marcegaglia.
Per superare la crisi si possono, si devono costruire insieme percorsi di ottimismo attraverso il senso della realtà, una collaborazione effettiva tra Stato, imprenditori e forze sociali, una solidarietà praticata e non solo invocata. Viviamo una fase storica nella quale gli scenari internazionali sono continuamente mutevoli e ne è pertanto difficile l'interpretazione. La globalizzazione è un fenomeno pervasivo che accelera sempre più i suoi effetti ed il commercio mondiale sta rimodellando i nostri mercati. In particolare, la crescita dell'economia mondiale ha dato segni di rallentamento già nel corso dell'estate, e sugli scenari del prossimo futuro gravano ancora profili di incertezza.
Tutti i dati dicono che l'Italia è stata toccata solo in parte da questa forte decelerazione. Con la manovra del luglio scorso sono stati eliminati molti enti inutili, ridotti i costi del Parlamento, gli stipendi dei politici, dei magistrati e degli alti dirigenti pubblici, tagliati i costi dei ministeri del 10% e quelli per le auto blu del 20%, del 10% il finanziamento ai partiti, bloccati gli aumenti contrattuali per i dipendenti pubblici. A Regioni, Province e Comuni è chiesto di ridurre le spese meno produttive.
Si è agito infine anche sul fronte delle pensioni, in particolare adeguando l'età pensionabile alla speranza di vita. Ora il nostro sistema previdenziale è stabile e sicuro, come riconosciuto dagli osservatori internazionali. Non spetta a me giudicare né il merito, né la congruità di queste scelte. Posso solo dire che non sono state né facili né indolori, ma necessarie per preservare la nostra affidabilità sui mercati finanziari, giudici tanto severi quanto inappellabili.
In un momento così complesso e di crisi è forte il rischio di speculazione. Il Paese non può permettersi fasi di instabilità, incertezza, contrapposizione politica forzata. E' bene evitare crisi di sistema irreversibili e ciascuno, di ogni ordine e grado, è chiamato all'esercizio del buon senso e della ragionevolezza. Il recente caso irlandese ha rilanciato i dubbi sull'eurodebito, che restano striscianti sui mercati. L'Europa è probabilmente destinata nei prossimi anni ad una crescita bassa, anche a causa degli obiettivi di risanamento delle finanze pubbliche che ciascuno Stato sta attuando.
Dopo la fase della stabilità di bilancio, occorre al più presto rafforzare l'azione di promozione dello sviluppo, coniugando entrambi gli obiettivi: stabilità di bilancio e sviluppo economico. E' opportuno adottare al più presto le contromisure strutturali di fronte ad una ripresa economica mondiale che appare incerta e non omogenea. Lo scatto in avanti del Paese non si ottiene aspettando il successo degli altri, ma lavorando duramente per una svolta vera fondata sulle riforme e sulla rinascita del modello Italia.
L'Europa sta già ora reagendo alla crisi; sta costruendo una linea di difesa esterna contro la speculazione. So bene quanto la crisi dell'ultimo biennio abbia messo a dura prova la vostra capacità di resistenza. Dagli interventi svolti finora è emerso con evidenza che i fenomeni di selezione e ristrutturazione organizzativa tra le vostre fila sono stati particolarmente intensi. Altrettanto serie sono state le ricadute che ne sono derivate sul piano dell'occupazione, efficacemente contrastate con gli interventi di sostegno al reddito.
Ciò nonostante, i motivi di ottimismo non mancano. I dati più recenti evidenziano segnali di stabilizzazione dopo la sua peggiore crisi dai tempi della seconda guerra mondiale. Tutte le previsioni concordano su una ripresa internazionale graduale e non sappiamo quando riprenderà una crescita stabile e duratura.
In questo contesto le imprese italiane sono riuscite a difendere la loro competitività anche all'interno dei Paesi ad economia avanzata, pur in un quadro di accentuata globalizzazione dei mercati. Ma occorre tenere alta l'attenzione e guardare avanti. I Paesi ricchi sono chiamati a dotarsi di una maggiore competitività a causa della progressiva crescita dei mercati emergenti. Il prevedibile aumento della domanda di questi ultimi di beni e servizi di qualità che vadano aldilà del mero consumo, prefigura infatti l'apertura di nuovi mercati, e lascia intravedere importanti opportunità per il Made in Italy.
L'inventiva, il dinamismo e l'intraprendenza dei nostri imprenditori, vero capitale delle nostre genti, sono certo consentiranno di cogliere pienamente anche questa preziosa opportunità. Tra tanti giovani imprenditori è possibile individuare chiaramente diffusi nuclei di eccellenza che, sfidando le avversità del mercato e scommettendo su una ripresa diffusa dell'economia, hanno dimostrato tutto il loro dinamismo e la loro solidità.
I dati mostrano che le imprese, specie nei distretti a maggiore vocazione industriale, hanno colto positivamente la sfida della qualità, dell'innovazione, della differenziazione, dell'integrazione, superando il livello tradizionalmente locale dei loro mercati di sbocco. I motivi di ottimismo dunque non mancano, ma vanno rafforzati. Penso alla fiducia nel Made in Italy rispetto al prodotto straniero, che secondo recenti ricerche, é del 91% per gli alimenti, del 66% per i vestiti, del 55% nei mobili. Noi produciamo eccellenze. Il Made in Italy è un fattore strategico di successo che occorre sfruttare al massimo.
La difesa del marchio Italia è un obiettivo prioritario per il rilancio dell'intera economia nazionale, di cui si è fatta carico la legge n. 55 del 2010. Oggi il più imitato al mondo è proprio l'ingegno italiano, soprattutto in quei Paesi che dispongono di manodopera a costi ridotti e che immettono sul mercato copie di nostri prodotti. Si determina così un doppio danno per il nostro sistema: ci impediscono di capitalizzare i nostri successi e confondono, disperdono, svalutano le nostre eccellenze. Resta essenziale perciò che anche lo Stato svolga adeguatamente il suo ruolo, pur in un quadro di risanamento selettivo della spesa, per la tutela dei prodotti nazionali.
Da troppo tempo l'impresa subisce un costo aggiuntivo occulto: la lentezza e l'inefficienza della burocrazia su cui si sta lavorando anche vincendo resistenze e vecchie logiche corporative. La legge non può rappresentare una corsa ad ostacoli per i nostri imprenditori, ma la garanzia dell'equilibrio tra interesse individuale e interesse collettivo. L'Italia deve trovare al suo interno il consenso ad uno sforzo massiccio che deve raggiungere un traguardo preciso: accrescere la competitività e la produttività delle sue imprese. Ciò affiancato da un progressivo alleggerimento delle tasse. Il Governo ha ricevuto pochi giorni fa in proposito indirizzi chiari dal Parlamento. Nella risoluzione con la quale è stata approvata la decisione di finanza pubblica, si è impegnato il Governo a completare l'attuazione del federalismo fiscale, come chiave per ristabilire e rilanciare il patto su cui si fonda l'unità nazionale e inoltre ad avviare una graduale riduzione della pressione fiscale.
Ma la grande opportunità di crescita per tutto il Paese è il Sud, l'area più fornita di risorse umane, territoriali e ambientali non ancora utilizzate. Per questo è indispensabile che il governo dia seguito alla puntuale applicazione del piano straordinario per il Sud, utilizzando al meglio i circa 100 miliardi di euro tra fondi europei e fondi nazionali Fas 2007 - 2013 e i fondi recuperati dal precedente ciclo 2000 - 2006 perché non spesi. Il Sud può e deve diventare il volano per l'intero Paese e per lavorare al meglio per la sua rinascita, sarà utile una cooperazione tra pubblico e privato e saranno necessarie le massime facilitazioni fiscali e l'utilizzazione di nuovi strumenti finanziari con l'obiettivo di trasferire l'innovazione alle piccole e medie imprese.
Il Sud paga anche il grave peso della presenza della criminalità organizzata, nonostante i grandi successi ad oggi conseguiti nel contrasto alla mafia. Il superamento della crisi e la crescita strutturale sono impossibili senza il recupero pieno della legalità nei territori e nella gestione della cosa pubblica. Le buone leggi non bastano se non sono seguite da condotte rigorose e trasparenti.
La legalità è un valore irrinunciabile che non ha e non può avere colore politico. E' un principio sul quale non va tollerato alcun indugio; è requisito indispensabile di ogni progresso e benessere, che chiede a ciascuno il protagonismo di un contrasto vero e fiero ad ogni forma di criminalità. E sulla linea dell'affermazione della legalità posso assicurarvi che, nel rispetto di tutti i ruoli parlamentari, mi adopererò fattivamente perché l'esame del ddl anticorruzione in discussione al Senato possa essere votato in Aula quanto prima.
E' la legalità che rende il profitto giusto. La giustizia resta il fine dell'attività economica, perché la stessa economia non è solo una tecnica di produzione, scambio, distribuzione della ricchezza, ma richiede il senso morale delle scelte. E voi giovani siete chiamati ad operare avendo quali punti di riferimento i valori irrinunciabili della legalità e della giustizia. Non è una strada semplice da percorrere, soprattutto al Sud, ma è l'unica via da seguire per contribuire al pieno sviluppo del nostro Paese. Confindustria nelle regioni meridionali ha adottato scelte coraggiose e ai suoi componenti va il mio apprezzamento più sincero. Ma occorre un lavoro di squadra che richiede la vostra convinta adesione. Sono certo e l'ho sempre sostenuto, che la rinascita dell'Italia sarà realizzata anche grazie alle capacità che saprete dimostrare con il vostro entusiasmo e con la vostra voglia di fare crescere le imprese nel pieno rispetto dell'etica imprenditoriale.
Occorre, poi, recuperare il grave ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno che è uno dei più gravi fattori frenanti dello sviluppo. Nel prossimo futuro restano di fondamentale importanza il sostegno alla formazione professionale e l'aggiornamento continuo delle imprese. La grande scommessa è la meritocrazia che va premiata perché innalza la produttività del lavoro. Una questione, quest'ultima, di delicatissima portata sociale la cui soluzione dovrà necessariamente vedere la responsabile collaborazione tra le rappresentanze degli imprenditori e le organizzazioni sindacali.
Tutti gli imprenditori italiani, rappresentanti di una storia nobile e importante del Paese, sono consapevoli che la ricchezza dell'impresa è il capitale umano. Si può e si deve essere amici dell'impresa e amici dei lavoratori. La cultura dei diritti si oppone alla distorsione degli abusi, perché il primo effetto del fallimento dell'impresa è la negazione del primo diritto, il diritto al lavoro. Nella storia del Paese, lo Stato è stato accanto sia alle imprese, sia ai lavoratori ed onestamente possiamo riconoscere che nessun successo del passato è stato un'avventura in solitudine di qualcuno.
Oggi lo Stato può farsi garante di un patto nuovo fra imprese e lavoratori, per il lavoro stabile di tutti, in grado di aprire la strada di un benessere diffuso e duraturo. Il posto di lavoro va tutelato sempre e comunque perché è esso stesso un fattore di crescita economica. Il nostro mondo del lavoro deve mostrare segni di apertura adeguandosi alle esigenze dei mercati internazionali, contrastando così le nuove concorrenze estere con inedite e lungimiranti visioni imprenditoriali e politiche. In questo scenario il sindacato sarà chiamato a svolgere un ruolo essenziale e strategico.
La vera questione è quella di fare dell'Italia un Paese moderno anche in questo indispensabile settore, con nuove visioni e nuovi accordi condivisi. Ma la politica industriale non può consistere nella consegna di un assegno al cancello di una fabbrica. Riguarda invece specializzazioni, apprendistati, politiche di ricerca e sviluppo, efficaci ed efficienti mercati dei capitali di rischio, infrastrutture digitali e un sistema di proprietà intellettuali che faciliti la commercializzazione delle nuove tecnologie.
In tale senso, Università innovative, lavoratori qualificati e specializzati, sostegno alla ricerca e sviluppo rappresentano certamente alcune delle risorse fondamentali che garantiscono la competitività del sistema industriale. Il piano per la semplificazione amministrativa 2010-2012, presentato dal ministro per la Pubblica amministrazione si pone l'obiettivo di ridurre entro il 2012 i costi gravanti sulle imprese del 25% (circa 68 miliardi di euro l'anno), semplificare le procedure per le piccole e medie imprese. Si tratta di una riforma a costo zero, indispensabile per consentire al Paese di agganciare la ripresa e attrarre nuovi investimenti, in coerenza con i programmi stabiliti a livello comunitario. Occorre pertanto attuarlo con velocità e convinzione.
Nel corso del recente forum sulle piccole e medie imprese di Prato sono emerse, come sempre, istanze e richieste di riforma che meritano la massima attenzione. In quella sede, il ministro del Lavoro ha invitato Confindustria a proporre al prossimo tavolo delle trattative per il varo della riforma fiscale, che almeno il 30% del salario sia legato alla produttività. Ad oggi, invece, solo il 5% del salario è detassato, in quanto corrispondente ad incrementi di produttività ed efficienza, mentre la parte maggiore è ancora regolata dalla contrattazione nazionale.
Un ruolo centrale è emerso anche in relazione alla velocizzazione dei pagamenti della Pubblica amministrazione verso le imprese fornitrici. E' importante il vostro contributo su questi temi e sono certo che sarà utile e soprattutto costruttivo.
Il futuro economico del Paese dipende quindi in definitiva da come sapremo sostenere l'intero sistema delle imprese e, prioritariamente, di quelle giovani e maggiormente impegnate nell'innovazione e nella sperimentazione di strategie competitive di successo. Ben al di là di ogni significato economico, occorre sottolineare che, nelle pieghe di una società pur sempre definita in crisi, ci sono da sempre splendide realtà di persone, come voi, che riescono ad innovare e creare ricchezza per tutti.
La ripresa può essere affrontata investendo in prima persona, con coraggio, capacità, determinazione. Per la crescita del Paese ci fa bene sperare l'intesa raggiunta giovedì tra Confindustria e ABI. Su quattro punti cruciali, mezzogiorno, semplificazione ed efficienza della P.A., ammortizzatori sociali e ricerca, è stato conseguito un accordo importante. Auspico che il Governo saprà darvi seguito con saggezza nei prossimi provvedimenti di politica economica allo studio.
La cultura del fare e del saper fare è la rete che sorregge il destino del Paese. Dopo il secondo conflitto mondiale le ferite si sono sanate grazie al contributo di tutti e così nacque il miracolo italiano. Dopo la crisi economica che stiamo attraversando, con la generosità e collaborazione fra imprenditori e lavoratori, giovani e anziani, cittadini ed istituzioni, è possibile riscoprirsi Nazione e tessere di nuovo insieme, con visione lungimirante e di speranza, la storia dell'Italia, la nostra storia.
Vi ringrazio.